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«Abere non potuero neque carta neque breve» 23<br />

esse dinuscitur» 40 . La formula veniva ripresa nella seconda cartula, del<br />

989, strettamente legata all’altra perché relativa a Ermingarda, vedova<br />

di Lamberto, che così affermava: «omnes moniminas suas, cartule et<br />

breves seo et iudicatas sive inperialis et regalis precenptoras, vel qualibet<br />

fatjones sive repromissionis paginas aut quacunque scripturas, cartarum<br />

licteras, quantas et quales in suprascripto quondam Lamberto in eo et<br />

missas aut datas vel pertinentes erat aut esse inveniebatur» 41 : le due<br />

varianti, rispecchiano la gerarchia di rapporti tra i diversi tipi di scrittura<br />

– «quacunque scripturas» – per il notaio del tempo 42 .<br />

Ancora in relazione al formalismo del breve, ma anche a come<br />

veniva recepito dalla mentalità <strong>degli</strong> uomini di diritto del tempo,<br />

abbiamo un altro documento amiatino, in questo caso una notitia iudicati<br />

che nello stesso dettato del documento viene però anche definita «breve<br />

refutatjionis» 43 . Siamo di nuovo nell’alto Lazio di CDA 91 e 92, stavolta<br />

a Corneto, dove nel giugno del 1014 si trova ad agire il giudice Siifridu.<br />

Pur nella natura del documento di placito, come registrazione di fatti<br />

avvenuti, anche se non possiamo ovviamente pensare a frasi d’uso<br />

comune in una dimensione orale quotidiana, possiamo ritenere che, nella<br />

situazione contingente del giudizio, esse dovevano essere effettivamente<br />

recitate 44 . Il documento afferma che il giudice Siifridu interrogava Ioanis,<br />

40 Il riferimento è a CDA 203, 973 aprile 14, p. 12. Il documento ci è pervenuto con un<br />

esemplare di pochi anni successivi per mano di «Adalberto notarius domni inperatoris», come risulta<br />

dalla riga del copista al termine del documento, forse in occasione della redazione di CDA 206, per il<br />

quale cfr. nota seguente e testo corrispondente. La cartula è assai nota perché relativa a una «negozio<br />

fittizio» <strong>degli</strong> Aldobrandeschi, v. S. M. COLLAVINI, “Honorabilis domus et spetiosissimus comitatus”.<br />

Gli Aldobrandeschi da “conti” a “principi territoriali” (secoli IX-XIII), Pisa, ETS, 1998 («Studi<br />

medioevali», 6), pp. 80-85.<br />

41 CDA 206, 989 febbraio 15, p. 18. Anche di questo documento si occupa COLLAVINI,<br />

“Honorabilis domus” cit., pp. 80-85.<br />

42 Sarebbe da sviluppare l’interessante osservazione di COLLAVINI, “Honorabilis domus” cit., p. 88<br />

circa la genesi nell’ambito di una attività documentaria promossa dalla famiglia aldobrandesca e non dal<br />

monastero di S. Salvatore di CDA 204, redatto dallo stesso notaio Giovanni autore di CDA 206.<br />

43 CDA 242.<br />

44 Anche i diversi documenti di placito pervenutici non mostrano uniformità di forme nei vari<br />

territori e anche all’interno di una stessa regione, pur con strutture ricorrenti; cfr. F. BOUGARD, La

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