mostra dialetto ranco.pub - Comune di Ranco
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Un mestiere antico era: il barcaiolo.<br />
Il mio bisnonno faceva il barcaiolo. Con la sua barca portava<br />
le persone da una sponda all‘altra del Lago Maggiore cioè<br />
da Angera ad Arona, sia per quelli che dovevano andare a la-<br />
vorare anche chi voleva fare una gita sul lago.<br />
La barca era fatta <strong>di</strong> legno e c‘erano anche due gran<strong>di</strong> archi<br />
in ferro che sorreggevano un telo per proteggersi dal sole e<br />
dalla pioggia. Per farla “scivolare“ sull‘acqua servivano due<br />
gran<strong>di</strong> remi. Questo tipo <strong>di</strong> barca si chiamava “borchiello“ e<br />
poteva trasportare fino a si persone.<br />
Martina
Il calzolaio è stato uno dei mestieri piú antichi, mi hanno raccontato<br />
che il calzolaio lavorava molto.<br />
La sua bottega era piccola, col suo gembiule in pelle lungo fino ai<br />
pie<strong>di</strong>, il tavolino piccolo, con sopra tutto l‘occorrente per lavorare a<br />
partire da varie misure <strong>di</strong> chio<strong>di</strong>ni, colla, martello, filo per cucire,<br />
pelle, il lucido e le forme per creare le scarpe su misura.<br />
A volte lavorava fuori dalla sua bottega, in strada cosí tutti pote-<br />
vano vederlo mentre lavorava.<br />
Il lavoro del clazolaio è stato uno dei lavori piú umile e poco red<strong>di</strong>-<br />
tizio.<br />
Martina<br />
Intorno al “deschetto“ del calzoliaio, era nei nostri paesi il luogo preferito dove si riunivano<br />
“a veglia“ amici e clienti.<br />
E mentre nelle mani dell‘artista prendeva forma la scarpa <strong>di</strong> vero cuoio che “doveva<br />
durare una vita“, i “vegliarini“ davano fondo alla loro loquacità, spesso con<strong>di</strong>ta con<br />
qualche mal<strong>di</strong>cenza <strong>di</strong> troppo...
Il mio nonno ha frequentato solo la scuola elementare perchè a quei<br />
tempi la frequenza alle altre scuole non era obbligatoria.<br />
La sua famiglia era molto povera e non poteva mandarlo a scuola,<br />
perchè non se lo poteva permettere. Terminata la classe terza ha ini-<br />
ziato a lavorare come manovale. Il suo lavoro richiedeva molta fa-<br />
tica perchè a quei tempi non si usavano i macchinari che ci sono<br />
adesso.<br />
Portavano I mattoni con le braccia sui ponteggi, anch ela malta ve-<br />
niva impastata a mano con una zappa.<br />
Per recarsi al lavoro, non usavano le macchine come ai tempi nostri,<br />
ma andavano a pie<strong>di</strong> o in bicicletta. Il lavoro <strong>di</strong> mio nonno a quei<br />
tempi era molto faticoso. Alla sera, quando tornavano a casa, dove-<br />
vano accu<strong>di</strong>re le bestie, arare I campi e seminare.<br />
La mia nonna invece, terminata la scuola, è andata a lavorare in<br />
una fabbrica <strong>di</strong> maglieria.<br />
Partiva alle 6,30 del mattino in bicicletta e tornava alla sera tar<strong>di</strong>.<br />
Il sabato si lavorava tutto il giorno. La domeniva era l‘unico giorno<br />
<strong>di</strong> riposo. A volte, peró, doveva aiutare a seminare o a raccogliere il<br />
grano, l‘uva, le patate. Doveva dare una mano ai genitori anche a<br />
fare il burro, a pigiare l‘uva, a sgranare le pannocchie <strong>di</strong> granotur-<br />
co, a raccogliere l‘erba per i conigli.<br />
La nonna <strong>di</strong>ce sempre: “Speriamo che non vengano piú quei tempi<br />
perchè erano tempi duri“.<br />
Anna
Il papà <strong>di</strong> mia nonna Terry si chiamava Andrea, <strong>di</strong> mestiere face-<br />
va il coltivatore <strong>di</strong>retto. Questo lavoro dava tante sod<strong>di</strong>sfazioni ma,<br />
come tutti i lavori, c‘era il lato negativo perchè non c‘erano tutti i<br />
macchinari che ci sono adesso, ma si faceva tutto a mano.<br />
Verso gli anni ‘50 si incominciava con le macchine e il lavoro <strong>di</strong>ven-<br />
tava piú piacevole.<br />
Come quando si tagliava il prato a maggio, per seccarlo e cosí<br />
quattro volte all‘anno che poi serviva per dare da mangiare agli<br />
animali in inverno.<br />
In autunno c‘era la semina del frumento, che dormiva sotto terra<br />
per tutto l‘inverno, in primmavera si svegliava e cresceva giorno do-<br />
po giorno fino a maturazione e avveniva la mietitura. Si tagliava, si<br />
trebbiava, si metteva sull‘aia per essicarlo poi si vendeva, dopo<br />
aver tenuto quello che serviva per il bisogno della famiglia che era<br />
numerosa.<br />
Il nonno <strong>di</strong> mio papà era bravo anche a lavorare la saggina, face-<br />
va scope, se<strong>di</strong>e e tante altre cose.<br />
Mi sarebbe piaciuto conoscere il mio bisnonno, perchè sicuramente<br />
avrei imparato molte cose.<br />
Andrea Brovelli
Mio nonno quarant‘anni fa faceva <strong>di</strong> mestiere il barbiere.<br />
Per imparare questo mestiere non ha stu<strong>di</strong>ato a scuola, ma ha im-<br />
parato da una persona che gli voleva bene. Per un po‘ <strong>di</strong> tempo ha<br />
lavorato “sotto padrone“, poi dopo tanti sacrifici è riuscito ad<br />
aprire un salone da barba tutto suo.<br />
Egli mi racconta tante cose, tagliava i capelli anche ai bambini,<br />
usava le forbici con un pettine molto fine. Per fare la barba usava<br />
il pennello, il sapone e il rasoio a mano. Nei capelli metteva la<br />
brillantina.<br />
Ancora adesso mio nonno taglia i capelli a tutta la mia famiglia.<br />
Giovanna
Mia nonna mi ha raccontato <strong>di</strong> un mestiere che oggi non esiste piú: la<br />
lavandaia.<br />
La lavandaia era una donna che andava a prendere la biancheria<br />
nelle case. Poi si recava al fiume, al lago o al lavatoio <strong>pub</strong>blico per<br />
lavare tutta la biancheria.<br />
Era un lavoro molto faticoso, specialmente in inverno.<br />
Poi un altro lavoro che dovevano fare a mano era quello <strong>di</strong> coltivare i<br />
terreni, oggi ci sono le macchine agricole.<br />
I loro vestiti non erano belli come oggi, firmati come oggi, erano<br />
semplici, cuciti dalle loro mamme, ne avevano uno per la festa che<br />
usavano sole nelle gran<strong>di</strong> occasioni e poi avevano pochi abiti da in-<br />
dossare tutti gli altri giorni. Non tutti avevano le scarpe, era roba da<br />
ricchi, ma la maggior parte dei bambini indossava gli zoccoli con<br />
qualsiasi tempo.<br />
Alice e Erica
Din don dan<br />
Lis cjampanis <strong>di</strong> Bordan<br />
Lis cjampanis <strong>di</strong> Dales<br />
La maestra cui stafess<br />
Di là da laghe a je une vivande<br />
Cun une sole jambe e un cjapelin sul ciaf.<br />
Din don dan<br />
Le campane <strong>di</strong> Bordano<br />
Le campane <strong>di</strong> Dalesso<br />
La maestra con le pantofole.<br />
Oltre il ponte c‘è una vivanda<br />
Con una sola gamba e il cappellino sulla testa. (E‘ il fungo)<br />
Plovesine minu<strong>di</strong>ne<br />
Liserine liserin<br />
Tu vegnis ü cussí ci<strong>di</strong>ne<br />
Cence tons e cence lamps<br />
E tu das <strong>di</strong> bevi ai cjamps.<br />
Plovesine fine fine<br />
Liserine bagne bagne un breghegnin<br />
Lort dal puor conta<strong>di</strong>n<br />
Cence te no ven nuie.<br />
Bagne bagne la latughe<br />
Bagne bagne chel ledric<br />
Fin cumó tegnût a sec<br />
Bagne lort dal puor omp<br />
Begne il cjamp dal puor<br />
Galantomp.<br />
Pioggerella piccolina<br />
Vieni giú silenziosa<br />
Senza tuoni e senza lampi<br />
E dai da bere ai campi.<br />
Pioggerella fine fine<br />
Bagna sempre un pochino<br />
L‘orto del conta<strong>di</strong>no,<br />
Senza <strong>di</strong> te non cresce nulla.<br />
Bagna bagna il ra<strong>di</strong>cchio<br />
Bagna bagna la lattuga<br />
Fino ad ora tenuta all‘asciutto<br />
Bagna l‘orto del povero uomo<br />
Bagna il campo del povero<br />
Galantuomo.<br />
Federico<br />
Filastrocche friulane.
7 – 14 – 21 – 28<br />
Jamu alla fera <strong>di</strong> Barbarotto<br />
na cattamu nu bellu capotto.<br />
7 – 14 – 21 – 28<br />
An<strong>di</strong>amo alla fiera <strong>di</strong> Barbarotto<br />
Ci accattiamo (comperiamo ?) un bel cappotto<br />
Dialetto calabrese<br />
Piæùv piæùv,<br />
La galjnna la fà l‘æuv;<br />
El galett el va debàss;<br />
Tùcc I sciori van a spass,<br />
Van a spass in caròzza<br />
Cónt i fiæu e el càn in scoss(a);<br />
In inscì ciàppa andà a spass,<br />
Che an perdùu la strada de tornà a cà.<br />
Barbapedana el gh‘aveva un gilé,<br />
Lóngh davanti e cúrt dedrée,<br />
Con i oggiæú làrgh ùna spànna,<br />
Quèst l‘é el gilé dél Barbapedana.<br />
Dialetto lombardo
Tanto tempo fa nei nostri paesi e nelle nostre città non esistevano i<br />
negozi che ci sono ora; c‘era qualche raro fruttivendolo, qualche<br />
panetteria, il “macelaar“ e la merceria in cui si poteva trovare un po‘<br />
<strong>di</strong> tutto quel che non era alimentare.<br />
C‘erano peró tanti artigiani che, a pie<strong>di</strong> o con il loro carrettini, si<br />
recavano <strong>di</strong> casa in casa per procurarsi il lavoro che consisteva<br />
prevalentemente nel riparare gli oggetti piú <strong>di</strong>sparati <strong>di</strong> uso comune, o<br />
anche a vendere cose che nei pochi negozi esistenti non c‘erano.<br />
Ad esempio c‘era “ul magnan“ che ristagnava le pentole <strong>di</strong> rame<br />
consumate per poterle usare piú alungo; c‘era “chel <strong>di</strong> spagnulett“ che<br />
vendeva arachi<strong>di</strong>, soprattutto nelle feste <strong>di</strong> fine anno, cosicchè I nostri<br />
nonni alla mattina <strong>di</strong> Natale avrebbero trovato sul tavolo “un pugn<br />
de spagnulett“ lasciate dal “Bambin“.<br />
C‘era “ul gelatee“ che spingendo un colorato carrettino arrivava nelle<br />
piazze a vendere per la gioia <strong>di</strong> tutti i bambini la sua dolce mercanzia<br />
al grido <strong>di</strong> “Gelatiiiiiii!“.<br />
C‘era “lo stracee“ che acquistava gli stracci consunti che la gente non<br />
poteva piú utilizzare; c‘era lo scalpellino, artigiano che lavorava le<br />
pietre manualmente con lo scalpello; il maniscalco, che provvedeva a<br />
mettere i ferri sugli zoccoli dei cavalli.<br />
C‘era anche la levatrice, che andava dove stava per nascere un<br />
bambino per aiutare la mamma a partorire.<br />
Tanti mestieri che oggi sono quasi <strong>di</strong>menticati e che noi bambini<br />
possiamo solo immaginare attraverso i racconti dei piú gran<strong>di</strong>.<br />
Riccardo Mandelli