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Fedeltà ghibellina affari guelfi 257<br />

ostacola la nostra possibilità di conoscere il passato. Allo storiografo<br />

non deve comunque essere richiesto – superata quella porta – di fornire<br />

‘verità’, bensì di dare interpretazioni, letture, spiegazioni e di suscitare<br />

nuove domande; e il risultato sarà più facile da raggiungere nella misura<br />

in cui egli riuscirà a porre correttamente le domande e sarà tanto più<br />

rafforzato se potrà contare su solidi riferimenti documentari: in questo<br />

sta quindi la ‘dimensione archivistica’ del nostro lavoro.<br />

Facciamo un passo indietro. E consideriamo brevemente la fortunata<br />

situazione <strong>degli</strong> archivi senesi.<br />

È bene dire – a vantaggio soprattutto dei non addetti ai lavori<br />

oggi presenti – che in ben poche altre città sussiste una situazione di<br />

partenza così favorevole. Relativamente al periodo oggetto qui di studio<br />

ci sorreggono fonti di straordinaria ricchezza ed eloquenza: gli statuti<br />

comunali e le connesse raccolte di provvisioni, revisioni e addizioni,<br />

le serie deliberative dei massimi organi assembleari, i libri iurium (a<br />

cominciare dal celeberrimo Caleffo Vecchio) che raccolgono i documenti<br />

connessi alle principali operazioni politiche interne e ‘internazionali’, le<br />

serie contabili inerenti all’attività della tesoreria comunale (la Biccherna)<br />

e <strong>degli</strong> altri uffici amministrativi, le decine di migliaia di atti notarili<br />

relativi ad affari pubblici o a rapporti fra privati, gli archivi di importanti<br />

istituzioni nella vita sociale ed economica della città, come l’ospedale di<br />

Santa Maria e l’Opera del duomo. La situazione di partenza favorevole<br />

è ancor più felice se consideriamo la solida tradizione di lavori d’ambito<br />

archivistico, che hanno portato nel corso del tempo alla pubblicazione<br />

di decine d’inventari dei fondi e allo studio delle dinamiche della loro<br />

produzione e conservazione. Ed accanto agli strumenti, non sono mancate<br />

le edizioni delle principali fonti che hanno permesso un migliore e più<br />

proficuo studio. Alcune citazioni sono d’obbligo e un plauso mi sia<br />

consentito riconoscere all’Accademia <strong>degli</strong> Intronati che da decenni<br />

ha portato tenacemente avanti una politica editoriale in questo senso di<br />

grande rilevanza. Costituiscono infatti un passaggio obbligato per chi<br />

voglia studiare la storia di Siena due-trecentesca il ricordato Caleffo<br />

Vecchio (edito da Giovanni Cecchini a partire dal 1932 e completato

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