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380<br />

Giuseppe Chironi<br />

con un’evidente gradazione di responsabilità, vedeva impegnate nella<br />

gestione della chiesa tutte le istituzioni rappresentative dell’intera città,<br />

laica e religiosa, ed anzi di tale unione spirituale la buona conservazione<br />

del Duomo e dei suoi arredi rappresenta il simbolo e la prova tangibile.<br />

Una centralità ecclesiastica che emerge in modo lampante anche dalla<br />

disposizione urbanistica <strong>degli</strong> edifici delle istituzioni collegate alla<br />

fabbriceria (casa canonicale, palazzo vescovile, palazzo comunale,<br />

palazzo familiare); appare singolare, perlomeno nei confronti della<br />

tradizione urbanistica comunale, la posizione del palazzo pubblico, di<br />

norma collocato come a Siena lontano dal centro del potere ecclesiastico 41 ;<br />

ma forse proprio in questa eccentricità si misura la distanza dai modelli<br />

medievali e la peculiarità dell’esperimento pientino, così intimamente<br />

pervaso da una sorta di radicalismo che risolve la vita associata in un<br />

orizzonte cristiano, non solo, come ovvio, dal punto di vista religioso,<br />

ma anche, in modo meno scontato, istituzionale e politico, in una sorta<br />

di neoguelfismo ante-litteram di cui il mito della crociata è simbolo sin<br />

troppo esplicito. Una “res publica christiana” in cui organicismo sociale,<br />

ruolo dominante delle famiglie aristocratiche, centralità della chiesa sono<br />

elementi ideologici caratterizzanti; elementi che, trasposti nella realtà<br />

pientina dalla superiore autorità del pontefice, rivelarono ben presto,<br />

poco dopo la morte dello stesso artefice, la loro intrinseca debolezza.<br />

Ancora una volta emblematica è la vicenda della fabbriceria che ben<br />

rappresenta il fallimento del progetto pientino: la prevaricazione <strong>degli</strong><br />

eredi del pontefice nel controllo e nella gestione del ricco patrimonio<br />

dell’Opera sugli altri enti pientini, in aperta violazione delle volontà di Pio<br />

II, terminò, dopo una lunga causa, solo nel 1622, ben oltre l’emanazione<br />

dei decreti tridentini che sancivano le prerogative vescovili in materia di<br />

revisione dei conti e nonostante i tentativi di intromissione del governo<br />

mediceo 42 .<br />

41 Cfr. i saggi contenuti in La piazza del duomo nella città medievale (nord e media Italia, sec.<br />

XII-XVI), atti della giornata di studio (Orvieto, 4 giugno 1994), a cura di L. RICCETTI, in “Bollettino<br />

dell’Istituto Storico Artistico Orvietano” XLVI-XLVII (1990-1991), ma Orvieto 1997.<br />

42 Cfr. CHIRONI (a cura di), L’archivio diocesano di Pienza cit., pp. 410-413.

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