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Aprile 2009 - Pilo Albertelli

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Armando Pitocco<br />

“L'Italia è in guerra”? Suona assurdo.<br />

Quando alla mattina ci svegliamo,<br />

certo non troviamo l'invasore che<br />

sbuca da dietro l'angolo, un<br />

carrarmato che disintegra la nostra<br />

scuola, delle bombe che ci piovono<br />

addosso, delle mine che ci amputano i<br />

piedi. Eppure, nonostante ogni apparenza,<br />

se in alcuni posti del mondo<br />

succedono queste cose, se c'è la<br />

guerra, il nostro Paese ne è direttamente<br />

responsabile. Vorrei mostrarvi<br />

qui le briciole di una verità nascosta<br />

che il lavoro da formica operaia, continuo<br />

e meticoloso, di alcuni giornalisti<br />

di pace ha portato alla luce. 1<br />

Quest'anno l'industria bellica italiana<br />

ha raggiunto risultati eccezionali!<br />

Mentre il mondo crolla nella crisi più<br />

nera il commercio delle armi nel nostro<br />

paese ha raggiunto un volume<br />

d'affari di € 4,2 miliardi di nel 2008,<br />

con un aumento ben del 220% rispetto al 2007<br />

(quand'era di € 1,3 miliardi). A regolare l'esportazione<br />

delle armi è la legge 185/90, che per le nostre<br />

buone coscenze vieta la vendita di armi a paesi<br />

in guerra o che violano i diritti umani. Ciononostante<br />

tra i nostri partner commerciali annoveriamo<br />

alcuni nobili governi quali quelli della<br />

Turchia, della Cina, del Pakistan, dell'India e di<br />

Israele (tutti in guerra e/o condannati da Amnesty<br />

International). Come mai il governo italiano<br />

può autorizzare queste esportazioni? Semplice,<br />

perché chi è idoneo o meno a ricevere armi lo decidono<br />

organi dell'UE e dell'ONU, e non organizzazioni<br />

neutrali e indipendenti quale può essere<br />

appunto Amnesty. Ma non abbiamo detto<br />

dell'Africa. Siamo così buoni, che al continente<br />

più povero del mondo (che se sta così è per buona<br />

parte causa delle guerre) vendiamo armi per €<br />

268,5 milioni. La Libia è in testa alla classifica (sì<br />

proprio la Libia dell'amico Gheddafi, di cui abbiamo<br />

visto le carceri-lager dove vengono torturati i<br />

migranti nel documentario di Andrea Segre e<br />

Dagmawi Yimer “Come un uomo sulla terra”). Ma<br />

ci sono anche il Kenya (dove da anni c'è una<br />

guerra civile latente; Peacereporter racconta che<br />

recentemente squadroni della morte controllati<br />

dai servizi segreti keniani avrebbero<br />

ucciso 300-500 membri di una certa<br />

setta dei Mungiki), o la Nigeria (praticamente<br />

in guerra con il Mend, il movimento<br />

per l'emancipazione del delta del<br />

Niger; a marzo almeno 45 persone sono<br />

morte per questo conflitto).<br />

Ma l'Italia già da sola è un ottimo<br />

cliente per Finmeccanica (il mega<br />

gruppo di aziende attive nella “difesa” e<br />

nell'areospazio, che raccoglie quasi tutte<br />

le industrie belliche italiane e non solo;<br />

lo Stato detiene il 36% delle azioni,<br />

maggioranza relativa, il resto è di privati).<br />

Il governo ha da poco stanziato €<br />

13 miliardi (un miliardo in più di quanto<br />

Maroni ha detto che serve per ricostrui-<br />

O A<br />

ndanomal<br />

All'armi<br />

L'italia sempre più in guerra<br />

re l'Abruzzo) per comprare 131 caccia-bombardiere<br />

F-35 ad Alenia Aeronautica (azienda del<br />

gruppo Finmeccanica), la quale li produrrà nello<br />

stabilimento di Cameri (Novara). Gli F-35 nascono<br />

da un programma di riarmo internazionale, il<br />

Joint Strike Fighter, lanciato dagli Usa negli anni<br />

'90 (a cui l'Italia ha aderito nel '96 con il governo<br />

Prodi I). Questi aerei sono armi micidiali, capaci<br />

di trasportare anche bombe nucleari, descritte dagli<br />

esperti come ottime per missioni all'estero<br />

per le loro caratteristiche (per la “difesa” sono<br />

già stati spesi € 7 miliardi per 121 più “adatti” Eurofighter).<br />

Insomma, servono per fare la guerra. Il<br />

provvedimento è già stato approvato, è bastato il<br />

voto favorevole delle commissioni di difesa di Camera<br />

e Senato (tutti favoreli, Pd non ha votato,<br />

nessun contrario), non c'è bisogno di alcun esame<br />

in aula.<br />

Ma non finisce qui! Anche in Afghanistan l'Italia<br />

intensifica il suo impegno “umanitario” (!). A<br />

novembre sono stati spediti 4 cacciabombardieri<br />

Tornado (ci costano € 4 milioni in tutto al mese<br />

per tenerli in guerra), inizialmente con la giustificazione<br />

che faranno solo ricognizione (come se<br />

non fosse in guerra il soldato che va a cercare la<br />

posizione dei nemici per permettere gli<br />

attacchi!). Ma poi, con la rimozione a dicembre di<br />

tutti i caveat (cioè i “limiti” di operatività imposti<br />

Anno II - Numero 6<br />

ondanomala_albertelli@yahoo.it<br />

alle truppe italiane), ora il nostro esercito in<br />

Afghanistan può tranquillamente partecipare<br />

alle azioni di attacco (cosa che per altro<br />

già faceva da anni, come ha confessato<br />

La Russa ormai l'estate scorsa), e gli aerei<br />

possono quindi anche bombardare<br />

(ed è noto che hanno già avuto<br />

l'occasione di sparare con i doppi<br />

cannoni mitragliatori). Infine a febbraio<br />

il Parlamento ha rifinanziato le missioni<br />

all'estero, al Senato con l'unanimità,<br />

alla Camera con due contrari e<br />

quattro astenuti. Le spese per le missioni<br />

all'estero sono passate dai € 29<br />

milioni al mese del 2008 ai € 40 milioni<br />

di quest'anno. Con quest'andamento<br />

nel <strong>2009</strong> si spenderanno € 484<br />

milioni, 147 in più dell'altr'anno. Questo<br />

perché in Afghanistan oltre ad<br />

arrivare i Tornado, il contingente è<br />

stato portato da 2300 a 2500 unità, e<br />

forse si supereranno i 3000 soldati.<br />

Insomma, è tempo di crisi, e per<br />

questo si investe nelle armi (coi nostri<br />

soldi ovviamente...). Gli Usa è da tempo che sono<br />

diventati “un'economia di guerra”, e anche a inizio<br />

'900 e negli anni '40 l'industria bellica si è rivelata<br />

fondamentale per rilanciare l'economia.<br />

Peccato che allora ogni volta seguì una guerra<br />

mondiale. E oggi invece? Chi lo andrà a spiegare<br />

ai parenti delle migliaia di vittime delle guerre<br />

moderne, ai feriti mutilati, ai bambini senza<br />

gambe, “che tutto è capitato solo perché l'industria<br />

aumenti il fatturato”?. 2<br />

Ma nonostante la catastrofe, qualcosa si muove.<br />

Il 2 ottobre <strong>2009</strong>, in Nuova Zelanda, partirà la<br />

prima Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza<br />

(aderiscono tantissime organizzazioni, come<br />

Amnesty International, Emergency, e grandi<br />

personalità, come Rigoberta Menchù, Art<br />

Garfunkel, Dario Fo). Dall'11 al 13 Novembre sarà<br />

a Roma. Io direi che possiamo sostenerla, con €<br />

3 finanziamo “1 km” di marcia 3 (mondosenzaguerre.org/sostieni).<br />

NOTE<br />

1 Le fonti di questo articolo sono alcuni<br />

giornali poco noti, ma specializzati in storie che<br />

non fanno notizia, e per quanto riguarda la<br />

guerra nel mondo e gli affari esteri, di certo sono<br />

tra i più completi. Inoltre fanno un incredibile<br />

lavoro di analisi e “decodificazione”<br />

del linguaggio oscuro di certe leggi e di<br />

certi fatti che pur molto ci riguardano.<br />

Eccoli:<br />

Peacereporter.net – Peacelink.it – Nigrizia.it<br />

– Disarmo.org – Banchearmate.it<br />

– OsservatorioIraq.it – Medlinknet.org –<br />

FortressEurope.blogspot.com – Nenasili.cz/it<br />

(La forza della Nonviolenza) –<br />

AltraEconomia.it – MondoSenza-<br />

Guerre.org<br />

2 Dalla canzone “Perché una guerra”, di<br />

Fausto Amodei, liberamente scaricabile<br />

da ildeposito.org<br />

3 Vai su mondosenzaguerre.org/sostieni.<br />

Per sapere di più della marcia mondiale<br />

visita TheWorldMarch.org

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