QUADRIMESTRALE DELL'ARCIDIOCESI - inComunione

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LETTERE E MESSAGGI lebrazioni liturgiche che va coltivato a tutto vantaggio della spiritualità liturgica. Sappiamo tutti come nell’Eucaristia il Figlio ci unisce al suo amore per il Padre e con il dono dello Spirito rende anche noi capaci di invocarlo “Abbà”, dandoci la forza di costruire relazioni affettive trasfiguranti, proprie di una comunità cristiana così come leggiamo negli Atti degli Apostoli (cfr. 2, 44; 4, 32; 6, 7). Nell’Eucaristia Gesù ci chiede di fare la cena in sua memoria, coinvolgendoci nel suo sacrificio e insegnandoci ad amare attraverso il suo cuore misericordioso, trafitto dai nostri peccati, e vivificato dalla risurrezione. In tal modo, Egli ci fa diventare creature nuove con un cuore nuovo, quello che ha assunto dalla nostra carne. Nell’Eucaristia il Signore Gesù ci dona la sua speranza nella risurrezione, il suo desiderio della casa del Padre e ci introduce nella nuova alleanza con Dio, dono da condividere e da trasmettere di generazione in generazione a tutti gli uomini e le donne pellegrini in cammino verso l’Eterno. Nell’Eucaristia il Cristo glorioso ci dona l’Unità, ci fa sperimentare la Comunione che egli vive con il Padre, perché la sua Chiesa risplenda nel mondo come segno profetico di carità e di pace, come luce di verità e di bene, seme e lievito della civiltà dell’amore. Il dinamismo missionario nasce dalla pasqua di Gesù, che noi celebriamo nella Messa, così come apprendiamo dall’evangelista Marco: «Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16, 13-18). Per cui la Messa che noi celebriamo esprime la nostra identità cristiana ed ecclesiale. Anche noi, come i Martiri di Abitene (sec. IV) dovremmo poter dire: «Senza il Signore risorto non possiamo vivere (sine Dominico, non possumus)». L’adorazione eucaristica, che scaturisce dalla Messa celebrata, come prolungamento del rendimento di grazie e di supplica, ci ha fatto gustare nel testo di Giovanni 15, 4-7 (La vite e i tralci) la bellezza della grazia che circola in noi come la linfa dal ceppo della vite ai tralci rendendoli ricchi di grappoli di uva. È il nutrimento della vita eterna, il pane vivo disceso dal cielo, come Gesù si definisce nell’eucaristia (cfr. Gv 6,32), che ci rafforza nell’alleanza nuova e ci rende come Gesù ci vuole, “testimoni”, della Sua risurrezione, secondo il testo di Luca 24, 44-48: «Poi disse: Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con 193

194 LETTERE E MESSAGGI voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni». Il congedo della Messa «Andate in pace!» è il comando che ci dà Gesù maestro a portarlo sempre con noi in tutti gli spazi della nostra vita personale, degli ambienti della vita ecclesiale, per indicarlo nella storia degli uomini come Salvatore di tutti e perché tutti credano che è Lui l’unico inviato dal Padre, venuto per liberarci dal peccato originale, dai peccati personali, donandoci la Sua vita divina che ci fa “figli dell’unico Padre”, “fratelli suoi”, “membri vivi e vitali della Chiesa”. La celebrazione della Messa l’ho vissuta ovunque come “fonte e culmine” dell’agire cristiano. La Messa è la forma e il centro propulsore della missionarietà della Chiesa. La parrocchia la deve celebrare come famiglia di Dio ogni domenica in modo solenne e quotidianamente per quanti possono partecipare. 3. Parrocchia come espressione della famiglia di Dio Il clima, rasserenante e gioioso, che la visita pastorale ha suscitato e che si è manifestato in modo del tutto particolare nell’incontro conclusivo di fraternità, mi ha fatto percepire come in ogni parrocchia c’è la presenza di un buon «lievito» che fa ben sperare in una continuità di impegno missionario sino al punto da farmi maturare la decisione, condivisa dal consiglio presbiterale e dal consiglio pastorale, così come scriverò nelle prospettive, di organizzare una missione a livello di ciascuna parrocchia sul tema comune “La Chiesa apostolica”. Sono convinto che potremo crescere insieme nell’unità e nella comunione della Chiesa diocesana se in ciascuna parrocchia ci si impegna ad essere «Chiesa» sul modello delle prime comunità cristiane così come vengono descritte negli Atti degli Apostoli (cfr. 2, 42-47; 4, 32-36; 6, 1-7). E di incrementare la cosiddetta pastorale integrata tra le parrocchie, partendo innanzitutto dalla conoscenza che è frutto di incontri cordiali, di comunicazione corretta, di condivisione secondo le direttive diocesane, di scambio di aiuto, di intese dirette su fronti comuni da coltivare come ad esempio il rapporto con la cultura, con le istituzioni civili e militari, con la pubblica amministrazione, con il mondo del lavoro. Da questo punto di vista nella visita pastorale è mancato l’incontro col Consiglio pastorale zonale che pure mi ero proposto di fare in ogni centro cittadino. Non mi è stato proposto dai vicari episcopali zonali, né mi è stato facile proporlo. Cercherò di recuperare nel corso del prossimo anno pastorale, questi incon-

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LETTERE E MESSAGGI<br />

voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè,<br />

nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e<br />

disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno<br />

e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei<br />

peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».<br />

Il congedo della Messa «Andate in pace!» è il comando che ci dà Gesù<br />

maestro a portarlo sempre con noi in tutti gli spazi della nostra vita personale,<br />

degli ambienti della vita ecclesiale, per indicarlo nella storia degli uomini come<br />

Salvatore di tutti e perché tutti credano che è Lui l’unico inviato dal Padre, venuto<br />

per liberarci dal peccato originale, dai peccati personali, donandoci la Sua vita<br />

divina che ci fa “figli dell’unico Padre”, “fratelli suoi”, “membri vivi e vitali della<br />

Chiesa”.<br />

La celebrazione della Messa l’ho vissuta ovunque come “fonte e culmine”<br />

dell’agire cristiano. La Messa è la forma e il centro propulsore della missionarietà<br />

della Chiesa. La parrocchia la deve celebrare come famiglia di Dio ogni domenica<br />

in modo solenne e quotidianamente per quanti possono partecipare.<br />

3. Parrocchia come espressione della famiglia di Dio<br />

Il clima, rasserenante e gioioso, che la visita pastorale ha suscitato e che si<br />

è manifestato in modo del tutto particolare nell’incontro conclusivo di fraternità,<br />

mi ha fatto percepire come in ogni parrocchia c’è la presenza di un buon «lievito»<br />

che fa ben sperare in una continuità di impegno missionario sino al punto da<br />

farmi maturare la decisione, condivisa dal consiglio presbiterale e dal consiglio<br />

pastorale, così come scriverò nelle prospettive, di organizzare una missione a<br />

livello di ciascuna parrocchia sul tema comune “La Chiesa apostolica”.<br />

Sono convinto che potremo crescere insieme nell’unità e nella comunione della<br />

Chiesa diocesana se in ciascuna parrocchia ci si impegna ad essere «Chiesa»<br />

sul modello delle prime comunità cristiane così come vengono descritte negli<br />

Atti degli Apostoli (cfr. 2, 42-47; 4, 32-36; 6, 1-7). E di incrementare la cosiddetta<br />

pastorale integrata tra le parrocchie, partendo innanzitutto dalla conoscenza che<br />

è frutto di incontri cordiali, di comunicazione corretta, di condivisione secondo<br />

le direttive diocesane, di scambio di aiuto, di intese dirette su fronti comuni da<br />

coltivare come ad esempio il rapporto con la cultura, con le istituzioni civili e<br />

militari, con la pubblica amministrazione, con il mondo del lavoro.<br />

Da questo punto di vista nella visita pastorale è mancato l’incontro col Consiglio<br />

pastorale zonale che pure mi ero proposto di fare in ogni centro cittadino. Non<br />

mi è stato proposto dai vicari episcopali zonali, né mi è stato facile proporlo.<br />

Cercherò di recuperare nel corso del prossimo anno pastorale, questi incon-

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