Il Telespettatore - N. 3 - Marzo 2009 - Aiart
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pronta da cinque anni. Si<br />
doveva fare già nel 2003,<br />
ma allora non c’erano le<br />
persone giuste per portare<br />
avanti il progetto. Qualcuno<br />
avrebbe voluto Accorsi<br />
nel ruolo del protagonista,<br />
ma Stefano rinunciò e del<br />
film non si fece più niente.<br />
Se oggi abbiamo potuto<br />
realizzarlo è grazie al coraggio<br />
di Angelo Barbagallo<br />
e Caterina D’Amico, che<br />
mi hanno lasciato massima<br />
libertà sia nella scelta del<br />
cast che dopo, in corso<br />
d’opera. Le differenza con<br />
il bel lavoro di Garrone? <strong>Il</strong><br />
suo aveva una struttura<br />
rapsodica e un pessimismo<br />
di fondo quasi apocalittico,<br />
il mio è più tradizionale,<br />
imperniato su un personaggio<br />
accattivante e un<br />
messaggio aperto alla speranza".<br />
Anche la camorra è profondamente<br />
diversa. Non è<br />
ancora quella frammentata<br />
e feroce dei Casalesi, ma<br />
verticistica, radicata, nelle<br />
mani di due-tre famiglie,<br />
fortemente ancorata a Cosa<br />
Nostra. "Fortapàsc però -<br />
aggiunge il regista di Mery<br />
per sempre - non è tanto<br />
un’opera sulla camorra,<br />
bensì sul rapporto tra il<br />
giornalismo italiano e la<br />
realtà che racconta. Nel<br />
film si dice che a Napoli<br />
tutta l’acqua diventa fango.<br />
Gli esempi alla Siani però<br />
ci ricordano il contrario:<br />
che è sempre possibile riconvertire<br />
quel fango in<br />
acqua. Se tutti fanno il proprio<br />
lavoro". Centrale è così<br />
la differenza stabilita dagli<br />
sceneggiatori tra giornalismo<br />
impiegatizio e giornalismo-giornalismo.Chiarisce<br />
Purgatori (ex cronista<br />
Libero Di Rienzo, l’attore protagonista.<br />
de <strong>Il</strong> corriere della Sera):<br />
"Somiglia a quella tra giornalismo<br />
privilegiato e precario,<br />
di cui ancora si parla<br />
poco. Senza nulla togliere<br />
al primo, credo che oggi la<br />
forza propulsiva della<br />
stampa italiana sia in quei<br />
40.000 cronisti senza contratto,<br />
che vanno a scovare<br />
le notizie laddove nascono,<br />
non ricevono regali e rischiano<br />
spesso la pelle".<br />
<strong>Il</strong> film è anche un risarcimento<br />
alla straordinaria figura<br />
di quest’uomo allegro<br />
e vitale, rimasta in un cono<br />
d’ombra per diversi anni.<br />
"Marco Risi ha capito a<br />
fondo la personalità di mio<br />
fratello - racconta Paolo<br />
Siani -. Quando ho letto la<br />
sceneggiatura non ho potuto<br />
fare a meno di commuovermi,<br />
perché ho ritrovato<br />
Giancarlo in quelle pagine,<br />
e le parole erano quelle<br />
che avrebbe detto lui. Abbiamo<br />
atteso 12 anni prima<br />
di ottenere giustizia per la<br />
sua morte (grazie alle rivelazioni<br />
di un pentito che<br />
indicò in Gionta il vero<br />
mandante dell’esecuzione),<br />
e più di venti per avere<br />
una testimonianza del suo<br />
CINEMA IN<br />
coraggio. Fortapàsc è per<br />
lui, e per tutti coloro che<br />
sono caduti per mano della<br />
mafia". Non a caso nel film<br />
di Risi fanno la loro comparsa<br />
alcuni dei familiari<br />
delle vittime di camorra, da<br />
Lorenzo Clemente - marito<br />
di Silvia Ruotolo, una giovane<br />
mamma uccisa per<br />
sbaglio dalla malavita - ad<br />
Annamaria Torre - figlia di<br />
Marcello Torre, sindaco di<br />
Pagani, ammazzato nel<br />
1980 -, "per ricordare le vite<br />
dei nostri congiunti attraverso<br />
i nostri volti". Forse<br />
Fortapasc non segnerà il<br />
ritorno dell’impegno nel cinema<br />
italiano - negli ultimi<br />
anni non sono certo mancate<br />
le opere civili -, certo<br />
però che ristabilisce una<br />
forte linea di continuità<br />
con la sua tradizione, quella<br />
dei Rosi e dei Petri. In<br />
un momento in cui l’inchiesta,<br />
la denuncia, sono<br />
esclusiva dei reportage televisivi,<br />
dei documentari, e<br />
dei registi che hanno spesso<br />
usato l’impegno come<br />
ombrello per coprire altre<br />
storie e interessi (si vedano<br />
i recenti esempi de La siciliana<br />
ribelle di Marco<br />
Amenta e di Complici del<br />
silenzio di Stefano Incerti,<br />
veri e propri melò camuffati<br />
da cinema di denuncia),<br />
Fortapasc rappresenta un<br />
salutare ritorno al passato.<br />
E tra il rigore senza luce di<br />
Gomorra e il grottesco senza<br />
fine de <strong>Il</strong> Divo, una<br />
buona via di mezzo. Una<br />
curiosità: Marco Risi ha dedicato<br />
il film a suo padre<br />
Dino, che "è morto tre<br />
giorni prima che iniziassero<br />
le riprese ed è l’unico<br />
dei miei lavori che non abbia<br />
visto".<br />
<strong>Il</strong> <strong>Telespettatore</strong> - N. 3 - <strong>Marzo</strong> <strong>2009</strong> 21