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Aprile 2009 - Pilo Albertelli

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<strong>Aprile</strong> <strong>2009</strong><br />

www.ondanomalapilo.com ndanomal<br />

Quando arte<br />

significa «estro<br />

Futurista»<br />

La mostra alle Scuderie del<br />

Quirinale<br />

Giorgia Fanari<br />

Forse i futuristi, che nel loro manifesto predicavano<br />

la distruzione di musei e biblioteche,<br />

sarebbero rimasti stupiti nel vedere le loro<br />

opere esposte in un galleria della Capitale.<br />

Eppure anche chi, come me, non è assolutamente<br />

tipo da mostra non potrà fare a meno di<br />

apprezzare e ringraziare chi ha fatto sì che opere<br />

famosissime e disperse in ogni angolo del<br />

mondo fossero esposte in dieci sale.<br />

Difficile annoiarsi davanti a opere del genere:<br />

il futurismo è riuscito a coinvolgermi nel<br />

profondo. Non è facile spiegarlo, forse perché<br />

ho capito solo dopo un po’ che non si può<br />

comprendere fino in fondo un’opera, se non si<br />

sente davvero propria. È così che è successo a<br />

me davanti a delle tele, da cui proprio non mi<br />

volevo staccare, delle quali mi sentivo il<br />

soggetto e il pittore, insieme. Si comprende come<br />

sia impossibile raccontare un’arte che ha<br />

cercato di tradurre il movimento della realtà,<br />

se si pensa agli anni in cui è sbocciato. All’inizio<br />

del ‘900, in un periodo storico in cui tutto è dinamismo,<br />

i fratelli Wright costruivano il primo<br />

aereo, la radio di Marconi trovava il suo posto<br />

nelle case e per le strade si vedevano le prime<br />

automobili.<br />

La mostra, fino al 24 maggio alle Scuderie<br />

del Quirinale, è stata organizzata nel centenario<br />

del Manifesto pubblicato da Filippo Tommaso<br />

Marinetti il 20 febbraio 1909, si propone di<br />

testimoniare il ruolo storico e internazionale<br />

del futurismo.<br />

Non sono un’esperta d’arte, eppure cercare<br />

di rapportarmi alle tele di Balla, Boccioni,<br />

Carrà, Severini, mi ha lasciato qualcosa. Fosse<br />

anche solo l’emozione suscitata dall’esaltazione<br />

del colore e del movimento in Delaunay e<br />

Metzinger, oppure il coinvolgimento totale di<br />

fronte a “i funerali dell’anarchico Galli” di Carrà.<br />

Non pretendo certo di mettermi a dibattere<br />

sull’antifemminismo o sull’inneggiamento alla<br />

guerra del futurismo, ma il mio intento è quello<br />

di spronare anche coloro che non approvano il<br />

futurismo dal punto di vista politico ad<br />

apprezzarlo e a rivalutarlo quantomeno dal<br />

punto di vista artistico. O almeno ad apprezzare<br />

il coraggio e l’audacia, elementi essenziale<br />

della loro poesia.<br />

O A<br />

Il colore viola<br />

Steven Spielberg<br />

Giulia Gazzelloni IV C<br />

Georgia, primi anni del ‘900, una società ancora<br />

razzista e maschilista. Qui cresce Celie,<br />

una ragazza nera, violentata più volte dal patrigno,<br />

da cui ha due figli che però le vengono<br />

strappati subito dopo la nascita. Sarà costretta a<br />

sposarsi giovanissima con un uomo del quale<br />

non conoscerà mai nemmeno<br />

il nome; l’unico appellativo<br />

con cui lo chiamerà sarà<br />

sempre e solo “Mr”. Celie vivrà<br />

a casa con sua sorella minore,<br />

Nettie, la sua unica<br />

consolazione e l’unica persona<br />

che ha mai amato e da cui<br />

è mai stata amata; tuttavia,<br />

questa consolazione dura<br />

poco, poiché Nettie viene<br />

allontanata bruscamente da<br />

Mr. Promette a Celie di scriverle,<br />

ma quest’ultima non riceverà<br />

mai sue notizie.<br />

Gli anni passano e Celie stringe amicizia con<br />

una nuova amante del marito, Shug, una<br />

cantante blues sfacciata e indipendente. Shug<br />

viene reputata da tutti una donnaccia, una poco<br />

di buono, poiché sceglie di non sposarsi pur<br />

avendo figli. Il comportamento e il carattere di<br />

Shug aprono gli occhi a Celie e capisce che Mr<br />

non ha il diritto di trattarla così, e, dopo aver trovato<br />

mucchi di lettere di Nettie, si rende conto<br />

che esiste un vasto mondo al di fuori della casa<br />

Luca Davoli<br />

C ’era tutta un industria di film western a<br />

Hollywood negli anni ’50, un genere del cinema<br />

nordamericano di carattere quasi epico, tipicamente<br />

autoctono, quando ancora il cowboy<br />

era visto come un avventuriere e un pistolero,<br />

con due pistole nel cinturone, la camicia a<br />

frange e gli stivali puliti. I cowboy cattivi con il<br />

cappello nero e quelli buoni con il cappello<br />

bianco. Poi la trilogia del dollaro di Sergio Leone<br />

(Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro<br />

in più, Il buono, il brutto, il cattivo) apre il genere<br />

western ad una nuova drammaticità e raffinatezza<br />

più europee e traccia così una nuova guida.<br />

Nasce lo “spaghetti western”, targato italiano,<br />

e il cowboy diventa un fuorilegge brutto e<br />

sporco: Leone riempie di grasso le facce dei<br />

suoi attori e di polvere i loro vestiti.<br />

Nel 1968 C’era una volta il West segna probabilmente<br />

l’apice della stagione d’oro del western:<br />

gli ultimi uomini rudi muoiono con dignità,<br />

la ferrovia avanza dal atlantico fino al pacifico<br />

e con essa anche il progresso. Sparisce un<br />

mondo, seppellito sotto la corruzione del capitalismo:<br />

non c’è, e mai più ci sarà, un west da<br />

raccontare.<br />

Il signor Morton, che costruisce la ferrovia, dilaniato<br />

dalla tubercolosi, corre sul suo treno<br />

attraverso il deserto, sognando il mare occi-<br />

FILM<br />

di Mr. Viene a sapere che Nettie fa la missionaria<br />

in un villaggio africano, e che con lei ci sono<br />

anche i suoi figli. Questa notizia le dà una nuova<br />

speranza e trova finalmente il coraggio per<br />

andarsene dalla casa di Mr., che resta solo e<br />

abbandonato da tutti. Alla fine, Mr. si farà perdonare,<br />

pagando le tasse per il rientro in America<br />

di Nettie e dei figli di Celie.<br />

La pellicola tratta tematiche sociali molto<br />

importanti e rende molto bene la sofferenza di<br />

questa ragazza che è stata praticamente<br />

“venduta” dal padre e<br />

destinata a una vita che non ha<br />

scelto lei. Uno dei temi principali<br />

di questo film è appunto la<br />

presa di coscienza di Celie della<br />

sua libertà e alla sua indipendenza,<br />

tuttavia, è posta davanti<br />

a una scelta: vedendo le<br />

sofferenze di tutte le donne<br />

emancipate che conosce (sia in<br />

quanto persone di colore, sia in<br />

quanto donne), si chiede se<br />

valga la pena di far valere i suoi<br />

diritti con Mr., se quando sarà uscita dalla sua<br />

ombra dovrà combattere per il colore della sua<br />

pelle. Questo film ci fa capire che ci sono molti<br />

motivi per cui una persona può essere giudicata<br />

e discriminata: i primi a cui pensiamo sono<br />

ovviamente la religione e il colore della pelle. “il<br />

colore viola”, però, ci mostra che anche tra le<br />

persone che sono vittime di discriminazioni ci<br />

sono dei gruppi di persone che sono discriminate<br />

a loro volta, e in un certo senso sottolinea<br />

l’assurdità di queste situazioni.<br />

C'era una volta il West<br />

dentale. Al suo servizio c’è Jack (Henry Fonda)<br />

uno spietato sicario dal cappello nero che uccide<br />

McBain e i suoi figli, un pioniere irlandese, lasciando<br />

vedova Geal (Claudia Cardinale). Arriva<br />

allora “dal passato” “Armonica” (Jason Robards),<br />

uno sconosciuto dal cappello bianco: da<br />

solo, scende dal treno, nel deserto tre uomini lo<br />

aspettano; questa è la scena che apre il film.<br />

Grande la fotografia (Tonino Delli Colli), sublime<br />

la musica (Ennio Morricone), la regia non si<br />

commenta neanche. C’era una volta il West è il<br />

perfetto esempio di come la rappresentazione<br />

ci offra una realtà più vera tanto più questa è<br />

alterata dal carattere romanzesco della rappresentazione,<br />

raccontando meglio del verismo.<br />

Oltre a chiudere l’epopea dello “spaghetti western”,<br />

questo film inaugura un nuovo stile raramente<br />

riprodotto.

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