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“Convegno di studio sul cinema d'amatore”. - Cinevideo Club ...

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FEDIC FEDERAZIONE ITALIANA DEI CINECLUB<br />

Promosso da<br />

cine club bergamo<br />

col patrocinio della<br />

federazione italiana dei cineclub<br />

con la collaborazione dell’<br />

ente provinciale turismo <strong>di</strong> bergamo<br />

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1961: CONVEGNO DI STUDIO SUL CINEMA D'AMATORE<br />

1. Saluto <strong>di</strong> Paolo Capoferri<br />

Presidente del Cine <strong>Club</strong> Bergamo<br />

Egregi Signori, Amici<br />

assolvo il gra<strong>di</strong>to incarico <strong>di</strong> rivolgere il benvenuto ed il cor<strong>di</strong>ale saluto<br />

del nostro Cine <strong>Club</strong>, del Consiglio e mio, ai partecipanti a questo<br />

Convegno.<br />

Ringrazio la presidenza FEDIC per l’adesione che si è compiaciuta<br />

dare al convegno, gli osservatori stranieri, la stampa, qui largamente<br />

rappresentata, tutti i Presidenti dei Cine <strong>Club</strong> ed i cineamatori qui presenti.<br />

Una così larga ed autorevole partecipazione, conferisce al convegno una particolare<br />

solennità, da cui i cineamatori bergamaschi traggono motivo <strong>di</strong> incoraggiamento e <strong>di</strong><br />

stimolo per proseguire nel cammino intrapreso.<br />

Sì, con la Vostra presenza, amici, avete conferito al Convegno, che si svolge nella città<br />

garibal<strong>di</strong>na, un significato che pone la nostra iniziativa, da lungo tempo me<strong>di</strong>tata, al <strong>di</strong><br />

sopra <strong>di</strong> un comune incontro, per farla assurgere ad un avvenimento <strong>di</strong> valore<br />

nazionale. Ciò anche in virtù delle interessanti relazioni, attraverso le quali verranno<br />

enunciati concetti ed orientamenti <strong>sul</strong>la funzione del cineamatorismo, mettendo a fuoco<br />

problemi <strong>di</strong> grande attualità.<br />

Non voglio invadere il campo riservato agli egregi relatori, che si sono assunti il non<br />

lieve compito <strong>di</strong> affrontare problemi tanto <strong>di</strong>fficili, quali la ricerca degli orientamenti e<br />

delle finalità eugenetiche ed artistiche del <strong>cinema</strong> d'amatore, ma mi sia consentito,<br />

prima <strong>di</strong> aprire il <strong>di</strong>battito, che si preannuncia molto interessante e <strong>di</strong> cui viva è l'attesa,<br />

<strong>di</strong> esprimere un mio voto ed un mio pensiero.<br />

Il voto fervido che formulo, con cuore <strong>di</strong> appassionato cineamatore, è quello che il<br />

<strong>di</strong>battito <strong>sul</strong>le relazioni si svolga nell'atmosfera più serena, con il rispetto delle idee che<br />

saranno enunciate, anche se non con<strong>di</strong>vise, <strong>di</strong> guisa che, in un’atmosfera tranquilla, i<br />

contrasti <strong>di</strong> opinioni e le <strong>di</strong>squisizioni orientative e chiarificatrici, possono svilupparsi in<br />

profon<strong>di</strong>tà come l'importanza dei temi richiede, al fine <strong>di</strong> pervenire, con il concorso<br />

concomitante <strong>di</strong> ognuno, ad in<strong>di</strong>viduare la sorgente da cui possano scaturire limpide le<br />

idee e gli in<strong>di</strong>rizzi che valgano a rendere la funzione dei cineamatori, adeguata alle<br />

esigenze sociali ed artistiche che la società moderna si attende dall'opera nostra.<br />

In un ambiente, quale è quello che ci riunisce, libero da impegni politici, svirgolato da<br />

interessi finanziari e speculativi <strong>di</strong> qualsiasi specie, dove l'arte sia pure con l'a<br />

minuscola e lo spirito <strong>di</strong> ricerca aleggiano sovrani, non può venire meno quella serenità<br />

che crea l'ambiente più adatto per trovare le soluzioni più felici.<br />

E' evidente che il tema che ci accingiamo ad affrontare è arduo e complesso.<br />

Esso investe aspetti <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne psicologico, morale, educativo, artistico e tecnico.<br />

La stessa presenza <strong>di</strong> tanti appassionati, della Presidenza della FEDIC, <strong>di</strong> giornalisti e<br />

<strong>di</strong> uomini <strong>di</strong> cultura, <strong>di</strong>mostra quanto sia vivo e quanto sia <strong>di</strong> attualità, l'interesse su un<br />

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<strong>di</strong>battito che ha il fine <strong>di</strong> orientare il <strong>cinema</strong> verso una funzione alta e benefica, nel<br />

campo dell'educazione sociale ed artistica della grande massa <strong>di</strong> pubblico che ci segue.<br />

Mi sia permesso affermare, che non esiste per le folle in questi tempi, in cui non si<br />

legge più, o si legge molto poco, in quanto la curiosità è saziata dal rotocalco e dal<br />

video, una voce più efficace e più imprimente dì quella del <strong>cinema</strong>, sia pure esso<br />

amatoriale.<br />

Consapevoli <strong>di</strong> questa verità, i cineamatori si propongono, in questo convegno, che si<br />

apre a Bergamo nella felice coincidenza del centenario del Risorgimento italico, in<br />

questa Bergamo che Garibal<strong>di</strong> volle definire Città dei Mille, per avergli offerto trecento<br />

dei suoi figli migliori, alla formazione <strong>di</strong> quella schiera eletta che doveva concludere le<br />

sue gesta <strong>sul</strong> Volturno, <strong>di</strong> tracciare una linea ideale che sia <strong>di</strong> guida all'opera loro.<br />

Il mio pensiero, naturalmente, non impegna nessuno, esso è l'espressione delle mie<br />

opinioni personali <strong>sul</strong>l'orientamento e sugli scopi dell'attività del cineamatore. La strada<br />

che dobbiamo battere è quella che abbia per fine una meta che valga a rendere l’opera<br />

dei cineamatori, non fine a sé stessa ma efficace ed utile per la società.<br />

Utile verso la società e verso la famiglia, che reclamano l’esaltazione del bello senza<br />

offendere la morale; utile, verso l'arte per cercare <strong>di</strong> sensibilizzare il nostro pubblico<br />

preso nei vortici <strong>di</strong> una generale ed esasperante standar<strong>di</strong>zzazione <strong>di</strong> tutto; per aiutarlo<br />

ad affinare i gusti, per agevolarlo a comprendere ed a sentire la vita nel modo più alto,<br />

per aiutarlo a percepire e ad apprezzare le gioie della vita concepita, in una forma più<br />

elevata; utile, per trovare un messaggio che parli un linguaggio comprensibile atto a<br />

suscitare l'interesse alle cose ed ai fenomeni, che e<strong>sul</strong>ano dalla sensualità ma che<br />

elevano <strong>sul</strong> piano morale e su quello intellettuale.<br />

Delle cognizioni formative della cultura in generale; un messaggio, che esprima concetti<br />

capaci <strong>di</strong> alimentare spiriti assetati dal desiderio <strong>di</strong> perfezionarsi e <strong>di</strong> poter respirare in<br />

un’atmosfera purificata dai miasmi generati dall’esaltazione del sensualismo e<br />

dell'edonismo.<br />

Efficace, <strong>di</strong>cevo, ai fini <strong>di</strong> andare alla ricerca <strong>di</strong> lavori destinati a recare un contributo<br />

non solo nel nostro ristretto ambito ma particolarmente in quello più importante del<br />

<strong>cinema</strong> professionale, inteso a demolire il pie<strong>di</strong>stallo che il tempo presente ha eretto ai<br />

simboli delle deteriori manifestazioni che offendono la morale ed i sentimenti che sono<br />

ornamento dell'animo umano.<br />

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2. Saluto <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Bertieri<br />

Presidente del Convegno<br />

Dovrei <strong>di</strong>re adesso due parole prima <strong>di</strong> aprire ufficialmente il convegno.<br />

Non è per ripetere una solita frase <strong>di</strong> convenienza che io ringrazio<br />

Paolo Capoferri e tutti gli amici del Cine <strong>Club</strong> Bergamo perché mi<br />

hanno offerto l'occasione <strong>di</strong> collaborare con loro all'organizzazione <strong>di</strong><br />

questa manifestazione ed in secondo luogo <strong>di</strong> presiederla e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

assumermi una notevole responsabilità (almeno io la considero tale).<br />

Ho sempre sostenuto che la critica debba impostare un colloquio con gli autori. Ciò vale<br />

sia in campo amatoriale sia in campo professionistico.<br />

Ma se è <strong>di</strong>fficile poter riunire per tre giorni un gruppo <strong>di</strong> 50/60 registi professionisti, ciò<br />

invece è facile (e lo avete <strong>di</strong>mostrato voi tutti partecipando così numerosi) se si tratta <strong>di</strong><br />

riunire un centinaio <strong>di</strong> autori amatori.<br />

La critica (rappresentata in forze in questa manifestazione) deve intervenire nel <strong>di</strong>battito<br />

perché dalla sua sollecitazione, dal suo interesse, dalla sua particolare sensibilità, deve<br />

nascere un colloquio unitario.<br />

La mia sod<strong>di</strong>sfazione personale è quella evidentemente <strong>di</strong> essere riuscito a portare in<br />

porto un'iniziativa che mi stava molto a cuore e che da tempo andavo vagheggiando<br />

proprio perché ritenevo che in campo cineamatoriale vi fosse bisogno <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso<br />

chiaro, <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso approfon<strong>di</strong>to, <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso senza mezzi termini che in profon<strong>di</strong>tà<br />

esamini quelli che sono i problemi più importanti <strong>di</strong> una attività che mi ostino a non<br />

considerare come un hobby ma al pari <strong>di</strong> una passione onesta, sincera, fattiva, che può<br />

portare notevolissimi contributi nel seno della cultura italiana.<br />

Le tre relazioni, voi lo sapete, trattano temi ben <strong>di</strong>versi; sono state affidate a tre valenti<br />

uomini <strong>di</strong> <strong>cinema</strong>, autori e critici ad un tempo, i quali si sono impegnati con me ad<br />

essere quanto possibile anticonformisti. Uscire cioè da quel conformismo che troppe<br />

volte ha frenato l'attività e l'atmosfera del cineamatorismo.<br />

Io mi auguro che tutti Voi collaboriate a questa manifestazione con schiettezza.<br />

Qui non abbiamo premiazioni, non c'è la preoccupazione del film visto o non visto dalla<br />

giuria, non c'è la preoccupazione della coppa che arriva o non arriva, del film che è<br />

stato proiettato male.<br />

Chi <strong>di</strong> Voi conosce Montecatini sa quali sono le preoccupazioni degli autori. Qui siamo<br />

al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> tutto, siamo in un'atmosfera serena, quin<strong>di</strong> sfruttiamola questa occasione e<br />

<strong>di</strong>mostriamo agli amici che hanno creato questa manifestazione che veramente essa<br />

era necessaria e che essa darà dei buoni frutti.<br />

L’augurio che io rivolgo è evidente: che questa manifestazione ottenga un ri<strong>sul</strong>tato<br />

positivo che vada al <strong>di</strong> là del nostro ambito ristretto, e che attraverso i critici che sono<br />

qua convenuti e che rappresentano tutta la stampa specializzata italiana, questo<br />

contributo arrivi ad altra gente, ad altri uomini <strong>di</strong> cultura.<br />

Io non sono né autore, né partecipante <strong>di</strong> Cine <strong>Club</strong>, ma solamente un critico che si<br />

interessa <strong>di</strong> questa attività. Comunque in questi tre giorni voglio considerarmi un<br />

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cineamatore ed in questo senso <strong>di</strong>rigerò i lavori <strong>di</strong> questa assemblea. La speranza è<br />

quella che tutti voi partecipiate attivamente al <strong>di</strong>battito.<br />

E’ l'invito che Vi ho rivolto all'inizio: non lasciamo perdere l'occasione, non lasciamola<br />

cadere, partecipiamo vivamente tutti quanti, <strong>di</strong>scutiamo accanitamente, <strong>di</strong>battiamoli i<br />

problemi, però esauriamoli, portiamoli a fondo.<br />

Cerchiamo, alla fine <strong>di</strong> questi tre giorni, <strong>di</strong> poter <strong>di</strong>re che il nostro lavoro, la nostra<br />

riunione ci hanno portati ad un ri<strong>sul</strong>tato. La valutazione <strong>di</strong> questo ri<strong>sul</strong>tato la faranno gli<br />

altri, comunque noi offriamo agli altri il nostro contributo.<br />

Amici, quin<strong>di</strong>, con questo augurio io rivolgo a tutti quanti il benvenuto, il ringraziamento<br />

<strong>di</strong> essere intervenuti così numerosi e passo la parola ad Ezio Pecora che apre la serie<br />

delle relazioni.<br />

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3. Dalla relazione n. 1 <strong>di</strong> Ezio Pecora<br />

«IL CINEMA D'AMATORE E LA CULTURA»<br />

Parlare <strong>di</strong> cultura nel cerchio vuol <strong>di</strong>re esaurire innanzi tutto un esame <strong>di</strong> coscienza che<br />

deve essere fatto da ciascuno <strong>di</strong> noi, sapere quello che abbiamo da <strong>di</strong>re, se l'abbiamo;<br />

poi, più avanti (forse oggi non ancora) <strong>di</strong>scutere <strong>sul</strong> cineamatorismo e il suo polso nella<br />

cultura <strong>cinema</strong>tografica e in quella italiana. Se dobbiamo risalire la china, dobbiamo<br />

farlo per gra<strong>di</strong>, <strong>di</strong>stribuendo con prudenza e responsabilità le nostre forze. Voglio <strong>di</strong>re<br />

che prima <strong>di</strong> pensare, con troppa presunzione, anche se lodevole ne sia il proposito, a<br />

portare il contributo del cineamatorismo più in alto, nella cultura a largo raggio,<br />

dobbiamo cercare le nostre basi e fissarne le fondamenta. Discutiamo per un<br />

cineamatorismo culturalmente più impegnato e cosciente. Impegnato perché dobbiamo<br />

preparare e migliorare noi stessi, coscienti nel sapere ed ammettere i nostri limiti.<br />

Nel convegno <strong>di</strong> Montecatini un cineamatore, Benito Boncristiani, invocava l'intervento<br />

della Federazione perché venissero orientati, in<strong>di</strong>rizzati quei cineamatori ancora<br />

impreparati o ad<strong>di</strong>rittura sbandati.<br />

La Federazione non può, né vogliamo debba far questo: suo compito è <strong>di</strong> metterci in<br />

grado <strong>di</strong> scambiarci i nostri film e le nostre idee. Siamo noi ora che dobbiamo dare un<br />

movimento, una <strong>di</strong>namica a questa comunità <strong>di</strong> interessi culturali. E si ba<strong>di</strong> qui parliamo<br />

<strong>di</strong> movimento, non <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo. Ciascuno deve essere responsabile delle proprie scelte,<br />

solo si facciano secondo spontanea adesione, non per opportuno calcolo.<br />

L'apertura culturale che noi chie<strong>di</strong>amo e vogliamo <strong>di</strong>scutere va intesa nel senso più<br />

ampio possibile, non vogliamo cioè l'affermarsi <strong>di</strong> tendenze o generi cui tutti debbano<br />

accodarsi per calcolo o per pigrizia mentale, desideriamo che proprio per la libertà <strong>di</strong> cui<br />

noi possiamo godere ciascuno ne approfitti, ne faccia tesoro e scelga ciò che più è<br />

congeniale alla propria sensibilità, alla propria preparazione. Non <strong>di</strong>mentichiamo mai<br />

quanto eterogeneo sia l'ambiente del cineamatorismo e quanto <strong>di</strong>fferenti siano in<br />

ciascuno <strong>di</strong> noi le esperienze, gli stu<strong>di</strong> compiuti o da compiere, le professioni ed i<br />

mestieri.<br />

Noi vogliamo <strong>di</strong>battere la cultura non per farne accettare una, ma soprattutto perché<br />

ciascuno avverta il bisogno <strong>di</strong> farne una per sé, da accostare però a quella degli altri, o<br />

magari a contrapporla, ma che l'insieme <strong>di</strong> esse <strong>di</strong>a il senso e la misura della nostra<br />

vitalità e democraticità.<br />

Per noi, quin<strong>di</strong>, libertà <strong>di</strong> scelta, solo con<strong>di</strong>zionata dall'impegno preciso <strong>di</strong> scambio e <strong>di</strong><br />

approfon<strong>di</strong>mento delle reciproche idee ed esperienze.<br />

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4. Interventi <strong>sul</strong>la relazione n. 1 <strong>di</strong> Ezio Pecora<br />

4.1 Filippo Ferrazzano<br />

Come primo oratore della serata ho l'onore, interpretando i sentimenti <strong>di</strong> tutti voi e miei<br />

personali, <strong>di</strong> porgere il saluto dei cineamatori agli amici del Cineclub Bergamo, che ci<br />

permettono <strong>di</strong> intervenire su problemi che interessano tutti noi.<br />

Vorrei però (lungi da me qualsiasi posizione <strong>di</strong> critica nei riguar<strong>di</strong> dell'organizzazione)<br />

<strong>di</strong>re un'altra cosa: sarebbe a mio avviso opportuno che la prossima volta (se ci sarà) le<br />

relazioni vengano inviate a tutti gli invitati almeno enti giorni prima, affinché ciascuno<br />

possa prepararsi convenientemente, in quanto il tempo a <strong>di</strong>sposizione per un<br />

contrad<strong>di</strong>ttorio, come avviene in questo momento, è piuttosto limitato e quin<strong>di</strong> va a<br />

<strong>di</strong>scapito della chiarezza.<br />

Io ho seguito la relazione <strong>di</strong> Pecora con grande interesse, ma non ne con<strong>di</strong>vido<br />

l'impostazione generale. Affronterò lo stesso tema sotto un altro aspetto, dandone<br />

un'interpretazione personale.<br />

Vorrei precisare innanzitutto che il tema sottintende un problema molto vasto e penso<br />

sia anche necessario chiarire alcuni punti base della <strong>di</strong>scussione, altrimenti finiremo con<br />

il parlare lingue <strong>di</strong>verse e il fare solo della polemica vuota ed inutile.<br />

Mi sia lecito dunque porre una domanda: esiste <strong>sul</strong> piano estetico un <strong>cinema</strong> maggiore<br />

ed un <strong>cinema</strong> minore? Intendendo per <strong>cinema</strong> maggiore quello <strong>di</strong> 35 mm. e per minore<br />

quello d'amatore.<br />

Per me, no. Esiste solamente il <strong>cinema</strong>, e se <strong>di</strong>fferenza deve esserci, questa è da<br />

ricercarsi solo nel formato e nell'impiego <strong>di</strong>verso. Ora, se <strong>cinema</strong> è sinonimo <strong>di</strong> arte (sia<br />

pure arte minore), anche il <strong>cinema</strong> d'amatore, così come lo inten<strong>di</strong>amo noi, è arte.<br />

Premesso ciò, occorre metterci d'accordo anche <strong>sul</strong> concetto <strong>di</strong> arte, perché la<br />

<strong>di</strong>scussione verte appunto <strong>sul</strong> <strong>cinema</strong> d'amatore e cultura, cioè <strong>sul</strong>l'arte e la cultura.<br />

Il che ci impone, per conseguenza, un secondo chiarimento <strong>sul</strong> concetto <strong>di</strong> cultura.<br />

Non vorrei formulare definizioni, tuttavia penso che l'arte sia un prodotto dello spirito,<br />

dell'intelligenza pura, un bisogno <strong>di</strong> conoscenza che l'uomo compie per capire sé<br />

stesso, la vita, la realtà, insomma il mondo che lo circonda; per cultura debba intendersi<br />

quel complesso <strong>di</strong> cognizioni, <strong>di</strong> credenza <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zioni, <strong>di</strong> tutto ciò che fa parte<br />

dell'organizzazione spirituale, morale, religiosa, politica e sociale esistente in un<br />

determinato popolo e paese e, quel che più è importante, in un determinato periodo<br />

della sua storia.<br />

Un rapporto tra l'uno e l'altro è un rapporto tra l'arte e ciascuno degli aspetti che tutti<br />

insieme costituiscono la cultura, in cui è essenziale il concetto <strong>di</strong> libertà. Libertà<br />

in<strong>di</strong>viduale e collettiva su cui poggia l'esistenza stessa dell'uomo nella sua totalità<br />

interiore ed esteriore; e poiché "bisogno <strong>di</strong> conoscenza" è bisogno della verità, ricerca<br />

della verità, ne consegue innegabilmente il quadruplice rapporto arte cultura verità<br />

libertà.<br />

E’ logico dunque affermare che le une non possono sussistere senza le altre e che<br />

quando l'arte è in crisi sono in crisi anche la cultura, la verità, la libertà; ed allora vuol<br />

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<strong>di</strong>re che non si tratta <strong>di</strong> un fatto soltanto esteriore ma anche e innanzi tutto interiore:<br />

crisi dell'uomo, crisi della società, nei suoi aspetti morali, politici e sociali.<br />

Ora la società attuale presenta segni <strong>di</strong> deca<strong>di</strong>mento morale e spirituale, mentre invece<br />

sui postulati della riconquistata libertà essa avrebbe dovuto risollevarsi da quello<br />

oscurantismo che caratterizzò il periodo prebellico e riaffermare quei perenni valori<br />

umani per i quali milioni <strong>di</strong> uomini avevano sofferto, combattuto e sacrificato la propria<br />

vita.<br />

Molteplici sono le ragioni che hanno determinato questo stato <strong>di</strong> crisi: conflitto<br />

ideologico tra l'est e l'ovest; il tramonto della filosofia crociana che aveva dominato,<br />

con<strong>di</strong>zionando il pensiero, per circa mezzo secolo; l'avanzamento del marxismo nel<br />

vuoto lasciato <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> sé dall'idealismo, incapace ormai <strong>di</strong> risolvere in suo favore la<br />

nuova problematica scaturita dalla guerra. Inoltre: i continui tentativi <strong>di</strong> massificazione,<br />

<strong>di</strong> pianificazione dello spirito e dell'intelligenza attraverso la stampa, la ra<strong>di</strong>o e la<br />

televisione; l'incapacità della democrazia <strong>di</strong> fronteggiare arbitri; <strong>di</strong> ogni sorta dovuti ad<br />

un accentuato <strong>di</strong>sinteresse morale, ad un realismo più spinto nella concezione della<br />

vita, ad uno scandalismo esasperante dei fatti e delle cose, a smodate ambizioni <strong>di</strong><br />

rapi<strong>di</strong> successi con il mercanteggiare della propria coscienza e per sino <strong>sul</strong> proprio<br />

onore.<br />

Sca<strong>di</strong>mento dunque <strong>di</strong> valori umani, cioè morali e spirituali. Ma vi è anche una ragione<br />

più profonda, meno appariscente forse, piena però <strong>di</strong> impennati sviluppi per il futuro:<br />

con la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale non si è chiuso un periodo storico, ma un ciclo <strong>di</strong><br />

civiltà.<br />

Nella storia dell'umanità, questa guerra rappresenta una data molto importante per il<br />

sorgere <strong>di</strong> una nuova civiltà: la civiltà della scienza, la civiltà <strong>di</strong> domani.<br />

Nell'anello <strong>di</strong> congiunzione tra la civiltà che tramonta e la civiltà che sorge l'uomo si<br />

smarrisce, si senta travolto, dominato per sino da forze che scatenate da lui stesso,<br />

sfuggono al suo controllo.<br />

Il nostro è un periodo <strong>di</strong> transizione, <strong>di</strong> passaggio, e come tutti i perio<strong>di</strong> similari, è un<br />

periodo <strong>di</strong> crisi. Perché meravigliarci se anche l'artista è in crisi? Certo però si tratta <strong>di</strong><br />

una crisi che precede il suo ulteriore sviluppo. Ma quale sarà? Che cosa egli <strong>di</strong>verrà?<br />

Forse uno scienziato e soltanto uno scienziato come pre<strong>di</strong>ceva Nietzche? E la nuova<br />

civiltà della scienza avrà bisogno dell'arte? E in quale misura? Oppure non ne avrà<br />

affatto bisogno?<br />

La risposta è in noi stessi. L'arte non potrà assoggettarsi e risolversi nella scienza, né<br />

nella filosofia, né in dottrine più o meno materialistiche.<br />

Essa è parte integrale dello spirito dell'uomo, <strong>di</strong> quella parte cioè che muore soltanto<br />

con l'ultimo battito del cuore, perché l'arte è il cuore, l'animo, la vita stessa dell'uomo,<br />

nella sua essenza più pura, più nobile, più alta.<br />

Per il mondo <strong>di</strong> domani essa ha due importanti funzioni da compiere:<br />

Primo: preparare ed introdurre l'uomo nella nuova civiltà avanzante; secondo: impe<strong>di</strong>re<br />

che il troppo grande sviluppo della scienza inari<strong>di</strong>sca la vita e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere l'uomo<br />

dal <strong>di</strong>ventare un robot, un meccanismo, un ingranaggio <strong>di</strong> una gigantesca e mostruosa<br />

macchina che tutto prevede, tutto regola, tutto amministra, persino il sentimento.<br />

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Ecco qual'é il compito e la missione dell'arte nel mondo <strong>di</strong> domani.<br />

Premesso ciò e ritornando al <strong>cinema</strong> d'amatore inteso come fatto <strong>di</strong> cultura, non vi è<br />

dubbio che questo <strong>cinema</strong>, nonostante la raggiunta maturità tecnica e la presenza in<br />

esso <strong>di</strong> alcune opere rimaste purtroppo isolate, non sia ancora riuscito a darsi un volto<br />

ed un carattere ben preciso e ad occupare, nell'ambito delle sue effettive possibilità, il<br />

posto che si merita nel più vasto movimento <strong>di</strong> rinnovamento culturale del nostro paese.<br />

Questo perché forse i cineamatori, salvo poche eccezioni, non credono in una sua<br />

funzione ben determinante nel campo dell'arte e della cultura, o quanto meno ci<br />

credono poco, e perché forse la crisi della società (dalla quale non possiamo<br />

estraniarci) <strong>di</strong> cui parlavo poc'anzi si fa sentire maggiormente su <strong>di</strong> loro<br />

nell'esplorazione <strong>di</strong> questa attività ritenuta marginale ai loro interessi spirituali e<br />

materiali.<br />

Eppure tutto ciò che noi facciamo è un contributo, minimo se si vuole, ma non meno <strong>di</strong><br />

tanti altri più importanti per la e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> un mondo migliore. Allora che cosa è<br />

necessario fare per venirne fuori e perché ne venga fuori anche la società in cui<br />

viviamo?<br />

Il <strong>di</strong>scorso, a questo punto, <strong>di</strong>verrebbe troppo lungo. E’ <strong>di</strong>fficile poter separare il buono<br />

dal cattivo, il bello dal brutto, l'arte vera dall'arte falsa, la letteratura vera da quella falsa,<br />

e così via.<br />

Ma una strada c'è: fare appello a quei valori umani ed eterni che nei momenti oscuri<br />

della storia dell'umanità hanno sostenuto l'uomo contro tutte le barbarie e contro tutti gli<br />

attentati alla sua libertà. In altri termini occorre avere una maggiore fede in noi stessi,<br />

uscire dall'anonimo, batterci con coraggio per tutto ciò in cui cre<strong>di</strong>amo, rigettare il<br />

conformismo <strong>di</strong> qualsiasi natura e provenienza, ridare al concetto "arte e cultura" il suo<br />

vero significato è opporci a coloro che ne vogliono fare un mezzo <strong>di</strong> pressione morale, o<br />

<strong>di</strong> sfruttamento politico o <strong>di</strong> propaganda per il raggiungimento <strong>di</strong> fini particolari e<br />

personali.<br />

Per me (non so per gli altri) innanzi tutto vi è una posizione fondamentale <strong>di</strong> fronte<br />

all'arte, <strong>di</strong> fronte alla cultura: ed è il bisogno <strong>di</strong> non ricercare la verità soltanto in noi<br />

stessi, ma <strong>di</strong> cercarla nei nostri simili: andare cioè verso il nostro prossimo, incontro<br />

all'umanità; e fare che questa umanità sia effettivamente una comunione <strong>di</strong> spiriti,<br />

senza peraltro annullare la polemica, perché la polemica intesa in questo senso è<br />

contrasto <strong>di</strong> idee, e da tale contrasto escono rafforzati i valori umani e si <strong>di</strong>fende la<br />

personalità la libertà dell'uomo.<br />

Chiudo e chiedo venia per la poco chiarezza della mia esposizione, ogni parola (vi<br />

assicuro) è stata ben me<strong>di</strong>tata.<br />

4.2 Gianni Rondolino<br />

Io non sono un cineamatore. Sono qui sostanzialmente per l'interesse e la passione che<br />

porto verso il cineamatorismo. Ho seguito con estremo interesse la relazione <strong>di</strong> Pecora<br />

e vorrei più che altro sottolineare alcuni punti che mi paiono importanti e chiarire altri<br />

punti che, forse, non con<strong>di</strong>vido dal tutto.<br />

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Pecora <strong>di</strong>ce ad un certo punto della sua relazione : che parlare <strong>di</strong> cultura nel nostro<br />

ambito vuol <strong>di</strong>re esaurire anzitutto un 'esame <strong>di</strong> coscienza che deve essere fatto da<br />

ciascuno <strong>di</strong> noi: sapere quello che abbiamo da <strong>di</strong>re e se l'abbiamo. Questo mi pare<br />

molto importante perché in certe manifestazioni dei cineamatori si riscontra proprio<br />

un'assenza <strong>di</strong> contenuti.<br />

Cioè, non è tanto una ricerca <strong>di</strong> originalità, <strong>di</strong> <strong>di</strong>re qualcosa che non è stato ancora<br />

detto, quanto soprattutto <strong>di</strong> sapere che cosa <strong>di</strong>re e <strong>di</strong> avere dentro <strong>di</strong> sé un'esperienza<br />

<strong>di</strong> vita, un'esperienza culturale che permetta al cineamatore <strong>di</strong> <strong>di</strong>re qualcosa <strong>di</strong> nuovo<br />

nel vero senso della parola. Io allargherei ancora più il campo della cultura del<br />

cineamatore. Cultura nel senso <strong>di</strong> esperienza <strong>di</strong> vita. E' vero quello che <strong>di</strong>ceva Pecora<br />

<strong>sul</strong>la preparazione figurativa, musicale, letteraria, <strong>cinema</strong>tografica del cineamatore, ma<br />

soprattutto mi pare che si debba parlare <strong>di</strong> una cultura intesa come posizione dell'uomo<br />

moderno nel mondo moderno, cioè come esperienza sempre nuova della vita attraverso<br />

la propria formazione, l'arricchiménto quoti<strong>di</strong>ano, il contatto, la polemica, le <strong>di</strong>scussione<br />

ecc... Solo così credo sia possibile per il cineamatore fare opera che rimanga e che si<br />

inserisca in quell'unico campo del <strong>cinema</strong> che colui che mi ha preceduto aveva appunto<br />

sottolineato, cioè la possibilità (attraverso questo nuovo mezzo) <strong>di</strong> <strong>di</strong>re qualcosa agli<br />

altri. Ed allora in questo senso io credo che i limiti sottolineati da Pecora, cioè <strong>di</strong> una<br />

certa cultura che forse in questo caso è più limitata e più professionale, ciò<br />

evidentemente dati i rapporti tra il <strong>cinema</strong> e l'arte figurativa, tra il <strong>cinema</strong> e la letteratura,<br />

date le conoscenze in<strong>di</strong>spensabili in materia <strong>cinema</strong>tografica, date le conoscenze<br />

altrettanto in<strong>di</strong>spensabili della storia del <strong>cinema</strong>, credo che tutta questa cultura più<br />

professionale, in<strong>di</strong>spensabile nella realizzazione <strong>di</strong> un film, debba passare in un certo<br />

qual modo in secondo or<strong>di</strong>ne o per lo meno debba essere quasi un corollario <strong>di</strong> una<br />

profonda cultura interiore. Non so se sono stato chiaro. Mi pare che occorra una<br />

profonda conoscenza <strong>di</strong> quello che un uomo <strong>di</strong> oggi deve <strong>di</strong>re agli altri, altrimenti il<br />

cineamatore ritorna ad essere quello che era forse 10/15 anni fa o rientra in quel settore<br />

<strong>di</strong> cineamatori che non partecipano nemmeno ai concorsi <strong>di</strong> Montecatini, che fanno il<br />

filmetto <strong>di</strong> famiglia. A questo proposito vi cito <strong>di</strong> nuovo quanto <strong>di</strong>ceva giustamente<br />

Pecora non soltanto perché la cultura <strong>cinema</strong>tografica mi pare che debba sostenere il<br />

cineamatore ma proprio per il fatto che altri uomini, altri cineasti, altri registi, da 50 anni<br />

a questa parte, usando lo stesso mezzo, hanno detto qualcosa agli altri uomini.<br />

Mi pare cioè che evidentemente la cultura <strong>cinema</strong>tografica sia, tra le varie culture, forse<br />

la più vicina al mondo dei cineamatori.<br />

Pecora <strong>di</strong>ce: "La migliore iniziazione del <strong>cinema</strong> è quella <strong>di</strong> conoscere tutto il <strong>cinema</strong><br />

anche la storia non tanto attraverso i libri quanto attraverso le immagini e non come lei<br />

mi <strong>di</strong>ce qualcosa da imparare <strong>di</strong> nuovo <strong>sul</strong> montaggio, perché tecnicamente non è<br />

preoccupata è vero, ma per conoscere quante cose sono state dette e come dette dal<br />

<strong>cinema</strong> dal suo avvento, conoscere i suoi contenuti".<br />

Qui sono d'accordo in linea <strong>di</strong> massima con Pecora, però non <strong>sul</strong> fatto che la storia del<br />

<strong>cinema</strong> bisogna conoscerla soprattutto attraverso i film e non sui libri.<br />

Non sono d'accordo in quanto escludo la possibilità <strong>di</strong> farsi una profonda cultura<br />

<strong>cinema</strong>tografica, limitandosi a vedere i film senza una riflessione critica. E ciò è<br />

possibile solo attraverso la lettura <strong>di</strong> libri in largo senso, cioè la lettura dei testi critici, le<br />

<strong>di</strong>scussioni su fatti <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne culturale, sociale, <strong>sul</strong> <strong>cinema</strong> <strong>di</strong> oggi ecc.; attraverso una<br />

me<strong>di</strong>azione critica <strong>cinema</strong>tografica. Cioè non è possibile, io credo, arrivare all'essenza<br />

delle cose del <strong>cinema</strong> senza la <strong>di</strong>scussione. Per cui io insisterei proprio <strong>sul</strong> fatto che,<br />

certe volte, manca ai cineamatori questa cultura critica, questa conoscenza dei<br />

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problemi che travagliano la critica, da trenta anni a questa parte, proprio da Canudo e<br />

compagni, dai teorici citati da Pecora, fino ad oggi; anzi più che mai oggi quando su film<br />

come L’Avventura, La Notte, Rocco e i suoi fratelli, La Dolce Vita, ci sono opinioni<br />

estremamente contrastanti dei critici più qualificati, che <strong>di</strong>mostrano un travaglio tuttora<br />

attivo, tuttora vitale, della nostra critica, forse ancora maggiore del "famoso" travaglio<br />

critico del dopoguerra, quando è nato il neorealismo, quando si parlava <strong>di</strong> terza via ecc.<br />

A questo proposito, a proposito cioè da un lato della cultura <strong>cinema</strong>tografica del<br />

cineamatore e dell'altro della cultura più specifica cioè cultura figurativa musicale,<br />

letteraria ecc. vorrei (e concludo) sottolineare due aspetti che mi paiono abbastanza<br />

importanti proprio come realizzazione pratica. Uno stretto rapporto tra cineclub e circoli<br />

del <strong>cinema</strong>: questo mi pare non sia mai stato fatto. E' vero, e l'ha citato Pecora, che in<br />

certi casi gli stessi cineclub <strong>di</strong> cineamatori proiettano film classici che si <strong>di</strong>scutono ecc.,<br />

però esistono nella maggior parte delle città d'Italia organizzazioni <strong>cinema</strong>tografiche più<br />

o meno efficienti, ma che indubbiamente svolgono una loro attività <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o del <strong>cinema</strong><br />

non soltanto come fatto estetico ma come complesso <strong>di</strong> problemi. Ora, sarebbe<br />

estremamente utile e quasi un dovere, un obbligo, oserei <strong>di</strong>re morale, del cineamatore<br />

stringere rapporti più stretti tra il proprio club e club <strong>di</strong>versi, club <strong>di</strong> spettatori in questo<br />

caso, <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi, <strong>di</strong> critici. Si stringa questo contatto e si apra la possibilità <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are<br />

appunto il <strong>cinema</strong> nella sua evoluzione storica attraverso organizzazioni che,<br />

sottolineava Pecora, svolgono da anni abbastanza egregiamente il loro compito, cioè i<br />

circoli del <strong>cinema</strong>, i cineforum, i centri <strong>cinema</strong>tografici ecc.. Questo mi pare molto<br />

importante e si dovrebbe proporre io credo, alla stessa Federazione come organo<br />

centrale, e ai singoli cineclub meglio ancora per i loro rapporti personali nelle singole<br />

se<strong>di</strong>.<br />

Per quanto riguarda invece la cultura specifica, cioè la possibilità che il cineamatore ha<br />

<strong>di</strong> conoscere le forme migliori e recenti della letteratura, della pittura, della musica ecc.<br />

potere cioè travasare questa sua esperienza culturale nei propri film, io proporrei, e<br />

questo credo che non sia molto sentito da parecchi cineamatori, un allargamento <strong>di</strong><br />

collaborazione nei propri film. Molto spesso e l'ha sottolineato anche Pecora il<br />

cineamatore è un po' geloso delle proprie opere per cui si scrive il soggetto, se lo gira, è<br />

lui l'operatore, il regista, il montatore, aggiunge il proprio commento musicale ecc.,<br />

creando si un'opera che indubbiamente è un'opera <strong>di</strong> uno solo (forse è l'unica<br />

possibilità nel <strong>cinema</strong> normale <strong>di</strong> creare un'opera veramente in<strong>di</strong>viduale) ma<br />

naturalmente impedendo in questo modo la possibilità <strong>di</strong> collaborazione alla propria<br />

opera <strong>di</strong> persone che hanno un'esperienza indubbiamente più approfon<strong>di</strong>ta nei singoli<br />

campi.<br />

Io proporrei quin<strong>di</strong>, inviterei i cineamatori ad iniziare un'opera veramente su un piano<br />

collettivo, iniziare una collaborazione che nel <strong>cinema</strong> credo sia in<strong>di</strong>spensabile, perché io<br />

sostengo e lo sostengono da anni illustri teorici che il <strong>cinema</strong> è indubbiamente un'opera<br />

<strong>di</strong> collaborazione, come d'altronde <strong>di</strong> collaborazione è l'opera lirica o l’'architettura o<br />

altre forme passate <strong>di</strong> arte, o il balletto stesso ecc…<br />

Opera <strong>di</strong> collaborazione per cui insisto che uno stretto rapporto tra <strong>di</strong>versi cineamatori,<br />

tra gente <strong>di</strong>versa che ha una cultura specifica più approfon<strong>di</strong>ta nei singoli campi, una<br />

stretta collaborazione insomma, possa permettere <strong>di</strong> giungere a ri<strong>sul</strong>tati indubbiamente<br />

superiori a quanto oggi si sia giunti.<br />

Mi pare infatti quasi impossibile che un cineamatore, anche dotato <strong>di</strong> estrema cultura, <strong>di</strong><br />

conoscenza, <strong>di</strong> esperienza nei campi dell'arte, abbia quella sensibilità così pronta, così<br />

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in<strong>di</strong>spensabile in tutte le forme d'arte, proprio perché il <strong>cinema</strong> è un po' la somma <strong>di</strong><br />

tutte le arti, anche se ormai l'affermazione <strong>di</strong> Canudo citata da Pecora sia<br />

completamente superata <strong>sul</strong> piano estetico benché contenga un fondo <strong>di</strong> vero in quanto<br />

indubbiamente è la somma <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse esperienze artistiche: occorre un fotografo,<br />

occorre un musicista, occorre un soggettista, occorre un montatore ecc.<br />

Con questo io chiudo. Era una specie <strong>di</strong> invito ai cineamatori, proprio perché credo che<br />

forse in questo modo sia possibile arrivare a quei traguar<strong>di</strong> cui il mio predecessore<br />

aveva accennato molto bene, come al vero scopo dell'attività del cineamatore.<br />

Grazie.<br />

4.3 Angelo Gorruso<br />

Non mi sembra che nella relazione <strong>di</strong> Pecora sia stata data un'esauriente definizione<br />

della cultura: mi riferisco al periodo che, nella relazione stessa, avrebbe dovuto darla.<br />

Dunque due significati e pluralità <strong>di</strong> culture.<br />

Rilevo che quello in<strong>di</strong>viduale e quello collettivo possono essere tutt'al più due aspetti<br />

<strong>di</strong> un fenomeno che non può avere più significati ad un tempo, e mi propongo <strong>di</strong> dare,<br />

sia pure brevemente, un concetto unitario <strong>di</strong> cultura, risalendo ad una definizione più<br />

universale e perciò più vera, più genericamente accettabile.<br />

Comincio col separare nettamente dal concetto <strong>di</strong> cultura quello, ben <strong>di</strong>verso, <strong>di</strong><br />

eru<strong>di</strong>zione.<br />

L'eru<strong>di</strong>zione è somma <strong>di</strong> nozioni, il più delle volte non assimilate dallo spirito<br />

dell'in<strong>di</strong>viduo; cultura, invece, è quel quid imponderabile che resta proprio quando le<br />

nozioni si sono trasfuse nella sua spiritualità. Mi spiego: se all'eru<strong>di</strong>to si tolgono per un<br />

attimo le nozioni, resta nulla; se l'uomo colto <strong>di</strong>mentica le nozioni, resta pur sempre la<br />

sua cultura. La cultura non consiste, dunque, nel sapere <strong>di</strong> tutto, (pittura, letteratura,<br />

scienza, ecc.) ma nell'avere la potenzialità <strong>di</strong> assimilare i vari elementi culturali che si<br />

offrono.<br />

In definitiva, è sensibilità ed in essa va compreso quel complesso <strong>di</strong> atteggiamenti<br />

spirituali e sociali dell'umanità o dell'In<strong>di</strong>viduo (ecco i due aspetti della cultura), che<br />

rivivono nel sentimento rivelato in un'arte.<br />

Se così è, la cultura è una e non ha senso parlare <strong>di</strong> più cultura. Insomma, l'arte è<br />

indubbiamente cultura per il solo fatto <strong>di</strong> essere arte, non perché l'artista è un uomo<br />

colto. Altrimenti dovremmo rinnegare tutte quelle opere, e sono molte, <strong>di</strong> artisti non<br />

proprio colti, ma squisitamente sensibili.<br />

In questo senso ritengo che si possa trovare un rapporto tra cineamatorismo e cultura.<br />

Pecora sembra invece trovarlo, <strong>di</strong> volta in volta, in un'indagine storica <strong>sul</strong> <strong>cinema</strong>, nella<br />

derivazione del <strong>cinema</strong> da opere letterarie, nella conoscenza <strong>di</strong> questo o <strong>di</strong> quello.<br />

Dunque, il cineamatore dovrebbe conoscere <strong>di</strong> pittura, <strong>di</strong> letteratura, <strong>di</strong> musica e <strong>di</strong> non<br />

so che altro. E' poi vero?<br />

Mi sembra che sia molto ben inserito nel fenomeno del cineamatorismo come cultura<br />

anche quel Marco del mare, che Pecora preferisce relegare, tanto semplicisticamente,<br />

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tra le cose "spurie e superate". In quel film, infatti vi è tanta sensibilità da farlo definire<br />

opera d'arte, e l'opera d'arte è un fatto <strong>di</strong> cultura.<br />

Non credo, inoltre, che ci sia stata mai o vi debba essere un'esigenza <strong>di</strong> "scuola", come<br />

sembra auspicare Pecora. Che nessun autore abbia trovato un seguito e che si siano<br />

sempre avuti nuovi innesti, nuove variazioni e <strong>di</strong> temi e <strong>di</strong> linguaggio, è decisamente un<br />

fatto positivo. Le scuole non hanno mai recato fondamentali apporti alla cultura: lo<br />

conferma la storia <strong>di</strong> ogni movimento culturale col ricordare i capiscuola e<br />

<strong>di</strong>menticando, o relegando in sott'or<strong>di</strong>ne, la scuola.<br />

Nego, infine, che faccia parte della relazione <strong>di</strong> oggi la critica allo specifico filmico e la<br />

definizione che Pecora ha voluto, per forza, darci del <strong>cinema</strong>. Questo, mi sembra, è<br />

argomento che rientrerà più opportunamente nella relazione <strong>di</strong> domani e mi riprometto,<br />

pertanto, <strong>di</strong> ritornarvi in sede appropriata.<br />

Per dare una mia conclusione alla questione che viene <strong>di</strong>battuta, credo <strong>di</strong> poter<br />

affermare che non si può pretendere che il cineamatore sia un genio enciclope<strong>di</strong>co e<br />

che, ciò nonostante, il cineamatorismo è un fatto già inserito decisamente nella cultura.<br />

Penso che la buona cultura del cineamatore possa contribuire a fare del buon <strong>cinema</strong>,<br />

ma non che lo debba necessariamente. E' facile, invece, che accada il contrario: che<br />

cioè la cultura, se preponderante, opprima la sensibilità del poeta e gli impe<strong>di</strong>sca <strong>di</strong><br />

raggiungere le vette <strong>di</strong> un lirismo incon<strong>di</strong>zionatamente poetico. E’ ciò che si <strong>di</strong>ce, in<br />

sede <strong>di</strong> critica letteraria, <strong>di</strong> un Parini, <strong>di</strong> un Carducci e dello stesso D'Annunzio.<br />

E’ chiaro, dunque, che il rapporto tra <strong>cinema</strong> d'amatore e cultura va in<strong>di</strong>viduato in una<br />

più corretta relazione tra causa ed effetto: non è la cultura che determina il<br />

cineamatorismo, ma è quest'ultimo che, col fatto <strong>di</strong> esistere e <strong>di</strong> affermarsi sempre <strong>di</strong><br />

più, determina, in un particolare settore, rilevanti ri<strong>sul</strong>tati culturali.<br />

4.4 Pietro Corrado<br />

Già gli amici che mi hanno preceduto si sono soffermati <strong>sul</strong> termine cultura. Prima <strong>di</strong><br />

rilevare alcuni punti della relazione Pecora, su cui non concordo, desidero precisare<br />

anch'io che cosa intendo per cultura. Io intendo per cultura il patrimonio spirituale<br />

dell'in<strong>di</strong>viduo e non quello cerebrale o soltanto mnemonico. Mi pare invece che molto<br />

spesso la cultura non venga intesa in questa maniera per cui nascono equivoci e<br />

polemiche.<br />

Da quando ci siamo lasciati, poc'anzi, ad ora, c'è stato poco tempo per poter leggere<br />

attentamente e con sufficiente calma la relazione dell'amico Pecora. Da quanto ho<br />

ascoltato e da una scorsa sia pure sommaria del testo, mi pare <strong>di</strong> poter <strong>di</strong>re che egli<br />

non ha svolto con completezza il tema.<br />

Io penso che ciò sia accaduto per il fatto ch'egli ha voluto estendere troppo la<br />

trattazione ed anche per l'ansia <strong>di</strong> voler <strong>di</strong>re più cose <strong>sul</strong> <strong>cinema</strong>. Ne è derivato una<br />

deviazione dal tema in generale e dalla situazione culturale del <strong>cinema</strong> d'amatore in<br />

particolare; perché è appunto in riferimento alla cultura del <strong>cinema</strong> d'amatore che si<br />

sarebbero dovute <strong>di</strong>re delle cose precise.<br />

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In rapporto al mio concetto <strong>di</strong> cultura affermo che nel cineamatorismo <strong>di</strong> essa ve n'è<br />

ben poca, ma <strong>di</strong> ciò io ritengo non ci si debba rammaricare. Posto che una spiccata<br />

sensibilità in<strong>di</strong>viduale, anche s'è <strong>di</strong>sgiunta dalla eru<strong>di</strong>zione, può partorire un'opera d'arte<br />

posto che la vera cultura per essere tale fra gli altri elementi richiede insieme sensibilità<br />

ed eru<strong>di</strong>zione, io affermo, che nel cineamatorismo pochissime volte si sono avuti<br />

prodotti <strong>di</strong> vera cultura. Non sto qui a negare l'importanza della cultura (e questo<br />

desidero che l' inten<strong>di</strong>ate bene), ma ammetto che si possa fare del buon<br />

cineamatorismo e che possano <strong>di</strong>re parole nuove anche quelli che non hanno cultura.<br />

E’ bene dunque che si ri<strong>di</strong>mensionino certi concetti e non si stronchino con parole<br />

grosse l'entusiasmo e la sensibilità, fattori determinanti del buon <strong>cinema</strong> d'amatore.<br />

La <strong>di</strong>samina <strong>di</strong> alcuni film cineamatoriali fatta da Pecora, secondo me, è stata piuttosto<br />

gratuita. Mi pare che Pecora si sia fermato particolarmente su alcuni film derivati da<br />

lavori letterari. Chiedo a Pecora: è segno <strong>di</strong> cultura il solo fatto <strong>di</strong> aver ridotto in film<br />

un 1 opera letteraria, qualunque sia stata la qualità <strong>cinema</strong>tografica del lavoro derivato?<br />

Ed anche su ciò Pecora non ha precisato nulla.<br />

Io <strong>di</strong>co che un'opera letteraria anche se ben ridotta, può non essere un fatto <strong>di</strong> cultura<br />

(e non lo sarà senz'altro) se l'autore ha dato solo prova <strong>di</strong> capacità tecnica e <strong>di</strong><br />

eru<strong>di</strong>zione letteraria. Può essere invece fatto <strong>di</strong> cultura un film fatto su un raccontino<br />

originale dello stesso autore del lavoro <strong>cinema</strong>tografico.<br />

Tutto sta nella misura in cui sono trasfusi nel film gli elementi che compongono quella<br />

ricchezza spirituale che è la cultura.<br />

4.5 Luigi Turolla<br />

Due parole solamente. Non ho preparato un intervento e riporto semplicemente delle<br />

sensazioni che ho provato questa sera. Per prima cosa <strong>di</strong>co che mi è seccato piuttosto<br />

che il documentario, il miglior documentario, sia stato escluso dalla cultura. Per me il<br />

documentario, forse, è l'espressione più profonda <strong>di</strong> cultura.<br />

Un altro appunto a quanto aveva detto Pecora riguarda i film letterari e ricavati da<br />

opere letterarie. C'è da notare come i film premiati <strong>di</strong> questo tipo siano ben pochi e altra<br />

cosa molto importante da notare è che i film ricavati da opere letterarie lo sono sempre<br />

da quelle meno impegnative.<br />

Io oggi sono professionista ma <strong>di</strong>speratamente voglio essere ancora cineamatore e lo<br />

voglio esprimere in tutti i miei lavori. Non possiamo certo impostare il lavoro<br />

cineamatoriale <strong>di</strong>menticando che non abbiamo a nostra <strong>di</strong>sposizione mezzi tecnici<br />

sufficienti. Non possiamo deturpare un'opera letteraria senza mettere la determinata<br />

punteggiatura tecnica a quanto vogliamo <strong>di</strong>re.<br />

Se non abbiamo il dolly, la gru, le lampade evitiamo <strong>di</strong> fare dei film, quando questi<br />

elementi sono fondamentali per interpretare il pensiero letterario. Cerchiamo <strong>di</strong><br />

guardare esattamente quello che abbiamo nella nostra macchina da presa che è a<br />

nostra <strong>di</strong>sposizione e facciamo il meglio.<br />

Il cineamatorismo è libertà <strong>di</strong> fare tutto quello che si vuole: dall'inginocchiarsi a<br />

riprendere l'erba che cresce, a vedere <strong>di</strong> rifare il pensiero dei filosofi attraverso la<br />

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pellicola, ma siccome il <strong>cinema</strong> d'amatore è il meglio il noi stessi dobbiamo avvicinarci a<br />

quelle cose che purtroppo il <strong>cinema</strong> industriale non può fare.<br />

Buttiamoci a riprendere le cose più belle, le espressioni più importanti della nostra<br />

giornata, con quel bagaglio <strong>di</strong> cultura che noi uomini comuni abbiamo. Ma per cultura<br />

intendo guardare in faccia gli altri uomini e per intuizione <strong>di</strong>re quello che ve<strong>di</strong>amo e che<br />

pensiamo in una forma estremamente libera ed artistica.<br />

Siamo mattacchioni, abbiamo in mano una macchina da presa e vogliamo<br />

semplicemente <strong>di</strong>vertirci a filmare l'arte per l'arte.<br />

Non abbiamo la servetta <strong>di</strong> terza fila (come ho scritto <strong>sul</strong>l'ultimo articolo del<br />

“Cineamatore") o quell'artigliere che paga il biglietto per venirci a vedere. Siamo liberi e<br />

soltanto su questo elemento noi dobbiamo impostare la nostra produzione.<br />

A proposito del Convegno credo che sia molto importante proporre un convegno <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o oggi, ed è il primo. Il <strong>cinema</strong> d'amatore proprio perché è libertà non può essere<br />

pianificato, non possiamo pensare che cosa dobbiamo <strong>di</strong>re o se è meglio <strong>di</strong>rlo in una<br />

maniera o nell'altra. Il <strong>cinema</strong> d'amatore, ripeto fino alla noia, è libertà.<br />

Dobbiamo semplicemente fare dei convegni per vedere a che punto siamo arrivati; fare<br />

il punto della nostra situazione, e caso mai, cosa molto importante, rapportare i nostri<br />

lavori con i lavori esteri. Facciamo i convegni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e presentiamo le migliori opere<br />

straniere, cosa che non ci è permessa per i concorsi nazionali. Il <strong>cinema</strong> d'amatore è<br />

una gran cosa, una cosa splen<strong>di</strong>da e meravigliosa, cerchiamo <strong>di</strong> non rovinarlo<br />

mettendoci delle grosse parole e tanto meno mettendoci dei filmetti dei bambini che<br />

vanno alla vacanza.<br />

Cerchiamo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re il meglio <strong>di</strong> noi stessi nella maniera più semplice e più sentita<br />

nient'altro, grazie.<br />

4.6 Luigi Serravalli<br />

lo non sono un cineamatore quin<strong>di</strong> non ho delle parti da <strong>di</strong>fendere o da esaltare. Parlo<br />

quin<strong>di</strong> come un critico e voglio esaminare quanto ha detto Pecora, in breve tempo<br />

possibilmente senza essere inutile.<br />

A Montecatini, durante il primo incontro ho sottolineato come mi sembrasse che il<br />

<strong>cinema</strong> d'amatore fosse sempre un fatto <strong>di</strong> cultura, almeno nel senso della<br />

strumentalità: il venire a contatto, per chiunque con questo mezzo meccanico o con<br />

questo mezzo <strong>di</strong> rappresentazione è sempre per me un fatto <strong>di</strong> cultura.<br />

Patto <strong>di</strong> cultura notevole specialmente per coloro i quali nella loro professione hanno un<br />

altro tipo <strong>di</strong> cultura e vivono fuori dal tecnicismo.<br />

I problemi tecnici che il cineamatore deve affrontare sono problemi estremamente<br />

interessanti per lui, quin<strong>di</strong> un fatto <strong>di</strong> cultura esiste in questo senso. D'altra parte è<br />

molto importante invece notare come il <strong>cinema</strong> d'amatore può non essere un fatto <strong>di</strong><br />

cultura. Zolla Adorno ed altri si sono occupati dell'eclissi dell'intellettuale e <strong>di</strong> come<br />

l'uomo moderno massificato, industrializzato, è portato a non voler pensare, a sfuggire<br />

dalla problematica del suo tempo.<br />

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Sfuggire dalla problematica del nostro tempo, vuol <strong>di</strong>re sfuggire alla cultura, ma<br />

sottolinea Zolla non si sfugge il pensare non pensando, ma si sfugge il pensare<br />

concentrandosi su delle cose che non sono pensiero, che possono essere le<br />

lunghissime conversazioni che tutti conosciamo <strong>sul</strong>l'automobile che, possono essere le<br />

collezioni <strong>di</strong> francobolli, che possono essere il moltissimo tempo che tanti passano dagli<br />

antiquari, che possono essere le giornate o i mesi trascorsi su una spiaggia a rosolarsi.<br />

Tutto questo è la fuga dell'uomo dai problemi e da sé stesso. L'uomo ha il terrore <strong>di</strong><br />

specchiarsi, <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare trasparente. Il terrore della, trasparenza che abbiamo visto<br />

negli ultimi film <strong>di</strong> Antonioni; i personaggi <strong>di</strong> Antonioni escono dalla realtà, si creano<br />

una realtà fittizia e sfuggono al pensiero e alla coscienza. Nei film d'amatore questo<br />

succede molto spesso, in particolare in quelli stranieri in cui gli autori de<strong>di</strong>cano<br />

un'enorme quantità <strong>di</strong> tempo e <strong>di</strong> passione a filmare delle storie assolutamente cretine<br />

(mi si scusi l'espressione).<br />

Questo, secondo me, non è cultura ed è un'altra delle evasioni dell'uomo massa.<br />

Questo mi sembra un punto che si potrebbe, se non altro, porre come materia <strong>di</strong><br />

indagine e si potrebbe anche vedere se quanto io <strong>di</strong>co è vero oppure se si tratta <strong>di</strong> una<br />

supposizione errata. Per venire alla definizione della cultura l'amico Pecora ha citato<br />

De Sanctis e la citazione è veramente interessante, ma mi sembra che De Sanctis sia<br />

andato oltre. Egli, infatti, ad un certo punto della "Storia della letteratura italiana"<br />

precisa: la cultura, cioè il rapporto tra l'uomo e la realtà è fatto <strong>di</strong> tre fattori fondamentali:<br />

la critica, la scienza e la storia. Ora non mi pare possibile che il <strong>cinema</strong> d'amatore in<br />

Italia (e l'Italia occupa oggi il primo posto per il <strong>cinema</strong> professionale appunto perché<br />

una decina <strong>di</strong> registi hanno compreso che senza la scienza, senza la critica e senza la<br />

storia del nostro tempo è impossibile fare del <strong>cinema</strong>) resti insensibile a tutto questo.<br />

E’ pur vero, però che se molto <strong>cinema</strong> d'amatore evade, se molto <strong>cinema</strong> d'amatore<br />

non interessa, c'è però un <strong>cinema</strong> d'amatore storicizzato, c'è un <strong>cinema</strong> d'amatore<br />

critico e scientifico. Pensiamo per esempio, a “Scano Boa”. Cosa sarebbe “Scano<br />

Boa” se noi non lo vedessimo in quel determinato ambiente, in quel periodo, con quella<br />

gente, con quel paese, con quei problemi, con quella storia, con quella età, con<br />

quell'epoca.<br />

Che cosa sarebbero i film <strong>di</strong> Capoferri? I film <strong>di</strong> Capoferri sono delle storie, delle storie<br />

gentili, umane, commoventi, ma sono anche dei film che presentano delle implicazioni.<br />

«Sette minuti» è un gran<strong>di</strong>ssimo film d'amatore perché coglie un grande momento (sia<br />

pure tragico) della storia italiana del nostro tempo, cioè la storia <strong>di</strong> quella alluvione<br />

terribile che ha terrificato la nazione per un mese.<br />

In «Sette minuti» la metafora del film è tutta qui. Qui è la metafora e qui c'è anche il<br />

contenuto identico della metafora, cioè il contenuto storico, cioè il contenuto tipicamente<br />

culturale, espresso con un preciso linguaggio filmico.<br />

E ciò vale anche per «Casello 11090». Noi ve<strong>di</strong>amo una storia, ve<strong>di</strong>amo una fantasia,<br />

ma ve<strong>di</strong>amo anche implicato, signori miei, il problema del casello ferroviario in Italia. Un<br />

problema che esiste. Possiamo amplificare la cosa fino ad arrivare a pensare che la<br />

metafora del casello contiene anche un carattere molto ampio, cioè quale è il problema<br />

nei caselli ferroviari in Italia, dei casellanti che ad un certo momento devono guardare al<br />

figlio, ricevere la telefonata, badare al camion, badare a mille cose e non gli è data<br />

nessuna possibilità per farlo e quin<strong>di</strong>, alla fine, devono scegliere fra la vita del figlio, la<br />

loro rovina o la salvezza del treno. Quin<strong>di</strong> un problema che entra nella nostra realtà. E<br />

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così potrei <strong>di</strong>re dei film <strong>di</strong> Livi. In queste opere c'è la nostra Sardegna, c'è una società<br />

e quin<strong>di</strong> c'è una cultura.<br />

Potremmo <strong>di</strong>re della «Piazza» <strong>di</strong> Benito Buoncristiani, ma quella piazzetta è piena <strong>di</strong><br />

storia nel senso desanctisiano e quin<strong>di</strong> è piena <strong>di</strong> cultura. Ora mi sembra esatto (e<br />

potrei citare ancora molti altri film e in questo senso mi pare giusto quanto ha detto<br />

l'amico che sosteneva i documentari) quello che <strong>di</strong>ce Pecora, quando si schiera contro<br />

lo specifico filmico, in quanto esso rappresenta una riproposta, quasi una specie <strong>di</strong> arte<br />

per l'arte, dell'immagine per l'immagine, del tessuto filmico fine a sé stesso. Invece il<br />

tessuto filmico deve essere storicizzato, vivo, reale, e non potrà nascondere da<br />

un'impressione o da una fantasia, ma potrà nascere da un'opera letteraria o potrà<br />

nascere da una sceneggiatura <strong>di</strong> ferro anche da una sceneggiatura improvvisa.<br />

Comunque, la sceneggiatura c'è, cioè esiste l'atto narrativo, quell'atto che da tessuto<br />

connettivo, alla formazione culturale.<br />

Quando mi sembra che in questo senso noi possiamo benissimo parlare <strong>di</strong> cultura e <strong>di</strong><br />

necessità della cultura. Naturalmente questa cultura (come ha detto molto bene<br />

Rondolino) è la cultura dell'uomo, cioè la cultura che l'uomo ha con sé. La cultura che<br />

l'uomo ha con sé è la cultura che l'uomo fa continuamente, aggiungendosi e<br />

stratificandosi sia dal punto <strong>di</strong> vista dell'eru<strong>di</strong>zione, sia dal punto <strong>di</strong> vista della vita.<br />

Non ci può essere una cultura con una sola eru<strong>di</strong>zione, non ci può essere una cultura<br />

con la sola vita. Dante era un uomo coltissimo, ma Omero probabilmente non aveva<br />

nessuna eru<strong>di</strong>zione; nel senso nostro si era fatto tutto <strong>sul</strong>la realtà del suo tempo.<br />

Comunque, la realtà del suo tempo per lo meno era la sua cultura, la cultura <strong>di</strong> quella<br />

società.<br />

Quin<strong>di</strong> io penso che quanto più il cineamatore si terrà a contatto con la società, con la<br />

problematica, con la storia, tanto più avremo e cultura e arte e buon <strong>cinema</strong> d'amatore.<br />

4.7 Gabriele Can<strong>di</strong>olo<br />

Dopo l'intervento del Prof. Serravalli sarebbe il caso che rinunciassi, perché credo che<br />

sia stato detto tutto e molto bene. Comunque, avendo chiesto in precedenza la parola,<br />

per onore <strong>di</strong> firma, parlerò: La necessità <strong>di</strong> porre il problema della cultura è nato in noi<br />

(<strong>di</strong>co nei cineamatori <strong>di</strong> Montecatini - FEDIC) per opera <strong>di</strong> un piccolo gruppo <strong>di</strong><br />

cineamatori praticamente capeggiato dallo Spini, che è stato un po' la pietra dello<br />

scandalo <strong>di</strong> questa cultura <strong>cinema</strong>tografica, risvegliando quelle che, in effetti, erano<br />

delle necessità sopite o accennate e che non avevano mai avuto l'occasione o la<br />

possibilità <strong>di</strong> essere esternate.<br />

Questo gruppo <strong>di</strong> cineamatori si è preoccupato perché la quasi totalità della produzione<br />

cineamatoriale era (e purtroppo è) quasi del tutto priva <strong>di</strong> tale elemento base che è<br />

appunto la cultura.<br />

Non si è mai parlato <strong>di</strong> cultura, <strong>di</strong>ce Pecora, nella scultura, nella pittura e nelle poesia.<br />

Infatti, anche se, se ne è parlato, lo si è fatto in modo in<strong>di</strong>retto; comunque non si sono<br />

mai sentite le impellenti necessità che noi sentiamo e concretiamo con questo<br />

convegno. Soggiungo, semmai, che non si sarebbe dovuto sentire questa necessità<br />

neppure per il <strong>cinema</strong>, nemmeno per il <strong>cinema</strong> d'amatore, perché la cultura dovrebbe<br />

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essere presupposto primo <strong>di</strong> ogni onesta manifestazione artistica dell'uomo, anche<br />

quando Arte si scrive con la "A" minuscola.<br />

Dunque, questo è un problema che richiama tutto il Cinema; ma, mentre in quello<br />

professionale, <strong>di</strong>rei fortunatamente, sono abbastanza numerosi gli autori che<br />

mantengono un livello piuttosto alto (e qui parlo in senso universale), nel nostro<br />

ambiente, invece, era necessaria questa importante presa <strong>di</strong> posizione.<br />

Il concetto della cultura (io sono molto semplicista) lo condenso in un insieme <strong>di</strong><br />

cognizioni intellettuali <strong>di</strong> cui è dotata una persona; lo vedo come insieme <strong>di</strong> cognizioni<br />

che sono poi la rielaborazione intellettuale e spirituale <strong>di</strong> quanto si è appreso nelle varie<br />

branche del sapere. Nel nostro caso, però, io intendo una cultura intesa in senso<br />

generale, insomma non vorrei che si esagerasse pretendendo che il cineamatore debba<br />

<strong>di</strong>ventare un critico d'arte, versatilissimo nella pittura, nella letteratura e nella scultura,<br />

ecc. Una cultura generale, dunque, una cultura generale però con particolare riguardo<br />

alla specializzazione in campo <strong>cinema</strong>tografico: questo è naturale.<br />

Quin<strong>di</strong> il concetto <strong>di</strong> "cultura", che si allaccia poi a quello <strong>di</strong> "arte" (che è la reazione<br />

positiva dello spirito umano) è conoscenza intuitiva. E qui vorrei <strong>di</strong>re che mi riferisco e<br />

mi. riferirò sempre al <strong>cinema</strong> così semplicemente perché l'unica <strong>di</strong>stinzione che penso<br />

si possa fare fra il <strong>cinema</strong> professionale e il cineamatorismo, oltre a quello che è il<br />

formato, è che quest'ultimo è privò <strong>di</strong> tutti quegli elementi materiali che formano il<br />

<strong>cinema</strong> professionale, voglio <strong>di</strong>re sceneggiatori, produttori, ecc. Qui sono un po' in<br />

<strong>di</strong>scordanza non ricordo con chi, mi pare con Turolla e anche con Rondolino, il quale<br />

<strong>di</strong>ceva ad<strong>di</strong>rittura che era necessaria la collaborazione <strong>di</strong> più persone ed io invece non<br />

la vedo così, perché più persone collaborano in un film e meno la personalità dell'autore<br />

emerge. E noi abbiamo esempi illustri in René Clair, in Charlie Chaplin, che da soli<br />

hanno avuto, ad<strong>di</strong>rittura, la possibilità <strong>di</strong> arrivare a curare persino la parte musicale dei<br />

loro film. Vedo, naturalmente, qualcuno che accenna <strong>di</strong> no, ma sono opinioni e possono<br />

anche essere <strong>di</strong>scutibili, opinabili, comunque io sono convinto che un De Sica sarebbe<br />

molto interessante senza Zavattini, come sarebbe molto interessante uno Zavattini<br />

senza De Sica; penso che questa mia idea possa dare vali<strong>di</strong>tà a ciò che ho detto.<br />

Siamo arrivati a questi problemi <strong>di</strong> "cultura" oggi, dopo oltre <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong> vita. Questo<br />

significa che in fondo c'è un'evoluzione nel cineamatorismo, una evoluzione che è in<br />

continuo progresso e questo Convegno, lo voglio <strong>di</strong>re ancora un volta, ne è la prova:<br />

sono quin<strong>di</strong> certo che il problema culturale è un problema che si sta sviluppando e si<br />

svilupperà da sé accompagnato e sorretto dalle necessità spirituali e <strong>di</strong> esperienza, che<br />

col passare degli anni formeranno la personalità morale e l'educazione del gusto del<br />

cineamatore.<br />

Quin<strong>di</strong> all'immaginario interlocutore <strong>di</strong> Pecora io <strong>di</strong>co più semplicemente "vivi e<br />

osserva".<br />

Ed ora faccio la citazione anch'io, scusatemi, ma a me il Giambattista è simpatico:<br />

Vico <strong>di</strong>ceva che "gli uomini prima sentono senza avvertire, dopo avvertono con animo<br />

perturbato e commosso, e finalmente riflettono con anima pura". Queste sono parole<br />

che mi sembrano bene augurali per i cineamatori, perché le vedo adeguate e, in effetti,<br />

danno una certa fiducia in quelle che seno le nostre possibilità future.<br />

Non sono d'accordo con Pecora quando allude all'apporto determinante (e qui, dalle<br />

tante proteste, mi pare abbia sollevato un vespaio) della letteratura al <strong>cinema</strong>. Per me è<br />

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un apporto negativo, ormai. Credo solo nella grande utilità dell'accostamento al <strong>cinema</strong><br />

dei letterati, in qualità dì sceneggiatori.<br />

Cioè nel loro apporto tecnico-artistico. Praticamente, quin<strong>di</strong>: sceneggiatori, collaboratori,<br />

collaboratori <strong>di</strong> registi e ad<strong>di</strong>rittura registi; ma per quanto si richiama ad un apporto<br />

positivo della letteratura al <strong>cinema</strong>, tranne casuali eccezioni, io non lo trovo, ne mi pare<br />

ci siano esempi vali<strong>di</strong> che possano sostenere la tesi enunciata dall’amico Pecora. E<br />

questo lo <strong>di</strong>co perché non vorrei che si generasse un equivoco fra i cineamatori, i quali,<br />

in nome della cultura e credendo <strong>di</strong> fare della cultura, finirebbero per scimmiottare<br />

rielaborazioni letterarie senza alcun valore <strong>cinema</strong>tografico.<br />

Pecora <strong>di</strong>ce che il Cineamatore non è preparato per riuscire a tradurre testi letterari.<br />

Beh, io <strong>di</strong>co che non è una deficienza, ma ad<strong>di</strong>rittura una questione <strong>di</strong> buon gusto. I libri<br />

vanno letti! Sono d'accordo, dunque, nella lettura <strong>di</strong> buoni testi letterari, e critici in<br />

particolare, perché la critica è molto formativa nel nostro caso. Del resto i testi critici<br />

dovrebbero essere letti da tutti, anche dai gran<strong>di</strong> registi, non soltanto dai cineamatori,<br />

perché essi sono fondamentali, importanti per tutti. Dalla lettura si acquisiscono<br />

esperienze e quelle affinature che saranno poi utili nella creazione dell'opera<br />

<strong>cinema</strong>tografica.<br />

Pecora <strong>di</strong>ce che non si può attribuire a nessun nostro film una posizione <strong>di</strong> caposcuola<br />

ed ha fatto nomi <strong>di</strong> autori <strong>di</strong> film, trovando nei lavori degli stessi slegature <strong>di</strong> regia, <strong>di</strong><br />

psicologia e <strong>di</strong> linguaggio. Beh, io non sono d'accordo, posso ben <strong>di</strong>re, ad esempio, che<br />

nei nostri film (<strong>di</strong> Moreschi e miei) anche quelli considerati comici; «Le avventure<br />

dell'altro io», «Pupazzi» ecc. c'è sempre una stessa amara vena nel considerare la<br />

vita.<br />

Una vena amara, ma non pessimistica, che sempre ci ha sorretto e penso che, salvo<br />

possibili eccezioni, ci sorreggerà e guiderà nel nostro lavoro.<br />

Così Livi ci ha presentato "delle Sardegne <strong>di</strong>verse", probabilmente, ma c’è sempre in<br />

lui una stessa visione poetica, una stessa vicinanza alla natura, vicinanza a Dio, che<br />

segna la sua maniera, una maniera prettamente Liviana, potrei <strong>di</strong>re. Così Capoferri:<br />

bontà, religiosità, Dio giusto, sono elementi trasparenti nei suoi lavori. Così lo Spini,<br />

sempre rivolto a profon<strong>di</strong> interrogativi e problemi.<br />

Concludendo, comunque, io vorrei ri<strong>di</strong>mensionare il problema culturale del Cinema ad<br />

un problema <strong>di</strong> coscienza personale, coscienza che può acquisirsi solo con la giusta<br />

volontà <strong>di</strong> sapere, <strong>di</strong> documentarsi, il tutto cementato dal tempo che qui vuoi <strong>di</strong>re<br />

esperienza.<br />

Mi auguro, dunque, che questo convegno non sia l'ultimo, ma che anzi <strong>di</strong>venga il nostro<br />

abituale Liceo, la nostra Università, dove conoscenza, volontà <strong>di</strong> sapere ed esperienza<br />

vengano <strong>di</strong>namicamente accelerati per un ri<strong>sul</strong>tato più rapido e confortante.<br />

4.8 Aldo Rizzi<br />

Io parlo un minuto appena, sono il maestro Aldo Rizzi. Premetto che non toso la<br />

pecora perché mi pare che la pecora in questo convegno sia stata abbastanza tosata,<br />

toccherà a lui far rinascere la lana. Come ultimo (penso <strong>di</strong> essere ultimo iscritto al<br />

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cineclub <strong>di</strong> Bergamo) non intendo entrare in merito alla relazione perché mi sento<br />

ad<strong>di</strong>rittura un pivello, mi sembra <strong>di</strong> scomparire.<br />

Pertanto, permettetemi soltanto <strong>di</strong> <strong>di</strong>re una parola, meglio se questa parola verrà presa<br />

e portata in alto da qualcuno.<br />

Ci sono forse tre o quattro maestri cineamatori qui a Bergamo e questi sono piuttosto<br />

<strong>di</strong>vergenti fra loro in fatto <strong>di</strong> pareri; qualcuno è un po' come il sottoscritto, <strong>di</strong> facile<br />

contentatura. Basta vedere cose belle, basta vedere anche il filmetto <strong>di</strong> famiglia. Mi<br />

preme <strong>di</strong> <strong>di</strong>re questo: hanno proiettato alla Borsa Merci quest'anno dei film bellissimi da<br />

parte del sentimento ed io ne voglio ricordare due: «Casello 11090» <strong>di</strong> Capoferri, e<br />

«Gea» storia <strong>di</strong> un cane che salva un ragazzo.<br />

In questi primi tre mesi <strong>di</strong> scuola, il centro au<strong>di</strong>ovisivo <strong>di</strong> Bergamo, ci ha propinato film<br />

documentari anche esteri, per ultimo abbiamo visto l’altro giorno, prima delle vacanze,<br />

un film <strong>sul</strong> Giappone, bellissimo, però parlato nientepopo<strong>di</strong>meno che in giapponese.<br />

Ora, i bambini nostri cosa sentivano? Cosa vedevano? Vedevano sì, ma cosa<br />

capivano? Ve lo lascio intendere! I due film surricordati vorrei che venissero inseriti<br />

nelle cineteche almeno nazionali, non per fare propaganda a Capoferri, ma per arrivare<br />

al sentimento degli scolari. Voi <strong>di</strong>rete: cosa c'entra questo col convegno, noi non siamo<br />

mica qui per gli scolari! No, ma dal momento che mi parlate <strong>di</strong> cultura, mi parlate <strong>di</strong><br />

istruzione, mi parlate <strong>di</strong> tante cose cominciano a creare i citta<strong>di</strong>ni per l'unità <strong>di</strong> domani.<br />

Ho finito, non senza aggiungere <strong>di</strong> lasciarmi la cinepresa come hobby preferito.<br />

4.9 Elia Guiotto<br />

Il mio <strong>di</strong>scorso inizia dalla definizione <strong>di</strong> cultura, che è stata data da Pecora nel corso<br />

della sua relazione. Egli <strong>di</strong>ce: “Va fatto subito <strong>di</strong> pensare all'uomo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, il cui<br />

sapere, beninteso, non sia fine a sé stesso, né rimanga chiuso nei limiti <strong>di</strong> una<br />

professione, ma sia volto ad elevare l'uomo ed a portarlo verso nuove attitu<strong>di</strong>ni<br />

ed abitu<strong>di</strong>ni spirituali, che gli servano a conoscere sé stesso in quanto l'uomo e<br />

la realtà sua, presente e passata".<br />

In precedenza ho ammesso che l'uomo può essere <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, e non <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, e ho<br />

anche detto che il sapere puro, il sapere, inteso come conoscenza integrale e totale<br />

della realtà, non può essere <strong>di</strong>sgiunto dalla esperienza, ed ho sottolineato, infine, il fatto<br />

che la realtà dell'uomo ha da essere, più che passata, presente. Ora, è chiaro che, in<br />

questa definizione <strong>di</strong> cultura, è stato precisato l'aspetto generale del fenomeno nella<br />

sua accezione concettuale e filosofica; non solo, ma si è altresì evidenziato il fine<br />

ultimo, a cui la cultura deve tendere: "elevare l'uomo e portarlo verso nuove attitu<strong>di</strong>ni ed<br />

abitu<strong>di</strong>ni spirituali".<br />

E' questo un fine, che, per l'appunto, si può intendere in due mo<strong>di</strong>, fra loro intimamente<br />

connessi: in un ambito strettamente in<strong>di</strong>viduale e soggettivo, in quanto il suo<br />

raggiungimento presuppone, all'interno <strong>di</strong> ogni in<strong>di</strong>viduo, uno sforzo <strong>di</strong> ricerca, una<br />

tormentata aspirazione, una capacità critica, un chiarimento a sé stesso <strong>di</strong> fronte ai<br />

problemi ed ai moduli della realtà; in senso extra soggettivo, cioè, in senso collettivo e<br />

sociale, in quanto esso altro non è che la conseguenza della proiezione, al <strong>di</strong> fuori degli<br />

in<strong>di</strong>vidui, dei ri<strong>sul</strong>tati <strong>di</strong> questo loro travaglio: in altre parole, l'elemento <strong>di</strong><br />

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condensazione e <strong>di</strong> giustificazione delle loro esperienze, dei loro ripensamenti, delle<br />

loro prospettive spirituali e ideologiche.<br />

La cultura, così, ri<strong>sul</strong>ta definita come vivificante scambio <strong>di</strong> idee, <strong>di</strong> opinioni, anche <strong>di</strong><br />

tra<strong>di</strong>zioni, che possono essere <strong>di</strong> svariata origine, e nel contempo, si fa comprendere<br />

nel suo alto valore <strong>di</strong> impulso verso il progresso spirituale e morale. La cultura, infine, è<br />

appassionato contatto umano, integrazione reciproca, è donazione: un dono d'amore <strong>di</strong><br />

me stesso agli altri o degli altri a me.<br />

Una volta chiarite queste nozioni preliminari, mi pare che gli equivoci comincino a<br />

sorgere quando ci si pone la domanda: "Su quali presupposti si fonda la cultura?<br />

Qual'é, cioè, la base della cultura?"<br />

Pecora mi sembra non abbia eccessivamente chiarito questo concetto, non lo abbia<br />

anzi sviluppato come era conveniente. Ora, a mio avviso, questa specificazione, ossia,<br />

lo stabilire qual'é la base <strong>di</strong> partenza, si rivela molto importante ai fini <strong>di</strong> una migliore<br />

comprensione e <strong>di</strong> un arricchimento del concetto <strong>di</strong> cultura, che forma la relazione<br />

o<strong>di</strong>erna.<br />

Premetto che sono d'accordo con Pecora <strong>sul</strong>la funzione della conoscenza letteraria,<br />

<strong>cinema</strong>tografica, pittorica e musicale (riguardo a quest'ultimo aspetto vorrei ricordare la<br />

colonna sonora dei film, presentati all'ultimo corso <strong>di</strong> Montecatini, colonna, che era<br />

quasi sempre imperniata <strong>sul</strong> motivo <strong>di</strong> «Scandalo al sole»).<br />

Dissento, invece, dal relatore per quanto si riferisce all'entità del loro valore e della loro<br />

importanza: Pecora afferma la necessità <strong>di</strong> queste formazioni specifiche, <strong>di</strong> queste<br />

eru<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> settore. Io no: ne ammetto semmai l'utilità, nel senso che esse, oltre a<br />

suggerire situazioni e storie, possono benissimo costituire gli "strumenti", idonei ad<br />

educare e a potenziare le facoltà innate dell'in<strong>di</strong>viduo. Altri, a mio parere, sono gli<br />

elementi base, le con<strong>di</strong>zioni, cioè, essenziali e necessario alla impostazione, alla<br />

maturazione ed alla conclusione del prodotto <strong>di</strong> cultura (e, nella fattispecie, <strong>di</strong> arte).<br />

Insomma: l'artista può essere colto e può non essere colto. Si <strong>di</strong>a il caso <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo<br />

artista e si supponga la sua arte fondata su un substrato culturale, su una formazione<br />

spirituale antecedente all'opera creata: bisogna convenire che quest'opera d'arte potrà<br />

forse raggiungere un grado dì perfezione e <strong>di</strong> compiutezza più elevato; ma,<br />

all'ottenimento <strong>di</strong> una qualsivoglia opera d'arte, soprattutto allo stato grezzo e primitivo,<br />

allo stato, cioè <strong>di</strong> passionale imme<strong>di</strong>atezza, è proprio e sempre necessaria quale<br />

con<strong>di</strong>zione determinante, questa preparazione intellettuale? Io credo <strong>di</strong> no: ed e proprio<br />

quello che ci <strong>di</strong>mostra il pittore-doganiere Rousseau e, per restare nel campo<br />

<strong>cinema</strong>tografico, Rossellini, quando, senza cultura, privo, ad<strong>di</strong>rittura, <strong>di</strong> un aggancio<br />

con il mondo - <strong>di</strong>remmo così umanistico - e tra<strong>di</strong>zionale della nostra cultura, fa un'opera<br />

nobile ed impegnata, come «Roma Città Aperta».<br />

A questo punto, spostando quanto ho detto al campo del Cinema d'Amatore, è<br />

evidente che, con il contributo delle conoscenze <strong>di</strong>anzi esposte, si può ottenere un film<br />

amatoriale buono o ad<strong>di</strong>rittura perfetto, per il fatto stesso che si affida ad una solida<br />

struttura narrativa, ad una bella fotografia ed a una musica rigorosamente funzionale;<br />

pur tuttavia esso può ri<strong>sul</strong>tare opera fredda, perfetta soltanto in superficie, nella tecnica<br />

espressiva;<strong>di</strong>venta, cioè un'esercitazione calligrafica, puramente accademica, che non<br />

è ancora arte, né, tanto meno, cultura.<br />

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E allora? Per fare opera d'arte e <strong>di</strong> cultura, in senso lato, ci vuole molto <strong>di</strong> più; bisogna,<br />

secondo me, (ecco descritti gli elementi base) che in quell’opera ci sia una coraggiosa<br />

coerenza in<strong>di</strong>viduale, ci sia un impeto creativo, un "quid" che urge prepotentemente<br />

dentro <strong>di</strong> noi; in quell'opera, insomma, deve palpitare tutto il nostro essere, il nostro<br />

cuore, la nostra mente. Non importa se non abbiamo o noi pren<strong>di</strong>amo interesse ad una<br />

cultura, che è stata costruita prima <strong>di</strong> noi. Che la cultura, quella vera, è sempre attuale,<br />

è sempre, lì, nascosta nella realtà che ci circonda: anzi, <strong>di</strong>rei li più, tutta la realtà è<br />

cultura. Occorre soltanto saperla indagare: con passione e con entusiasmo. La cultura,<br />

in una parola, deve essere, soprattutto, vita, così come è stata vita per Dante, così<br />

come lo è stato - hanno detto prima - per Omero.<br />

Su queste basi è, ora, possibile in<strong>di</strong>care l'aspetto e la funzione del vero Cinema<br />

d'Amatore, <strong>di</strong> quello, cioè, che può proclamare la sua insostituibilità nei confronti del<br />

Cinema professionale. Noi, cineamatori, infatti, non possiamo, per ovvie ragioni,<br />

applicare pe<strong>di</strong>ssequamente i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> produzione del Cinema industriale. A noi,<br />

semmai, spetta il compito <strong>di</strong> fare nostre, con il preciso inten<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> perfezionarle ed,<br />

eventualmente, <strong>di</strong> superare, le scoperte più stimolanti ed originali, le conquiste più<br />

avanzate, <strong>di</strong> quel Cinema, giacché è stato detto prima che la conoscenza<br />

<strong>cinema</strong>tografica, il fatto, ossia, <strong>di</strong> esaminare e <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are il film professionale, deve<br />

costituire il nostro punto <strong>di</strong> appoggio, così come l'opera letteraria deve servire a creare<br />

in noi una determinata mentalità, una elasticità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio, una possibilità <strong>di</strong> sviluppo e<br />

<strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento psicologico. In quest'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> idee, mi pare, meglio si comprendono<br />

anche, nella loro essenza e nei loro rapporti con le altre culture, gli ultimi film <strong>di</strong><br />

Michelangelo Antonioni «L'avventura» e «La notte», i quali, pur essendo opere -<br />

<strong>di</strong>remmo così - <strong>di</strong> stretta descrizione psicologica e, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> chiara impostazione<br />

letteraria, tanto da sembrare "scritte" con la macchina da presa, non hanno tuttavia<br />

avuto l'avvio da un fatto, da un racconto letterario: cosa questa che torna a favore della<br />

loro genuinità e della loro autonomia.<br />

Prima dì concludere, vorrei "brevemente aggiungere che il Cinema d'Amatore, almeno<br />

dal mio punto <strong>di</strong> vista, si configura come un Cinema d'avanguar<strong>di</strong>a, un Cinema <strong>di</strong><br />

confessione, un Cinema documento. E quando <strong>di</strong>co "confessione", non intendo<br />

soltanto quella <strong>di</strong> «Pensieri <strong>sul</strong>l’abisso», ma anche, e in primo luogo, quella che si<br />

esprime attraverso la documentazione della realtà, che è fuori <strong>di</strong> noi.<br />

La nostra società, - lo sappiamo bene, lo abbiamo più volte ripetuto - è in crisi; in seno<br />

alla nostra società sono tante incongruenze, tante fratture, tante realtà, che ancora<br />

aspettano <strong>di</strong> essere scoperte ed approfon<strong>di</strong>te: oggi appunto, parlando con Corrado, ho<br />

saputo che nell'Italia Meri<strong>di</strong>onale esistono alcuni aspetti sociali, che il Cinema<br />

professionale e noi stessi ignoriamo.<br />

Ebbene: noi, svincolati da tutte le remore, dai legami, che il Cinema industriale può<br />

imporre, dobbiamo avvicinarci alla realtà, farla nostra, <strong>di</strong>chiararla e documentarla per gli<br />

altri.<br />

Mi pare che, soltanto così, il Cinema d'Amatore possa fare opera <strong>di</strong> vera cultura, che<br />

può anche essere opera <strong>di</strong> vera poesia.<br />

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4.10 Piero Nava<br />

Il mio intervento sarà oltremodo breve, sia perché in gran parte quello che volevo <strong>di</strong>re è<br />

stato già detto, giungendo io a parlare non so se per tre<strong>di</strong>cesimo o quattor<strong>di</strong>cesimo, sia<br />

perché sono sostanzialmente d'accordo - contrariamente a molti che mi hanno<br />

preceduto - su quanto il relatore ha detto con chiarezza, con completezza ed anche con<br />

una certa vivezza. Sono d'accordo col relatore sopratutto <strong>sul</strong> principio che "prima <strong>di</strong><br />

pensare con troppa presunzione, anche se lodevole sia il proposito, <strong>di</strong> portare il<br />

cineamatorismo più in alto nella cultura a largo raggio, dobbiamo cercare le nostre basi<br />

e fissarne le fondamenta” dobbiamo cioè in altre parole, farci una nostra cultura.<br />

A me sembra fin troppo ovvio che anche l’attività cineamatoriale, come qualsiasi altra<br />

attività creativa nel campo culturale, non possa assolutamente prescindere dalla<br />

conoscenza <strong>di</strong> altre forme <strong>di</strong> cultura. Ciò vale sopratutto, evidentemente, per il <strong>cinema</strong><br />

che, si è detto, è un po' la sintesi <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse forme artistiche: mi sembra pertanto<br />

indubitabile che il <strong>cinema</strong> d'amatore non possa prescindere dalla conoscenza della<br />

pittura, della letteratura e della musica. Ma attenzione al pericolo opposto: deve essere<br />

<strong>di</strong>fatti chiaro che la realizzazione <strong>di</strong> opere a carattere culturale non deve assolutamente<br />

costituire per il cineamatore un fine, ma piuttosto un mezzo. E mi spiego: fine dell'opera<br />

cineamatoriale è, o dovrebbe essere, una realizzazione artisticamente valida: ed è fin<br />

troppo ovvio che la freschezza, la spontaneità, la sincerità dell'ispirazione, l'intimo<br />

convincimento e la totale adesione dell'autore a quanto egli racconta o documenta sono<br />

- secondo me - gli elementi che, uniti alla più completa libertà <strong>di</strong> espressione quale in<br />

effetti noi cineamatori go<strong>di</strong>amo, costituiscono il presupposto <strong>di</strong> una tale realizzazione.<br />

I valori estetici, come è noto, vanno determinati non in rapporto al contenuto dell'opera:<br />

non conta quello che l'autore ha detto, ma il come lo ha detto. E non mi riferisco qui al<br />

fattore puramente formale, tecnico, della sceneggiatura o del montaggio; mi riferisco<br />

invece al come, attraverso il mezzo tecnico, l'autore è riuscito a tradurre nella realtà<br />

dell'immagine il proprio sentimento, al come egli è riuscito a comunicare agli altri i motivi<br />

della propria ispirazione. Ora non vorrei che la preoccupazione <strong>di</strong> realizzare a tutti i<br />

costi film per così <strong>di</strong>re (impropriamente) <strong>di</strong> ispirazione culturale, finisca col prevalere<br />

<strong>sul</strong>la necessità <strong>di</strong> realizzare soltanto opere intimamente sentite dall'autore, perché ne<br />

deriverebbe inevitabilmente una <strong>di</strong>minuzione delle probabilità - già tanto scarse – <strong>di</strong><br />

realizzare un'opera esteticamente valida. Gli esempi <strong>di</strong> film amatoriali <strong>di</strong> derivazione<br />

letteraria, in<strong>di</strong>cati con sufficiente completezza nella relazione, mi sembra stiano proprio<br />

a <strong>di</strong>mostrare come sia <strong>di</strong>fficile che opere <strong>di</strong> tal genere possano raggiungere il livello<br />

artistico <strong>di</strong> altre, che <strong>di</strong> ispirazione letteraria non sono.<br />

Per queste ragioni ritengo che il cineamatorismo debba considerare la cultura non come<br />

punto <strong>di</strong> arrivo, ma piuttosto come punto <strong>di</strong> partenza, come mezzo per affinare il proprio<br />

gusto e, <strong>di</strong>ciamolo pure, la propria preparazione. Concludendo: ben vengano i film<br />

cosiddetti culturali, alla con<strong>di</strong>zione tuttavia che per voler troppo guardare alla cultura,<br />

non si perda <strong>di</strong> vista l'arte.<br />

Se domani, qualcuno <strong>di</strong> noi, o per avere intimamente penetrato il mondo <strong>di</strong> un autore<br />

aderendovi completamente, o per averne interpretato lo spirito attraverso il filtro <strong>di</strong><br />

un'ispirazione sincera e spontanea, produrrà una opera, sia pure <strong>di</strong> derivazione<br />

letteraria, valida, oltre che <strong>sul</strong> piano culturale, anche su quello estetico, allora potrà<br />

forse <strong>di</strong>rsi il cineamatorismo veramente e funzionalmente inserito nella cultura in senso<br />

assoluto.<br />

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4.11 Aldo D'Angelo<br />

Questa mattina a Bergamo ho visitato con Spini la città alta; ho attraversato strade<br />

antiche, camminamenti che portano alle case rustiche, agli atri gran<strong>di</strong> dei palazzi<br />

aristocratici, un po' come si arriva al cuore dei bergamaschi.<br />

Per carattere i bergamaschi sembrano prima scontrosi, chiusi, poi invece vi aprono le<br />

braccia con slancio, sinceramente.<br />

Bertieri ci invita ad essere sinceri in questo convegno; e spera con la stessa sincerità<br />

dei signori che ci ospitano.<br />

Dico subito che tutti si sono scagliati contro Pecora per la relazione su cultura e <strong>cinema</strong><br />

d'amatore. Una specie <strong>di</strong> "<strong>di</strong>viserunt vestimenta mea" senza pietà. Per l'or<strong>di</strong>ne e la<br />

chiarezza delle idee mi domando: che cos'è la cultura?<br />

Bisogna stare attenti e faccio l'esempio semplicissimo dell'ape <strong>di</strong> Seneca. L'ape - scrive<br />

Seneca a Lucilio - si posa sui fiori, ne assorbe gli umori e fa il miele. Il miele, è il<br />

prodotto meraviglioso che vien fuori dagli assaggi, dal lavoro dell'insetto. Questo vale<br />

anche per la cultura dell'uomo. Spostate i termini, metteteci l'uomo e l'esempio calza.<br />

Per contrad<strong>di</strong>re i timori <strong>di</strong> alcuni cineamatori <strong>di</strong>rò che cultura non significa leggere<br />

solamente libri ma avere esperienza con la vita. Sono dei primi che con Spini ha<br />

parlato <strong>di</strong> cultura nella Fe<strong>di</strong>c.<br />

Aspettavo questo convegno per fare una sorta <strong>di</strong> consuntivo. E' venuto il momento. Il<br />

cineamatore s'è trovato <strong>di</strong>nanzi a questa <strong>di</strong>fficoltà: cioè definire la sua posizione, il<br />

fenomeno, in sostanza la sua cultura. Finora s'è trovato in uno stato <strong>di</strong><br />

inconsapevolezza, perciò si <strong>di</strong>ce hobby; e certamente il cineamatorismo non è hobby.<br />

Definire il <strong>cinema</strong> hobby significa sottovalutarlo; significa non comprendere che questa<br />

forma <strong>di</strong> espressione è la più moderna e la più complessa. Così pure non si parla (e<br />

non si può) <strong>di</strong> hobby per la grafica o per il <strong>di</strong>segno industriale che richiedono esperienze<br />

da specializzati.<br />

Per questi cineamatori della tendenza dell'hobby il <strong>cinema</strong> viene qualificato niente <strong>di</strong> più<br />

che un <strong>di</strong>vertimento con la macchina da presa.<br />

E’ un errore. Per <strong>di</strong>vertimento si può impressionare una scena <strong>di</strong> famiglia che appare<br />

più monotona e priva <strong>di</strong> interesse così come accade nella realtà per gli altri che<br />

assistono.<br />

Anche una scena <strong>di</strong> caccia o una gita in montagna se riprese con intelligenza e montati<br />

sia pure in modo ru<strong>di</strong>mentale non fanno più parte del <strong>di</strong>vertimento. C'è già l'intenzione<br />

<strong>di</strong> interpretare la realtà e <strong>di</strong> darle un senso personale.<br />

Hobby può essere la pesca delle trote; hobby può essere la fotografia <strong>di</strong> un tramonto<br />

<strong>sul</strong> lago <strong>di</strong> Garda. Ma qui c'è sempre meno impegno che nel <strong>cinema</strong> d'amatore che è<br />

essenzialmente un fatto <strong>di</strong> cultura. E' in realtà la cultura dell'uomo che si fa verbo<br />

<strong>cinema</strong>tografico: un sentimento della realtà descritto "con preferenza" con la macchina<br />

da presa.<br />

Arte e Cultura: ho sentito <strong>di</strong>re molte stupidaggini a questo proposito specialmente<br />

durante gli interventi dei cineamatori. Quando si parla <strong>di</strong> cultura del cineamatore<br />

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certamente non si vuole pretendere <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> arte. Un conto è la cultura e un conto è<br />

l'arte.<br />

Nessuno, io penso, crede <strong>di</strong> fare il capolavoro alla Potemkin o il «Ladri <strong>di</strong> biciclette»<br />

del cineamatorismo. Ma è certamente possibile. Quelli che evitano <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> cultura<br />

mancano <strong>di</strong> senso critico e nutrono nel medesimo tempo l'ambizione <strong>di</strong> fare dell'arte.<br />

Così confondono le idee, restano insinceri con sé stessi, si oppongono quando si parla<br />

<strong>di</strong> cultura. Sarebbe meglio chiarirsi.<br />

Sarebbe più logico guardare al cineamatorismo come movimento <strong>di</strong> sentimenti e dì<br />

idee, <strong>di</strong> espressioni limitate dal mezzo <strong>cinema</strong>tografico e dalla organizzazione<br />

economica.<br />

Nel cineamatorismo non ci sono i grossi investimenti <strong>di</strong> capitale e questo significa<br />

riscattare il <strong>cinema</strong> dalla sua palla al piede; cioè dalla economia. Il cineamatore può<br />

scoprire liberamente la sua realtà, può esprimere i suoi sentimenti senza essere<br />

ossessionato dalla domanda del pubblico; insomma dalla legge del consumo.<br />

Il Convegno <strong>di</strong> Bergamo è un incontro utilissimo: un sincero incontro <strong>di</strong> idee e <strong>di</strong><br />

sentimenti. Dalla "balbuzie" del cineamatore <strong>di</strong> ieri passiamo alla consapevolezza<br />

culturale <strong>di</strong> oggi.<br />

E questo è più che sufficiente per far nascere altre idee.<br />

4.12 Pio Baldelli<br />

Vorrei ringraziare gli organizzatori non solo per l'ospitalità cortese ma <strong>di</strong>rei per<br />

l'intelligenza <strong>di</strong> questa chiamata <strong>di</strong>ciamo così <strong>di</strong> critici <strong>cinema</strong>tografici, che permette<br />

uno scambio <strong>di</strong> idee che a me pare oltremodo fecondo. Da circa 13 anni mi occupo <strong>di</strong><br />

critica <strong>cinema</strong>tografica e da circa tre insegno storia e critica <strong>cinema</strong>tografica<br />

all'Università ma devo confessarvi, e questo è davvero una grossa responsabilità<br />

personale, che solamente da un anno mi sono accorto dell'interesse del passo ridotto e<br />

del cineamatore. In questo particolare momento, in cui davanti al <strong>cinema</strong> italiano si<br />

aprono prospettive ra<strong>di</strong>ose in cui i circuiti privilegiati del <strong>cinema</strong> americano si aprono ai<br />

nostri prodotti e i produttori americani vengono in Italia a cercare registi italiani, in<br />

questo particolare momento, mi pare che, la riserva del passo ridotto sia <strong>di</strong> sostanziale<br />

importanza, perché <strong>di</strong> fronte o accanto a queste prospettive positive del <strong>cinema</strong> italiano<br />

c'è anche l'incombente e grave crisi della cultura italiana e non solamente del <strong>cinema</strong>.<br />

E' dell'altro giorno l'intervento personale dell'e<strong>di</strong>tore Bompiani nei confronti <strong>di</strong><br />

Quintavalle, per cui, una tiratura del libro viene gettata al macero. Sulla cultura italiana<br />

pesa grave come non mai, perché è un elemento <strong>di</strong> congiuntura delicatissimo, il peso<br />

dell'intervento censorio.<br />

L'esempio della “Ciociara” che è stato fatto un momento fa è sintomatico: per cui una<br />

cultura libresca viene manomessa, sconnessa; un rapporto tra due personaggi viene<br />

capovolto perché occorre imperniare, il film intorno alla Loren e quin<strong>di</strong> a Ponti e ad una<br />

produzione.<br />

Cioè il neorealismo in questo caso è acquisito e composto dalla bardatura<br />

produttivistica. Mi pare che mai, forse, come in questo momento occorre un intervento<br />

ed un senso <strong>di</strong> coscienza e <strong>di</strong> responsabilità da parte dei cineamatori, ma non come<br />

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funzione subalterna, non come una retroguar<strong>di</strong>a del <strong>cinema</strong> italiano, ma acquisendo<br />

una tale coscienza <strong>di</strong> punta da veramente sentire questa possibilità enorme che hanno<br />

davanti; dove, evidentemente, questa possibilità venga portata avanti con massimo <strong>di</strong><br />

coraggio. E questo mi pare che manchi continuamente, in generale. Io ho fatto<br />

recentemente una modesta esperienza, sono stato presidente per la commissione per i<br />

Nastri d'Argento e vi devo <strong>di</strong>re che in generale, salvo quattro o cinque esempi, la<br />

Commissione ha riscontrato continuamente bravura, forme molto levigate,<br />

maneggevolezza degli strumenti tecnici insomma una compiutezza <strong>di</strong> aggeggi, <strong>di</strong>ciamo<br />

<strong>di</strong> usi della tecnica, che sono alle volte sbalor<strong>di</strong>tivi; ma che più in la non si andava, cioè<br />

oltre questa capacità <strong>di</strong> rifinire un prodotto. La coscienza, il coraggio per cui quei<br />

prodotti, quegli strumenti, servono a <strong>di</strong>re qualche cosa, ebbene, questo mancava;<br />

ebbene, si era stupefatti <strong>di</strong> vedere tanta bravura per niente, cioè involucri levigati,<br />

scorrevoli perfetti, ma poi ad andare a sondare quello che c'era dentro mentre<br />

tutt'intorno la realtà è bruciante e ribolle continuamente, ebbene, dentro non c'era<br />

niente, era quasi sempre vuoto. Mi pare che questa sia veramente una situazione da<br />

chiarire, cioè mi pare che <strong>di</strong> fronte al formato ridotto si apra una possibilità <strong>di</strong> lavoro, <strong>di</strong><br />

intervento nei confronti della realtà e <strong>di</strong> sollecitazione continua nei confronti del <strong>cinema</strong>,<br />

<strong>di</strong>ciamo così maggiorenne quale mai c'è stata.<br />

Ma ad un patto: che ci sia dentro una tale carica <strong>di</strong> coraggio veramente da costituirsi<br />

come esemplare nel <strong>di</strong>battito che oggi è stato fatto e da cui ho appreso alcune cose<br />

preziose; mi pare che ci sia un'antitesi e chiedo scusa al relatore se per un momento<br />

forse scavalco il suo intervento, ma è curiosa questa specie <strong>di</strong> antinomia che è sorta;<br />

cioè ad un certo punto nella forma più grossolana potrei formulare a questa maniera<br />

l'antinomia: ma ci si serve e non ci si serva questa cultura?<br />

Basta essere tutti ignoranti per fare un buon film a passo ridotto, oppure la cultura serve<br />

a qualche cosa. Posta a questa maniera, che è al limite ad<strong>di</strong>rittura della grossolanità,<br />

pare che la cosa rischi <strong>di</strong> confondere un po’ le nostre idee. Io <strong>di</strong>rei <strong>di</strong> fare una<br />

<strong>di</strong>stinzione, per un minimo <strong>di</strong> chiarezza, cioè <strong>di</strong>rei che si debba mettere, da una parte, la<br />

cultura come necessità <strong>di</strong> un aggiornamento <strong>di</strong> consapevolezza degli strumenti storici<br />

con cui ci si esprime, se non si vuole essere arretrati, se non si vuol pestare acqua nel<br />

mortaio.<br />

Cioè quello che è lettura, evidentemente conoscenza o confronto continuo dei prodotti<br />

che la civiltà e la cultura producono ogni giorno (che è dall’altra parte quello che<br />

particolarmente ci interessa come definizione <strong>di</strong> cultura, la cultura intesa come capacità<br />

<strong>di</strong> orientamento), ed allora a questo punto il libro non è pertinente, che era molto più<br />

colto il conta<strong>di</strong>no siciliano al tempo del nazismo, che non il dottor Rosenberg il quale<br />

legiferava <strong>sul</strong>la teoria della razza. In quel momento era molto più colto, cioè cultura<br />

come capacità <strong>di</strong> orientarsi nel mondo e nella situazione storica. Nel primo caso mi pare<br />

che ci sia un elemento positivo ed uno negativo, cioè un rischio, ed il rischio è questo,<br />

che assumendo per cultura la prima definizione (cioè come larghezza <strong>di</strong> informazione,<br />

come continuo approvvigionamento <strong>di</strong> letture, <strong>di</strong> libri ecc., per cui ci si tiene a pari e si è<br />

al corrente delle cose) mi pare che oggi si verifichi per esempio una sfasatura nel<br />

campo della critica <strong>cinema</strong>tografica conseguente a questa accezione della cultura. E<br />

qual'é questa sfasatura? Il rischio del "citazionismo". Ci sono critici d'Italia e riviste in<br />

Italia le quali parlano <strong>di</strong> una inserzione e vorrebbero, presuppongono ad<strong>di</strong>rittura un<br />

inserzione del <strong>cinema</strong> nel campo della cultura generale unicamente perché il critico ha<br />

letto quattro libri e<strong>di</strong>ti da Bompiani o da Einau<strong>di</strong> ed ha imparato a memoria una battuta<br />

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<strong>di</strong> Lukasz o che so io, e te la cita qualche volta senza virgolette, così come una<br />

zavorra, farcendo il <strong>di</strong>scorso e confondendolo… anche.<br />

Questa non è cultura, cioè questa è degradazione verso il citazionismo, questa è<br />

cultura da maestro che è spostato e questo non ha nessun significato, è un grave<br />

pericolo perché i giovani da adulti prendono questi esempi e voi lo vedete nei circoli del<br />

<strong>cinema</strong> in cui i giovani non fanno che citarvi l'ultima pagina <strong>di</strong> Adorno, ma senza avere<br />

nulla <strong>di</strong> assimilato.<br />

Semplicemente lo sciorinamento <strong>di</strong> pagine lette all'ultimo momento; questo passa per<br />

cultura; ma questa è una caricatura, una bassa degradazione della cultura, è un far<br />

apparire, gettar polvere sugli occhi degli altri, ma non è cultura questa, è un grave<br />

rischio <strong>di</strong> cui bisogna tener conto quando si parla in questo rapporto tra cultura e<br />

<strong>cinema</strong>. Noi abbiamo perso un mucchio <strong>di</strong> tempo per qualificare il <strong>cinema</strong> nei suoi<br />

rapporti con le altre arti: è un'arte figurativa si e no, per questo e per quest'altra ragione,<br />

il <strong>cinema</strong> appartiene piuttosto alla letteratura, perché nel <strong>cinema</strong> c'è la storia, cioè un<br />

personaggio, uno sviluppo nel tempo. E dai giù, a scrivere altre cinquanta pagine, per<br />

definire se appartiene piuttosto alla letteratura o alla musica o all'architettura, perché in<br />

ogni arte evidentemente c'è un elemento che può essere confrontato con il <strong>cinema</strong>.<br />

Ebbene questo è si <strong>di</strong> un certo interesse, ma <strong>di</strong>rei che è passato <strong>di</strong> cottura e ha fatto<br />

ormai il suo tempo. Attardarsi ancora su questo tipo <strong>di</strong> accostamenti mi pare che non<br />

serva a gran che, cioè <strong>di</strong>amo ormai per assodato che evidentemente il <strong>cinema</strong><br />

appartiene alla storia della cultura e quin<strong>di</strong> assimila da tutte le parti elementi<br />

fondamentali e poi si apre evidentemente una strada, ma che comunque la cultura che<br />

più ci interessa è quella che coincide con la consapevolezza critica dei problemi.<br />

Il rischio <strong>di</strong> una cultura ascritta al <strong>cinema</strong> <strong>di</strong> amatore nel campo della produzione, non<br />

più nel campo della critica, mi pare che, scusate sempre la larga approssimazione,<br />

consiste in questo.<br />

Se voi prendete oggi il produttore Ponti o gli altri li troverete sempre con in mano<br />

l'ultimo libro uscito <strong>di</strong> Pasolini; e l'hanno letto loro prima degli altri; l'anno letto in bozza,<br />

l'ultimo libro <strong>di</strong> Bassani, per esempio. E’ già qualche cosa che si <strong>di</strong>rozzino,<br />

evidentemente e almeno facciamo lo sforzo sopra se stessi per legger qualche cosa; è<br />

già una fatica se qualche volta passeranno delle notti insonni, è già un fatto positivo; ma<br />

il rischio della produzione <strong>cinema</strong>tografica sta che il <strong>cinema</strong> si pone in posizione<br />

subalterna, cioè impoverisce la sua capacità <strong>di</strong> iniziativa, <strong>di</strong> inventiva, cioè ci si pone in<br />

con<strong>di</strong>zioni come se il <strong>cinema</strong> veramente dovesse continuamente ridurre le opere. Voi<br />

vedete, ad esempio, quello che è successo a proposito della «Ciociara» per <strong>di</strong>re un<br />

esempio che è stato fatto e quin<strong>di</strong> si può riprendere: <strong>di</strong>ciamo, la novità sta nel fatto che<br />

in fondo si vuol compiere una parafrasi del libro. Poteva benissimo infischiarsene del<br />

libro e fare un'altra cosa, Zavattini; poteva benissimo farlo, ma Zavattini (io ho parlato<br />

con lui <strong>di</strong> questo argomento a lungo) <strong>di</strong>ceva che era un libro <strong>di</strong> così perfetta<br />

elaborazione, <strong>di</strong> così integrale presenza nella realtà, questa «Ciociara», che prendeva<br />

coscienza, a mano a mano della realtà, per cui valeva la pena che il <strong>cinema</strong> salisse a<br />

questo rigore <strong>di</strong> indagine. Ecco allora il <strong>cinema</strong> che fa un passo avanti verso la cultura;<br />

ma nel momento stesso in cui fa un passo avanti ne fa due in<strong>di</strong>etro perché?<br />

Perché dovendo parafrasare l'opera letteraria, ma dovendo contemporaneamente<br />

sottoporre questa opera letteraria alla combinazione Ponti - Loren, naturalmente<br />

sconnette, ringiovanendo la madre ed ancora più ringiovanendo la bambina, il rapporto<br />

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e ci da un film amorfo in cui tutto è buono, decoroso, la buona fotografia, la stupenda<br />

recitazione, ma tutto è scentrato con la conclusione che perde questa crescita <strong>di</strong> un<br />

personaggio all'interno <strong>di</strong> una situazione bellica, cioè non c'è un'acquisizione <strong>di</strong><br />

coscienza. Ecco appunto un esempio che io volevo suggerirvi. Un rischio che sta<br />

davanti al <strong>cinema</strong> italiano e che quin<strong>di</strong> potrebbe stare benissimo davanti al <strong>cinema</strong> <strong>di</strong><br />

amatore. Questa soggezione questo intimorimento per cui si confonde la cultura con la<br />

possibilità <strong>di</strong> ridurre continuamente le opere d'arte, letterarie: io sono perfettamente<br />

d'accordo con l'interlocutore <strong>di</strong> poco tempo fa che <strong>di</strong>ceva "attenzione"; ma perché<br />

dobbiamo deturpare o sconnettere l'intimo <strong>di</strong> un'opera letteraria con tanta presunzione,<br />

quando ad esempio il <strong>cinema</strong> <strong>di</strong> amatore non ha un parco lampade, non ha certi<br />

strumenti ed apparecchiature piuttosto imponenti e che occorrono in certe riduzioni. C'è<br />

un campo sconfinato <strong>di</strong> esplorazione della realtà; perché siamo costretti, perché una<br />

specie <strong>di</strong> prestigiosi deve acquistare semplicemente nella riduzione <strong>di</strong> un'opera<br />

letteraria? Mi pare invece molto più interessante più pertinente, molto più viva, la<br />

definizione che <strong>di</strong>ce che cultura è capacità <strong>di</strong> orientarsi nella realtà contemporanea.<br />

Evidentemente in questa <strong>di</strong>rezione il <strong>cinema</strong> amatoriale è capace <strong>di</strong> aprire una breccia<br />

nel muro del <strong>cinema</strong> industrializzato, perché è <strong>di</strong>sposto a tutte le libertà, possiede il<br />

coraggio, cioè si estende <strong>sul</strong>la massima delle misure e qui veramente io <strong>di</strong>rei che forse<br />

si è troppo poco parlato del documentario. E' bene una piccola storia, è bene una<br />

favola, è bene una confessione privata, è bene il massimo <strong>di</strong> schiettezza per quello che<br />

riguarda fatti personali, ma il massimo dell'efficacia si ha col documentario. La carica<br />

deve essere vitale, niente deve essere nascosto: gli infiniti problemi che si presentano,<br />

le situazioni; le circostanze, i fatti.<br />

Per esempio, ho sentito un momento fa un altro interlocutore che parlava dei rapporti<br />

tra scuola e passo ridotto. E' un argomento <strong>di</strong> enorme importanza, la nostra scuola<br />

<strong>di</strong>spone <strong>di</strong> fior <strong>di</strong> milioni per i centri au<strong>di</strong>ovisivi provinciali, io faccio parte del Centro<br />

Nazionale e posso assicurare che sono decine e decine <strong>di</strong> milioni, c'è una legge dello<br />

stato che garantirebbe veramente una fioritura del passo ridotto. Scusate la parentesi,<br />

ma voglio <strong>di</strong>re francamente che la scuola italiana per quello che è <strong>cinema</strong> <strong>di</strong>pende da<br />

un incompetente come professore, <strong>di</strong>co qui perché l'ho detto personalmente a chi <strong>di</strong><br />

riguardo, il Prof. Remo Branca, il quale sapete che fa i film, li vende, contemporaneamente<br />

amministra e contemporaneamente è giu<strong>di</strong>ce e parte in causa, ecc., per cui<br />

la scuola italiana non si capisce come operi ad un certo punto quelle decine e decine <strong>di</strong><br />

milioni <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone, perché i film che in gran parte essa introduce nel corso delle<br />

lezioni non servono ad un bel niente, perché sono incongrui, non sono legati<br />

all'argomento della lezione, sono esercitazioni vacue, assolutamente insignificanti e<br />

tuttavia costano e tuttavia l'apparecchiatura è enorme. Pensate quali rapporti possono<br />

essere stabiliti come cineamatorismo <strong>di</strong> massa, tra la scuola italiana se veramente si<br />

trattasse <strong>di</strong> intelligenza, <strong>di</strong> apertura, ed una posizione <strong>di</strong> cineamatore che avessero<br />

veramente il senso del documentario come un dramma veramente da presentare<br />

davanti agli occhi della gente, come naturalmente una battaglia ogni volta, una<br />

battaglia.<br />

Mi pare insomma che ci sia un punto da chiarire fondamentale, perché il cineamatore<br />

esca dal suo stato <strong>di</strong> minorazione, perché si faccia adulto e perda questo senso ingiusto<br />

<strong>di</strong> appartenere alla retroguar<strong>di</strong>a del <strong>cinema</strong> italiano; bisogna, che guar<strong>di</strong> chiaramente in<br />

faccia i problemi: che cosa significa esplorare il proprio Paese (i documentar! che io con<br />

i miei amici abbiamo esaminato non esploravano il paese, erano ancora attardati al<br />

livello del folclore convenzionale stesso, del pittoresco italiano, ancora quasi allo stesso<br />

livello).<br />

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Quali sono le fibre più intime del paese. E d'altra parte, che cosa inten<strong>di</strong>amo quando<br />

noi avviciniamo il popolo? Questo è veramente un tema perché mi pare che nella<br />

pubblicistica o nel <strong>cinema</strong> (pensate ad esempio a De Santis) non c'è spazio. Quando si<br />

pensa <strong>di</strong> presentare il popolo come De Santis lo ha presentato nel film «La<br />

Garçonnière» (per cui il popolo viene introdotto all'inizio come un docile e quieto<br />

animale muscolare da cortile, ma poi subito liquidato perché in fondo se ne è detto il<br />

bene che se ne poteva <strong>di</strong>re) non è che un pretesto, per sbrigarsi ad aggre<strong>di</strong>re l'unico<br />

tema che lo interessa: lo spogliarello della bella; ragazza. Non ho niente in contrario allo<br />

spogliarello, ce lo <strong>di</strong>ca chiaro che non vuoi parlare del popolo bensì, della bella ragazza<br />

che si spoglia. Quando permangono a questo livello confusioni <strong>di</strong> tale genere, <strong>di</strong>co<br />

allora che ce n'è <strong>di</strong> strada da fare.<br />

In generale la cultura accademica oscilla, perpetuamente tra due estremi: da una parte,<br />

parla al popolo ed allora scrive articoli, fa film <strong>sul</strong> popolo, ma con un gergo altolocato e<br />

parla in maniera incomprensibile. Bigliettini che intellettuali si scambiano tra <strong>di</strong> loro,<br />

accademici, ed accademici, ed allora naturalmente parlano <strong>di</strong> forme <strong>di</strong>plomatiche, <strong>di</strong><br />

gran<strong>di</strong> situazioni internazionali senza però un linguaggio comprensibile. Sono<br />

veramente una sezione altolocata, cioè si guarda al popolo paternalisticamente.<br />

Ad un certo punto i cineasti si accorgono <strong>di</strong> aver parlato troppo <strong>di</strong>fficile arretrano. Si<br />

<strong>di</strong>ce, voglio farmi capire, dunque, debbo essere semplice e per esser semplice devo<br />

parlare ai pierini e al popolo. Ecco «Viva l'Italia», per esempio, <strong>di</strong> Rossellini. Altra<br />

situazione, <strong>di</strong>ciamo così, tipica per cui intorno ad un tavolo ci sono quattro in<strong>di</strong>vidui,<br />

quattro sceneggiatori: Antonello Trombadori da una parte, Amidei dall'altra, poi <strong>di</strong><br />

qua Diego Fabbri e Antonio Petrucci. Questi due tirano <strong>di</strong> qua, gli altri due dall'altra<br />

parte, ad un certo punto si accordano nel pensare che il popolo sia una fila lunghissima<br />

<strong>di</strong> pierini a cui bisogna fare indossare calzoni e <strong>di</strong>re: ecco la pappetta, siccome lo<br />

stomaco è molto fragile io te la faccio inghiottire <strong>di</strong>luita e scioccarella. E' sempre una<br />

mancanza <strong>di</strong> rispetto in questa esplorazione della realtà italiana, e veramente la vittima<br />

mi pare che sia il protagonista del <strong>cinema</strong> quello che dovrebbe dare, <strong>di</strong>ciamo così, il<br />

fondamento, la materia viva più bruciante, appunto, il popolo. Questo è il problema ed<br />

una situazione, miei cari, riguardo al <strong>cinema</strong> a 35 mm. ma è anche un problema se non<br />

sbaglio, che interessa a fondo il <strong>cinema</strong> a passo ridotto.<br />

4.13 Gabriele Serraferro<br />

Cercherò <strong>di</strong> essere molto breve, più breve dei miei predecessori.<br />

Innanzitutto non sono d'accordo, con quanto ha detto il Prof. Ferrazzano <strong>sul</strong>la<br />

decadenza della nostra epoca nel campo dell'arte. Pittori ed artisti sono stati e sono<br />

attualmente dei profeti, nel senso <strong>di</strong> avanguar<strong>di</strong>e della civiltà che avanza, ipersensibili a<br />

quanto li circonda.<br />

Vorrei pertanto fare il punto su un argomento che Ezio Pecora ha fugacemente trattato<br />

e che riguarda i rapporti tra <strong>cinema</strong> e pittura. Sono d'accordo che il cineamatore faccia<br />

tesoro delle esperienze accumulate nei secoli dalla pittura, però è bene aprire gli occhi<br />

su quanto ci <strong>di</strong>ce oggi la pittura e la scultura. Non possiamo ignorare <strong>di</strong> proposito<br />

quanto ci hanno detto i vari Klee e Kan<strong>di</strong>nsky e tanti altri, con il loro ritmo, il loro<br />

colore, l'introspezione e la musicalità. Noi cineamatori, che non siamo legati dalla<br />

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cassetta del produttore, dobbiamo essere i primi a fare la grande esperienza che è<br />

ancora, salvo rare eccezioni, totalmente ignorata dal <strong>cinema</strong> d'oggi.<br />

4.14 Gino Ascani<br />

Io non ho critiche da fare all'amico Pecora perché sono arrivato in ritardo ed ho letto<br />

solo sommariamente il <strong>di</strong>scorso che ha pronunciato, quin<strong>di</strong> non conosco a fondo la<br />

materia, vorrei però rammentare una cosa: vedo con grande piacere questo Convegno<br />

<strong>di</strong> cui noi siamo stati gli antesignani; lo scorso anno allorché a Milano abbiamo indetto il<br />

primo Convegno dei cineamatori e gli amici <strong>di</strong> Bergamo furono presenti.<br />

Il tema si è poi sviluppato a Montecatini e quest'anno viene ripreso. Noi abbiamo<br />

iniziato molto semplicemente lo scorso anno, perché non ce la siamo sentita <strong>di</strong><br />

affrontare gli argomenti forti che si affrontano oggi qui, forse non c'era ancora una<br />

maturità sufficiente; tuttavia, vedo con piacere che questo nostro seme ha dato un frutto<br />

e la <strong>di</strong>scussione si sta sviluppando su un livello molto elevato. Io mi terrò su un piano<br />

più semplice. Noi che gui<strong>di</strong>amo i cineclub (e tutti i presidenti qui presenti lo possono<br />

forse confermare) ci troviamo alle prese con i nostri <strong>di</strong>lettanti i quali vengono a noi con<br />

semplicità ed umiltà. Hanno appena comprato una cinepresa e vogliono imparare a fare<br />

del <strong>cinema</strong>. Noi mostriamo loro, nelle nostre serate, i capolavori del cineamatorismo e<br />

ciò genera la convinzione, nel <strong>di</strong>lettante, <strong>di</strong> non poter arrivare al nostro livello.<br />

E’ <strong>di</strong>fficile che il <strong>di</strong>lettante cerchi la causa <strong>di</strong> questa sua deficienza: la attribuisce a<br />

scarsa conoscenza dei mezzi tecnici e invece molto spesso è mancanza <strong>di</strong> cultura<br />

<strong>cinema</strong>tografica. Quando il <strong>di</strong>lettante ci presenta il suo primo lavoro slegato, dove i<br />

campi, i piani, la sceneggiatura, tutto lascia a desiderare, le deficienze che egli stesso<br />

riscontra nell'opera dopo il primo passeggero entusiasmo, le riversa <strong>sul</strong>la mancanza <strong>di</strong><br />

conoscenza dei mezzi tecnici, non ammetterà mai che se deficienza c'è, questa deriva<br />

da mancanza <strong>di</strong> cultura. Ma, per cultura, noi cosa inten<strong>di</strong>amo? La cultura dell'in<strong>di</strong>viduo<br />

in senso umanistico? La cultura <strong>cinema</strong>tografica oppure lo sforzo <strong>di</strong> portare <strong>sul</strong>la scena<br />

la cultura insita in un'opera letteraria? Sono tre punti che noi quoti<strong>di</strong>anamente dobbiamo<br />

<strong>di</strong>scutere con i nostri soci che si avvicinano al <strong>cinema</strong> d'amatore.<br />

La cultura in<strong>di</strong>viduale a mio avviso è in<strong>di</strong>spensabile, perché se non abbiamo un<br />

fondamento in noi stessi, se il nostro desiderio <strong>di</strong> esprimersi col mezzo <strong>cinema</strong>tografico<br />

non trova l'alimento nella cultura che nella gioventù, nella vita e nelle letture, nello<br />

stu<strong>di</strong>o continuo, ci ha formato una mentalità, noi non potremo esprimere completamente<br />

il nostro pensiero con la macchina da presa; ma altrettanto in<strong>di</strong>spensabile è a mio<br />

avviso conoscere il <strong>cinema</strong>, perché quello è un genere <strong>di</strong> cultura che si ricollega alla<br />

cultura umanistica, ma ha una funzione specifica chiara. E purtroppo notiamo che i<br />

nostri cineamatori guardano poco il <strong>cinema</strong>; quando vengono alle nostre serate,<br />

sorvolano su tanti piccoli film ed invece anche da quelli c'è qualcosa da imparare.<br />

Quando vanno al <strong>cinema</strong>, quello professionale, molto spesso si sorprendono a far<br />

l'analisi tecnica del film e, mentre stanno osservando una sequenza, pensano solo ai<br />

mezzi tecnici con cui è stata realizzata.<br />

Dalla scorsa che ho dato al testo della relazione <strong>di</strong> Pecora rilevo che egli si riporta<br />

molto spesso a film che noi cineamatori abbiamo realizzato, traendoli da opere<br />

letterarie, ed allora mi chiedo se inten<strong>di</strong>amo questo per <strong>cinema</strong> <strong>di</strong> cultura. Però, lo<br />

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stesso Pecora, nella recensione brevissima <strong>di</strong> alcune opere, nella maggior parte dei<br />

casi, riconosce che l'opera non è perfettamente riuscita. Ecco quin<strong>di</strong> che ci deve<br />

sostenere "la nostra cultura" umanistica, nel creare il soggetto cineamatoriale, e<br />

dobbiamo attingere il meno possibile dal campo letterario, anche se questo presenta<br />

opere che molto ci allettano.<br />

Non dobbiamo mai <strong>di</strong>menticare che abbiamo delle regole ferree dalle quali non<br />

possiamo evadere. La brevità e la concisione delle nostre opere. Che cosa capita se noi<br />

pren<strong>di</strong>amo un capolavoro letterario e lo vogliamo condensare nei venti minuti<br />

<strong>cinema</strong>tografici? Credo che chi riesce a fare un'opera buona in queste con<strong>di</strong>zioni sia<br />

veramente un artista. Ma quanti <strong>di</strong> noi possono riuscire in questo? Perciò ritengo che la<br />

strada <strong>sul</strong>la quale dobbiamo in<strong>di</strong>rizzare gli amici cineamatori, specialmente se si<br />

accingono a fare per la prima volta del film a soggetto, è <strong>di</strong> non stimolarli a guardare<br />

troppo le opere <strong>di</strong> grande contenuto letterario. I migliori <strong>di</strong> noi sono nati dalle opere<br />

semplici, poi sono saliti ed hanno realizzato lavori <strong>di</strong> alto contenuto. Io gra<strong>di</strong>rei che da<br />

questo convegno venisse una parola <strong>di</strong> incoraggiamento, perché noi rischiamo <strong>di</strong><br />

perdere molti cineamatori.<br />

Tanti nostri colleghi che in passato, quando ci si accontentava con opere molto leggere,<br />

producevano <strong>di</strong>scretamente, oggi hanno messo la cinepresa nel cassetto, hanno paura<br />

<strong>di</strong> non sapere più <strong>di</strong>re quello che i tempi <strong>di</strong> oggi esigono da noi; perciò, per evitare che<br />

questa gente si isterilisca, per evitare che le leve nuove sorgano con inadeguata<br />

preparazione, sarà opportuno incoraggiare anche forme semplici <strong>di</strong> <strong>cinema</strong>, perché noi,<br />

anche attraverso il lavoro semplice del cineamatore, ve<strong>di</strong>amo se c'è il fondamento<br />

essenziale, la cultura e la preparazione <strong>cinema</strong>tografica che consentono <strong>di</strong> affrontare<br />

argomenti più <strong>di</strong>fficili. In sostanza <strong>di</strong>rei: non chiu<strong>di</strong>amoci in una torre d'avorio, come<br />

delle persone arrivate, perché abbiamo tutti ancora molto da imparare e quello che<br />

dobbiamo esprimere, esprimiamolo con semplicità. Io ammiro moltissimo Livi perché<br />

Livi quello che ha detto (e sono vere opere d'arte) l'ha detto con semplicità. Io ammiro<br />

moltissimo Nadalutti perché ha saputo presentare due opere che definisco colossali<br />

specialmente la seconda, «I fratelli Paglia», forse in Italia non apprezzata in giusto<br />

grado, ma che ho visto apprezzatissima all'estero dove ho avuto il piacere <strong>di</strong><br />

presentarla. Là c'è veramente dell'arte. Forse qualcuno <strong>di</strong>rà: non è un film <strong>di</strong> cultura,<br />

perché ha una trama semplice. Ma noi non possiamo <strong>di</strong>ssociare l'arte dalla cultura. Io<br />

vorrei che questo fosse il messaggio che dal Convegno possa andare anche a tutti gli<br />

altri cineamatori che non sono intervenuti, perché non abbiamo a prendere alla lettera<br />

questa idea della letteratura portata <strong>sul</strong> piano <strong>cinema</strong>tografico, ma che possano fare le<br />

loro opere e <strong>di</strong>re quello che hanno dentro <strong>di</strong> loro soprattutto in forma bella, limpida o<br />

semplice quale abbiamo sempre ritrovato nelle opere maggiori del cineamatorismo<br />

italiano. Perché queste opere, se sono chiare e limpide e sono, soprattutto, frutto<br />

dell'idea dello stesso autore, sono le opere che potranno affermarci all'estero. A tale<br />

riguardo è opportuno fare un'amara constatazione (che ho esposto anche recentemente<br />

a Roma in occasione della riunione del Consiglio della FEDIC) noi facciamo delle<br />

magnifiche opere: e perché all'Unica naufraghiamo sempre? Non ci comprendono. Ed<br />

allora cerchiamo <strong>di</strong> parlare un linguaggio universale, che tutti i cineamatori possano<br />

comprendere.<br />

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4.15 Franco Iasiello<br />

Sono state dette delle cose molto belle. Che cos'è la cultura, l'arte, i cineamatori, ecc.<br />

Una cosa molto interessante che ha detto l'amico Pecora è stata completamente<br />

ignorata, ha fatto uno stu<strong>di</strong>o statistico, analitico degli ultimi <strong>di</strong>eci anni della produzione<br />

cineamatoriale italiana. Io penso che questa sia un'ottima impresa e suggerirei ai<br />

<strong>di</strong>rigenti <strong>di</strong> continuare questa classificazione storica dì tutte le varie tendenze e<br />

sensibilità dei nostri cineamatori.<br />

4.16 Luigi Turolla<br />

Scusate se per la seconda volta vengo a te<strong>di</strong>arvi. Dopo tutti questi <strong>di</strong>scorsi, dopo tutti gli<br />

avvicinamenti al <strong>cinema</strong> professionale, credo sia necessario <strong>di</strong>re una cosa, noi siamo<br />

una repubblica. Il cineamatore, l cineamatorismo non è né un ufficio <strong>di</strong> collocamento<br />

per il <strong>cinema</strong> professionale, né tanto meno una scuola professionale. Noi siamo una<br />

cosa a parte, noi dobbiamo ragionare con una testa completamente <strong>di</strong>versa. Prima mi è<br />

stato fatto un appunto a proposito dei mezzi artistici. Io non parlavo <strong>di</strong> personaggi<br />

(rispondo a Can<strong>di</strong>olo) non parlavo dei collaboratori, parlavo dei mezzi, noi dobbiamo<br />

essere, immagino per lo meno è così e credo che tutti quanti siano della stessa idea, il<br />

salotto letterario ottocentesco riportato nel 1960 o ‘61. Cioè, se oggi è possibile ad un<br />

poeta scrivere una meravigliosa poesia con una biro su un pezzo <strong>di</strong> carta <strong>di</strong> macellaio,<br />

se è possibile con 300 lire <strong>di</strong> colore per un pittore esprimere i suoi pensieri, i suoi<br />

sentimenti più profon<strong>di</strong>, noi non possiamo esprimere le nostre idee con un pezzo <strong>di</strong><br />

pellicola scaduto. Abbiamo bisogno <strong>di</strong> una forma rigorosa. Dobbiamo aprire il nostro<br />

cassetto e guardare che cosa abbiamo a <strong>di</strong>sposizione per <strong>di</strong>re il meglio <strong>di</strong> noi stessi al<br />

<strong>di</strong> fuori degli schemi <strong>di</strong> tutte le tendenze, <strong>di</strong> tutte le regole del <strong>cinema</strong> professionale.<br />

Fare del <strong>cinema</strong> professionale, significa ad un certo punto cominciare il <strong>di</strong>scorso della<br />

famiglia, dei <strong>di</strong>pendenti, dell' I.G.E. e <strong>di</strong> tante altre cose.<br />

Noi non abbiamo questi problemi. Quando si fa la «Ciociara», quando si fanno tanti<br />

altri film ci sono in gioco decine e decine <strong>di</strong> milioni ed è morale fare queste cose per una<br />

questione industriale ma è amorale che un cineamatore segua questa strada quando ha<br />

a <strong>di</strong>sposizione completamente tutto l'universo, tutte le alternative da mettere la<br />

macchina a gambe in aria. Noi non abbiamo una platea che ci deve venir <strong>di</strong>etro con le<br />

300 lire del biglietto, noi siamo i signori del salotto letterario che esprimiamo quello che<br />

vogliamo nella maniera migliore. Dobbiamo essere degni <strong>di</strong> quello che abbiamo detto,<br />

perché dobbiamo riconoscerlo come il meglio <strong>di</strong> noi stessi.<br />

4.17 Clau<strong>di</strong>o Bertieri<br />

Prima <strong>di</strong> dare la parola ad Ezio Pecora per replicare, intendo rispondere a Turolla il<br />

quale, nel suo primo intervento, auspicava, in concomitanza con un Convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o,<br />

la possibilità <strong>di</strong> presentare opere straniere. Sono pienamente d'accordo con lui (oggi<br />

pomeriggio se ne parlava con Gianni De Tomasi e con Vittorio Gallo) che non solo<br />

per i cineamatori ma pure per la critica è utilissimo potersi avvicinare non<br />

spora<strong>di</strong>camente a film <strong>di</strong> altra nazionalità.<br />

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L'avere sottomano esaurienti panorami del cineamatorismo straniero ci offre la<br />

possibilità <strong>di</strong> un confronto, la possibilità <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso più approfon<strong>di</strong>to, e, forse, allora<br />

potremo spiegarci le ragioni per cui all'Unica certi film italiani da noi valutati e sostenuti<br />

calorosamente, non sono stati apprezzati.<br />

Intendo pure rispondere a Gino Ascani, il quale ha tenuto a precisare che questo<br />

Convegno non è il primo che si tenga in Italia e che l'anno scorso a Milano si era<br />

iniziato un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> questo genere. Lo ringrazio per la precisazione, però aggiungo<br />

che nessuno ha detto che questo era il "primo" Convegno.<br />

E’ evidente che i precedenti ci sono stati. Questa volta c'è stata l'ambizione <strong>di</strong> essere<br />

più rigorosi nel tentativo <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re quegli elementi che altre volte in maniera<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata erano stati accennati. E’ evidente d'altro canto che i precedenti servono ed<br />

in questo caso mi sembra abbiano dato un ottimo frutto se oggi si trovano riuniti a<br />

Bergamo un centinaio <strong>di</strong> cineamatori, critici e uomini <strong>di</strong> cultura, <strong>di</strong>rigenti ed altre<br />

persone che guardano al <strong>cinema</strong> d'amatore con particolare simpatia.<br />

5. Replica <strong>di</strong> Ezio Pecora<br />

Non è molto semplice per me replicare agli interventi e <strong>di</strong> questo Voi ve ne renderete<br />

conto. Vorrei cominciare precisando quanto <strong>di</strong>ssi parlando del concetto <strong>di</strong> cultura.<br />

Rispondo subito ad alcuni i quali hanno inteso che parlando del concetto <strong>di</strong> cultura e<br />

riferendomi all'uomo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o io intendessi riferirmi all’eru<strong>di</strong>to. Ho inteso uomo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />

nella sua accezione più ampia. Non è soltanto quello che va a scuola, non è soltanto il<br />

professore, ma è la persona che si interessa comunque <strong>di</strong> quella che è la vita. La vita<br />

dei libri, la vita della musica, la vita della pittura, la vita della letteratura. L'uomo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />

nell'accezione più ampia e che non limita il suo interesse ad una professione, quin<strong>di</strong><br />

non l'avvocato o l'architetto. Intendevo qualche cosa <strong>di</strong> più.<br />

L'uomo, appunto, che uscisse dalla sua professione per avviarsi a prospettive, ad<br />

attitu<strong>di</strong>ni, ho detto, ad abitu<strong>di</strong>ni spirituali, quin<strong>di</strong> ad interessi che escludessero la sua vita<br />

normale. Mi sembra che dovevo chiarire questo concetto: non si tratta <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zione. Ha<br />

cominciato l'amico Filippo Ferrazzano al quale io non credo <strong>di</strong> dover rispondere se non<br />

con due parole <strong>di</strong>cendo che io non ho potuto trattare della crisi dell'uomo moderno, dei<br />

problemi dell'uomo moderno nel senso vasto, in quanto l'argomento pertinente al nostro<br />

cineamatorismo sarebbe stato trattato domani da Tito Spini. E anche lui, anzi, credo<br />

sia convinto che il suo intervento potrà essere meglio sviluppato (è già, ora abbastanza<br />

chiaro inten<strong>di</strong>amoci) domani negli altri interventi.<br />

Non ho parlato <strong>di</strong> esperienza <strong>di</strong> vita, è vero, ma è stato detto dal critico Rondolino "la<br />

cultura come esperienza <strong>di</strong> vita". Io ho impostato la mia relazione pensando al<br />

cineamatore che comincia; ho pensato che queste nostre relazioni potranno e, lo<br />

speriamo, essere lette da tutti i cineamatori, da quelli che iniziano, da quelli che sono ai<br />

primi passi e da quelli che oggi sono qui. Se dovessi fare una sintesi del mio intervento<br />

<strong>di</strong>rei: ci sono tante culture (io non credo che esista una sola cultura, per rispondere ad<br />

un altro); non esiste solo la cultura accademica e quin<strong>di</strong> la sola cultura ufficiale, la<br />

cultura in<strong>di</strong>viduale è poi quella che è fatta dalla cultura musicale, e della figurativa, ecc.<br />

Anche se queste culture hanno degli addentellati reciproci evidente-mente non si<br />

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possono separare completamente, ma per como<strong>di</strong>tà dobbiamo separarle, <strong>di</strong>cevo, nel<br />

tentativo <strong>di</strong> vedere quali influenze queste culture possono portare alla storia del <strong>cinema</strong><br />

e al nostro <strong>cinema</strong> d'amatore. Le citazioni che ho fatto per i film che sì sono rivolti alla<br />

letteratura, non sono state fatte per <strong>di</strong>re, dovete rivolgervi alla letteratura, anzi mi<br />

sembra <strong>di</strong> aver detto che qualora la nostra fantasia non ci aiuti, non ci sod<strong>di</strong>sfi, e non<br />

abbiamo in noi quei motivi per poter parlare, allora possiamo andare alla letteratura. Ma<br />

dobbiamo conoscere l'autore, dobbiamo conoscere il mondo, dobbiamo storicizzare,<br />

come <strong>di</strong>ceva qualcuno. Veramente l'opera alla quale noi dobbiamo ispirarci, quin<strong>di</strong>, è<br />

un'opera <strong>di</strong> cultura, è un'opera <strong>di</strong> selezione. Si è detto che non occorre essere colti per<br />

capire il momento attuale; ma, signori miei, dobbiamo ad un certo momento pensare<br />

che, si è vero, ci possono essere gli intuiti, ci possono essere i momenti <strong>di</strong> rivolta, ma<br />

bisogna sapere valutare questi momenti, bisogna che l'uomo <strong>di</strong> fronte alla realtà sappia<br />

valutare tutti gli aspetti, altrimenti le sue reazioni non saranno mai fatte nel tempo<br />

giusto. E questa possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernimento, questa possibilità <strong>di</strong> scelta, questa<br />

possibilità <strong>di</strong> valutazione da che cosa viene data? Viene data dalla cultura, e qui non c'è<br />

scampo. Anche la sensibilità è frutto <strong>di</strong> cultura. Potremmo arrivare più oltre, potremmo<br />

<strong>di</strong>scutere questa cultura: se è soltanto una cultura umanistica o se è soltanto una<br />

cultura fatta <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> argomenti, come giustamente ha detto D'Angelo. In tal<br />

caso sono d'accordo ancora <strong>di</strong> più con Voi.<br />

Non si può assolutamente pensare che si possa essere presenti nel proprio momento<br />

storico essendo degli analfabeti, è per questo motivo che al cineamatore immaginario<br />

che mi chiede: "come posso cominciare" io non <strong>di</strong>co: leggi Skakespeare non <strong>di</strong>co:<br />

"leggi tutto" lo <strong>di</strong>co, comincia ad andare al <strong>cinema</strong>. Bisogna anche conoscere i libri, ma<br />

sarà questa una sua preoccupazione. Ad un certo momento, quando affronterà il<br />

<strong>cinema</strong> tedesco od il <strong>cinema</strong> francese, ove sarà presente l'influenza <strong>di</strong> tutta una<br />

letteratura, sentirà il bisogno <strong>di</strong> riandare a quella letteratura, per lo meno <strong>di</strong> conoscere<br />

qualche cosa <strong>di</strong> quei tempi. Sarà una sua esigenza che <strong>di</strong>verrà spontanea. Io ho<br />

cercato <strong>di</strong> trovare la strada più semplice, certamente sono stato .anche incompleto,<br />

proprio perché Voi completaste questa mia relazione.<br />

C'è poi una lacuna grande è vero; non ho parlato del documentario. Forse non l'ho fatto<br />

perché <strong>sul</strong> numero del "Cineamatore" uscirà un articolo che appunto mi è stato chiesto<br />

<strong>sul</strong> documentario, quin<strong>di</strong> mi sembrava <strong>di</strong> aver esaurito l'argomento in altra sede e non<br />

volevo trattarlo nuovamente e forse neanche il tempo non me lo consentiva. Io sono<br />

d'accordo che l'inizio del cineamatore deve essere nel documentario. Il documentario<br />

veramente è il nostro ABC.<br />

E’ da lì che dobbiamo partire e non dovremo quasi mai <strong>di</strong>scostarci se non quanto<br />

proprio quella fantasia ci arriverà e ci darà quell'ispirazione allora potremo affrontare<br />

temi soggetti, ecc... Purtroppo il documentario sta sparendo dal cineamatorismo e<br />

questo è un gran peccato veramente. E’ questa una lacuna dì cui chiedo scusa.<br />

Un'altra attenzione che ho voluto ottenere è quella <strong>di</strong> non confondere, e questa lo <strong>di</strong>co<br />

al caro amico Gorruso, cultura ed arte. Ho pensato che una cosa sia la cultura, ed una<br />

cosa sia l'arte, tanto è vero che ho parlato <strong>di</strong> cultura e mai <strong>di</strong> arte. Mi ha ricordato,<br />

Serraferro, che parlando dell'arte figurativa e della sua influenza, ho <strong>di</strong>menticato, e<br />

forse ha ragione, la pittura moderna; cito questo suo intervento soprattutto per una<br />

particolare sfumatura <strong>sul</strong>la musicalità. Nessuno mi ha ripreso nella parte forse più vuota<br />

del mio intervento. Sull'importanza della musica nel <strong>cinema</strong>. Questo io voglio <strong>di</strong>re che<br />

non è necessario che tutti conoscano (e nessuno è vero conosce tutta la pittura, la<br />

musica) ma se ciascuno <strong>di</strong> noi, andando al <strong>cinema</strong>, facesse attenzione, e<br />

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all'inquadratura e al commento parlato, e alla musica, selezionando tutti questi<br />

particolari elementi, rivedendo queste opere si creerebbe veramente un gusto, si<br />

formerebbe un'attitu<strong>di</strong>ne proprio a comprendere e quin<strong>di</strong> a riprendere queste cognizioni,<br />

e a trasportarle poi nei suoi lavori. Altri interventi ai quali voglio replicare: Gorruso mi<br />

ha detto che ho parlato <strong>di</strong> caposcuola nel <strong>cinema</strong> <strong>di</strong> amatore. Nella breve <strong>di</strong>sanima che<br />

ho fatto delle produzioni più significative ho voluto <strong>di</strong>mostrare che proprio per la<br />

eterogeneità del cineamatorismo dove ci sono uomini <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, come uomini <strong>di</strong><br />

mestiere proprio per le varie esperienze, per le varie professioni che abbiamo, i nostri<br />

campi <strong>di</strong> interesse sono molteplici, le nostre sensibilità sono <strong>di</strong>verse. Nel <strong>cinema</strong><br />

professionale no, ma tra <strong>di</strong> noi ci sono sempre cose nuove e questo mi sembra che<br />

confermi questa possibilità <strong>di</strong> ricerca e questo interesse, sia perché <strong>di</strong>mostra che non<br />

c'è pigrizia mentale.<br />

Quando Can<strong>di</strong>olo ha citato Chaplin, Clair, ecc., citava delle eccezioni. Per noi resta<br />

quin<strong>di</strong> l'invito alla collaborazione, a trovare veramente le possibilità <strong>di</strong> avere la persona<br />

che cura la sceneggiatura, uno che pensa al commento musicale, sia o no un musicista,<br />

l'operatore ecc. I ri<strong>sul</strong>tati <strong>di</strong>mostrano che in genere il lavoro dell'equipe ha dato ri<strong>sul</strong>tati<br />

superiori a quelli conseguiti da una persona sola. Baldelli ha toccato un punto molto<br />

importante (e credo <strong>di</strong> averlo anch'io prima accennato) la cultura come capacità <strong>di</strong><br />

orientamento. Sia ben chiaro però che per arrivare a queste possibilità <strong>di</strong> orientamento<br />

è necessaria una cultura. Il film <strong>di</strong> Spini creò innumerevoli <strong>di</strong>scussioni proprio perché si<br />

tentava quasi <strong>di</strong> separare l'estetica cineamatoriale dall'estetica <strong>cinema</strong>tografica, <strong>di</strong>remo<br />

Professionale. Su questo tema non abbiamo avuto alcun intervento: però è importante e<br />

noi non vedremo che domani o dopodomani, oppure in un'altra sede, ritorneremo<br />

ancora su questi argomenti.<br />

Se il progre<strong>di</strong>re della tecnica, il suo perfezionarsi continuo allarga, mo<strong>di</strong>ficandone le<br />

possibilità, il linguaggio <strong>cinema</strong>tografico, e a questo bisogna adeguarsi anche <strong>sul</strong> piano<br />

del giu<strong>di</strong>zio estetico. Non possiamo insomma cristallizzarci <strong>sul</strong>le percentuali per<br />

graduare la composizione <strong>cinema</strong>tografica: tanto all'immagine, tanto al suono, tanto al<br />

parlato. Il <strong>cinema</strong>, in quanto arte, è una unità inscin<strong>di</strong>bile, è l'insieme che conta.<br />

Forse è uno dei pochi momenti in cui ho parlato del concetto <strong>di</strong> arte in quanto unità<br />

inscin<strong>di</strong>bile. Mi interessava ricordare che a Salerno successe una specie <strong>di</strong> finimondo,<br />

proprio perché taluni anche autorevoli uomini <strong>di</strong> <strong>cinema</strong> sostenevano che l'impiego <strong>di</strong><br />

parti <strong>di</strong> materiale <strong>di</strong> repertorio falsava l'opera <strong>cinema</strong>tografica. Forse volevano entrare<br />

nella <strong>di</strong>stinzione fra la <strong>cinema</strong>tografia professionale e la <strong>cinema</strong>tografia <strong>di</strong>lettantistica.<br />

D'Angelo prima chiedeva quella fusione <strong>di</strong> contenuto e <strong>di</strong> forma. Dovremo accettarlo<br />

per fare veramente un'opera d'arte. Turolla non ha ragione, quin<strong>di</strong>, quando <strong>di</strong>ce che<br />

soltanto con dei buoni mezzi potremo arrivare a portare <strong>sul</strong>lo schermo opere<br />

cineamatoriali <strong>di</strong> derivazione letteraria o potremo fare opere buone. I mezzi contano, ma<br />

noi abbiamo visto, e tutta la storia del cineamatorismo lo attesta, che sono stati fatti<br />

degli ottimi lavori, veramente delle cose pregevolissime, con mezzi quasi insignificanti.<br />

Sia a 8 che a 16 mm. quin<strong>di</strong>, non è questione <strong>di</strong> mezzi. E' questione <strong>di</strong> idee, <strong>di</strong> sapere<br />

quello che dobbiamo <strong>di</strong>re. E per rispondere anche ad Ascani, che si preoccupava dei<br />

giovani che <strong>di</strong>sarmano vedendo lavori <strong>di</strong> un certo livello, ritorno a quello che ho detto<br />

prima: noi dobbiamo sapere se abbiamo qualche cosa da <strong>di</strong>re, se l'abbiamo lo <strong>di</strong>ciamo.<br />

Altrimenti possiamo pure smettere e non sarà danno per nessuno, se rimetteremo la<br />

cinepresa nel cassetto.<br />

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6. Dalla relazione n. 2 <strong>di</strong> Tito Spini<br />

«CINEMA D'AMATORE DEL NOSTRO TEMPO»<br />

Il motivo dominante <strong>di</strong> questo mio intervento vuol essere un invito ad unire i nostri sforzi<br />

per servire.<br />

Non ci è concesso davvero essere in una Federazione nazionale per produrre<br />

raccontini <strong>di</strong> buono o cattivo gusto, per proiettare le gite delle nostre famiglie, il<br />

cineamatorismo da anni non è più cosi strutturato.<br />

Se ci siamo impegnati ad usare la macchina da presa, dobbiamo conoscere a fondo<br />

anche la responsabilità che abbiamo verso tutti quelli cui vogliamo in<strong>di</strong>rizzarci.<br />

Se chie<strong>di</strong>amo l’appoggio <strong>di</strong> una Federazione non è per le donazioni materiali che essa<br />

può concederci, ma perché ci rappreseti come entità morale <strong>di</strong> associati. Per questo<br />

non ritengo affatto irrisoria l’attività attuale e l’opera futura del cineamatore.<br />

Molti problemi attendono una addentrata analisi, molti altri hanno già avuto una<br />

indagine analitica e chiedono una determinazione <strong>di</strong> sintesi. Cos’altro meglio<br />

dell’immagine può puntualizzare questi problemi della società italiana?<br />

Cos’altro meglio dell’immagine può folgorare l’attenzione dell’uomo?<br />

Proprio a noi italiani, a noi cineamatori italiani, potrebbe essere dato il compito <strong>di</strong><br />

scoprire il volto reale delle nostre terre, e delle nostre genti, <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re e far<br />

emergere aneliti e speranze, per fare una volta tanto ritratto non retorico, capace <strong>di</strong><br />

puntualizzare <strong>di</strong>fetti e meriti della nostra comunità.<br />

Su questa strada penso che il nostro contributo alla cultura sarà importante. Per la<br />

prima volta forse, un mezzo d’arte potrebbe riflettere il suo tempo e proporre elementi<br />

per un tempo futuro.<br />

Non rifuggiamo da questa responsabilità <strong>di</strong> dare all’immagine la potenza <strong>di</strong> un’altra<br />

lezione <strong>di</strong> umanità.<br />

Cinema d’amatore per un miglioramento morale?<br />

Cinema d’amatore per un miglioramento sociale?<br />

Cinema utilitario allora?<br />

Si, non ho paura <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo.<br />

Ciò servirà a dar più consapevolezza al nostro lavoro, più urgenza al nostro impegno,<br />

più giustificazione alle nostre ricerche.<br />

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7. Interventi <strong>sul</strong>la relazione n. 2 <strong>di</strong> Tito Spini<br />

7.1 Angelo Gorruso<br />

Avevo sperato che nella relazione <strong>di</strong> Spini vi fosse dell'impreve<strong>di</strong>bile, invece c'è stato<br />

soltanto il preve<strong>di</strong>bile. Ciò è tanto vero che posso ripetere, per questa relazione, un<br />

pensiero che scrissi, poco dopo “Montecatini ‘60”, per il film <strong>di</strong> Spini.<br />

Leggo: "...qui siamo nella pura speculazione, nella contemplazione intellettuale, nella<br />

mirabile rivelazione <strong>di</strong> un pensiero. E il Cinema? Quale ruolo assume questo mezzo<br />

espressivo, accanto alla magnifica enunciazione <strong>di</strong> un contenuto sotto ogni aspetto<br />

preponderante?" E' evidente che Spini ha commesso lo stesso errore <strong>di</strong> allora.<br />

Si è preoccupato <strong>di</strong> darci un saggio delle sue idee, e <strong>di</strong> questo gli siamo sinceramente<br />

grati, perché ci aiuta a conoscerlo meglio... Dico anzi <strong>di</strong> più: molte delle sue idee<br />

possono essere con<strong>di</strong>vise, ma non tutte.<br />

Personalmente accetto la minuziosa, esauriente, moderna visione del nostro tempo, ma<br />

fino a quando essa è veramente constatazione della realtà: è vero, è così, i rapporti<br />

fondamentali, l'Uomo e Dio, l'Uomo e la Religione, l'Uomo e la Società, l'Uomo e la<br />

famiglia, l'Uomo e la cultura, sono Il più delle volte Falsi, Artificiali, Frettolosi.<br />

Ma Molto Spesso sono anche Veri, Autentici, Me<strong>di</strong>tati.<br />

Non si può negarlo.<br />

Ecco la relatività della visione <strong>di</strong> Spini.<br />

Relatività perché soggettività.<br />

Quanti altri, invece, vedono la realtà nel suo secondo aspetto. Chi è nel giusto, Spini o<br />

quegli altri?<br />

Probabilmente nessuno.<br />

La realtà è certamente, <strong>di</strong>versa da come la percepiamo, vivendo nel nostro particolare.<br />

Sebbene la cultura ci aiuti a sollevarci da esso.<br />

E ognuno <strong>di</strong> noi vede la realtà Soggettivamente.<br />

Ammetto senz'altro che Spini la veda in quel Suo modo, ma una primitiva esigenza <strong>di</strong><br />

libertà impone che si lasci agli altri la possibilità <strong>di</strong> vederla con la Propria soggettività,<br />

se non ad<strong>di</strong>rittura con una certa Obiettività.<br />

Arte utilitaria?<br />

Ma è il portato della dottrina <strong>di</strong> quel Marx, del quale Spini non ha gran piacere citare<br />

una frase.<br />

Meravigliosa vicinanza degli opposti!<br />

Sull'argomento, però, vorrei interrogare gli artisti <strong>di</strong> tutto il mondo, chiedendo loro:<br />

credete nella vostra arte come Mezzo soltanto e non come Fine? Fate sempre dell'arte<br />

per attuare un intento pratico?<br />

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Non credo che risponderebbero <strong>di</strong> si, a meno che non avessero un mitra puntato nella<br />

schiena.<br />

Utilità a posteriori dell'opera d'arte? Certamente si, lo credo io, come tutti. Si Può<br />

essere razionalisti o pragmatisti finché si vuole, ma non si Deve commettere l'errore <strong>di</strong><br />

credere che debbano esserlo tutti.<br />

Potrei continuare in tale <strong>di</strong>samina, ma mi rendo conto che ben pochi vantaggi trarrebbe<br />

da essa il cineamatorismo. Mentre vi sono argomenti più obiettivi, da accettare o da<br />

respingere, ma comunque da <strong>di</strong>scutere in un convegno <strong>sul</strong> <strong>cinema</strong> d'amatore. Per<br />

proporre anche tali argomenti, sarò costretto a <strong>di</strong>lungarmi, contro le mie abitu<strong>di</strong>ne, ma<br />

<strong>di</strong> ciò vi chiedo fin d'ora venia.<br />

Non esiste un "Cinema d'amatore del nostro tempo".<br />

Questa proposizione dovrebbe, altrimenti, rivelare l'ammissibilità dell'altra: "Può esservi,<br />

oggi, un <strong>cinema</strong> d'amatore che Non è del nostro tempo". E ciò mi sembra da escludere.<br />

Il <strong>cinema</strong> d'amatore che Noi facciamo è in<strong>di</strong>scutibilmente del nostro tempo, anche se<br />

non ci interessano Sempre e Soltanto Hiroshima, Dachau o Buchenwald.<br />

I nostri film sono, in qualche modo, lo specchio della nostra spiritualità, ed anche se filmassimo<br />

le vicende omeriche, queste sarebbero ben <strong>di</strong>verse da quelle "sentite" da<br />

Omero.<br />

L'adeguamento del <strong>cinema</strong> al tempo riguarda il suo Modo <strong>di</strong> essere, non il suo Essere.<br />

E il modo <strong>di</strong> essere non può <strong>di</strong>scutersi né predeterminarsi, perché scaturisce dalla<br />

sensibilità e dal gusto dell'autore: è nel modo <strong>di</strong> essere dell'arte che si manifesta la<br />

personalità dell'artista (Soggettività Dell'Arte). Sotto questo profilo, la relazione Spini<br />

può essere accettabile. Ma il cineamatore non deve tanto preoccuparsi della<br />

soggettività quanto della oggettività nella creazione dell'opera d'arte <strong>cinema</strong>tografica<br />

(appunto del suo essere).<br />

Secondo me, è su questo punto che bisogna intendersi e possibilmente raggiungere un<br />

accordo: cioè <strong>sul</strong>le caratteristiche esclusive, intrinseche, immutabili dell'opera<br />

<strong>cinema</strong>tografica.<br />

Io credo fino in fondo nelle possibilità del <strong>cinema</strong> come arte, e pertanto nuovo da<br />

premesse comuni a tutte le forme d'arte. E’ chiaro che e<strong>sul</strong>a dall’argomento qualsiasi<br />

opinione estetico - filosofica. A noi non interessa stabilire in quale grado dello spirito sia<br />

classificabile l'arte, né ci preme <strong>di</strong> essa una definizione. La presente indagine è ben più<br />

concreta, e consiste nel rilevare alcuni elementi oggettivi che contrad<strong>di</strong>stinguono l'arte<br />

in quanto tale.<br />

Mi sembra sufficiente in<strong>di</strong>carne due, uno sostanziale e uno formale:<br />

a) Espressione del Bello<br />

b) Autonomia ed Equi<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> Ciascuna Forma Espressiva.<br />

Dal secondo è possibile dedurre che ad esempio la pittura, ed essa soltanto, è<br />

espressione attraverso forme e colori; il <strong>di</strong>segno, ed esso soltanto, è espressione<br />

attraverso linee; la musica, ed essa soltanto, è espressione attraverso combinazione <strong>di</strong><br />

suoni.<br />

Non vi sono interferenze.<br />

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Se ci fossero, saremmo fuori dell'arte pura e avremmo l'opera me<strong>di</strong>ocre o quella <strong>di</strong><br />

transizione. Ciò significa che il "bello può essere espresso in<strong>di</strong>fferentemente con la<br />

pittura, col <strong>di</strong>segno, con la musica o con altre forme d'arte, ma se viene, ad esempio,<br />

espresso con la pittura, necessariamente viene espresso attraverso forme e colori.<br />

Anche il <strong>cinema</strong> deve offrire al poeta una possibilità espressiva Propria, Insostituibile,<br />

introvabile in altre forme d'arte; deve essere cioè espressione autonoma ed<br />

equi<strong>di</strong>stante da tutte le altra forme d'arte.<br />

E’ proprio su questa peculiarità obiettiva del <strong>cinema</strong> come arte, che regna notevole e<br />

deprecabile confusione, ed era sperabile che il Convegno <strong>di</strong> Bergamo fosse il luogo<br />

adatto per una chiarificazione.<br />

Si parla <strong>di</strong> valutazione unitaria e complessiva del film, come se il <strong>cinema</strong> fosse il<br />

ri<strong>sul</strong>tato della confluenza <strong>di</strong> altri innumerevoli mezzi espressivi. Come <strong>di</strong>re che la<br />

valutazione del quadro comprende anche quella della cornice!<br />

Contro. questa in<strong>di</strong>scriminata valutazione, è necessario riaffermare le possibilità che il<br />

Cinema, e soltanto il Cinema, ha <strong>di</strong> esprimersi con mezzi esclusivi. Mi sembra che<br />

l'unica definizione del Cinema, sia quella <strong>di</strong> "Arte dell'immagine in movimento",<br />

intendendo con essa <strong>di</strong>re che la funzione del Cinema sia <strong>di</strong> esprimersi attraverso<br />

L'Immagine Dinamica e sopratutto con essa. Non basta, quin<strong>di</strong>, parlare <strong>di</strong> espressione<br />

attraverso L'Immagine caratteristica esclusiva dell'arte fotografica.<br />

Soltanto nel <strong>cinema</strong>, infatti due elementi preesistenti, L'Immagine e il Movimento,<br />

concorrono a creare una nuova forma espressiva. Esprimersi in prevalenza attraverso<br />

l'immagine in movimento significa <strong>di</strong>re tutto o quasi con la giusta posizione <strong>di</strong> una<br />

immagine <strong>di</strong>namica ad un'altra. Significa che l'autore del film deve faticosamente<br />

cercare quali immagini, unite ad altre, esprimano un certo stato d'animo, una certa<br />

situazione. Così se il personaggio deve esprimere "fame", l'autore deve saper<br />

"montare" inquadrature tali che riescano a comunicare allo spettatore quella<br />

sensazione, e non deve far <strong>di</strong>re al personaggio stesso: "Ho fame". In questo c'è tutta<br />

l'essenza della possibilità creativa del Cinema: dal susseguirsi <strong>di</strong> due immagini<br />

scaturisce una terza, che non esiste materialmente nel film, ma che Si Crea durante la<br />

visione del film stesso.<br />

Questa terza immagine è la vera nuova creazione, ri<strong>sul</strong>tato <strong>di</strong>retto ed imme<strong>di</strong>ato della<br />

somma delle varie rappresentazioni, e conseguenza dell'intuizione poetica dell'autore.<br />

Riuscire a creare questa nuova immagine, servendosi principalmente <strong>di</strong> altre immagini,<br />

significa fare del Cinema autonoma espressione d'arte.<br />

Apologia del film muto, dunque? No certamente.<br />

Tra il vedere labbra che si muovono convulsamente, senza capire, e il capire senza che<br />

i personaggi si sprechino in un mare <strong>di</strong> parole, c'è un abisso. Ne è soltanto questione <strong>di</strong><br />

linguaggio: appare <strong>di</strong> lapalissiana evidenza che ci si può anche servire <strong>di</strong> immagini,<br />

commettendo errori <strong>di</strong> angolazione, <strong>di</strong> attacco ecc.<br />

Impostato il problema in questi termini, è chiaro che non c'è un Cinema maggiore e un<br />

Cinema minore, su un piano rigorosamente estetico. Il Cinema è quello descritto prima,<br />

sia che venga firmato da De Sica, sia che venga firmato da Livi (gli elementi<br />

quantitativi, lunghezza, durata, non contano). Occorre però una fondamentale<br />

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con<strong>di</strong>zione: che tanto De Sica quanto Livi riconoscano al Cinema una propria funzione<br />

estetica.<br />

In pratica, invece, l'unitarietà del Cinema come arte si spezza, a causa <strong>di</strong> innumerevoli<br />

necessità che non concordano affatto con la purezza <strong>di</strong> esigenze esclusivamente estetiche.<br />

De Sica deve appagare esigenze <strong>di</strong> produzione, <strong>di</strong> commercio, <strong>di</strong> pubblico<br />

in<strong>di</strong>scriminato, prima che <strong>di</strong> suo personale gusto estetico. Livi non ha altro da appagare<br />

che il suo personale gusto estetico. Ecco, nel primo caso, un'opera <strong>cinema</strong>tografica<br />

promiscua, che contenta tutti e nessuno, che è Anche <strong>cinema</strong> ma non soltanto <strong>cinema</strong>,<br />

che è sopratutto in<strong>di</strong>scutibilmente Spettacolo. E' a un tempo, opera letteraria, opera<br />

musicale, opera teatrale, opera coreografica, opera scenografica....<br />

Il contrasto è spesso evidente in una stessa opera <strong>cinema</strong>tografica, nella quale<br />

affiorano momenti <strong>di</strong> <strong>cinema</strong> genuino e sincero, se l'autore unisce alle esigenze <strong>di</strong><br />

produzione l’appagamento <strong>di</strong> sue personali aspirazioni estetiche.<br />

Le considerazioni che precedono ci suggeriscono la vera posizione del cineamatorismo<br />

nel mondo del <strong>cinema</strong>.<br />

Il Cinema d'amatore da la possibilità <strong>di</strong> realizzare film al Solo scopo <strong>di</strong> esprimersi<br />

me<strong>di</strong>ante una nuova forma d'arte autonoma e pura. Il cineamatore non deve avere altro<br />

scopo che questo ed i suoi film non Devono essere giu<strong>di</strong>cati per il ri<strong>sul</strong>tato finale, in<br />

qualunque modo raggiunto. Perché, nel <strong>cinema</strong>, non è tanto apprezzabile <strong>di</strong>re<br />

"qualcosa", quanto <strong>di</strong>rla "<strong>cinema</strong>tograficamente".<br />

Quin<strong>di</strong> soprattutto scelta appropriata dei temi: è inutile scegliere un tema squisitamente<br />

letterario per fare un film cineamatoriale, o, se lo si sceglie, bisogna poi essere capaci <strong>di</strong><br />

ridurlo <strong>cinema</strong>tograficamente. E così sceneggiatura, riprese, montaggio,<br />

sonorizzazione, devono concorrere a fare del film un'opera esclusivamente<br />

<strong>cinema</strong>tografica.<br />

Inteso in questo modo, come iniziativa svincolata da esigenze <strong>di</strong>verse da quelle <strong>di</strong> pura<br />

indagine estetica, il cineamatorismo può <strong>di</strong>ventare veramente importante sia <strong>sul</strong> piano<br />

artistico - culturale che su quello ricreativo.<br />

Lungi dal restare un "<strong>cinema</strong> minore", può <strong>di</strong>ventare, <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto, il "Cinema Maggiore".<br />

Credo che soprattutto queste cose debbano <strong>di</strong>scutere i cineamatori.<br />

Vorrei davvero che qualcuno mi <strong>di</strong>cesse francamente: "Hai ragione", oppure "Hai torto".<br />

In quest'ultimo caso, però, vorrei anche che mi <strong>di</strong>mostrasse il perché.<br />

7.2 Filippo Ferrazzano<br />

Il tempo tiranno mi obbliga a sintetizzare. Vorrei chiedere che, oltre a trattare il<br />

problema teorico, si affronti anche quello pratico, affinché questo convegno possa<br />

chiudersi con dei ri<strong>sul</strong>tati tali da poter offrire pure un ben più preciso in<strong>di</strong>rizzo<br />

organizzativo all'attività cineamatoriale.<br />

Riallacciandomi a quanto <strong>di</strong>ssi ieri, che in parte si avvicina alla relazione <strong>di</strong> Spini,<br />

riba<strong>di</strong>sco ancora una volta i miei concetti <strong>sul</strong>l'arte e <strong>sul</strong>la cultura. Spero anche <strong>di</strong> aver<br />

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chiarito, lungo il corso dell'intervento, che cosa intendessi per "un determinato popolo"<br />

ed "in un determinato periodo della sua storia".<br />

Parlai anche <strong>di</strong> crisi, <strong>di</strong> crisi <strong>di</strong> valori umani, crisi morale e spirituale e crisi della società.<br />

Dissi pure dell'avvento <strong>di</strong> una nuova civiltà (la civiltà della scienza) e della funzione e<br />

dei compiti dell’arte nel mondo <strong>di</strong> domani.<br />

Ora, proseguendo il <strong>di</strong>scorso e chiarendo meglio i miei pensieri, vorrei entrare nel vivo<br />

del <strong>di</strong>alogo proposto dalla relazione <strong>di</strong> Spini, <strong>di</strong>alogo che è necessariamente polemico,<br />

ove polemica sia intesa come contrasto <strong>di</strong> idee, <strong>di</strong> opinioni, come critica e quin<strong>di</strong> come<br />

lotta <strong>di</strong> idee, <strong>di</strong> opinioni <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> e <strong>di</strong> sistemi.<br />

Spini ha posto degli interrogativi: <strong>cinema</strong> d'amatore per un miglioramento sociale?<br />

Cinema d'amatore per un miglioramento morale? Cinema d'amatore utilitario? E ha<br />

risposto: si. I presupposti, da cui parte Spini non sono troppo <strong>di</strong>versi dai miei. I suoi<br />

presupposti sono strettamente cristiano-sociali. Pervengo anch'io alla stessa<br />

conclusione. Penso però, ad essere più precisi, che le due conclusioni siano più simili<br />

che uguali, quin<strong>di</strong> non le stesse.<br />

Arte per arte. Spini <strong>di</strong>ce: "Il tempo della contemplazione è perduto ed il tempo<br />

dell'arte per l'arte è rarefatto".<br />

Dal suo punto <strong>di</strong> vista, sì; dal mio, no. C'è una contrad<strong>di</strong>zione: contemplazione ed arte<br />

per arte. Spini <strong>di</strong>ce che l'arte deve essere in funzione utilitarie e, nello stesso tempo,<br />

deve essere arte.<br />

Per mio conto, la contemplazione è una questione <strong>di</strong> scelta dell'oggetto da contemplare.<br />

Una contemplazione che ha per oggetto l'uomo e la realtà in tutti i suoi molteplici aspetti<br />

in cui l'uomo vive, è senz'altro una contemplazione positiva, attiva, fruttifera. Il tempo<br />

dunque della contemplazione, intesa in questo senso, non è affatto perduto. Anzi! Poi,<br />

arte per arte: ma fare l'arte per l'arte è già un impegno <strong>di</strong> cultura, positivo, che<br />

contribuisce, pur rimanendo nei limiti <strong>di</strong> un atto non utilitaristico, al miglioramento<br />

morale e sociale.<br />

In pratica, però, dati i tempi che corrono, il problema è più complesso. Noi facciamo<br />

parte <strong>di</strong> una società in crisi, ed i motivi <strong>di</strong> questa crisi li ho già in<strong>di</strong>cati ieri, quin<strong>di</strong> inutile<br />

ripeterli. D'altra parte la relazione Spini è piena <strong>di</strong> queste cause, <strong>di</strong> questi dubbi, <strong>di</strong><br />

questi interrogativi. In fondo la sua relazione è "Pensieri <strong>sul</strong>l'abisso".<br />

Dunque, <strong>di</strong>cevo, noi facciamo parte <strong>di</strong> una società in crisi dalla quale, anche se<br />

vogliamo, non possiamo estraniarci; inoltre non possiamo risolvere, come un tempo, i<br />

nostri problemi in senso in<strong>di</strong>viduale. Ci troviamo al centro <strong>di</strong> un conflitto ideologico <strong>di</strong> cui<br />

esperimentiamo, giorno per giorno, le alterne vicende. Un conflitto ideologico senza<br />

esclusione <strong>di</strong> colpi, in cui le parti, pur <strong>di</strong> sopraffarsi, impiegano mezzi, meto<strong>di</strong> e sistemi<br />

che mortificano la personalità umana, alterano i concetti <strong>di</strong> verità, <strong>di</strong> libertà, <strong>di</strong> cultura e<br />

<strong>di</strong> arte; e finiscono con il far passare per "vera" una falsa cultura ed una falsa arte,<br />

generando, nello sprovveduto, notevole smarrimento.<br />

A questo punto potrei <strong>di</strong>lungarmi sui compiti della critica, della stampa, della ra<strong>di</strong>o, della<br />

televisione e su tante altre cose <strong>di</strong> cui è inutile parlare, avendo ciascuno <strong>di</strong> noi una<br />

vasta esperienza <strong>di</strong>retta. Penso che in Italia non esiste una stampa, una ra<strong>di</strong>o, una<br />

televisione e un <strong>cinema</strong> veramente liberi ed in<strong>di</strong>pendenti.<br />

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Ora chiedo: come provvedere? Come <strong>di</strong>fenderci? Come riportare le cose al loro giusto<br />

valore e significato? E ancora: si può rimanere passivi, ignorare tutto ciò ed evadere la<br />

realtà?<br />

No, non lo si può. E’ necessario uscire dal guscio, prendere posizione e <strong>di</strong>fendere la<br />

verità, la libertà, la vera cultura e la vera arte: e lo sì può fare con tutti i mezzi a<br />

<strong>di</strong>sposizione, compresi naturalmente la stessa cultura e la stessa arte.<br />

Chi crede nella cultura e nell'arte e nelle loro funzioni non può isolarsi, appartarsi, in<br />

attesa <strong>di</strong> tempi migliori. Rimanere nell'ombra senza reagire è tra<strong>di</strong>re innanzitutto sé<br />

stessi e poi gli altri. Sarà arte per arte, sarà arte utilitaria, o sarà quello che volete Voi,<br />

un uomo <strong>di</strong> cultura, un artista, deve intuire questa verità e non può venir meno al suo<br />

dovere, che è quello <strong>di</strong> essere in prima linea <strong>sul</strong> fronte della libertà, intesa nel senso più<br />

ampio della parola.<br />

D'altra parte, cercare la verità e propagandarla è uno scopo insito nell'essenza stessa<br />

dell'arte e della cultura. Non vi può essere un'arte in senso vuoto, astratto (l'astrattismo<br />

è una forma <strong>di</strong> arte e <strong>di</strong> cultura), vorrei <strong>di</strong>re insomma che non sì può chiamare arte<br />

qualcosa che in effetti non esiste neanche come pensiero, come intuizione, come<br />

sensibilità.<br />

Ecco come in un determinato momento critico della storia <strong>di</strong> un popolo cultura ed arte<br />

<strong>di</strong>ventano necessariamente utilitaristiche, come già è accaduto in altri tempi.<br />

Si deve dare un compito e una funzione alla cultura e all'arte, ma nel senso onesto e<br />

nel verso giusto; e questo dovrebbe spettare a tutti i mezzi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione; ma non solo a<br />

questi, anche alla famiglia e alla scuola.<br />

E qui i problemi <strong>di</strong>ventano grossi, enormi. Ricor<strong>di</strong>amoci che i ragazzi e i giovani <strong>di</strong> oggi<br />

saranno i governanti <strong>di</strong> domani. Noi dobbiamo preoccuparci <strong>di</strong> loro, prepararli. Pensate<br />

alla funzione della scuola e al posto che le compete nell'organizzazione politica e<br />

sociale del domani.<br />

Ma senza andare troppo lontano (ho qui un mucchio <strong>di</strong> appunti e, come il solito, dovrei<br />

parlare tre ore), pensate che cosa potrà fare il <strong>cinema</strong> d'amatore nel nostro stesso<br />

ambiente, nella comunione con gli altri.<br />

Non sono d'accordo con Spini quando <strong>di</strong>ce: "Al massimo ci saranno seimila persone<br />

che seguono il <strong>cinema</strong> d'amatore o per meglio <strong>di</strong>re che vedono i film dei<br />

cineamatori". Sono più <strong>di</strong> seimila. Chi può <strong>di</strong>re quanti sono ?<br />

Chi fa del cineamatorismo acquisisce per sé e per gli altri un'esperienza <strong>di</strong> grande<br />

valore umano e sociale. Tale attività, che è un atto <strong>di</strong> cultura e <strong>di</strong> ricerca, porta il<br />

cineamatore a contatto <strong>di</strong>retto con la natura, le cose, gli uomini, insomma con una<br />

realtà, viva ed operante, <strong>di</strong> qui coglie i lati più essenziali e che espone nei suoi film.<br />

Questo continuo educare e affinare lo spirito e la mente non rimane, come fatto<br />

comunicativo, isolato tra il cineamatore e lo spettatore, occasionale o no, dei suoi film.<br />

Esso si trasferisce pure a tutti coloro che, nella vita <strong>di</strong> tutti i giorni, pur non essendo<br />

cineamatori né spettatori <strong>di</strong> film cineamatoriali, hanno contatti e rapporti con loro:<br />

perché ciascuno <strong>di</strong> noi, quando pensa, parla, agisce - naturalmente a seconda della<br />

propria educazione, cultura e sensibilità - comunica agli altri, senza saperlo e volerlo, la<br />

propria esperienza, <strong>di</strong> cui si e arricchito <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente il suo spirito.<br />

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Pensate che cosa può essere il <strong>cinema</strong> d'amatore nei rapporti tra nazioni e nazioni, tra<br />

cineamatori e cineamatori, tra in<strong>di</strong>viduo e in<strong>di</strong>viduo, pensate che cosa può essere per la<br />

famiglia, per la scuola, per la società; e le conclusioni potrete trarle Voi; ma vorrei che<br />

me<strong>di</strong>taste proprio su questa ultima parte (che è la parte pratica).<br />

Trovare cioè il metodo, il sistema per estendere maggiormente questa comunicazione e<br />

all'interno e all'esterno del cineamatorismo.<br />

Il mio vuoi essere un invito a trasferire i nostri <strong>di</strong>scorsi anche <strong>sul</strong> piano pratico. Quando<br />

parliamo <strong>di</strong> cineamatorismo, <strong>di</strong> solito inten<strong>di</strong>amo riferirci a quello organizzato nella<br />

Fe<strong>di</strong>c. Ora anche la Fe<strong>di</strong>c, come organizzazione, deve avere un compito ben<br />

delineato, un compito, beninteso, che salvaguar<strong>di</strong> però la libertà in<strong>di</strong>viduale e collettiva,<br />

ma che porti a delle conclusioni pratiche, che raggiunga almeno questo fine: <strong>di</strong> renderci<br />

buoni, migliori, più amici. Almeno fra noi, se non è possibile con coloro che sono <strong>di</strong> fuori<br />

della Fe<strong>di</strong>c.<br />

7.3 Elia Guiotto<br />

Sono grato alla relazione <strong>di</strong> Spini, perché, mentre, da una parte, essa mi offre lo<br />

stimolo per affrontare nuovi argomenti, dall'altra, mi permette <strong>di</strong> chiarire e <strong>di</strong> ampliare<br />

quanto ho già detto ieri.<br />

Si è parlato dell'arte come arte e dell'arte come mezzo: ad<strong>di</strong>rittura, come mezzo<br />

utilitario; e Spini non solo ha ammesso quest’ultimo concetto, ma l'ha finanche<br />

strenuamente <strong>di</strong>feso in una posizione - <strong>di</strong>remmo - paradossale nei riguar<strong>di</strong> della sua<br />

"cattolicità", che è ri<strong>sul</strong>tata assai evidente.<br />

Mi è parso <strong>di</strong> ravvisare nelle sue parole, nel suo rigore <strong>di</strong> esposizione, una<br />

commozione, un entusiasmo esaltante, una forma <strong>di</strong> misticismo, che, se può per<br />

equivoco, venire inteso anche in senso marxistico, è in<strong>di</strong>ce, d'altronde, <strong>di</strong> una coerente<br />

aderenza ad un credo religioso.<br />

Orbene: prima <strong>di</strong> procedere, vorrei intrattenermi <strong>sul</strong> concetto d'arte.<br />

"Che cos'è l'arte?" - ci si domanda. E' <strong>di</strong>fficile dare una risposta completa ed esauriente,<br />

perché l'arte, come la vita, è un fenomeno misterioso, che sfugge ad ogni descrizione<br />

concettuale: è qualcosa che ci trascende. Il pericolo, nell’enunciazione del fenomeno<br />

artistico sta, infatti, nel cadere in tautologie e definizioni imperfette e parziali o in inutili<br />

falsificazioni.<br />

L'arte più che ammettere una precisazione d'or<strong>di</strong>ne razionale, si intuisce e si intuisce<br />

nei suoi aspetti oggettivi. L'arte può essere creazione o l'espressione del bello o<br />

educazione e figurazione e immaginazione fantastica o coerente partecipazione ai<br />

problemi del proprio tempo. L'arte, dunque, è tutto questo, oppure è una parte <strong>di</strong> tutto<br />

questo? O è altro ancora? Ripeto: o è altro ancora? Una cosa mi sembra certa, o, per lo<br />

meno, evidente: tutti i più gran<strong>di</strong> artisti (non mi riferisco, si intende, ai vari Metastasio<br />

del sottobosco artistico) sono in una posizione <strong>di</strong> critica, <strong>di</strong> denuncia e <strong>di</strong> rivolta <strong>di</strong> fronte<br />

ai problemi ed alle manifestazioni dei loro tempo. Nelle loro opere, in altre parole, si<br />

ritrova il loro tempo, così come il loro tempo rivive nelle loro opere. Oppure: questi artisti<br />

tentano <strong>di</strong> dare una risposta agli interrogativi, antichi, ma pur sempre attuali, della<br />

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nostra metafisica, del nostro dato esistenziale, della nostra con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> uomini, del<br />

nostro valore in rapporto a noi stessi ed in rapporto a qualche cosa, che ci trascende.<br />

Sia nel primo che nel secondo caso, noi assistiamo ad un'arte "impegnata", ad un'arte,<br />

cioè, che esprime problemi ed idee e che, come tale, è in<strong>di</strong>ce, oltre che <strong>di</strong> una<br />

insod<strong>di</strong>sfazione e <strong>di</strong> un tormento, anche <strong>di</strong> un'ansia <strong>di</strong> progresso e <strong>di</strong> rinnovamento; <strong>di</strong><br />

un desiderio <strong>di</strong> una nuova moralità, <strong>di</strong> una nuova società. Quin<strong>di</strong>: <strong>di</strong> una nuova umanità.<br />

L'arte, allora, si rivela come strumento morale e come mezzo <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficazione e <strong>di</strong> spinta<br />

in avanti. L'arte, cioè, non è più fine a sé stessa, non è più <strong>di</strong>vertimento aristocratico e<br />

raffinato, non è più sterile e compiaciuta contemplazione, ma <strong>di</strong>venta preoccupata,<br />

tremendamente preoccupata, <strong>di</strong> raggiungere qualcosa, che è al <strong>di</strong> sopra e al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong><br />

noi, qualcosa che investe i valori <strong>di</strong> tutta la nostra con<strong>di</strong>zione esistenziale. L'arte, così<br />

intesa, <strong>di</strong>venta anche un mezzo <strong>di</strong> educazione: si fa ad<strong>di</strong>rittura educazione essa stessa.<br />

L'arte, infine, così accettata, è una religione: nel sacrificio e nello sforzo dell'artista non<br />

è implicito forse un atto d'amore verso il prossimo? E non c'è forse in questa sua<br />

ribellione, in questa sua esterna e snervante rinuncia, in questo suo generoso atto<br />

d'amore, l'anelito a Dio, ad un Ente trascendente?<br />

Da queste proposizioni filosofiche, che <strong>di</strong>struggono l'arte nel suo aspetto <strong>di</strong> pura<br />

contemplazione, <strong>di</strong>scende, come corollario, l'importanza del Cinema, e, nella<br />

fattispecie, del Cinema d'Amatore, nel nostro tempo. S'è già posta l'attenzione <strong>sul</strong>la crisi<br />

del'mondo contemporaneo: nel suo seno - s'è detto - nascono e si sviluppano errori,<br />

incomprensioni, <strong>di</strong>sparità e fratture; esiste, in altre parole, un sovvertimento gerarchico<br />

dei valori nell'ambito dei rapporti uomo - famiglia, uomo - società, uomo - Dio.<br />

Il Cinema, per la sua natura, per la sua struttura e per la sua <strong>di</strong>ffusione, mi pare sia,<br />

oggi, l’elemento più adeguato a documentare questa realtà: non solo a documentarla,<br />

ma ad<strong>di</strong>rittura a darle vita. Il personaggio, infatti, che agisce <strong>sul</strong>lo schermo, non soltanto<br />

rappresenta simbolicamente una situazione, <strong>di</strong>remmo così, ideale e fantastica, ma<br />

acquista altresì una sua "vita", del tutto particolare, una sua "personalità", oltre che<br />

morale, fisica. Eppure, nel Cinema d'oggi, c'è più fantasia che vita, o meglio, c'è più<br />

mistificazione che realtà.<br />

Il Cinema, per <strong>di</strong>mostrarsi idoneo a descrivere lo stato <strong>di</strong> transizione, in cui si <strong>di</strong>batte la<br />

storia attuale, deve rompere con la fantasia: deve <strong>di</strong>struggerla. A questo punto mi<br />

rifaccio, per semplicità e per chiarezza espositiva, alla teoria estetica del "CINE-<br />

OCCHIO", propugnata dall'operatore russo Dziga Vertov: essa ammette che il Cinema<br />

non può che configurarsi in un "occhio", in un organo, cioè, obiettivo, impassibile e<br />

freddo, che inesorabilmente registra, indaga, scruta la realtà nella sua affascinante<br />

estensione. E questo, a mio parere, è il vero "Cinema”, non solo il vero Cinema, ma,<br />

anche e, soprattutto, il Cinema d'Amatore, ossia, un Cinema puro e vivo, non<br />

soggiacente a certi bisogni industriali, tutto teso a denunciare, a colpire, a documentare.<br />

Alla luce <strong>di</strong> questi concetti il documentario rivela, nel settore cineamatoriale, la sua<br />

straor<strong>di</strong>naria importanza e la sua funzione, così come il film a soggetto, che si ispira<br />

(pur non escludendo una partecipazione attiva e una trasfigurazione poetica da parte<br />

dell'autore) ad una realtà rigorosamente documentata e rigorosamente descritta.<br />

C'è un'Italia ancora tutta da scoprire e da fare nostra. Oramai, dobbiamo <strong>di</strong>rlo, siamo<br />

stanchi <strong>di</strong> un'Italia, che è rappresentata <strong>cinema</strong>tograficamente soltanto da Roma e,<br />

ultimamente, anche da Milano. C'è fuori <strong>di</strong> Roma e <strong>di</strong> Milano, nella nostra Italia<br />

provinciale, tutta una realtà da avvicinare e da conoscere. Con John Grierson ripeto<br />

che c'è "un dramma <strong>sul</strong>la soglia <strong>di</strong> casa" nostra. Di fronte a noi, in quelli che ci abitano<br />

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vicino, esiste, nascosto e dolorante, un dramma. Dirò <strong>di</strong> più: la realtà, talvolta, può<br />

<strong>di</strong>ventare più fantastica della fantasia stessa: può trascendere i limiti della<br />

immaginazione. Perché, allora, non fare conoscere questa realtà? Perché non fare del<br />

nostro Cinema il "Cine - Occhio”? E' lunghi da me l'intenzione <strong>di</strong> affermare, con<br />

questo, che il Cinema d'Amatore debba essere sempre vincolato ad una<br />

rappresentazione tragica della vita.<br />

Si può fare del dramma anche attraverso la satira; si può fare un esame della situazione<br />

storica, in cui viviamo, anche attraverso il film comico: occorre soltanto che l'opera, così<br />

definita <strong>di</strong>mostri, al <strong>di</strong> là degli eventuali pregi formali, l'esistenza <strong>di</strong> un impegno, sincero<br />

e commosso, <strong>di</strong> indagine e <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento dei dati reali.<br />

Riprendendo quanto ho già esposto nel mio precedente intervento e tenendo conto <strong>di</strong><br />

queste ulteriori osservazioni, meglio si comprende, ora, il significato del termine<br />

"avanguar<strong>di</strong>a", applicato al Cinema d'Amatore: quella che io intendo non è certo una<br />

corrente artistica, che, rivangando alcune formule espressive dalla Scuola tedesca o<br />

francese dei primi tempi della Storia del Cinema, si consideri aperta ai più bizzarri e<br />

cervellotici esperimenti o alle più audaci e gratuite innovazioni. In tal caso il concetto<br />

d'avanguar<strong>di</strong>a si esaurisce in una definizione <strong>di</strong> carattere squisitamente esteriore, che<br />

prescinde da ogni legame con una <strong>di</strong>mensione morale e, quin<strong>di</strong>, umana.<br />

A mio parere, il nostro Cinema sarà un Cinema d'avanguar<strong>di</strong>a, soltanto quando si<br />

<strong>di</strong>mostrerà impegnato ad abbandonare la facile strada dei compromessi e delle<br />

sdolcinature romantiche, a spingersi, per primo, con coraggio e con spregiu<strong>di</strong>catezza, a<br />

contatto con il mondo reale, ad arrivare, infine, attraverso questa conoscenza, al<br />

possesso esaltante della verità: anche se questa può "scottare" e può ledere la<br />

suscettibilità <strong>di</strong> qualche settore della classe <strong>di</strong>rigente.<br />

Orbene: questo compito è demandato ai giovani, e solo ai giovani, cioè, alle<br />

generazioni, non ancora viziate da certi pregiu<strong>di</strong>zi e da certi atteggiamenti rinunciatari<br />

ed immobilistici, che se<strong>di</strong>mentano nel corso dell'età. Il giovane, attraverso il Cinema,<br />

attraverso questo mezzo potentissimo, può preparare, oggi stesso, il domani. Non è<br />

necessario, come <strong>di</strong>ce Ferrazzano, stu<strong>di</strong>are ed anticipare il domani. No: per formare il<br />

domani, bisogna costruire oggi; soltanto così l'avvenire terrà in serbo, una realtà<br />

migliore e registrerà un progresso anche nel campo sociale. Occorre, insomma, dare<br />

nuovi in<strong>di</strong>rizzi alla nostra azione, migliorare la nostra storia, creare "quell’humus", su<br />

cui, domani, vigoroso e rigoglioso, germoglierà il nuovo seme.<br />

Il nostro, ha detto giustamente Spini, non è tempo <strong>di</strong> contemplazione né <strong>di</strong> passiva<br />

acquiescenza: ma è tempo <strong>di</strong> riscossa. A noi, giovani, spetta il compito <strong>di</strong> fondare la<br />

"nouvelle vague"; una "nouvelle vague", non intesa nel senso <strong>di</strong> quella francese, come<br />

sterile bizantinismo formale; la nostra non ha da essere un'ondata, che va a vellicare le<br />

schiere rosolate dei gaudenti, ma l'ondata, che veramente urta, attacca e sgretola la<br />

roccia dell'in<strong>di</strong>fferenza e della corruzione. Il Cinema deve <strong>di</strong>ventare veramente qualcosa<br />

<strong>di</strong> morale. Deve <strong>di</strong>struggere per e<strong>di</strong>ficare.<br />

Mi <strong>di</strong>spiace, ora, entrare in polemica come il Vice Presidente della Fe<strong>di</strong>c, Dott. De<br />

Tommasi (breve è ormai il tempo a mia <strong>di</strong>sposizione). Mi si <strong>di</strong>rà (ed è già stato detto)<br />

che questo non è il "solo" Cinema d'Amatore. Sì, il "Cinema d'Amatore si può anche<br />

intendere come "hobby", come <strong>di</strong>vertimento, come gita turistica; però mi sia concessa<br />

una domanda: è necessario,allora, fondare un'organizzazione, fornire macchine da<br />

presa, spendere dei sol<strong>di</strong>, per arrivare a questo fine?<br />

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A mio avviso, è meglio eliminare le scorie; è meglio restare in "pochi, ma buoni". E'<br />

bene costituire un seminario, un cenacolo, non chiuso - si ba<strong>di</strong> - in sé stesso, ma aperto<br />

a tutte le esperienze e dal colloquio con le altre culture e, soprattutto, ben ancorato alla<br />

<strong>di</strong>mensione reale.<br />

Soltanto, grazie a questo fervore <strong>di</strong> scoperta e a quest'ansia <strong>di</strong> comprensione della<br />

realtà umana, potremo superare la limitatezza <strong>di</strong> quel fatto tecnico, che è la macchina<br />

da presa; soltanto così potremo affidare a questo freddo meccanismo tutto il nostro<br />

interesse spirituale e morale. In due parole: la nostra mente ed il nostro cuore.<br />

7.4 Luigi Serravalli<br />

Poiché questo è un Convegno de<strong>di</strong>cato anche ai cineamatori vorrei cercare <strong>di</strong> fare un<br />

<strong>di</strong>scorso breve non inutile ed il più possibile cineamatoriale. Vorrei cioè stabilire quale<br />

sia in questo campo il carattere dell'arte, però un problema che si sembra esorbiti dal<br />

nostro compito.<br />

Farò tuttavia alcune generiche considerazioni.<br />

E’ chiaro che Spini si è basato su teorie che si trovano in un arte che può comprendere<br />

tanto Maritain quanto gli scrittori <strong>di</strong> "Comunità".<br />

E' chiaro quin<strong>di</strong> che, in questo senso, non potrà mai essere d'accordo con gli amici<br />

crociani i quali sono su posizioni molto <strong>di</strong>verse, come ben sappiamo. E’ chiaro quin<strong>di</strong><br />

che Spini, se volesse spiegare in senso teorico quanto ha detto, dovrebbe prima <strong>di</strong> tutto<br />

affrontare il problema del carattere conoscitivo dell'opera d'arte e fissare, come lui<br />

crede, che l'opera d'arte non sia solamente intuizione e si possa chiudere nell'immagine<br />

lirica, ma che l'opera d'arte contenga in sé un carattere conoscitivo fino dalla sua origine<br />

semplicemente filologica. Pensiamo al "primitivo" il quale si inventa un linguaggio, il<br />

quale linguaggio è già metaforico ed è quin<strong>di</strong> un'espressione simbolica o fantastica del<br />

reale e contiene in sé un carattere <strong>di</strong> invenzione e, allo stesso tempo, un carattere<br />

identico e cioè, con questa metafora il primitivo significa qualche cosa. E quin<strong>di</strong>,<br />

naturalmente il carattere conoscitivo può essere accettato più o meno, ma comunque<br />

sono teorie filosofiche delle quali bisogna tener conto, altrimenti finiamo con lo scoprire<br />

continuamente l'ombrello. Questo è il punto <strong>di</strong> partenza per poter apprezzare il <strong>di</strong>scorso<br />

<strong>di</strong> Spini, oppure per esserne assolutamente contrari. Qualcuno parla <strong>di</strong> critica, <strong>di</strong><br />

libertà, <strong>di</strong> verità e <strong>di</strong> cultura e tutte queste parole le scrive con la lettera maiuscola; le<br />

scrive in un certo senso. Viceversa,queste parole, in Spini, vengono storicizzate, cioè la<br />

cultura, come storia, la verità come storia, la libertà come storia, e l'arte come, storia, le<br />

scrive con la minuscola. La <strong>di</strong>vergenza che può esservi fra Spini ed una teoria<br />

Marxista è quella che mentre la conoscenza, per Spini, può arrivare ed ha un carattere<br />

teologico mistico, la conoscenza, dall’altra parte, si riduce unicamente ad un fatto<br />

storico, dove poi la storia, naturalmente, è la vicenda stessa dell'umanità. Quin<strong>di</strong>, è in<br />

questo senso che mi sembra dovrebbe essere portata la <strong>di</strong>scussione. Ognuno<br />

dovrebbe <strong>di</strong>re: io seguo queste teorie e per questa semplice ragione sono contrario a<br />

quanto ha detto Spini. Ed allora tutto sarebbe finito, perché noi non possiamo spiegare<br />

tutto il resto e ognuno creare una nuova estetica. Questa non è la sede per creare delle<br />

estetiche. Passiamo al campo pratico. Mi sono portato <strong>di</strong>etro il film Pensiero<br />

<strong>sul</strong>l'abisso in certe conferenze che ho fatto <strong>sul</strong> <strong>cinema</strong> professionale in alcune città del<br />

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Veneto ed ho spiegato il film. Spini scrive seguendo una poetica che è quella della<br />

poesia moderna più attuale. Come fa Saint John Perse o come fa Montale, (per fare<br />

esempi). Cioè per dei collegamenti del tutto analogici. Però, mentre questi poeti molto<br />

spesso si chiudono nella soggettività loro, Spini segue il proce<strong>di</strong>mento analogico nella<br />

oggettività, cioè nella storicità. Naturalmente, per la coscienza comune, <strong>di</strong>venta <strong>di</strong>fficile<br />

comprendere il film <strong>di</strong> Spini, però - una volta che i nessi analogici sono spiegati - il<br />

pubblico aderisce intensamente, prova una vivissima simpatia, partecipa e apprezza<br />

enormemente il suo messaggio. E non si trattava <strong>di</strong> un pubblico cineamatoriale, si<br />

trattava <strong>di</strong> un pubblico largamente e genericamente teso verso un miglioramento della<br />

propria cultura e delle proprie conoscenze. In questo senso penso che il <strong>cinema</strong><br />

d'amatore dovrebbe essere estremamente <strong>di</strong>ffuso. La Fe<strong>di</strong>c, o altri organi, dovrebbero<br />

fare sì che il miglior <strong>cinema</strong> d'amatore (almeno quei venti film che sono il patrimonio più<br />

alto del cineamatorismo italiano) dovrebbe essere <strong>di</strong>ffuso prima <strong>di</strong> tutto attraverso la TV<br />

(questo quadrato vetroso che per il 90% è giustamente criticabile). Tornando al <strong>di</strong>scorso<br />

<strong>di</strong> Spini <strong>di</strong> stamattina, io concordo con lui, concordo assolutamente. Diciamo, però che<br />

Spini è un architetto, quin<strong>di</strong> in un certo modo, lui oggi potrebbe essere il Le Corbusier,<br />

o il Gropius del cineamatorismo italiano. Io vorrei però (e chiedo scusa a Spini <strong>di</strong><br />

questo, perché lui solo può afferrare fino in fondo il curaro che c'è in queste parole) che<br />

non <strong>di</strong>venti un po' il Gaudì della nostra teorica del <strong>cinema</strong> italiano.<br />

Voi sapete che Gaudì ha fatto a Barcellona una meravigliosa cattedrale, la più grande<br />

e stupenda cattedrale <strong>di</strong> tutti i tempi, forse, dopo quella <strong>di</strong> Chartre. Ma esiste soltanto la<br />

facciata perché il buon popolo barcellonese, dopo aver profuso milioni in questa<br />

costruzione, ha dovuto lasciar lì.<br />

Dalle chiacchiere <strong>di</strong> corridoio (molto importanti) mi sembra <strong>di</strong> aver capito che c'è una<br />

specie <strong>di</strong> stupore nei cineamatori e che bisogna gettare un ponte fra quello che ha detto<br />

Spini e i cineamatori stessi. Ci sono due punti opposti che chiariscono le posizioni ed i,<br />

punti op-posti sono: l'articolo <strong>di</strong> Gafforio <strong>sul</strong>la rivista "L'altro Cinema" (che è l'articolo<br />

del <strong>di</strong>simpegno totale e Gafforio, da quell'uomo intelligente che è, pieno <strong>di</strong> spirito,<br />

naturalmente -qualche volta - parte da una posizione paradossale e la segue fino in<br />

fondo, per vedere magari che cosa succede) e la conferenza <strong>di</strong> Spini. Gettare un ponte<br />

tra i cineamatori: possiamo noi cercare <strong>di</strong> cambiare il cineamatore nel senso <strong>di</strong> Spini? Il<br />

senso <strong>di</strong> Spini è teologale. E' vero, la sua è una nuova dogmatica, è un cambiamento<br />

dell'uomo, un tentativo francescano <strong>di</strong> rinnovare la vita. Possono i cineamatori fare<br />

questo sforzo? Per conto mio sì. Il cineamatore nell'atto in cui fa del cineamatorismo<br />

deve cercare proprio dentro <strong>di</strong> sé <strong>di</strong> dare il meglio <strong>di</strong> sé stesso; deve considerare il<br />

cineamatorismo come qualche cosa attraverso il quale può esprimere la sua interiorità.<br />

Che questa interiorità, poi, storicamente sia più o meno ricca è un problema suo<br />

particolare.<br />

Il cineamatorismo migliorerà in questo modo, potrà migliorare. Sarebbe, d'altra parte,<br />

doloroso come sÌ <strong>di</strong>ceva ieri sera da Pecora che delle macchine da presa venissero<br />

messe nel cassetto. Non credo sia questo che si vuol raggiungere in quanto il<br />

cineamatore ha già una certa definizione. Il cineamatore è superiore al cine<strong>di</strong>lettante e<br />

così via.<br />

Quin<strong>di</strong> Spini può essere il Ribot dei cineamatori. io lo vedrei alla testa <strong>di</strong> una scuola <strong>di</strong><br />

cineamatori i quali, veramente, facessero del cineamatorismo come vita, come<br />

professione. Se con questo formato ridotto si potesse rinnovare completamente la<br />

coscienza delle possibilità dei mezzi au<strong>di</strong>ovisivi della nostra società questo sarebbe un<br />

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successo enorme, ma forse non saremmo più nel campo cineamatoriale. Sarebbe<br />

come se un collezionista <strong>di</strong> quadri, ad un certo momento, volesse <strong>di</strong>ventare pittore.<br />

Ora il cineamatore, mi pare, dovrebbe pensare a riferirsi soprattutto a quella ventina <strong>di</strong><br />

film cineamatoriali i quali hanno un contenuto, hanno veramente una possibilità <strong>di</strong><br />

rappresentazione, sono veramente opera d'arte raggiunta entro i limiti cineamatoriali e,<br />

d'altra parte partono anche da un'impegnata osservazione del proprio tempo che è<br />

quella che Spini vuole e si auspica, sia sempre migliorata.<br />

7.5 Righi Parenti<br />

Mentre, per la maggior parte, consento con la Relazione Spini; l'unico punto che mi ha<br />

lasciato perplesso (e Ferrazzano ha già sottolineato questo particolare) è la parte finale<br />

dove si parla d'un "fine utile dell'arte". Sono d'accordo che l'arte debba avere un fine<br />

utilitarista (anzi, nel possibile, dovrebbe avere questo scopo verso un utile) ma non<br />

possiamo <strong>di</strong>menticare come molte forme d'arte hanno un fine a sé stesse, arte per<br />

l'arte, e spesso vi sono delle manifestazioni artistiche nate solo da un intimo desiderio <strong>di</strong><br />

spirituale sod<strong>di</strong>sfacimento dello stesso artista.<br />

Però non esiste una vera arte che sia sterile totalmente. L'arte per essere tale deve<br />

avere la "comunicativa dell'arte": comunicativa che poi farà la "cultura". Alcuni<br />

cineamatori, dopo la Relazione Pecora <strong>di</strong> ieri e quella dello Spini <strong>di</strong> oggi, si sono<br />

spaventati.<br />

Credevano che per fare del <strong>cinema</strong> occorresse soltanto conoscere il funzionamento<br />

della cinepresa ed allineare <strong>sul</strong>lo schermo un insieme <strong>di</strong> più o meno piacevoli immagini.<br />

Dove andremo a finire?... si sono domandati! Dove andremo a finire con questo<br />

desiderio <strong>di</strong> portare la cultura nel <strong>cinema</strong> d'amatore?<br />

Non comprendono quanto sia logico questo sposalizio del <strong>cinema</strong> con la cultura; ma il<br />

vero cineamatore non fa del <strong>cinema</strong> solo per il Concorso <strong>di</strong> Montecatini e per una sua<br />

personale sod<strong>di</strong>sfazione ma, soprattutto, fa del <strong>cinema</strong>, per poter <strong>di</strong>re qualche cosa al<br />

resto del mondo. Dunque, se questo nostro lavoro, se questo nostro umile artigianato,<br />

non deve rimanere una cosa fine a sé stessa, deve anche saper parlare e comunicare<br />

qualche cosa <strong>di</strong> preciso; ma nessuno può parlare se non conosce a fondo l'argomento<br />

su cui ha impostato il proprio <strong>di</strong>alogo. A questo punto molti vengono a domandarsi: Chi<br />

ci da questo bagaglio <strong>di</strong> cultura, queste nozioni necessaria alla realizzazione <strong>di</strong> un film<br />

ma che e<strong>sul</strong>ano dalla tecnica <strong>cinema</strong>tografica vera e propria? Se uno ha la volontà <strong>di</strong><br />

apprendere, stu<strong>di</strong>are e quin<strong>di</strong> migliorarsi questo non sarà un ostacolo insormontabile.<br />

Per meglio chiarire questo punto mi affido alle parole <strong>di</strong> un caro amico, l'attuale<br />

presidente della F.I.A.F. (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche) (scusami<br />

Spini, se in questo momento <strong>di</strong>vago ma è soltanto per far vedere che in tutto quando<br />

hai detto non c'è nulla <strong>di</strong> veramente <strong>di</strong>fficile, basta naturalmente un po' <strong>di</strong> quella famosa<br />

"buona volontà" ed il desiderio <strong>di</strong> voler entrare nello spirito <strong>di</strong> quanto questo Convegno<br />

vuol realizzare).<br />

Tempo ad<strong>di</strong>etro, quando chiamare "<strong>di</strong>lettante" era la cosa più spregiativa che si potesse<br />

<strong>di</strong>re <strong>di</strong> un fotografo, perché sinonimo dì pressapochismo e faciloneria, Fioravanti, a cui<br />

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si domandava, <strong>di</strong> trovare un'altra parola per in<strong>di</strong>care i fotografi non professionisti,<br />

rispose:<br />

Su 100 opere premiate a Concorsi e Convegni <strong>di</strong> fotografia 90 sono opere <strong>di</strong><br />

"<strong>di</strong>lettanti". Allora come sta questa faccenda? Chi dei due ha il primo posto,<br />

<strong>di</strong>lettante o professionista? Perché "<strong>di</strong>lettante" è colui che trova <strong>di</strong>letto nell'arte<br />

che coltiva e per questo suo <strong>di</strong>letto si approfon<strong>di</strong>sce in maniera <strong>di</strong> continuamente<br />

e progressivamente perfezionarsi. Il professionista, invece, volendo arrivare ad<br />

un logico guadagno, non può perdere del tempo in ricerche e preziosismi estetici<br />

che finirebbero col fargli perdere degli utili imme<strong>di</strong>ati. Inoltre, nella fotografia, gli<br />

stessi mezzi tecnici sono in mano ugualmente ai <strong>di</strong>lettanti ed ai professionisti e<br />

così per quanto si è già detto, facilmente è intuibile il perché della loro<br />

supremazia su questi ultimi in mostre e concorsi.<br />

Nel <strong>cinema</strong> non avviene la stessa cosa: qui i professionisti hanno un'attrezzatura<br />

tecnica <strong>di</strong> gran lunga superiore a quella dei cineamatori. I professionisti sono però<br />

ancorati a tante remore che vanno dalla censura alle tante ragioni <strong>di</strong> cassetto. Per fare<br />

del <strong>cinema</strong>, bisogna bene ricordarselo, non si tratta solo <strong>di</strong> mezzi tecnici si tratta, ed è la<br />

materia prima più <strong>di</strong>fficile a trovarsi, soprattutto d'idee.<br />

La FEDIC e la F.N.C. (Federazione Nazionale dei Cineclub) ( a quando una sola unita<br />

FEDERAZIONE?) cercano <strong>di</strong> dare, anche ai cineamatori meno abbienti i mezzi tecnici<br />

necessari per poter realizzare dei film. Ma purtroppo c'è qualcosa che le FEDERAZIONI<br />

non possono dare ai cineamatori e si tratta proprio <strong>di</strong> quella cultura e <strong>di</strong> quella<br />

coscienza <strong>cinema</strong>tografica che permettono <strong>di</strong> poter realizzare delle buone pellicole. Non<br />

esistono purtroppo delle scuole per cineamatori dove possiamo costruirci questa cultura<br />

e questa coscienza della realizzazione <strong>cinema</strong>tografica necessarie alla buona fattura <strong>di</strong><br />

un film ed è per questo che occorre che subentri la passione del cineamatore con il suo<br />

desiderio dì migliorarsi e quin<strong>di</strong> progre<strong>di</strong>re. Sono nati per questo i C.C. per uno scambio<br />

continuo d'idee tra amici animati dalla stessa passione e quin<strong>di</strong> per un progressivo<br />

miglioramento tecnico ed estetico del cineamatore.<br />

Come nella pittura dove non basta conoscere il <strong>di</strong>segno e la tecnica della pittura per<br />

fare dell'arte ma, a creare un artista, subentrano altri fattori acquistati dall'esperienza,<br />

dalla natura, dalla personalità del pittore stesso, così anche nel <strong>cinema</strong>, non basta a<br />

fare un regista la semplice padronanza dei mezzi tecnici ma occorre una particolare<br />

sensibilità unita ad una raffinata conoscenza del problema che an<strong>di</strong>amo ad esporre<br />

attraverso la tecnica del <strong>cinema</strong>tografo.<br />

Per creare questa coscienza cineamatoriale, per dare un messaggio al film d'amatore,<br />

bisognerebbe che le nostre giurie, le giurie del Concorso nazionale, non considerassero<br />

più i film maggiormente come fatto tecnico ma guardassero soprattutto molto <strong>di</strong> più al<br />

contenuto della pellicola. Saremo molto felici se domani noi cineamatori potremo<br />

arrivare a dare al nostro <strong>cinema</strong> quella veste che effettivamente si merita perché (come<br />

giustamente <strong>di</strong>ceva l'amico Serravalli) il 16 mm è il passo dell'avvenire, dato che si<br />

presta moltissimo per essere trasmesso per televisione e per essere usato nelle scuole<br />

dove facilmente con i mezzi moderni, un'aula può trasformarsi in una saletta da<br />

proiezioni. Tra l'altro oggi i centri au<strong>di</strong>ovisivi sono alla ricerca <strong>di</strong> buone pellicole<br />

<strong>di</strong>dattiche ed educative. Ecco perché i nostri sforzi devono tendere a portare la nostra<br />

piccola pietra all'e<strong>di</strong>ficio del progresso in maniera che il nostro desiderio <strong>di</strong> parlare con<br />

la cinepresa possa servire a tutti evitando che il nostro lavoro rimanga sterile ed inutile.<br />

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7.6 Aldo D'Angelo<br />

Vi parlo sinceramente anche questa sera. Si sono dette pure oggi parole grosse, inutili.<br />

Ma in realtà il Convegno continua a svolgersi ad alto livello culturale. Ho sentito parlare<br />

ancora <strong>di</strong> cultura. Molti si sono spaventati quando si è cercato <strong>di</strong> definire questo<br />

concetto. Non comprendo questa paura. Non vedo perché ci si debba preoccupare dal<br />

momento che la cultura è il punto <strong>di</strong> riferimento della nostra vita: <strong>di</strong> cineamatori e <strong>di</strong><br />

uomini nella società.<br />

Cultura è un concetto semplice. Faccio un esempio per spiegarmi meglio. Nel<br />

pomeriggio conversavo con Can<strong>di</strong>olo e Moreschi: si parlava del loro corto "Antico<br />

Frantoio". Ho sempre considerato questo film dal punto <strong>di</strong> vista dello stile. Non potevo<br />

giu<strong>di</strong>care il contenuto o per meglio <strong>di</strong>re l'intenzione degli autori perché tutto si riduceva<br />

alla forma; cioè l'intenzione non è stata espressa compiutamente. Questa invece è<br />

venuta fuori -chiarificata- dalla conversazione <strong>di</strong> oggi. E che cosa ho saputo? Che gli<br />

autori si proponevano <strong>di</strong> esprimere in chiave <strong>cinema</strong>tografica il contrasto tra natura e<br />

civiltà delle macchine. Un argomento interessantissimo già trattato da Lewis Munford<br />

in "tecnica e cultura". Munford, infatti, scrive che se vogliamo superare la civiltà delle<br />

macchine dobbiamo assimilarla altrimenti ne resteremo schiacciati.<br />

Il tema <strong>di</strong> Lewis Munford è in sostanza anche quello <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>olo e Moreschi. Unica<br />

<strong>di</strong>fferenza: che l'uno ha chiarito il concetto, ne ha giustificato i motivi essenziali,<br />

precisato i limiti estetici, e sociologici; gli altri invece (e parlo <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>olo e Moreschi)<br />

hanno affrontato il problema con semplicità, magari non riuscendo a sviluppare per<br />

immagini l'argomento. Hanno fatto cultura.<br />

E poi si spaventano <strong>di</strong> cultura credendo <strong>di</strong> doversi immergere in una lettura profonda,<br />

assidua, <strong>di</strong> libri e <strong>di</strong> testi voluminosi. Si spaventano della cultura per paura <strong>di</strong> rendersi<br />

complicati, consapevoli <strong>di</strong> quel che pensano e fanno. Ma che cosa abbiamo detto <strong>di</strong><br />

male? Cultura (e insisto su questo concetto) è "coltivazione <strong>di</strong> argomenti".<br />

Parlo ora <strong>di</strong> Spini. Sono d'accordo con lui quando parla <strong>di</strong> crisi della società moderna.<br />

Non con<strong>di</strong>vido la ideologia <strong>di</strong> Spini (lui ha tutt'altra formazione) ma accetto la<br />

definizione <strong>di</strong> "confusione" nella civiltà moderna.<br />

Però il concetto <strong>di</strong> crisi è per me un termine <strong>di</strong> transizione, <strong>di</strong> svolgimento storico.<br />

Ricordo a questo proposito il romanzo <strong>di</strong> Osamu Dazai "II sole <strong>di</strong> spegne". Il titolo è<br />

significativo. E’ un romanzo - <strong>di</strong>ario della <strong>di</strong>sperazione <strong>di</strong> un uomo che vive fortemente<br />

la propria epoca.<br />

L'autore pone la sua <strong>di</strong>sperazione non soltanto <strong>sul</strong> piano dell'arte ma anche della<br />

propria esistenza. Si uccide e giustifica la sua crisi con quella del suo tempo, in un atto<br />

<strong>di</strong>sperato.<br />

Ma da che <strong>di</strong>pende tutto questo? Forse dalla <strong>di</strong>struzione dei vecchi valori finora non<br />

sostituiti da altri. In realtà però si tratta <strong>di</strong> crisi <strong>di</strong> contrasto, tra una forma <strong>di</strong> civiltà in<br />

declino ed un'altra in sviluppo: tra civiltà delle macchine e civiltà naturalistica.<br />

Can<strong>di</strong>olo e Moreschi hanno cercato <strong>di</strong> descrivere questo contrasto, in senso<br />

ru<strong>di</strong>mentale. Ma non sono riusciti che ad abbozzare il simbolo. Il film è compostissimo:<br />

nessun significato profondo perché tutto è rimasto alla superficie. Ma c'è cultura: una<br />

aderenza ai problemi della vita, alla cultura del nostro tempo. In questi giorni ci siamo<br />

preoccupati un po' tutti <strong>di</strong> definire la cultura e il rapporto <strong>di</strong> essa col cineamatorismo. Si<br />

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è parlato anche <strong>di</strong> arte come e questa fosse una componente della cultura. Altre<br />

sciocchezze! L'arte presuppone la cultura.<br />

Il problema è un altro. Il <strong>cinema</strong> d'amatore è un fenomeno <strong>di</strong> cultura perché non può<br />

essere altrimenti; perché il <strong>cinema</strong> d'amatore è ricerca, esperimento. Spini con<br />

“Pensieri <strong>sul</strong>l'abisso” ha fatto opera <strong>di</strong> ricerca. Per me non è riuscito che a <strong>di</strong>re cose<br />

comuni, scontate, <strong>di</strong>rei false. Ma ha sempre puntato la macchina da presa su fatti<br />

interessanti, vitali. E non solo Spini ha fatto questo. Ricordo che un altro cineamatore<br />

dotato <strong>di</strong> migliore sensibilità ha scritto "Un paese che muore".<br />

Io smonto, affronto alla ra<strong>di</strong>ce il problema per aprire il <strong>di</strong>alogo, per sollecitare reazioni.<br />

Apro il <strong>di</strong>alogo per parlare del nostro <strong>cinema</strong>. Bisogna considerare il <strong>cinema</strong> d'amatore<br />

libero da preoccupazioni economiche e da preferenze <strong>di</strong> consumo. Il <strong>cinema</strong> d'amatore<br />

dovrebbe essere - e forse lo sarà presto per la sua stessa natura - sperimentale, <strong>di</strong><br />

avanguar<strong>di</strong>a e se vogliamo pure hobby nel migliore senso della parola. Non hobby<br />

come passatempo ed evasione ma "occasione migliore per pensare e ricercare".<br />

7.7 Pio Baldelli<br />

Io vi prego <strong>di</strong> considerare questo secondo intervento come il segno <strong>di</strong> una<br />

partecipazione assai <strong>di</strong>ligente ed anche fortemente interessata al corso dei lavori. Mi<br />

pare che ci sia stata, all'inizio della relazione <strong>di</strong> Spini, una serie <strong>di</strong> definizioni secondo<br />

una gerarchia <strong>di</strong> temi: una definizione del nostro tempo, una definizione del <strong>cinema</strong> in<br />

generale e finalmente un'introduzione, in questo quadro, del <strong>cinema</strong> d'amatore. Sono<br />

d'accordo nella descrizione generale del nostro tempo per quanto ha <strong>di</strong> terribile, <strong>di</strong><br />

transitorio, <strong>di</strong> contingente, <strong>di</strong> malsicuro e via <strong>di</strong>scorrendo, anche se il mio angolo<br />

visuale, riguardo queste cose, è piuttosto <strong>di</strong>verso da quello del relatore; comunque, la<br />

conclusione mi interessa e <strong>sul</strong>la conclusione sono, d'accordo. Mi pare però che si<br />

possa mettere in rilievo anche quanto ha <strong>di</strong> esaltante questo tempo.<br />

E' vero che abbiamo un massimo <strong>di</strong> sfacelo e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sfunzione nelle nostre situazioni e nei<br />

nostri sentimenti, ma è anche vero che si aprono davanti ai nostri giovani delle<br />

prospettive quali probabilmente la storia non ha mai avvertito, cioè una apertura a<br />

<strong>di</strong>mensioni mon<strong>di</strong>ali dei problemi, un'apertura fraterna, un procedere dal basso <strong>di</strong><br />

problemi, <strong>di</strong> sensazioni, <strong>di</strong> emozioni, <strong>di</strong> affetti, quali il mondo non ha mai conosciuto.<br />

Mi pare che esista questo annodarsi <strong>di</strong> cose vecchie e sorpassate, <strong>di</strong> cose che<br />

appartengono ad una vecchia gerarchia, che vengono ancora dall'alto, e <strong>di</strong> fatti nuovi<br />

che vengono dal basso. Cioè, che si passi - nel nostro tempo - da una situazione <strong>di</strong><br />

sud<strong>di</strong>ti ad una situazione <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni. E’ malferma questa situazione, sono labili i<br />

connotati <strong>di</strong> queste nuove aperture mon<strong>di</strong>ali, ma sono la realtà più esaltante dell'epoca<br />

in cui noi viviamo.<br />

Mi pare che anche nel <strong>cinema</strong> si possa fare la stessa considerazione. Quanto esiste nel<br />

neorealismo <strong>di</strong> autentico, <strong>di</strong> schietto, <strong>di</strong> aperto verso il futuro, sta nella scoperta del<br />

personaggio popolare, senza paternalismi, descritto in forme magari <strong>di</strong>sadorne ma con<br />

una densità <strong>di</strong> situazioni sentimentali, con un'apertura verso gli altri (il popolano, per<br />

esempio, dell'ultimo episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Paisà) che veramente costituiscono un fatto dominante<br />

nuovo, assoluto nella storia dell'arte, non solo <strong>cinema</strong>tografica. Questa apertura dal<br />

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asso costituisce l'elemento fondamentale. Questo procedere dal basso mi sembra<br />

ancora una volta veramente esaltante, da trattare, con somma delicatezza e cura.<br />

D'altra parte, anche nel <strong>cinema</strong> normale mi pare che l'elemento deteriore consista<br />

nell’incombere <strong>di</strong> situazioni dall'alto, cioè <strong>di</strong> una politica che viene dai vertici, <strong>di</strong> un<br />

assoggettamento <strong>di</strong> queste nuove scoperte dal basso a politiche estere legate a<br />

situazioni <strong>di</strong> potenza: per cui si stringe una morsa dall'alto secondo vecchie<br />

consuetu<strong>di</strong>ni e vecchie deduzioni intorno a queste scoperte che procedono dal basso.<br />

Mi pare che anche la situazione dei cineamatori abbia il suo alto (cioè la sua vecchiaia)<br />

ed il suo procedere invece autentico e genuino che viene dal basso. I lati negativi<br />

stanno in un certo esibizionismo <strong>di</strong> piccole cose, scarsamente significanti, in una<br />

maniera innocua ma estremamente petulante. Si considera insomma lo strumento che<br />

si adopera (il <strong>cinema</strong> a passo ridotto) come un lusso, un soprammobile, un ninnolo<br />

prezioso da rigirarsi tra le mani, non come uno strumento per acquisire una<br />

consapevolezza storica o critica, modesta ma sempre ra<strong>di</strong>cata nel fondo della realtà. Mi<br />

pare che questa situazione del <strong>cinema</strong> d'amatore trovi il suo correlativo in un momento<br />

della società italiana contemporanea. Mi riferisco alla scuola, dove mi pare esista il<br />

punto <strong>di</strong> applicazione più fermo <strong>di</strong> uno sviluppo <strong>di</strong> un <strong>cinema</strong> a 16 mm. qui s'intravede la<br />

possibilità non <strong>di</strong> rimanere in pochi (anche se questi pochi sono buoni) ma <strong>di</strong> un<br />

reclutamento <strong>di</strong> massa. A questo punto vorrei poter smuovere un po' la spiegazione <strong>di</strong><br />

certi fatti forniti dal relatore, partendo da questo angolo visuale, che rappresenta un<br />

punto "concreto", come si usa <strong>di</strong>re.<br />

E" vero, ad esempio, che una proposta precisa potrebbe consistere nel suggerire al<br />

Ministro della Pubblica Istruzione ed ai suoi apparati che hanno competenza (o<br />

dovrebbero avere competenza in materia) <strong>di</strong> attrezzare una specie <strong>di</strong> carrozzone del<br />

<strong>cinema</strong> d'amatore con 20 film, scelti <strong>di</strong> comune accordo, <strong>di</strong> alta qualità che giri provincia<br />

per provincia, città per città, e faccia conoscere ai giovani queste opere. Quali migliori<br />

ascoltatori e spettatori potrebbe trovare?<br />

Non sono solamente io ad ignorare gran parte <strong>di</strong> questa produzione: eppure da molti<br />

anni mi occupo <strong>di</strong> critica <strong>cinema</strong>tografica. Nessuno dei nostri giovani conosce questi<br />

prodotti che continuamente avete citato tra <strong>di</strong> voi. E’ evidente che nella scuola, forse,<br />

troverete il campo più fertile <strong>di</strong> applicazione e <strong>di</strong> interesse e anche la maniera <strong>di</strong> fare<br />

proseliti. Se il cineamatore non si costruisce una serie <strong>di</strong> agganci, provocando<br />

l'interesse <strong>di</strong> altri che vogliano considerare il passo ridotto come uno strumento <strong>di</strong><br />

scoperta della realtà mi pare evidente che ogni vostra fatica rischia <strong>di</strong> perdersi, non <strong>di</strong>co<br />

in futilità, ma sicuramente viene isterilita. Ora se noi consideriamo questo come un<br />

punto <strong>di</strong> arrivo (tra la scuola e il cineamatore) nei confronti della società, esiste anche<br />

un ostacolo che va chiarito nelle sue contrad<strong>di</strong>zioni, nei suoi no<strong>di</strong> <strong>di</strong> confusione interna.<br />

Se voi prendete quello che vi <strong>di</strong>sgusta nel lavoro del cineamatore (appunto, questo<br />

accademismo, questo pestare l'acqua nel mortaio, ecc.) e riportate questa situazione<br />

nella scuola, voi la ritroverete ripetuta pari pari. Da una parte, infatti, trovate l'energia<br />

prima (la presenza dei giovani come esaltazione verso una scoperta anche drammatica<br />

della realtà) e, contemporaneamente, trovate una pressione burocratica che mira<br />

unicamente a <strong>di</strong>struggere, a insabbiare, a deprimere questi slanci e queste iniziative. Vi<br />

voglio citare un episo<strong>di</strong>o dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> un'esperienza precisa. Pren<strong>di</strong>amo per le<br />

mani "I sepolcri" e compiamo un'operazione <strong>di</strong> carattere accademico. Il professore<br />

potrà avere forza <strong>di</strong> persuasione e, ad un certo punto, si accorgerà che i suoi ascoltatori<br />

sono convinti <strong>di</strong> quello che ha detto e possono anche consentire con lui; ma<br />

contemporaneamente si accorge che quella sua cerchia scolastica sta<br />

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approvvigionandosi altrove leggendo la letteratura a base fumettistica. Sicché nello<br />

stesso tempo applaude "I Sepolcri" e "Grand Hotel". Tale è la nostra <strong>di</strong>sfunzione<br />

nella tecnica dell'educazione estetica che produciamo una popolazione scolastica<br />

<strong>di</strong>sposta ad applau<strong>di</strong>re per un momento "I Sepolcri" e il 31mo Canto dell'Inferno, ma<br />

contemporaneamente nel proprio intimo applaude una letteratura o un film che non è<br />

altro che un'elaborazione fumettistica <strong>sul</strong>la base <strong>di</strong> "Grand Hotel". Voglio <strong>di</strong>re che<br />

esiste evidentemente un <strong>di</strong>fetto in partenza e un <strong>di</strong>fetto grave poiché dalla scuola<br />

escono i cineamatori o escono coloro che si interessano <strong>di</strong> <strong>cinema</strong>. E il <strong>di</strong>fetto sta in<br />

questo: nella incapacità della comunicazione, nella pretesa <strong>di</strong> elargire dall'alto, sempre<br />

e unicamente, le opere d'arte.<br />

Ma dove aprire questo <strong>di</strong>alogo se non nella scuola? L'esempio che io ho portato<br />

continua in questo senso. E' un esempio che ho sperimentato personalmente appunto<br />

quando mi sono reso conto <strong>di</strong> questa incapacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogare con i miei scolari. Mi è<br />

venuto in mente <strong>di</strong> prendere ad un certo punto "Grand Hotel" ed introdurlo nella<br />

scuola: volevo vedere se era possibile metterci d'accordo, se potevamo sentire la<br />

<strong>di</strong>suguaglianza tra un fatto che si chiama opera d'arte ed uno che non ha nulla a vedere<br />

con l'arte. Ma movendo dal punto <strong>di</strong> partenza dei ragazzi, non dall'opera d'arte. Ho<br />

portato in classe una collezione <strong>di</strong> "Grand Hotel" (stupore nel corpo accademico<br />

perché queste cose devono stare fuori dalla scuola, perché la scuola non si occupa se<br />

non <strong>di</strong> quello che è prescritto, se non <strong>di</strong> quanto viene depositato in forme statutarie,<br />

ecc.) e si comincia a leggerlo insieme. La classe è una classe abbastanza sveglia.<br />

Siccome ci sono le lavagne e gli allievi sono abituali a <strong>di</strong>segnare, cominciamo a fissare<br />

(dopo una lettura ripetuta ogni lunedì) le componenti <strong>di</strong> questi racconti. Quando<br />

interviene la scena madre e la bella ragazza è salvata e si riconosce che è figlia del<br />

conte ecc. ci si accorge dopo un po' che esistono delle componenti fisse.<br />

Evidentemente, il ragazzo, ad un certo punto, sente che il lavoro <strong>di</strong>venta abbastanza<br />

facile e che lo potrebbe fare anche lui.<br />

In un secondo momento, proviamo quin<strong>di</strong> insieme, a congegnare un lavoro del genere.<br />

Le componenti sono quelle, il materiale è <strong>di</strong>sposto davanti; ve<strong>di</strong>amo se i pezzi possono<br />

essere raccordati. Ed allora entusiasticamente si comincia a stabilire il filo <strong>di</strong> un<br />

racconto, un gruppo <strong>di</strong>segna la bionda, un altro gruppo la bruna, ecc. Il racconto riesce<br />

perfettamente.<br />

Dopo il fervore della composizione, resta nei ragazzi qualcosa come un senso <strong>di</strong> vuoto.<br />

Allora li invitai a collaborare nella scoperta <strong>di</strong> film per i quali valesse la stessa salsa e<br />

manipolazione. Insomma: data la formula o anche tipo, trovare le innumerevoli soluzioni<br />

e varianti. E’ qui che l'insegnante prova l'emozione <strong>di</strong> vedere spuntare, per così <strong>di</strong>re, dal<br />

basso, dalla selezione autonoma operata dai ragazzi, il solito «Catene», e poi via via:<br />

«Sansone e Dalila», «Sangue e arena», «Via col vento», «Anna», «Tormento», ecc.<br />

Ed ora (non prima!) resta il confronto, leggo «Chiaro <strong>di</strong> luna» <strong>di</strong> Maupassant e «La<br />

voglia <strong>di</strong> dormire» <strong>di</strong> Cecov: due piccoli capolavori. Poi propongo <strong>di</strong> scomporre anche<br />

queste novelle. I ragazzi si pongono al lavoro con la stessa alacrità della prova<br />

precedente; in<strong>di</strong>viduati alcuni elementi dalla trama, "smontano" le varie parti. Bisogna<br />

ora, adoperando il materiale or<strong>di</strong>natamente <strong>di</strong>sposto sotto gli occhi, comporre una<br />

"storia" pari a quella <strong>di</strong> Cecov e Maupassant . Questa volta il tentativo non approda a<br />

niente: la grossolanità e la miseria delle nostre "storie" si manifestava con una nettezza<br />

inau<strong>di</strong>ta. Perché questa era la poesia; la "novità" veniva assimilata nel corso <strong>di</strong> una<br />

- 53 -


concreta esperienza. Su questa anche limitata base comune potevo ora parlare della<br />

poesia <strong>di</strong> «Paisà» o della poesia de «I Sepolcri»<br />

Contemporaneamente (ecco perché si è citato questo esempio) la cultura accademica<br />

dell'insegnante si accorge che dentro un prodotto informe come il fumetto il ragazzo ci<br />

mette qualche cosa <strong>di</strong> valido che da un punto <strong>di</strong> vista "estetico" sembra assolutamente<br />

inesistente; colui che si appassiona ad una letteratura così deteriore aggiunge una<br />

esigenza che non è stata ancora esau<strong>di</strong>ta: una sete <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> sentimenti. Per esempio,<br />

quello della giustizia che deve essere premiata, dell'innocenza che deve trionfare.<br />

Elementi che nel fumetto non esistono, evidentemente, se non in un embrione, e che<br />

l'oppio del racconto fa deviare, ma che sono in<strong>di</strong>ce della presenza necessaria <strong>di</strong> cose<br />

autentiche e precise che devono essere rispettate. Con questo voglio <strong>di</strong>re che quel<br />

guaio (il <strong>di</strong>spregio per le opere "brutte" non perfette formalmente, le "preziose"<br />

spiegazioni dei valori estetici calate dall'altro, ecc.) che sta <strong>di</strong>ssestando la situazione<br />

scolastica rischia <strong>di</strong> ripetersi se noi indugiamo ancora nella pretesa <strong>di</strong> trovare<br />

continuamente l'artista <strong>di</strong>etro la porta del cineamatore.<br />

Se noi introduciamo nella presenza scolastica questo senso drammatico delle cose,<br />

questa apertura verso gli altri, allora evidentemente troviamo la possibilità, da parte<br />

della vecchia cultura accademica, <strong>di</strong> aprirsi ad un <strong>di</strong>alogo. L'essenziale sta nell'apertura<br />

<strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo. Se noi riusciamo a servirci del formato ridotto per un'esplorazione<br />

inesausta della realtà (che non abbia ogni momento il timore <strong>di</strong> essere ostacolata dalle<br />

"sovrane" leggi dell'arte e così via), se l'adoperiamo come un mezzo <strong>di</strong> comprensione<br />

critica della realtà, io penso che allora si potrà giungere non ad un scambio <strong>di</strong> poche<br />

persone, ma ad un reclutamento <strong>di</strong> massa <strong>di</strong> cineamatori.<br />

7.8 Gabriele Can<strong>di</strong>olo<br />

Lo Spini ha cominciato bene: "Oggi, mattina <strong>di</strong> Pasqua, improvvisamente bufera <strong>di</strong><br />

neve è passata". Io, più che una relazione e una controrelazione, faccio una<br />

confessione. Sono caduto in un grande equivoco e quelli che mi hanno preceduto non<br />

mi hanno ancora spiegato (controbattendo le parole dello Spini, o per lo meno<br />

illustrandole), cosa effettivamente Spini voleva <strong>di</strong>re. Quin<strong>di</strong>, parola <strong>di</strong> un cineamatore<br />

ignorante, le mie, per lo meno in questa sede. Siccome, fondamentalmente, sono<br />

sempre stato d'accordo con Spini, c'è ora uno strano dualismo in me. Sono d'accordo e<br />

sono confuso. Quin<strong>di</strong> non d'accordo. Sento il bisogno <strong>di</strong> parlarne proprio per reazione,<br />

anche perché Spini si attende delle reazioni dai cineamatori.<br />

Per me Spini è un uomo da avvicinare, da solo a solo, in poltrona. Davanti al<br />

microfono, non so come, assume un piglio <strong>di</strong>ttatoriale, trascinatore, il che per la persona<br />

me<strong>di</strong>a (come mi reputo io e come in fondo lo saranno tanti altri) è pericoloso. Spini è la<br />

stricnina che, presa in piccole dosi, è un ricostituente, ma, in dose poco più che<br />

normale, è un veleno. Non so, sarà forse un mio concetto esagerato. Probabilmente io<br />

voglio soltanto che metta acqua in questa miscela, che me la spieghi, me la <strong>di</strong>luisca.<br />

Spini, ad un certo momento, <strong>di</strong>ce che è sparito dal nostro tempo lo spazio del<br />

sentimento e <strong>di</strong>ce, giustamente, che le bombe che cadevano a Londra non<br />

impressionavano le persone <strong>di</strong> Bergamo. Ma io penso, che non soltanto a Bergamo<br />

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non pensavano a Londra, ma ad<strong>di</strong>rittura in un quartiere non pensavano ad un altro<br />

quartiere, la famiglia non pensava all'altra famiglia.<br />

Mi pare che questo sia cosa naturale. Siamo uomini pieni <strong>di</strong> debolezze e lo <strong>di</strong>mostriamo<br />

ogni momento; i santi e gli eroi non esistono; esistono situazioni che creano santi ed<br />

eroi.<br />

Spini mi ha proposto un mucchio <strong>di</strong> interrogativi: eravamo più buoni nella preistoria?<br />

Nel Me<strong>di</strong>oevo? Eravamo buoni ieri? Siamo più o meno buoni oggi? Credo che non sia<br />

possibile rispondere, perché ogni epoca ha una "sua" umanità; ogni umanità forma la<br />

sua epoca.<br />

Dice che dopo le varie emozioni dello sputnik siamo infasti<strong>di</strong>ti dal ritardo nel<br />

raggiungere la luna. Questo non è vero: non siamo infasti<strong>di</strong>ti, siamo ansiosi. E' una<br />

sfumatura importante. C'è ansia per questa conquista, la stessa ansia che permeava i<br />

bergamaschi domenicali sui prati bresciani. Mi pare che, in fondo, non sia cambiato<br />

nulla. E' questo che mi pone tanta confusione. Non ho capito a che cosa voleva tendere<br />

Spini. Questo fatto <strong>di</strong> fasti<strong>di</strong>o fa sembrare che Spini voglia <strong>di</strong>re che l'umanità non<br />

assimila, non si adegua alla civiltà. Ma allora, che cosa vuol <strong>di</strong>re evoluzione, progresso,<br />

civiltà? Penicillina e sputnik <strong>di</strong>vengono dei fattori negativi? Spini <strong>di</strong>venta un<br />

domenicano che processa Galileo!<br />

Parla <strong>di</strong> verità: l'uomo è lontano dalla sua verità. Ed io mi domando: che cosa è la verità<br />

dell'uomo? Quale è la verità? Vedo che sono problemi lontani dalla nostra possibilità<br />

umana, ma che è giusto porli, in quanto è una forma <strong>di</strong> cultura e <strong>di</strong> indagine in noi<br />

stessi.<br />

Penso, però, che l'uomo che riuscirà a scoprire la verità sarà quello che si troverà <strong>di</strong><br />

fronte all’ULTIMA immane scissione nucleare.<br />

Ripeto: sono in una enorme confusione. Sono un cattolico e Spini ha provocato in me<br />

delle domande strane, dei problemi strani. Dice: "Non vi siete accorti dell'imminenza<br />

<strong>di</strong> un nuovo paganesimo". Ad un certo momento, m'è venuta fuori questa<br />

proposizione: ma non saranno piuttosto le religioni a non essere più sufficienti?<br />

A non rispondere più a tutte le esigenze dell’uomo? Ed a questo punto vengo portato a<br />

pensare che la Chiesa sia la capanna dello stregone e noi delle povere anime<br />

terrorizzate da misteriosi dogmi. Ma questo allora non è paganesimo; è affrancazione<br />

dell'anima che si evolve verso una libertà <strong>di</strong> spirito, con tutti i pericoli connessi. Pericoli<br />

che vanno affrontati, perché la finalità è libertà. Forse, questa libertà è Dio. Non lo so.<br />

Mi viene facile <strong>di</strong> pensare che la religione non è Dio, ma è inventiva dell'uomo. E allora<br />

l'uomo non ha il dovere della fedeltà alle sue invenzioni, perché avendole inventate, può<br />

anche, in un certo momento, rinnegarle.<br />

Spini, ad un certo punto, porta quale esempio <strong>di</strong> paesi progre<strong>di</strong>ti la Danimarca, la<br />

Svezia, la Finlan<strong>di</strong>a… Ma il <strong>di</strong>scorso è universale! Debbo allora chiedermi: queste<br />

nazioni che religioni hanno? Quali usi? Quali costumi? Queste loro comunità operanti,<br />

quali origini hanno avuto? Origini pacifiche? Origini belliche? Come si sono costruite<br />

queste unità? Può darsi che noi italiani ce la stiamo costruendo ora .... Siamo degli<br />

improvvisatori. Ma chi non è improvvisatore? Da un giorno all'altro si improvvisano paci,<br />

alleanze, colonie <strong>di</strong>ventano Stati liberi, Stalin si trasforma in Kruscev. Credo che<br />

l'improvvisazione sia ad<strong>di</strong>rittura la base della filosofia umana. Improvvisazione che può<br />

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durare un giorno, un anno, un secolo, <strong>di</strong>ecimila anni. E’ questo che mi sta ingenerando<br />

grande confusione.<br />

Ad un certo momento Spini parla <strong>di</strong> Uomo - società. "Può essere che, nello stesso<br />

tempo dell'impresa lunare, Milano e Napoli si <strong>di</strong>leggino? Nord e Sud si<br />

arroventino?" Sì, è vero. Ma questo accade dappertutto. In America, ad esempio: ci<br />

sono negri e bianchi, ci sono gialli e rossi. Nel mondo ci sono, i bion<strong>di</strong>, i bruni, gli<br />

intelligenti, gli sciocchi. C'è <strong>di</strong>fferenziazione. C'è razzismo. Allora c'è solo una risposta:<br />

"è giusto che ci sia razzismo, perché esso proviene da <strong>di</strong>fferenziazioni dettate<br />

dalla natura." Ve<strong>di</strong>amo i problemi grossi!<br />

Il piccolo paese siciliano che ha 62 in<strong>di</strong>vidui assassinati: non lo vedo solo come un<br />

problema morale, lo vedo come un problema economico. Un problema che sorge in<br />

quanto questa gente è abbandonata non ha la possibilità <strong>di</strong> potersi costruire una civiltà<br />

morale.<br />

Uomo - cultura: d'accordo, per noi italiani è molto pesante il periodo del ventennio<br />

fascista che ci ha bloccati in un deleterio provincialismo; ci si vantava <strong>di</strong> affermazioni<br />

non nostre, ecc… E' vero, però non vorrei che questo "ventennio" <strong>di</strong>venti una comoda<br />

scusa. Del resto il "deleterio provincialismo" a cui allude lo Spini colpisce<br />

inevitabilmente un po' tutti. Perché parlare solo dell'Italia? Guardate gli americani:<br />

erano abituati ad essere i più forti, erano sempre i più bravi, vincevano le guerre. Ad un<br />

certo momento è arrivata la Corea. Mandavano i razzi <strong>sul</strong>la luna, ed un bel momento è<br />

arrivata la Russia con gli "sputnik".<br />

Non so, mi pare che esista una sorta <strong>di</strong> nazionalismo universale, che ci porta a queste<br />

considerazioni.<br />

D'altra parte, sono tutte cose giuste: La "pregnante letteratura americana che noi<br />

non abbiamo avuto", che abbiamo avuto con tanto ritardo… Mi è parso tutto vero; poi<br />

mi è venuto in mente la Russia. La Russia è isolata, ha subito anni <strong>di</strong> isolamento, la<br />

Russia non ha avuto la letteratura americana, la Russia (stando almeno a quello che si<br />

<strong>di</strong>ce) è isolata in una censura ferrea.<br />

Eppure la letteratura russa non è morta, le scienze e la tecnologia hanno segnato<br />

progressi favolosi, Mi si potrà obiettare che architettura e pittura non esistono in Russia,<br />

ma posso contro obiettare che non ci sono mai state pittura e architettura in Russia;<br />

pittura e architettura intese come caposcuola, come in<strong>di</strong>cazione.<br />

Io non sono architetto e quin<strong>di</strong> parlo per pure impressioni. Spini mi <strong>di</strong>ce che De Stijl e<br />

Gropius sono arrivati in Italia con ritardo. Io <strong>di</strong>co che sarebbero in ogni caso arrivati<br />

irrime<strong>di</strong>abilmente <strong>di</strong>eci anni dopo qui in Italia, perché è nella nostra indole, nella nostra<br />

natura. Abbiamo bisogno <strong>di</strong> macerare, <strong>di</strong> assimilare queste personalità. Per quello che<br />

si riferisce al Cinema ed al nostro tempo sono d'accordo.<br />

Posso semplicemente osservare che c'è una grossa frattura nella mia comprensione<br />

nello Spini. Cioè, tutto quanto è premessa mi ha posto un sacco <strong>di</strong> problemi ed<br />

incertezze mentre sono d'accordo con lui quando conclude.<br />

Sento perciò il bisogno <strong>di</strong> soggiungere, più semplicemente (restando nel nostro ambito<br />

cineamatoriale) che dobbiamo avere una profonda sincerità con noi stessi e con i nostri<br />

simili; una ricerca dei nostri "perché"; dei nostri bisogni ed una effettiva necessità <strong>di</strong><br />

comunicazione. Se ciò sarà raggiunto, forse riusciremo ad arrivare al fatto Artistico, al<br />

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fatto Culturale, perché in questo modo, Arte e Cultura saranno una cosa semplice che<br />

vive dentro <strong>di</strong> noi. Resta il fatto, comunque, che Spini mi è debitore <strong>di</strong> tanti dubbi ed<br />

incertezze. Dubbi ed incertezze che toccano il problema "Cinema" solo in<strong>di</strong>rettamente,<br />

ma che per la loro complessità e per la stabilità della mia coscienza <strong>di</strong> cineamatore,<br />

vorrei che pagasse al più presto attraverso una sua pubblica e come sempre<br />

interessante chiarificazione.<br />

7.9 Vincenzo Siniscalchi<br />

Sono veramente entusiasta <strong>di</strong> questa parentesi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, <strong>di</strong> esperienza che anche io<br />

compio e che è come un richiamo nostalgico, sotto certi aspetti, perché mi riporta alle<br />

<strong>di</strong>scussioni che cominciano con l'ABC. Tante volte può essere utile, può essere<br />

opportuno. Per rimanere rigorosamente nel tema così eccitante della relazione <strong>di</strong> Spini,<br />

cercherò <strong>di</strong> limitarmi a considerazioni che non rivestono certo un contenuto critico nei<br />

confronti <strong>di</strong> un autore, ma tale contenuto assumono nel momento in cui Spini <strong>di</strong>venta<br />

critico e <strong>di</strong>mentica <strong>di</strong> essere autore.<br />

E’ un Savonarola e propone il bruciamento della vanità. E' un Savonarola o, per<br />

rimanere in termini più attuali e più affini (e per riportarci nella <strong>di</strong>mensione culturale<br />

proposta da Serravalli) è un Musil che si ferma, approfon<strong>di</strong>sce, ed esaspera ancora <strong>di</strong><br />

più l'analisi <strong>di</strong> questo "uomo senza qualità". Però è anche un moralista (egli stesso lo<br />

riconosce). Conclude la sua relazione con una esortazione, con un incitamento <strong>di</strong><br />

carattere moralistico. (Badate "bene: io do al termine "moralistico" il significato che il<br />

termine veramente ha, non do significazione <strong>di</strong> carattere polemico corrente). Ebbene,<br />

se così stanno le cose io Vi <strong>di</strong>co: ho paura del moralismo. Del moralismo del critico, non<br />

dell'autore.<br />

Ho paura dell'in<strong>di</strong>cazione perché si comincia con un'in<strong>di</strong>cazione che sembra protesa<br />

soltanto all'analisi del mondo circostante e si finisce coll'offrire delle in<strong>di</strong>cazioni che<br />

indubbiamente lo stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> una particolare problematica (qual’è la problematica del<br />

<strong>cinema</strong> d'amatore) a mio avviso non può offrire.<br />

Non sono l'ultimo crociano, non sono l'ultimo gentiliano, sono soltanto un critico e<br />

ritengo <strong>di</strong> dover fare questa affermazione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza artistica <strong>di</strong> fronte alle<br />

conclusioni <strong>di</strong> Spini. Le premesse, purtroppo, ci trovano concor<strong>di</strong>: la catastrofe del<br />

fariseismo, del puritanesimo, i sepolcri imbiancati che puzzano sempre più, e con il loro<br />

puzzo hanno ammorbato anche l'aria degli ambienti nei quali noi avevamo l'entusiasmo<br />

<strong>di</strong> vivere fino a qualche giorno innanzi.<br />

Siamo d'accordo nei rilievi polemici, d'accordo anche nell' esasperazione. E' un pò' lo<br />

stesso grido che lanciava Luchino Visconti quando nel 1943 chiedeva il <strong>cinema</strong><br />

antropomorfo. Noi abbiamo bisogno <strong>di</strong> un <strong>cinema</strong> d'amatore antropomorfo. Credo che<br />

questo sia il senso positivo, il succo che interessi i cineamatori da tutta la relazione <strong>di</strong><br />

Spini. Ma non partendo dalle posizioni esistenziali <strong>di</strong> Tito Spini e non partendo dalle<br />

considerazioni che riecheggiano il Camus de "L'uomo in rivolta".<br />

Un <strong>cinema</strong> antropomorfo, ma per l'uomo così com'è; per la società italiana così com'è,<br />

senza inten<strong>di</strong>menti "moralistici", senza finalizzazioni, perché le finalizzazioni, la<br />

teleologia, la speculazione può essere pericolosa soprattutto in una manifestazione così<br />

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genuina, così spontanea, e anche così limitata come il <strong>cinema</strong> <strong>di</strong> amatore, costretto<br />

molto spesso alle <strong>di</strong>mensioni soltanto <strong>di</strong> una occasione <strong>di</strong> colloquio.<br />

Costretto anche per il suo aspetto "fisico" a fornire modeste possibilità espressive nei<br />

confronti del <strong>cinema</strong> professionale che, a mio modesto avviso, deve pur sempre fare da<br />

sfondo all'in<strong>di</strong>rizzo che sceglie il <strong>cinema</strong> d'amatore.<br />

Spini si <strong>di</strong>batte nella stessa orbita <strong>di</strong> Antonioni, e, per certi aspetti, si rifà alla stessa<br />

ispirazione (che non è soltanto antropomorfica) <strong>di</strong> Bergman, ma, nel momento in cui si<br />

pone un inten<strong>di</strong>mento moralistico, riduce nella sclerosi contenutistica quella che è<br />

l'ispirazione iniziale.<br />

Comunichiamo, <strong>di</strong>ce Spini. Esigenza della comunicazione, del <strong>di</strong>alogo fra i cineamatori<br />

ma non per collocarci in una <strong>di</strong>mensione in<strong>di</strong>viduale <strong>di</strong> pensiero, aggiungiamo.<br />

Comunicare, ma non per rivoluzionare i canoni del pensiero. Sarebbe questa un'opera<br />

indubbiamente lodevole, ma peccherebbe <strong>di</strong> presunzione nei confronti della limitatezza<br />

del mezzo che si ha a <strong>di</strong>sposizione. Aggiungo ancora: comunicare, ma nell'ambito <strong>di</strong><br />

uno stile.<br />

Ritengo che il problema del <strong>cinema</strong> <strong>di</strong> amatore sia, forse, da ricondursi nell'ambito <strong>di</strong><br />

una problematica <strong>di</strong> stile e tra gli stili espressivi preferisco quello che più è coerente con<br />

la tra<strong>di</strong>zione culturale italiana, non quella magniloquente, pomposa, retorica, cui<br />

opportunamente accennava Spini nel corso della sua relazione (relazione che ha il<br />

grande pregio della sincerità, della lealtà, che l'arricchisce al <strong>di</strong> là delle posizioni<br />

personalistiche, perché viene in un particolare momento della cultura italiana, della<br />

società italiana, un momento <strong>di</strong> ipocrisia, <strong>di</strong> pesantezza, <strong>di</strong> particolare crudeltà<br />

ideologica). Io vi <strong>di</strong>co, cineamatori, mantenetevi fin quanto è possibile aderenti allo stile<br />

della realtà, allo stile del neorealismo.<br />

Quando si è tentato <strong>di</strong> teorizzare il neorealismo, lo si e tra<strong>di</strong>to perché esso era<br />

essenzialmente un problema <strong>di</strong> stile, un problema <strong>di</strong> scelta <strong>di</strong> espressione, e risolvendo<br />

il problema <strong>di</strong> stile il neorealismo si imponeva come la continuità dell'autentica<br />

tra<strong>di</strong>zione narrativa, letteraria culturale italiana. Forse il superstite richiamo che può<br />

venire da un critico, in un Convegno del genere, è proprio l'esortazione al linguaggio<br />

chiaro, imme<strong>di</strong>ato, umano, del neorealismo. A me piace il <strong>di</strong>scorso in questi termini.<br />

Come ho detto all’inizio io ho paura del moralismo. Lessi su una rivista un articolo che<br />

aveva del paradossale ma che era vero. Riportava uno dei primi <strong>di</strong>scorsi prodotti<br />

nell'ambito <strong>di</strong> quell’ “amoralismo” <strong>di</strong> cui parlavo poc'anzi, era un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Goebbels,<br />

Ministro della propaganda tedesca. Strano, si può cominciare a volte con un anelito <strong>di</strong><br />

generosità, ma fatalmente si finisce con l'imporre determinate soluzioni nell'artista. Ecco<br />

perché anche il problema del <strong>cinema</strong> d'amatore, e dell'estetica del <strong>cinema</strong> d'amatore si<br />

riconduce alle piccole proposizioni crociane o alle gran<strong>di</strong> proposizioni crociane alle<br />

piccole proposizioni gentiliane o alle gran<strong>di</strong> proposizioni gentiliane. Superamento del<br />

mezzo meccanico, descrivere <strong>sul</strong>lo schermo, <strong>di</strong>ce Gentile, l'uomo come esso è, l'uomo<br />

come è nella vita reale, ma superamento del mezzo meccanico per raggiungere quella<br />

sensibilità poetica, lirica che, anche nella crudezza del linguaggio realistico deve pur<br />

sempre rappresentare la nota <strong>di</strong>stintiva dell'opera d'arte da quella <strong>di</strong> psicologia.<br />

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7.10 Luigi Turolla<br />

Mi vorrei considerare un po' il manovale della pellicola ed evito <strong>di</strong> ragionare su pensieri<br />

e su concetti ecc. Scendo sempre a cose pratiche, come ieri. Con<strong>di</strong>vido perfettamente<br />

quello, che ha detto Spini e lo applaudo. Però c'è un fatto che noi dobbiamo tenere<br />

presente, la costituzione del nostro sodalizio: come siamo fatti e chi produce i film. Noi<br />

conosciamo i cineamatori e sappiamo che possono avere le ispirazioni più vaghe, ma la<br />

pellicola è loro, la macchina è loro, il tempo è loro. Credo che (prima <strong>di</strong> pianificare, <strong>di</strong><br />

dare in<strong>di</strong>rizzi, anche se meravigliosi) dobbiamo preoccuparci <strong>di</strong> invogliare questa gente<br />

a fare un qualcosa, ma, per favore, che non sia tutto impegnato, che non sia tutto su<br />

questo stile, altrimenti il <strong>cinema</strong> d'amatore verrebbe a cadere. Accettiamo anche gli altri<br />

filmetti e le altre cose. Cioè, mi sembra che Spini abbia visto quello che lui vuol fare e<br />

quello che tra l'altro, anch'io vorrei fare, <strong>di</strong>menticando tutti gli altri. Riferendomi,<br />

all’attuazione pratica dobbiamo arrivare a vedere quali sono i gra<strong>di</strong>ni, le strade, per<br />

arrivare a mettere il nostro messaggio non in una bottiglia e rimandarlo per il mare, ma il<br />

nostro messaggio poterlo offrire a migliaia e migliaia <strong>di</strong> persone. Le seimila persone (cui<br />

si parlava) perché questi <strong>di</strong>scorsi che abbiamo fatto possano essere veramente vali<strong>di</strong>,<br />

dovrebbero <strong>di</strong>venire improvvisamente un milione, due milioni. D'accordo, è importante<br />

fare dei film, precisi e perfetti. Però preoccupiamoci in sede in un Convegno <strong>di</strong> come<br />

<strong>di</strong>vulgare i nostri film e come arrivare a quella TV nella quale eravamo già tre o quattro<br />

anni fa.<br />

Perché la TV, dopo aver fatto il giovedì del cineamatore, ci ha <strong>di</strong>menticato? Forse, è<br />

anche colpa nostra perché non abbiamo offerto con i nostri film un'attrattiva particolare.<br />

Ma io mi domando sé due ore <strong>di</strong> nostri film non attraggono per esempio l'attenzione del<br />

pubblico più <strong>di</strong> un "Costa Azzurra?” Sono idee sballate, sono idee forse campate in aria,<br />

ma in questa sede noi dobbiamo anche ragionare <strong>di</strong> come organizzare uno spettacolo<br />

nostro <strong>di</strong> sei, sette film, per un pubblico normale <strong>di</strong> sala pubblica.<br />

Dopo queste uscite verso il pubblico, dopo queste puntate pubblicitarie potremo<br />

finalmente parlare dei nostri in<strong>di</strong>rizzi, dei problemi <strong>di</strong> fondo, ecc. Mi sembra che stiamo<br />

perdendo tempo e che tutte le parole dette, le dovremo <strong>di</strong>re, ma più tar<strong>di</strong>.<br />

Facciamoci intanto un'antologia del cineamatorismo e guar<strong>di</strong>amoci bene dall'in<strong>di</strong>rizzare<br />

i nostri film verso qualcosa che non sia l'arte, parolona che mi <strong>di</strong>ce sei libero, <strong>di</strong>mmi chi<br />

sei, quanto pesano i tuoi pensieri .... Vorrei pensare al cineamatorismo come alla più<br />

genuina cineteca del nostro tempo. Mettiamo nei nostri film il prurito dei nostri anni,<br />

l'angoscia dei problemi da risolvere ed il giu<strong>di</strong>zio <strong>sul</strong>le cose avvenute, facciamo che a<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> anni, volendo ricordare gli uomini dell'anno ‘61 o della data che volete, si<br />

cerchi ansiosamente non tra i film commerciali, ma tra i nostri, il vero pensiero, le vere<br />

idee scevre da interessi, pure, e il senso del tempo vissuto.<br />

Occorre lavorare sodo, e molto. La cosa più importante non è <strong>di</strong> contare le nostre<br />

briciole o cesellare le targhe delle nostre coppe, ma <strong>di</strong> navigare il più possibile, <strong>di</strong><br />

produrre credendo a quello che si fa.<br />

Ripeto scherzando: sono un po' il manovale della pellicola e vado troppo spesso a cose<br />

tremendamente concrete; mi spiace <strong>di</strong> non trattare altri argomenti che non siano la<br />

"cosa" da <strong>di</strong>re, senza sfumature ornamentali.<br />

Vi ringrazio dell'attenzione.<br />

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7.11 Pietro Corrado<br />

Ho chiesto <strong>di</strong> intervenire nella relazione Spini con piena coscienza <strong>di</strong> aver poco o<br />

ad<strong>di</strong>rittura niente da obiettare su quanto egli ha, in maniera veramente felice, esposto.<br />

Ma qualche punto <strong>di</strong> aggancio sono riuscito a trovarlo ed esso mi permetterà (oltre che<br />

<strong>di</strong> presentare le mie opinioni su certi punti trattati da Spini) <strong>di</strong> sviluppare alcuni concetti<br />

<strong>di</strong> particolare importanza per il <strong>cinema</strong> <strong>di</strong> amatore. Concetti, forse, troppo elementari per<br />

interessare gli altri inten<strong>di</strong>menti culturali dello Spini, ma <strong>di</strong> primaria importanza per la<br />

vita <strong>di</strong> un buon <strong>cinema</strong> d'amatore. E’ da tempo che vado auspicando una chiarificazione<br />

<strong>sul</strong> modo <strong>di</strong> intendere il <strong>cinema</strong>, come, arte e da altrettanto tempo mi è dato subire la<br />

mortificazione della sufficienza con cui si accettano le mie osservazioni ed i miei<br />

interrogativi. Costoro mi fanno pensare ai fenomeni naturali, che vanno accettati così<br />

come sono e senza <strong>di</strong>scussione. Pare che i loro punti <strong>di</strong> vista siano dei postulati ed i<br />

miei dei semplici perché infantili. Più volte, infatti, ho <strong>di</strong>mostrato le mie tesi ed ho<br />

chiesto <strong>di</strong>mostrazione delle loro. Ogni volta le loro risposte sono state un ricamo <strong>di</strong><br />

sufficiente evasività. La fiducia che ho nella serenità <strong>di</strong> questo convegno (e la speranza<br />

che in esso si stabiliscano dei patti veramente positivi) da il coraggio <strong>di</strong> riproporre le mie<br />

tesi. Io credo fermamente nel <strong>cinema</strong> quale arte dell'immagine in movimento, ma<br />

ritengo possibile ammettere - in linea subor<strong>di</strong>nata - una <strong>di</strong>versa accezione del film,<br />

sempre che questo non autorizzi a credere in una deviazione dei miei principi<br />

fondamentali.<br />

Senza derogare a niente <strong>di</strong> quanto ho asserito, posso giustamente concedere la<br />

possibilità usare il <strong>cinema</strong> come mezzo solamente informativo e, pertanto, svincolato<br />

dall'obbe<strong>di</strong>enza al suo linguaggio più peculiare, quello dell'immagine <strong>di</strong>namica. Non è<br />

una vera concessione questa poiché gli altri mezzi espressivi si prestano ad una duplice<br />

possibilità <strong>di</strong> impiego: è scrittura la letterina del soldato e le lettere <strong>di</strong> Jacopo Ortis; è<br />

pittura il ritratto del <strong>di</strong>lettante e la Gioconda; è <strong>cinema</strong> la cronaca filmata e l'Aleksandr<br />

Nevskij. Ma, mentre l'uno è il ri<strong>sul</strong>tato del semplice uso <strong>di</strong> un mezzo <strong>di</strong> espressione,<br />

l’altro è il prodotto artistico, derivato dal geniale impiego <strong>di</strong> un mezzo che (secondo un<br />

linguaggio appropriato) si è fatto stile. Finché riteniamo <strong>di</strong> usare il <strong>cinema</strong> solamente per<br />

scopo informativo conce<strong>di</strong>amoci pure l'ausilio complementare <strong>di</strong> altri mezzi non<br />

propriamente <strong>cinema</strong>tografici, ma, quando ten<strong>di</strong>amo all'arte, dovremo dare al linguaggio<br />

filmico il suo esatto valore e non scantonare dai limiti che esso ci impone. Fin qui sono<br />

rimasto <strong>sul</strong>le generali. Vengo ora al particolare. L’immagine e la parola sono due mezzi<br />

<strong>di</strong> espressione <strong>di</strong>fferenti, anche se considerati solamente in rapporto al loro <strong>di</strong>verso<br />

effetto fisico. L'una, interessa la vista, l'altra l’u<strong>di</strong>to. Nella sua millenaria esistenza il<br />

teatro, facendo uso della parola quale mezzo <strong>di</strong> espressione, ha toccato spesso le più<br />

alte vette dell'arte. Il <strong>cinema</strong>, nato in <strong>di</strong>retto rapporto alla immagine, <strong>di</strong>venne arte solo<br />

quando riuscì a scoprire il vero volto delle cose, la mimica della natura e la<br />

drammaturgia della macrofisionomia. Con Lumière fu il mezzo a comunicare, con<br />

Charlie Chaplin fu il linguaggio a trasfigurare gli elementi visibili ed a creare la<br />

commozione nello spettatore. Ed è innegabile che dal <strong>cinema</strong> "muto" nacquero opere <strong>di</strong><br />

vera arte.<br />

Se mi si contesta questa affermazione allora sarà il caso <strong>di</strong> aggiornarci la data <strong>di</strong><br />

nascita del <strong>cinema</strong> e rinnegare tutta l'opera precedente al 1928; da Griffith a Chaplin,<br />

da Von Stroheim ad Eisenstein. Oggi, e solamente oggi, si pretende dal <strong>cinema</strong> un<br />

linguaggio nuovo, (c'è ancora da intendersi <strong>sul</strong> termine "linguaggio") il cui elemento<br />

preponderante sia la parola. (Si noti che non <strong>di</strong>co il sonoro). Cito il teorico Balàzs<br />

quando <strong>di</strong>ce: "se il film sonoro si metterà a parlare, a far musica e ad imitar rumori<br />

- 60 -


(come il teatro fa da secoli) rimarrà uno strumento imitativo anche la fase più alta del<br />

suo sviluppo tecnico.<br />

Posto tutto ciò, mi domando perché ci si ostina ad attribuire un linguaggio nuovo a film<br />

infarciti <strong>di</strong> pleonastica verbosità. Secondo me l'equivoco dell'ibrido nasce dalla pretesa<br />

<strong>di</strong> estrema utilità che oggi si è inclini a ricercare nell'arte, in genere, e nel <strong>cinema</strong> in<br />

particolare: una utilità che per il conseguimento del suo fine ritiene <strong>di</strong> poter giustificare i<br />

<strong>di</strong>versi mezzi impiegati. E ciò non può assolutamente ritenersi arte, che è prodotto<br />

artistico quello conseguito attraverso l'ispirato uso del linguaggio proprio del mezzo<br />

prescelto. Io vedo in questo equivoco una paurosa china verso l'utilitarismo assoluto<br />

che, inteso come fine, non può che negare l'arte. Accetto anch'io l'utilità dell'arte, ma<br />

intesa come elemento che da essa arte può scaturire ad opera ultimata e non come<br />

presupposto alla creazione. Una simile pretesa, infatti (un presupposto <strong>di</strong> utilità non può<br />

che negare anche quella libertà creativa che <strong>di</strong>ciamo <strong>di</strong> avere). La più recente storia<br />

dell'arte <strong>cinema</strong>tografica nostrana e l'attuale situazione <strong>di</strong> qualche <strong>cinema</strong>tografia<br />

europea, mostrano esempi vali<strong>di</strong>ssimi a sostenere quanto poc'anzi ho affermato.<br />

Anch'io sento la necessità <strong>di</strong> comunicare con i miei simili e <strong>di</strong> esprimere quanto ho<br />

dentro, ma mi sforzo <strong>di</strong> farlo nella maniera più <strong>di</strong>fficile, ossia affidando all'immagine il<br />

compito <strong>di</strong> trasmettere i miei sentimenti. Che ci riesca o meno <strong>di</strong>pende dalle mie<br />

capacità creative. Se ci riesco, vorrà <strong>di</strong>re che avrò fatto veramente dell’arte giacché,<br />

mantenendomi nei limiti del mezzo, sarò riuscito a trasmettere un'emozione ed a<br />

comunicare un'idea. Se fallisco, mi rimarrà sempre la risorsa <strong>di</strong> registrare su un <strong>di</strong>sco<br />

ciò che intendo comunicare e <strong>di</strong>vulgarlo con un mezzo più congeniale alla parola.<br />

Rimane il fatto dunque che dovrà essere essenzialmente l'immagine <strong>di</strong>namica a<br />

rendere i moti del mio animo. In precedenza ho lasciato un conto sospeso con il sonoro.<br />

Lo saldo affermando che accetto il suono nel film. Lo accetto, ma non in funzione<br />

complementare, bensì come causa <strong>di</strong>namica dell’ azione, elemento drammatico<br />

dell'opera.<br />

Il suono è capace <strong>di</strong> essere, volta a volta, causa o effetto <strong>di</strong> un'azione visiva. Il suono è<br />

capace <strong>di</strong> suscitare le emozioni u<strong>di</strong>tive negate ai sor<strong>di</strong>. Nella stessa misura può trovar<br />

luogo nel film anche la parola. E’ certo che nella vita l'uomo non si esprime solo con la<br />

mimica, ma è pur vero che non darà mai notizia verbale <strong>di</strong> aver accesa la luce ad altri<br />

dalla vista buona.<br />

Nel film sonoro che aborro è questo ciò che accade. Se si valuta bene ciò che ho detto<br />

non si potrà assolutamente ritenere le mie affermazioni retrive. Le ultime ammissioni,<br />

soprattutto, dovrebbero <strong>di</strong>rvi quanto attuale sia la mia tesi e quali i fini da potersi<br />

conseguire nel <strong>cinema</strong> adottando i mezzi che ho suggerito.<br />

7.12 Gianni Rondolino<br />

Parecchi predecessori hanno già esposto, molto bene, alcune idee che mi erano nate<br />

leggendo la relazione <strong>di</strong> Spini. Vorrei soltanto <strong>di</strong>re questo: mi pare fosse evidente che<br />

la relazione <strong>di</strong> Spini rifletteva un atteggiamento personale nei confronti del nostro<br />

tempo; che era un ritratto abbastanza apocalittico del nostro tempo e proponeva più che<br />

una soluzione un certo atteggiamento del cineamatore o, in genere, dell'uomo <strong>di</strong> cultura<br />

nei confronti dei problemi che il nostro tempo suscita. Credo che, sostanzialmente, ogni<br />

- 61 -


tempo ha sempre suscitato problemi più o meno impegnativi, quin<strong>di</strong> il problema è<br />

generale. E' evidente che il nostro tempo, forse, ha più problemi; forse, la successione<br />

dei problemi è più rapida, per cui l'uomo si trova continuamente <strong>di</strong> fronte a nuove<br />

prospettive <strong>di</strong> vita, a nuovi problemi, e quin<strong>di</strong> a nuove soluzioni.<br />

Con<strong>di</strong>vido in gran parte la posizione <strong>di</strong> Spini, anche se il suo cattolicesimo forse venato<br />

<strong>di</strong> esistenzialismo, forse venato <strong>di</strong> una certa visione oserei <strong>di</strong>re apocalittica del nostro<br />

secolo. Tuttavia, per venire al problema del cineamatore, mi pare che Spini giunga a<br />

conclusioni molto simili a quelle cui era giunto Pecora ieri: cioè alla necessità <strong>di</strong> una<br />

presa <strong>di</strong> posizione del cineamatore; ad una domanda in piena coscienza: che cosa<br />

abbiamo da <strong>di</strong>re? Perché, altrimenti è inutile fare del cineamatorismo. E, in questo<br />

senso, con<strong>di</strong>vido pienamente anche questa soluzione. Mi pare che il cineamatore, oggi,<br />

debba davvero porsi <strong>di</strong> fronte a questo problema: ha qualcosa da <strong>di</strong>re (e soprattutto lo<br />

sa <strong>di</strong>re) e lo deve <strong>di</strong>re attraverso il <strong>cinema</strong>.<br />

Circa il vantaggio <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>scorso per, immagine rispetto ad un <strong>di</strong>scorso letterario le<br />

opinioni possono anche essere <strong>di</strong>scordanti, che un'inchiesta giornalistica o una serie <strong>di</strong><br />

articoli o libri che hanno notevole successo e<strong>di</strong>toriale possono, certe volte, <strong>di</strong>rei<br />

altrettanto e forse maggiormente bene <strong>di</strong> quanto non ci <strong>di</strong>ca il <strong>cinema</strong>. Non credo sia<br />

giusto <strong>di</strong>re che il <strong>cinema</strong> sia il mezzo migliore che ha oggi l'uomo per comunicare agli<br />

altri; maggiore, forse, nel senso della estensione geografica, nel senso che può<br />

rivolgersi a milioni a milioni <strong>di</strong> persone; non maggiore nel senso della profon<strong>di</strong>tà della<br />

presa <strong>di</strong> coscienza. Se è vero che il <strong>cinema</strong> ha una maggiore <strong>di</strong>ffusione, allora i famosi<br />

5/6.000 spettatori che citava Spini come possibili spettatori dei film d'amatore mi pare<br />

siano veramente insufficienti perché se è vero (ma non è <strong>di</strong>mostrato) che la lettera che<br />

l'intellettuale dell'800 scriveva all'amico ha contribuito efficacemente alla cultura del<br />

secolo è altrettanto vero che oggi 5.000 persone (ammesso che ci siano) sono troppo<br />

poche per poter realmente <strong>di</strong>ffondere un pensiero, una opinione. E quin<strong>di</strong> vorrei (anche<br />

se in parte è già stato fatto) riproporre una soluzione pratica per il problema della<br />

<strong>di</strong>ffusione dei film d'amatore. Esistono, è stato detto, una ventina <strong>di</strong> film d'amatore che<br />

in questi ultimi anni hanno avuto un loro peso. Ma chi conosce questi film? Pren<strong>di</strong>amo,<br />

ad esempio, la mia città <strong>di</strong> Torino. Il pubblico <strong>di</strong> Torino che conosce questi film è<br />

composto dai frequentatori della piccola sala del cineclub e dai loro amici. Chi in effetti<br />

conosce queste esperienze? Chi conosce queste opere, sia pure minori, ma che<br />

indubbiamente hanno detto qualcosa e <strong>di</strong>cono qualcosa al nostro tempo? In attesa <strong>di</strong><br />

sogni, per il momento piuttosto lontani, cioè la <strong>di</strong>ffusione attraverso la televisione o<br />

l'immissione nel circuito normale <strong>di</strong> film d'amatore, sia possibile un allargamento<br />

attraverso la collaborazione con i "circoli del <strong>cinema</strong>" da un lato, od il possibile<br />

inserimento (per lo meno graduale), <strong>di</strong> film d'amatore nell'ambito del Festival <strong>di</strong> Venezia<br />

e <strong>di</strong> altri, non specificatamente <strong>di</strong> categoria». Sarà quin<strong>di</strong> possibile un confronto <strong>di</strong>retto<br />

tra l'esperienza dei cineamatori e le esperienze dei professionisti e sarà possibile ai<br />

critici ed al pubblico vedere non soltanto il livello tecnico raggiunto dai cineamatori, ma<br />

constatare e stu<strong>di</strong>are il messaggio che questi uomini portano ad altri uomini.<br />

Questo mi pare piuttosto importante, se non c'è il rischio <strong>di</strong> parlare sempre alle stesse<br />

persone, anche perché credo che quei 5.000 spettatori siano in gran parte cineamatori<br />

o amici <strong>di</strong> cineamatori i quali vedono sì il messaggio <strong>di</strong>etro la forma, ma sono molte<br />

volte interessati esclusivamente dalla possibilità <strong>di</strong> risolvere praticamente certi problemi<br />

tecnici.<br />

Vorrei anche sottolineare un altro aspetto (accennato già da Spini) e cioè la libertà<br />

quasi assoluta del cineamatore. Un aspetto che permette ai cineamatori più coscienti <strong>di</strong><br />

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affrontare non soltanto temi che il <strong>cinema</strong> professionale non può affrontare (per ovvi<br />

motivi), ma <strong>di</strong> affrontare anche mo<strong>di</strong> e linguaggi più nuovi. E’ stata citata la "nouvelle<br />

vague".<br />

Ora la nouvelle vague francese (non quella dei film spettacolari) quella dei documentari,<br />

dei film sperimentali, realizzati molte volte anche in 16 mm. ha <strong>di</strong>mostrato come il<br />

<strong>cinema</strong> più nuovo, più spregiu<strong>di</strong>cato, sia proprio quello del film non commerciale. Forse,<br />

i festival più interessanti <strong>di</strong> questi ultimi anni non sono stati i festival <strong>di</strong> Cannes, <strong>di</strong><br />

Venezia nella loro parte ufficiale, ma i sottofestival, cioè il Cannes un po' nascosto, la<br />

Venezia <strong>di</strong> luglio, ed i festival minori, quello <strong>di</strong> Tour <strong>di</strong> Annency, <strong>di</strong> Porretta Terme.<br />

Sostanzialmente, i festival che ci hanno fatto vedere un aspetto veramente ine<strong>di</strong>to del<br />

<strong>cinema</strong>. Purtroppo, la maggior parte delle opere presentate non erano italiane e questo<br />

è un fatto molto grave. Difficilmente, in Italia, un giovane regista, uno sceneggiatore, o<br />

un uomo <strong>di</strong> <strong>cinema</strong>, possono attraverso la normale produzione <strong>di</strong>re qualcosa <strong>di</strong> nuovo,<br />

sia pure nel settore del cortometraggio; del film <strong>di</strong> animazione, nel film, comunque <strong>di</strong><br />

breve respiro. Le maggiori opere ci sono venute, dai .paesi come la Francia, come<br />

l'Inghilterra, come l'America, come la Polonia, come la Cecoslovacchia, ecc. In Italia<br />

non è possibile finché non si crea una certa situazione analoga a quella dei paesi<br />

stranieri. E' pur sempre possibile, però, al cineamatore (cioè all'uomo che ha minori<br />

mezzi <strong>di</strong> quanto abbiano registi come Reisz, Rogosin, Meyers) poter <strong>di</strong>re qualcosa <strong>di</strong><br />

nuovo, con un linguaggio nuovo, affrontando temi nuovi, proprio perché è libero da ogni<br />

limite nel campo dell'indagine, da ogni limite nel campo dei mezzi, mezzi non intesi nel<br />

senso strettamente finanziario, ma mezzi tecnici.<br />

Questo mio vorrebbe essere una specie <strong>di</strong> invito (fuori dallo stesso ambito che Spini ha<br />

dato all'arte cineamatoriale). Cerchiamo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re qualcosa <strong>di</strong> nuovo, <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo bene, <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo<br />

onestamente e <strong>di</strong> affrontare quei campi che il <strong>cinema</strong> professionale oggi non affronta.<br />

7.13 Alessio Baume<br />

Sono pienamente d'accordo su quanto ha detto Spini. Ieri, qualcuno si è meravigliato<br />

perché i nostri film nei festival internazionali non sono capiti. In questo "Convegno <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o <strong>sul</strong> <strong>cinema</strong> d'amatore" si è molto parlato <strong>di</strong> cultura, però pochi (a parte Spini)<br />

hanno parlato <strong>di</strong> coraggio. Forse la risposta è qui: molti dei nostri film mancano <strong>di</strong><br />

coraggio, vogliono essere dei film culturali, ma non hanno quella carica <strong>di</strong> coraggio che<br />

è necessaria.<br />

7.14 Romeo Fontana<br />

Con<strong>di</strong>vido in massima parte quanto ha detto Spini. Direi che i fatti storici ai quali ha<br />

fatto riferimento nella sua <strong>di</strong>samina (i rapporti tra noi e il mondo moderno) sono tali che<br />

non possono essere ignorati da noi cineamatori.<br />

Direi che se esiste un elemento <strong>di</strong> spinta per una ricerca nuova, questi fatti sono una<br />

forte spinta. Ci sono nella relazione <strong>di</strong> Spini alcune affermazioni che mi lasciano<br />

perplesso. Ci sono delle affermazioni <strong>di</strong> pessimismo; ci sono delle affermazioni <strong>di</strong><br />

negazione, <strong>di</strong> incapacità della nostra umanità e trasmettere un messaggio.<br />

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C'è un <strong>di</strong>ffuso pessimismo, che contrasta con le sue affermazioni finali nelle quali<br />

invoca una comunicazione, ove ci incita a trasmettere quei rapporti che abbiamo avuto<br />

con la società, col mondo, con i fatti. Direi che questo tema del pessimismo nei<br />

confronti della nostra generazione, questo suo scetticismo nei confronti della capacità <strong>di</strong><br />

noi che siamo usciti da tutte queste prove risalta anche nell'ultima parte del suo film<br />

«Pensieri <strong>sul</strong>l'abisso».<br />

In effetti, nell'ultima parte del film (là dove il figlio gli corre incontro e gli chiede una<br />

guida, gli chiede invocandolo una protezione, una spinta per incamminarsi) Spini<br />

<strong>di</strong>chiara la sua incapacità, la sua impurità, la sua indegnità a in<strong>di</strong>care una via al figlio.<br />

Questo è il contrasto, vivo, forte, che trovo fra le affermazioni che fa Spini quando ci<br />

spinge a comunicare e questo suo atteggiamento nei confronti della nostra<br />

generazione. Non sono, poi, d'accordo <strong>sul</strong>le affermazioni fatte da molti che mi hanno<br />

preceduto su una certa pretesa ispirazione cattolica della relazione Spini. Se c'è<br />

un'ispirazione, essa è <strong>di</strong> carattere materialistico, Marx, ad un certo momento, gli da dei<br />

suggerimenti, gli in<strong>di</strong>ca delle soluzioni. D'accordo, poi, <strong>sul</strong>la necessità <strong>di</strong> trarre da<br />

quanto ci sta attorno, dalla esperienza quoti<strong>di</strong>ana, un motivo <strong>di</strong> riscatto dalle forme<br />

assolutamente piatte e assolutamente inutili con le quali il cineamatore si era espresso<br />

fino a ieri.<br />

L'importanza sostanziale della relazione <strong>di</strong> Spini sta in questo suo contenuto. La<br />

macchina da presa è per noi come una pagina bianca, la stessa che il poeta, lo<br />

scrittore, hanno davanti a loro. Non sono necessari i gran<strong>di</strong> mezzi della produzione,<br />

sono però in<strong>di</strong>spensabili ispirazione, cervello e amore.<br />

7.15 Ezio Pecora<br />

Sono un po' frastornato per le tante cose che abbiamo sentito <strong>di</strong>re. Tante cose che a<br />

volte simili a volte <strong>di</strong>sparate pur tuttavia interessanti il nostro mondo <strong>di</strong> cineamatori. Ciò<br />

che mi preme è <strong>di</strong> ricordare a me e ricordare a Voi che il lavoro che stiamo facendo lo<br />

facciamo per i cineamatori, soprattutto per quelli che non sono in questa sala.<br />

Dobbiamo soprattutto pensare che per coltivare dobbiamo essere i primi ad essere<br />

coltivati. La cultura, per <strong>di</strong>ffonderla, dobbiamo prima <strong>di</strong>ffonderla tra <strong>di</strong> noi. Questo è il<br />

punto essenziale.<br />

Noi oggi ci preoccupiamo con atti, con messaggi, con manifesti (è un manifesto quello<br />

<strong>di</strong> Spini, anche se, in fondo, non è che una confessione, una confessione <strong>di</strong><br />

smarrimento onesta e cosciente e per questo tanto più valido). Ma tra noi dobbiamo<br />

cominciare a coltivare questi argomenti e (come <strong>di</strong>ce D'Angelo) poi potremo forse,<br />

portarli in un altro campo. Inten<strong>di</strong>amoci, non è che questo sia graduale, perché man<br />

mano che operiamo tra <strong>di</strong> noi (come già stiamo operando, come già si è operato e<br />

pensate alla strada che si è fatta in 4/5 anni) si opera anche al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> noi.<br />

Cerchiamo però <strong>di</strong> pensare al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> noi, altrimenti tra cinque, tra <strong>di</strong>eci anni, ci<br />

troveremo quelli che siamo, non vedremo facce nuove. Baldelli, quando ci ricorda la<br />

scuola, ha detto una grande verità: Il cineamatorismo italiano sta isolandosi.<br />

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Guardate io ho questa impressione, abbiamo nuovi cineclub, però non abbiamo quelle<br />

forze giovani che vengono a rinsaldare le nostre fila. C'è la paura, c'è il timore, c'è la<br />

scarsa preparazione.<br />

A questo noi dobbiamo andare a sopperire e se io ho pensato nella mia relazione a<br />

questi bisogni del cineamatore, Tito Spini ha fatto qualche cosa <strong>di</strong> più, ha stabilito delle<br />

proposizioni che mi auguro (e questa è la cosa più importante) non siano <strong>di</strong>menticate.<br />

Sono apocalittiche, hanno detto. No, mi sembra che siano molto semplici. Non vedo<br />

gran<strong>di</strong> problemi estetici. Forse, l'utilitarismo dell'arte. Ma è quasi un prendere qualche<br />

cosa, l'unica cosa che gli rimane per <strong>di</strong>re: sono presente nel mio tempo. Quin<strong>di</strong>, anche<br />

in questo senso, la relazione <strong>di</strong> Spini penso che sia adatta per essere portata in<br />

ciascun cineclub e <strong>di</strong>scussa. Se queste relazioni ufficiali le porteremo (come penso) in<br />

tutti i cineclub e saranno <strong>di</strong>scusse, quello sarà il vero e più grande successo <strong>di</strong> questo<br />

Convegno.<br />

7.16 Franco Jasiello<br />

Signori, sono qui per assumermi un impegno ufficiale.<br />

L'entusiasmo <strong>di</strong> questo Convegno ed i problemi che si sono affacciati fra le altre cose<br />

hanno messo in evidenza che poche persone possono vedere le nostre opere.<br />

Io sono <strong>di</strong>sposto ad e<strong>di</strong>tare in una forma spettacolare (35 mm.) i migliori film italiani<br />

cineamatoriali. Una commissione appositamente costituita dovrà scegliere 10 film <strong>di</strong><br />

amatori italiani, da salvare da un potenziale flagello universale. Se per completare<br />

questo programma non dovessero bastare 10 documentari italiani, si potrebbe attingere<br />

qualche soggetto dal mercato cineamatoriale straniero.<br />

Tutto il programma dovrebbe essere presentato da un regista già noto, ed i critici che<br />

già valentemente hanno sostenuto i nostri problemi in questo Convegno, dovrebbero<br />

appoggiarci con una ben stu<strong>di</strong>ata propaganda per fare accorrere più pubblico possibile<br />

a questo spettacolo.<br />

7.17 Elia Guiotto<br />

Sono spiacente per l'equivoco, che hanno originato le mie parole.<br />

E' stato detto che, quando, nel mio precedente intervento, mi sono occupato dei<br />

giovani, ho inteso eliminare la partecipazione al <strong>di</strong>alogo delle classi della vecchia<br />

generazione.<br />

Ora preciso, sia pure molto brevemente; io intendevo <strong>di</strong>re che il Cinema d'Amatore, sia<br />

che si rivolga ai giovani, sia che venga fatto dai giovani, ha da seguire una sua strada,<br />

che può e deve essere <strong>di</strong>versa da quella, intrapresa dalle generazioni precedenti. Non<br />

<strong>di</strong>mentichiamo, infatti, che il giovane, nell'epoca contemporanea, ha il compito <strong>di</strong><br />

mettersi in posizione <strong>di</strong> critica rispetto a quello che è stato fatto dalle altre generazioni<br />

(la nostra società, le nostre con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita, risentono <strong>di</strong> quello, che è stato fatto:<br />

abbiamo subito, fra l'altro, e subendo l'influenza negativa del fascismo e del nazismo: la<br />

realtà storica, che ci ha preceduto, ci ha anche lasciato in ere<strong>di</strong>tà questo patrimonio).<br />

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Quin<strong>di</strong> - ho continuato - il giovane ha il dovere <strong>di</strong> esercitare le sue facoltà <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio e <strong>di</strong><br />

porre le basi per l'instaurazione <strong>di</strong> un mondo migliore. Gli anziani <strong>di</strong>cano quello che<br />

vogliono; il giovane deve <strong>di</strong>re quello che vuole: ampia libertà a tutti.<br />

7.18 Adriano Asti<br />

Quello che più mi ha colpito nella relazione Spini è il pessimismo. Come già è accaduto<br />

all'amico Can<strong>di</strong>olo, anch'io, in più punti, sono rimasto perplesso e mi domando come<br />

possa accadere che,partendo da presupposti <strong>di</strong>versi, si possa arrivare a conclusioni<br />

identiche.<br />

Non si può certamente affermare che la situazione <strong>di</strong> vita per un uomo del nostro tempo<br />

sia del tutto rosea, ma mi sembra che la posizione pessimistica <strong>di</strong> Spini nei confronti<br />

della vita sia esasperata.<br />

L'uomo è un giorno, l'imminenza <strong>di</strong> un nuovo paganesimo, potenza del denaro,<br />

politeismo, incapacità <strong>di</strong> noi italiani a sopravvivere in una comunità, ecc.<br />

Quanto ha detto Spini può anche essere vero e per rendersene conto basta guardare<br />

un poco all’interno, scendere in profon<strong>di</strong>tà. Basta questo per accorgerci che un fondo <strong>di</strong><br />

amara verità c'è, ma questi fenomeni ritengo non siano fenomeni propri tipici della<br />

nostra epoca, bensì fenomeni <strong>di</strong> sempre. Tutt'al più possono essere accentuati. Eppure<br />

il mondo non si è arrestato, anzi, ha continuato nella sua evoluzione e l'uomo ha<br />

proseguito nelle sue conquiste.<br />

Anche noi italiani, nel campo della libertà in<strong>di</strong>viduale, ci siamo affrancati, abbiamo<br />

potuto conoscere quello che non apprezzavamo appunto perché non conoscevamo e<br />

cioè la libertà democratica, però vi è un punto (che riguarda soprattutto l'animo umano)<br />

in cui Spini afferma in maniera categorica che il sentimento è sparito da un nostro<br />

tempo. E' proprio vero quello che <strong>di</strong>ce? E' così veramente senza cuore il tempo in cui<br />

viviamo? Io non credo. Ma se così anche fosse, si possono muovere delle critiche agli<br />

uomini del nostro tempo se,superato il periodo bellico, usciti vivi dallo sfacelo fisico<br />

materiale dell'ultima guerra, si sono trovati senza ideologie, senza qualche cosa in cui<br />

credere, dato e <strong>di</strong>mostrato che i primi ( e mi riferisco alle generazioni nate e cresciute<br />

sotto il ventennio) avevano fino allora creduto in qualcosa che non era altro che una<br />

montatura, una finzione per la quale era stato persino inutile morire e sacrificarsi.<br />

Come possiamo accusarci <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>ventati insensibili? Onestamente, non si poteva<br />

pretendere <strong>di</strong> più. La lotta per la sopravvivenza del singolo era <strong>di</strong>ventata più forte <strong>di</strong><br />

qualsiasi altra cosa, ognuno lottava per salvare sé stesso dalla rovina; l'uomo aveva<br />

perduto <strong>di</strong>gnità umana, non poteva più fregiarsi dell'appellativo <strong>di</strong> uomo, si era<br />

bestializzato.<br />

Possiamo dunque accusare l'in<strong>di</strong>viduo <strong>di</strong> essere privo del sentimento? Da una società<br />

<strong>di</strong>strutta, che rapidamente ha <strong>di</strong>simparato a vivere, non si può pretendere un'imme<strong>di</strong>ata<br />

salvazione, la rinascita è inevitabilmente molto lenta. I valori morali hanno bisogno <strong>di</strong><br />

essere nuovamente assimilati, e ciò non è facile. Indubbiamente viviamo in un'epoca<br />

<strong>di</strong>fficile; l'uomo non è sereno, è egoista, pensa <strong>di</strong> più a sé stesso, non vuole più essere<br />

ingannato. L'uomo nel nostro tempo ha un solo grande sentimento, che prova<br />

costantemente, e questo sentimento è la paura. Paura <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>strutto in qualsiasi<br />

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momento, quando meno se l'aspetta, e trema per questo, eppure nonostante tutto ciò il<br />

sentimento esiste, è vivo. L'uomo sa ancora sacrificarsi, sa ancora amare, sa ancora<br />

rinunciare, sa ancora pregare. Si rifugia nella famiglia, nei figli, nel lavoro, nella propria<br />

fede. Ama, soffre, si <strong>di</strong>spera, prega. E ciò non è forse sufficiente come base, come<br />

punto <strong>di</strong> partenza, per indurci a credere ed a sperare?<br />

E' proprio partendo da queste premesse (e solo da queste premesse) che abbiamo la<br />

possibilità <strong>di</strong> aver fiducia nel sentimento dei nostri simili, e che si possono accettare le<br />

conclusioni cui arriva Spini quando parla del <strong>cinema</strong> d'amatore come mezzo per<br />

arrivare al cuore degli uomini, perché solo se pensiamo che gli uomini del nostro tempo<br />

hanno cuore (e solo allora) potremo essere certi della necessità da parte nostra <strong>di</strong> <strong>di</strong>re<br />

qualche cosa. E non sarà necessario, quin<strong>di</strong>, fare opere <strong>di</strong> sola cultura, ma sarà<br />

sufficiente che nelle stesse siano sempre tenuti presenti i valori morali, sociali o<br />

educativi.<br />

7.19 Vito A. Lacerenza<br />

Con umiltà <strong>di</strong> intenti, scevra da ogni e qualsiasi presunzione, ho sentito la necessità <strong>di</strong><br />

intervenire nel <strong>di</strong>battito <strong>sul</strong>la relazione <strong>di</strong> Spini. Spinto unicamente dall'intima<br />

convinzione che sia preciso dovere <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> noi esternare il proprio pensiero su <strong>di</strong><br />

un tema così attuale e palpitante. Osserverò, innanzitutto, che l'assunto <strong>di</strong> Spini<br />

<strong>sul</strong>l'argomento mi ha non poco fatto me<strong>di</strong>tare. Specie per quanto concerne la onerosa<br />

responsabilità che investe quanti come noi convenuti fanno e parlano del <strong>cinema</strong><br />

d'amatore come mezzo <strong>di</strong> cultura e <strong>di</strong> espressione.<br />

Indubbiamente la relazione espone il pensiero personale dell'autore e, pertanto, essa è<br />

da prendersi in considerazione quale apertura <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso <strong>sul</strong>l'argomento e non<br />

come punto <strong>di</strong> arrivo. Pertanto, può essere accettata o <strong>di</strong>scussa <strong>sul</strong> piano della cultura<br />

e dell'arte. Ho sempre sostenuto che ciascuno <strong>di</strong> noi costituisce un mondo a sé nel cui<br />

intimo si agitano pensieri ed idee, plasmati da con<strong>di</strong>zioni esteriori, quali possono essere<br />

l'ambiente, la famiglia, la società in cui si è vissuti. Mondo che deve essere rivelato agli<br />

altri per non rimanere isolati ed avulsi dalla generalità.<br />

Con sincerità e spontaneità, Spini ci ha rivelato il suo mondo interiore, <strong>di</strong>mostrandoci <strong>di</strong><br />

possedere una sensibilità eccezionale nel comprendere e nel captare le ansie e gli<br />

afflati dell'umanità del nostro tempo. Ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> essere un osservatore acuto ed<br />

attento al quale nulla passa inosservato per cogliere gli aspetti più eclatanti e<br />

sintomatici del fenomeno. Sulla posizione critica <strong>di</strong> Spini (che ha fatto vedere in una<br />

visione ampia e generale tutta la drammatica dell'attualità, dal punto <strong>di</strong> vista<br />

dell'intuizione del problema), nulla è da obiettare. E' senz'altro nitida e precisa. Quanti <strong>di</strong><br />

noi non si sono posti lo stesso problema?<br />

Spini ci ha dato una risposta senz’altro interessantissima, però troppo pessimistica<br />

nella sua drammaticità. Come egli è giunto a tali conclusioni? La cosa potrebbe<br />

apparirci incomprensibile se non notassimo che egli ha approfon<strong>di</strong>to il problema<br />

ponendosi in una posizione esteriore <strong>di</strong> osservatore <strong>di</strong> una mera manifestazione<br />

fenomenologica.<br />

Lo Spini vuole avviarci ad un pragmatismo <strong>di</strong>menticando che questa soluzione, che<br />

pretenziosamente ci in<strong>di</strong>ca quale migliore e più avanzata nel campo dell’arte e della<br />

- 67 -


cultura, si ri<strong>di</strong>mensiona a qualcosa <strong>di</strong> nettamente antitetico ai principi decantati e cioè<br />

ad un deleterio dogmatismo.<br />

Ciò perché egli si è in<strong>di</strong>viduato in uno spettatore piuttosto che in un coautore<br />

dell'attualità operante. Posizione che ci induce a ritenere che egli chieda in campo<br />

cineamatoriale, conseguentemente, una <strong>di</strong>rettiva, una tematica alla Federazione e,<br />

perciò, sconvolgendo le premesse e i principi per l'apertura <strong>di</strong> un colloquio tra i<br />

cineamatori.<br />

Egli, che ha il gran merito <strong>di</strong> aver sempre parlato <strong>di</strong> libertà <strong>di</strong> espressione, ci in<strong>di</strong>ca una<br />

strada che ci porterebbe senza dubbio ad un vieto e trito conformismo ideologico.<br />

L’arte è qualcosa <strong>di</strong> spontaneo, che non può essere imposto o incanalato secondo<br />

<strong>di</strong>rettive emananti dall'alto. Questo è uno dei car<strong>di</strong>ni fondamentali su cui poggia<br />

l'estetica sin da quando il Baungarten ebbe a voler precisare il contenuto e l'essenza<br />

dell'arte. L'arte è sentimento gagliardo che si è fatta niti<strong>di</strong>ssima rappresentazione <strong>di</strong>ceva<br />

il Croce nella sua estetica ed in altre occasioni. "L’arte è manifestazione <strong>di</strong> vita vissuta",<br />

intesa in senso del tutto universale e non soggettiva. "L'arte è la ricerca dell'essenza<br />

della esistenza dell'uomo", ha detto Sartre. E ciò mi pare bene si attagli al fenomeno<br />

cineamatoriale.<br />

Ciascun cineamatore esponga, liberamente, il suo pensiero con sincerità e spontaneità,<br />

secondo le proprie possibilità interpretative del suo mondo interiore, senza alcuna<br />

preoccupazione <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne ideologico coattivamente imposte, ma con onestà e <strong>di</strong>gnità.<br />

Se ogni cineamatore si atterrà a questi principi, potremo <strong>di</strong>re realmente che il<br />

cineamatorismo è lo specchio del nostro tempo e che questo si identifica in esso.<br />

Apriremo , così, la via ad una critica e ad una storia del <strong>cinema</strong> d'amatore ed esse<br />

solamente potranno <strong>di</strong>re chi è nel giusto e nel vero. E ciò con un'indagine da effettuarsi,<br />

necessariamente, a posteriori.<br />

7.20 Fabio Me<strong>di</strong>ni<br />

Spini nel suo interessantissimo e impegnato <strong>di</strong>scorso ha fatto un'analisi del nostro<br />

tempo. Un'analisi molto serrata e, a mio modo <strong>di</strong> vedere, molto obiettiva come<br />

promessa alla particolare funzione che egli assegna al <strong>cinema</strong> ed in particolare al<br />

<strong>cinema</strong> d'amatore.<br />

In gran parte sono d'accordo con quanto. egli ha detto. Vorrei, soltanto puntualizzare<br />

alcuni aspetti, fare alcune riflessioni. Intanto, una prima ed importantissima<br />

affermazione si può trarre dal suo <strong>di</strong>scorso ed è questa: occorre essere uomini del<br />

nostro tempo e per essere uomini del nostro tempo, per uscire dall'immobilismo,<br />

occorre rendersi conto <strong>di</strong> che cos'è il nostro tempo, quali sono le sue esigenze, quali<br />

sono i suoi lati positivi ed i suoi lati negativi, quali sono le sue speranze, in che <strong>di</strong>rezione<br />

esso va. Una <strong>di</strong>agnosi precisa. Il tema è molto vasto ed impegnativo, tale da far paura,<br />

ma occorre che ognuno <strong>di</strong> noi con coraggio lo affronti fino in fondo. E questo, a mio<br />

modo <strong>di</strong> vedere, è la prima e più importante opera <strong>di</strong> cultura che possiamo fare. E’<br />

opera <strong>di</strong> cultura perché, prima <strong>di</strong> rispondere che cos'è il nostro tempo, dobbiamo<br />

comprendere che cosa siamo noi e perché siamo, e quello che vogliamo e cerchiamo.<br />

- 68 -


Spini ha parlato del rapporto uomo - Dio, uomo - famiglia, uomo - società. Occorre<br />

tenere presente anche quanto è stato detto da altri: l'uomo <strong>di</strong> oggi è uomo - massa, la<br />

cultura <strong>di</strong> oggi è cultura <strong>di</strong> massa, la civiltà <strong>di</strong> oggi è una civiltà che si trova in un grave<br />

periodo <strong>di</strong> smarrimento. Quante opinioni <strong>di</strong>scor<strong>di</strong> <strong>sul</strong> perché siamo, chi siamo e che<br />

cosa cerchiamo. Tuttavia, questa situazione non fa che rafforzare la responsabilità <strong>di</strong><br />

quei pochi che non vogliono eludere il problema, con la scusa che è troppo <strong>di</strong>fficile da<br />

risolvere. Nella loro responsabilità e nel loro impegno, soprattutto., Io vedo un<br />

significato culturale.<br />

Sono stati dati tanti significati alla parola "cultura", tra gli altri questo: "l'uomo <strong>di</strong><br />

cultura è colui che ricerca la verità e per questo si serve dello stu<strong>di</strong>o, dei contatti<br />

con gli altri uomini e della me<strong>di</strong>tazione personale. L'uomo <strong>di</strong> cultura è stato anche<br />

detto è un uomo vivo", ma io <strong>di</strong>rei vivo soprattutto spiritualmente. Ebbene, un uomo<br />

cosi culturalmente preparato deve sapere che la sua azione, in una civiltà come quella<br />

o<strong>di</strong>erna, è un'azione da pioniere. Non bisogna farsi illusioni, tanto più quando si pensa<br />

al <strong>cinema</strong> che, a mio modo <strong>di</strong> vedere, proprio perché mezzo tipico <strong>di</strong> espressione del<br />

nostro tempo è e rimane, soprattutto arte <strong>di</strong> massa.<br />

Se vogliamo fare opera <strong>di</strong> cultura con il <strong>cinema</strong> non <strong>di</strong>mentichiamo questo. Per questo,<br />

sono d'accordo con Spini <strong>sul</strong>l'enorme valore del <strong>cinema</strong> d'amatore, come valore <strong>di</strong><br />

documento. Non mi piace la parola utilitario, perché sembra escludere la possibilità <strong>di</strong><br />

fare o <strong>di</strong> raggiungere l'arte. Direi, piuttosto, <strong>cinema</strong> documentario della realtà del nostro<br />

tempo.<br />

Mi viene in mente adesso quanto è già stato detto a proposito <strong>di</strong> una certa categoria <strong>di</strong><br />

cineamatori (per la maggior parte persone <strong>di</strong> una certa età) i quali, davanti a queste<br />

posizioni così culturalmente impegnate, si troveranno <strong>di</strong>sarmati.<br />

Solamente le leve più giovani, checché se ne <strong>di</strong>ca, più responsabili della loro posizione<br />

nei confronti della società, più interessate ai problemi attuali della vita e che quin<strong>di</strong>, li<br />

sentono più profondamente, possono guardare con maggior entusiasmo a queste<br />

prospettive. Bisogna avere il coraggio <strong>di</strong> guardare in faccia la realtà e <strong>di</strong> esprimerla cosi<br />

come è senza retorica e camuffamenti.<br />

Tuttavia, io non vorrei limitare questo valore dell'esperienza documentaria. Documento<br />

nel senso più alto della parola, documento umano, sociale, spirituale, religioso, purché<br />

del nostro tempo e purché raggiunto con la nostra profonda e sincera partecipazione<br />

umana.<br />

Permetteteci a questo proposito un'ultima riflessione. Dice Spini che assistendo alle<br />

reazioni <strong>di</strong> alcuni uomini <strong>di</strong> fronte all'eclissi <strong>di</strong> sole si è accorto come l'uomo in fondo sia<br />

ancora lontano dalla sua verità. Collegandomi a quanto ho detto all'inizio vorrei ripetere<br />

come questa sia veramente la cosa più preoccupante, ma anche la più confortante:<br />

l'uomo <strong>di</strong> oggi vivendo in un mondo <strong>di</strong> smarrimento e <strong>di</strong> confusione è paurosamente<br />

lontano dalla verità.<br />

- 69 -


7.21 Luigi Nucci<br />

La bellissima relazione <strong>di</strong> Tito Spini <strong>sul</strong> <strong>cinema</strong> d'amatore del nostro tempo, me<strong>di</strong>tata,<br />

perfetta in ogni sua parte, e che per la quasi totalità con<strong>di</strong>vido, lascia pur tuttavia alcuni<br />

interrogativi per i quali è doveroso un tentativo <strong>di</strong> risposta.<br />

Un interrogativo è questo: deve essere il <strong>cinema</strong> d'amatore esclusivamente un <strong>cinema</strong><br />

utilitario, calcolato freddamente a priori, anche se i suoi fini si propongono un<br />

miglioramento morale e sociale (come vorrebbe Spini) oppure potrebbe trovare posto<br />

anche un <strong>cinema</strong> interiore nel senso che l'autore sente il bisogno <strong>di</strong> estrinsecare con la<br />

macchina da presa quello che ha da <strong>di</strong>re, anche se il suo <strong>di</strong>re non contiene tali<br />

problemi? Mi domando: è valido questo <strong>cinema</strong>? Per me sì.<br />

Non sono quin<strong>di</strong> d'accordo con Spini quando afferma che "facciamo del <strong>cinema</strong><br />

anche per fare della cultura, per fare della polemica, per fare della politica, per<br />

fare veramente della poesia". Per me sono vali<strong>di</strong> anche i film che riescono a fare solo<br />

della poesia, che non si propongono tematiche complesse, miglioramenti sociali o<br />

morali, ma scaturiscono da un bisogno interiore dell'artista <strong>di</strong> comunicare. E qui sono<br />

d'accordo con Spini.<br />

Il concetto "comunicare" è, per conto mio, il più bel concetto <strong>di</strong> tutta la sua relazione. Un<br />

altro interrogativo che non scaturisce dalla relazione Spini (e nemmeno vi è posto) è<br />

quello riguardante il rapporto <strong>cinema</strong> d'amatore - progresso tecnico.<br />

Domando: è la maggior parte dei cineamatori italiani cosi provveduta tecnicamente, da<br />

essere padrona completa della macchina da presa? Lo è al punto da consentirgli <strong>di</strong><br />

comunicare agli altri tutto il suo <strong>di</strong>re. Risposta: no. Questo interrogativo lo trovo molto<br />

pertinente, al pari del tema <strong>cinema</strong> d’amatore nel nostro tempo.<br />

Svecchiamo il <strong>cinema</strong> d'amatore da uno stile ormai sorpassato, adoperiamo un<br />

linguaggio moderno, ten<strong>di</strong>amo - in una parola - verso il progresso tecnico se vogliamo<br />

che i nostri film ed il nostro <strong>di</strong>re venga accolto da un numero sempre crescente <strong>di</strong><br />

persone.<br />

Concludendo, facciamo del <strong>cinema</strong> come meglio cre<strong>di</strong>amo, nella massima libertà,<br />

senza schemi fissi, in<strong>di</strong>rizzi e massaggi, stiamo però aggiornati con il progresso tecnico<br />

e ciò per il raggiungimento <strong>di</strong> quelle mete che valorizzeranno sempre più il<br />

cineamatorismo italiano.<br />

7.22 Piero Nava<br />

Sono sostanzialmente d'accordo con le premesse <strong>di</strong> Spini e con la sua relazione. Se<br />

non che il relatore, quasi a suggello del proprio pensiero, afferma: "proprio a noi<br />

italiani, a noi cineamatori italiani, potrebbe essere dato il compito <strong>di</strong> scoprire il<br />

volto reale delle nostre terre e della nostra gente, <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re e fare emergere<br />

aneliti e speranze per fare una volta tanto ritratto non retorico, capace <strong>di</strong><br />

puntualizzare <strong>di</strong>fetti e meriti della nostra comunità"; afferma quin<strong>di</strong> Spini che<br />

questo "potrebbe" essere il compito <strong>di</strong> noi cineamatori. Orbene, se questo "potrebbe"<br />

viene inteso nel senso letterale <strong>di</strong> possibilità come segnalazione <strong>di</strong> un nuovo campo, <strong>di</strong><br />

una nuova indagine, cui potrebbe rivolgersi la fatica del cineamatore, siamo tutti<br />

- 70 -


d'accordo; almeno credo. Ma quando questo "potrebbe" (come traspare da tutta la<br />

relazione e come Spini stesso ha confermato) significa "DEVE", allora io non sono<br />

d'accordo: perché non si può imporre al cineamatorismo una tematica fissa, non si può<br />

imporre al cineamatore il paraocchi, limitandone il campo visivo; non si può insomma,<br />

<strong>di</strong>re "questa è la nostra strada: noi tireremo <strong>di</strong>ritto”. E ciò per un duplice or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> ragioni<br />

strettamente logiche.<br />

Seconda ragione logica che si oppone alla tematica fissa, va ritrovata nell'esigenza <strong>di</strong><br />

comunicazione. E' stato detto giustamente che proprio questa esigenza è forse,<br />

l'intuizione più felice della relazione Spini. Io ritengo che, affinché l'autore possa<br />

esprimere, comunicandoli al mondo esterno, i propri sentimenti, sia essenziale la<br />

spontaneità dell'ispirazione: tale spontaneità però finirebbe con l'essere preclusa se<br />

davvero ci si dovesse muovere nell'ambito <strong>di</strong> una tematica fissa. Quin<strong>di</strong> mi sembra <strong>di</strong><br />

poter concludere facendo mia quella che è stata l'affermazione conclusiva <strong>di</strong><br />

Siniscalchi: ben venga questo nuovo campo <strong>di</strong> indagine, questo nuovo campo in cui il<br />

cineamatore deve cimentarsi, purché si faccia attenzione che, per voler guardare troppo<br />

alla sociologia, non si perda <strong>di</strong> vista l'arte.<br />

Primo, perché partendo dal presupposto <strong>di</strong> una completa libertà (che Spini non nega ed<br />

anzi esplicitamente ammette) <strong>di</strong> cui il cineamatore e il cineamatorismo in effetti godono,<br />

non si può arrivare ad una tematica fissa, ad imporre argomenti fissi ed immutabili.<br />

O si è liberi, o non si è liberi. Non esiste soltanto la libertà <strong>di</strong> espressione, la libertà <strong>di</strong><br />

forma, la libertà <strong>di</strong> linguaggio; non esiste una via <strong>di</strong> mezzo. Se si è liberi, lo si deve<br />

essere anche nella scelta dei soggetti, senza che nessuno si debba sentire moralmente<br />

impegnato a sceglierli in un determinato campo, anche se vasto.<br />

7.23 Ignazio Rossi<br />

Prendo la parola per tentare <strong>di</strong> chiarire a me stesso e anche un poco all’au<strong>di</strong>torio una<br />

certa <strong>di</strong>fficoltà che abbiamo incontrato nel <strong>di</strong>scutere i nostri problemi in questo<br />

Convegno, così egregiamente organizzato.<br />

Voglio <strong>di</strong>re che gira un po' in tutti noi, una certa perplessità per quello che abbiamo<br />

detto e non tutti siamo sod<strong>di</strong>sfatti dei ri<strong>sul</strong>tati a cui si potrebbe arrivare attraverso una<br />

<strong>di</strong>scussione a così largo respiro.<br />

Credo che questa <strong>di</strong>fficoltà sia dovuta, innanzi tutto, ad una impostazione del Convegno<br />

non perfettamente coerente con quelli che sono i nostri problemi attuali, cioè i problemi<br />

del cineamatorismo italiano. Voglio <strong>di</strong>re che noi ci siamo trovati, per forza <strong>di</strong> cose, a<br />

dover <strong>di</strong>scutere su una sfera che sembrerebbe <strong>di</strong> alta <strong>di</strong>alettica (o quando meno <strong>di</strong><br />

pseudo accademia) che, in un certo senso, non conduce ai ri<strong>sul</strong>tati ed a conclusioni<br />

apprezzabili onde recare un contributo effettivo a quello che è il movimento non solo<br />

teorico, ma anche pratico. Noi ci siamo sentiti impegnati a <strong>di</strong>scutere, per esempio, <strong>di</strong><br />

argomenti che, ormai, potrebbero anche essere sorpassati, come quello del definire se<br />

il <strong>cinema</strong> in quanto tale è arte o meno; se il <strong>cinema</strong> è movimento <strong>di</strong> cultura, ecc. Invece,<br />

io penso, che i temi del Convegno o i temi dei prossimi convegni dovrebbero essere un<br />

poco più specificatamente cineamatoriali onde permettere a noi che facciamo del<br />

cineamatorismo <strong>di</strong> focalizzare certuni settori sia <strong>sul</strong> piano estetico sia <strong>sul</strong> piano pratico.<br />

Per consentire questo noi dovremmo partire da argomentazioni un poco più elementari,<br />

- 71 -


un poco più modeste. Che cos'è, in senso storico, il fenomeno del <strong>cinema</strong> d'amatore<br />

specificamente in Italia.<br />

Il <strong>cinema</strong> d'amatore, in Italia, gode <strong>di</strong> una certa citta<strong>di</strong>nanza perché noi occupiamo una<br />

certa area vitale <strong>di</strong> questa arte <strong>cinema</strong>tografica. Io non faccio assolutamente <strong>di</strong>stinzione<br />

tra arte del <strong>cinema</strong> d'amatore ed arte del <strong>cinema</strong> professionale. Quando si parla <strong>di</strong><br />

<strong>cinema</strong> è sempre, comunque, arte.<br />

Noi cineamatori teniamo <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> vita in quanto siamo sganciati da certune tiranniche<br />

impostazioni della <strong>cinema</strong>tografia industriale. Noi non potremmo mai esprimere quello<br />

che esprimiamo se dovessimo inserirci nel gioco dell’industria, perche l'industria è<br />

legata a grossi rischi e capitali, l'industria dà impostazioni particolari alle proprie<br />

produzioni, l'industria risente molto spesso dell'impostazione politica, l'industria non<br />

consente, <strong>di</strong> operare in piena libertà come, invece, noi facciamo. E' appunto <strong>sul</strong> piano <strong>di</strong><br />

questa libertà che io vedo il <strong>cinema</strong> d'amatore come un movimento <strong>di</strong> cultura<br />

<strong>cinema</strong>tografica perfettamente libero. Il nostro <strong>cinema</strong> ci da la possibilità <strong>di</strong> adoperare il<br />

mezzo <strong>cinema</strong>tografico alla guisa del pennello, che è poco costoso, a guisa della<br />

penna. Noi, in egual maniera, possiamo adoperare (con grande economia) lo stesso<br />

mezzo <strong>di</strong> espressione che usano i gran<strong>di</strong> registi.<br />

Quin<strong>di</strong>, nell'area <strong>di</strong> questa libertà, noi ci troviamo a dover rappresentare un movimento<br />

<strong>di</strong> cultura che è sganciato dalla tirannia <strong>di</strong> impostazioni industriali ed anche ideologiche.<br />

In questi limiti della nostra libertà artistica (limiti preziosissimi) noi dovremmo <strong>di</strong>scutere<br />

delle nostre cose, dovremmo <strong>di</strong>scutere delle nostre cose soprattutto perché organizzati<br />

egregiamente dalla Fe<strong>di</strong>c. Per parecchi anni non abbiamo detto la nostra parola e<br />

quin<strong>di</strong> io avrei ben visto nella tematica del Convegno (naturalmente nella economia del<br />

tempo che noi abbiamo impiegato a Bergamo) dei sottocapitoli, dei corollari, un poco<br />

più specifici che ci avessero consentito <strong>di</strong> analizzare ancora meglio (o meglio<br />

focalizzare) tutte quelle possibilità <strong>di</strong> lavoro nei vari settori della <strong>cinema</strong>tografia a passo<br />

ridotto onde dare una impostazione orientativa alla nostra base. Io avrei visto, con<br />

maggiore efficacia e con maggiore utilità, l'impostazione <strong>di</strong> un sottotema riguardante gli<br />

aspetti estetici del nostro <strong>cinema</strong> non come scontro <strong>di</strong>alettico per determinare se e<br />

come il nostro <strong>cinema</strong> fa dell'arte, ma soprattutto per comprendere (comprendere<br />

meglio) quali mezzi estetici della <strong>cinema</strong>tografia in generale siano più funzionali nella<br />

nostra possibilità <strong>di</strong> realizzazione in quanto il cineamatorismo, naturalmente, avendo a<br />

<strong>di</strong>sposizione dei mezzi più economici deve purtroppo limitare le proprie possibilità.<br />

Avrei visto, con maggior interesse, una <strong>di</strong>scussione che avesse anche in un certo senso<br />

orientata la nostra base <strong>sul</strong>l'auto<strong>di</strong>sciplina della nostra libertà, Mi spiego meglio. Noi<br />

non teniamo agli schemi fissi; <strong>sul</strong> piano formale, e naturalmente su quello<br />

contenutistico, possiamo produrre quello che vogliamo.<br />

Ora, proprio per tutelare questa nostra libertà, sarebbe opportuno fissare dei limiti che ci<br />

auto<strong>di</strong>sciplinino in questo gioco dell'esercizio della liberta artistica attraverso il<br />

cineamatorismo. Ed infine, avrei visto con piacere una <strong>di</strong>scussione <strong>sul</strong>la possibilità <strong>di</strong><br />

migliorare i nostri mezzi onde meglio comunicare (se vogliamo usare il termine <strong>di</strong> Spini<br />

così bello) onde migliorare la comunicativa. Con questo sistema, certamente, non ci<br />

saremmo impegnati in <strong>di</strong>scussioni <strong>di</strong>alettiche, in <strong>di</strong>scussioni che sono un po' pesanti,<br />

per coloro che oggi (o da poco tempo) si avvicinano al cineamatorismo e naturalmente<br />

dovete tener presente che queste <strong>di</strong>scussioni non sono state così limpide, così<br />

chiarificatrici, da offrire una soluzione positiva ad ogni singolo tema. Non vedo del resto<br />

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delle soluzioni, a carattere universale, tali da poter orientare in senso positivo la nostra<br />

base.<br />

Gli interventi <strong>di</strong> Ferrazzano, <strong>di</strong> Corrado, <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>olo, sono a sostegno della mia tesi.<br />

Noi, praticamente, usciamo da qui con idee non certo più chiare <strong>di</strong> quanto le avessimo<br />

prima. Se invece <strong>di</strong> fare appunto queste <strong>di</strong>scussioni ci fossimo inseriti in una<br />

<strong>di</strong>scussione che fosse stata più funzionale certamente avremmo fatto un'opera<br />

altamente meritoria.<br />

7.24 Gianni De Tommasi<br />

Della relazione <strong>di</strong> Tito Spini mi riferirò ad un particolare aspetto, che però, secondo me,<br />

riveste grande importanza.<br />

Prima <strong>di</strong> entrare in argomento consentitemi <strong>di</strong> esprimere però la mia sod<strong>di</strong>sfazione,<br />

anche come vice Presidente della Federazione, <strong>di</strong> partecipare a questo Convegno che<br />

è stato veramente organizzato ad un livello elevato (e in questo non con<strong>di</strong>vido le<br />

opinioni dell'amico Rossi) in quanto bisogna impegnarsi forse anche al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quelle<br />

che possono sembrare le nostre possibilità per orientarci verso mete più elevate. Vuol<br />

<strong>di</strong>re che, se anche ci saremmo riusciti parzialmente, sarà un positivo ri<strong>sul</strong>tato.<br />

Noi abbiamo, da questa tribuna, espresso ognuno le proprie opinioni. Abbiamo fatto<br />

appello ai gran<strong>di</strong> del <strong>cinema</strong>; da Chaplin a Bergman, da Eisenstein a Bela Balazs e<br />

quin<strong>di</strong> si è <strong>di</strong>mostrato che un substrato culturale esiste e c'è pure la speranza <strong>di</strong> avviarci<br />

a mete più elevate.<br />

Mi riferisco ora alla parte della relazione Spini che mi ha interessato, cioè quando si<br />

rivolge alla Federazione e <strong>di</strong>ce: "sì la Federazione è vero ci da i mezzi, ci viene<br />

incontro con macchine, con attrezzature. Non basta, noi chie<strong>di</strong>amo che la<br />

Federazione ci rappresenti". Ed allora rispondo: la Federazione è lieta e non chiede <strong>di</strong><br />

meglio che rappresentarvi e non solo fisicamente. Siamo noi ora a sollecitarvi: siateci<br />

più vicini. E vi doman<strong>di</strong>amo: siete sicuri che tutti gli strumenti a nostra <strong>di</strong>sposizione noi li<br />

adoperiamo? Noi abbiamo grande fiducia nell'opera della <strong>cinema</strong>tografia a formato<br />

ridotto, e lo <strong>di</strong>ce lo stesso Spini, quando afferma "cos'altro meglio dell’immagine<br />

può folgorare l'attenzione dell'uomo".<br />

E’ vero, noi tutti con<strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo questo punto <strong>di</strong> vista. Siamo degli entusiasti, c'è il<br />

desiderio, la passione. Chie<strong>di</strong>amo quin<strong>di</strong> noi a Voi: siate presenti! Noi siamo<br />

sommamente rispettosi della Vostra personalità, delle funzioni del Cineclub; siamo la<br />

ri<strong>sul</strong>tante dei desideri e tendenze dei cineamatori. Siete Voi che dovete avere più<br />

fiducia e non essere scettici circa le reazioni e l'accoglimento. Tutte, assolutamente<br />

tutte, le proposte che ci vengono dalla base le abbiamo esaminate e sempre accolte.<br />

Adesso abbiamo un organo <strong>di</strong> stampa nostro, siate più vicini a questa rivista perché con<br />

le Vostre proposte, con i Vostri articoli e con le relazioni dell'attività del Cineclub potete<br />

<strong>di</strong>mostrare la Vostra vitalità.<br />

Questa rivista, che va a tutti i soci e che va a personalità del <strong>cinema</strong>, ai Blasetti ed ai<br />

Visconti, ai gruppi <strong>di</strong> cultura, si avvicina a questi ambienti culturali. C'è bisogno <strong>di</strong><br />

questo colloquio, si stabiliranno, in avvenire, sempre maggiori rapporti. In ogni modo,<br />

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questa richiesta <strong>di</strong> rappresentarvi, si estrinsechi, ci <strong>di</strong>ca come, e noi saremo ben lieti <strong>di</strong><br />

poterlo fare.<br />

Non bisogna avere un timore reverenziale per gli anziani, in quanto gli anziani hanno<br />

<strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> non essere degli ottusi. In ogni modo, Voi prospettate quelli che sono i<br />

vostri fermenti, i vostri desideri. Mi rivolgo ora a Guiotto il quale <strong>di</strong>ceva che bisogna<br />

prendere una ramazza e scacciare via tutte le persone inutili dal suo club. Dico, stia<br />

attento a farlo perché scacciando via quelle persone ritenute marginali sono i giovani<br />

che egli scaccerebbe, ed essi, se in principio possono non essere utili ed essere<br />

passivi, vanno egualmente incoraggiati.<br />

Noi lo abbiamo fatto a Montecatini. Abbiamo infatti incoraggiato la presentazione al<br />

pubblico <strong>di</strong> opere che non erano molto valide, ma nelle quali c’era qualche piccola nota<br />

che in<strong>di</strong>cava come l'autore poteva, in futuro, raccontare qualche cosa <strong>di</strong> interessante. E<br />

vorrei anche rassicurarvi, sempre in base alle reazioni che hanno determinato le belle<br />

relazioni <strong>di</strong> Spini e <strong>di</strong> Pecora (che, ad un certo momento, come <strong>di</strong>ceva Rossi, hanno<br />

intimorito).<br />

Vogliamo noi fare solo dell'alta cultura? No, non è vero. Quando Ascani ci chiede: ma<br />

allora che cosa facciamo? Dobbiamo scoraggiare i principianti? No, non è vero, non è<br />

questo nelle intenzioni. Possono essere benissimo esistere sia il gruppo ad alta cultura<br />

che quello <strong>di</strong> cultura me<strong>di</strong>a, e ci può essere anche la tendenza escursionistica. E' la<br />

sensibilità degli organizzatori, del presidente del Cineclub, che deve mettere assieme<br />

queste possibilità <strong>di</strong> coesistenza. Ed il simpatico Professore <strong>di</strong> Bergamo che ha testé<br />

parlato e chiesto: lasciateci il nostro hobby. Ma è certo, nessuno credo, vuole<br />

scoraggiare queste iniziative, anche; perché i nostri cineclub sono stati (e penso lo<br />

saranno) un'unione tra le più <strong>di</strong>sparate provenienze. Abbiamo tra noi operai,<br />

professionisti, ingegneri; abbiamo studenti, industriali e persone <strong>di</strong> ogni ceto si<br />

avvicinano a noi modestamente. Per tutti, qui dentro, c'è posto.<br />

E' questo l'interesse, io credo, essenziale dei nostri club: sono cioè la ri<strong>sul</strong>tante<br />

popolare <strong>di</strong> tutte le sensibilità, che in uno stesso lavoro possono trovare la loro<br />

confluenza. Un'altra cosa però si deve tenere in conto. Tenete presente che i nostri club<br />

(a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> altre attività <strong>cinema</strong>tografiche nelle quali arrivano delle persone e queste<br />

rimangono per anni sin quanto hanno la possibilità <strong>di</strong> raccontare) mostrano un flusso ed<br />

un riflusso. Ogni anno, molti (i migliori probabilmente) si allontanano per necessità<br />

professionale.<br />

Altri, scoprono in sé stessi particolari necessità ed entrano definitivamente nella<br />

<strong>cinema</strong>tografia professionale. Ma li per<strong>di</strong>amo ugualmente. Il cineclub Ferrara ad<br />

esempio, era uno dei migliori cineclub; si sono allontanati, per varie ragioni, alcuni dei<br />

suoi maggiori esponenti, ed oggi è un po' in tono minore, ma ha dato molto alla nostra<br />

<strong>cinema</strong>tografia.<br />

Chiudo il mio intervento riferendomi precisamente ad un invito <strong>di</strong> Spini, il quale <strong>di</strong>ce:<br />

"motivo dominante <strong>di</strong> questo mio intervento vuole essere un invito ad unire i<br />

nostri sforzi per servire". Mi associo e penso che ci associamo tutti a questo suo<br />

invito perché è dall'unione <strong>di</strong> tutti i nostri sforzi (usando meglio e anche più quello che<br />

abbiamo) che si raggiungono fini nettamente positivi.<br />

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7.25 Gigi De Santis<br />

L'incontro bergamasco che ci trova qui riuniti ha un significato che, secondo me, supera<br />

i limiti del Convegno <strong>di</strong> categoria per inserirsi in un più vasto <strong>di</strong>scorso che oggi il<br />

<strong>cinema</strong> propone alla conoscenza dei gruppi <strong>di</strong> cultura più impegnati della nazione.<br />

Per me è particolarmente importante essere vicino a questa realtà, una realtà che<br />

conoscevo soltanto attraverso testimonianze <strong>di</strong> amici, attraverso la visione occasionale<br />

dei film cineamatoriali. A questo riguardo vorrei ricordare che qui a Bergamo ebbi la<br />

possibilità <strong>di</strong> vedere alcune opere molto significative, realizzate da soci del Cineclub<br />

bergamasco. E' stata, forse, per me la prima occasione <strong>di</strong> toccare con mano gli sforzi<br />

più impegnati del cineamatorismo.<br />

Oggi, quin<strong>di</strong>, ho davanti a me un Convegno, che seguo con umiltà, con una presenza<br />

<strong>di</strong>screta, perché vorrei maggiormente rendermi conto <strong>di</strong> questo mondo particolare che<br />

ha istanze che sono quelle <strong>di</strong> tutti gli uomini comunque impegnati <strong>sul</strong> piano della<br />

cultura, <strong>sul</strong> piano dell'intelligenza.<br />

Dunque, ho seguito gli interventi ed ho letto le relazioni <strong>di</strong> Spini e <strong>di</strong> Pecora, cercando<br />

<strong>di</strong> avere un'idea precisa dell'andamento <strong>di</strong> questo Convegno. Conosco Spini e le sue<br />

opere ed avendo letto la sua relazione posso avere una esatta idea <strong>di</strong> quanto lui<br />

volesse <strong>di</strong>re. Conosco Pecora da anni e so esattamente quale passato egli abbia <strong>di</strong><br />

cineamatore. So esattamente quale sia la sua posizione ideologica, quale sia il suo<br />

impegno <strong>di</strong> uomo <strong>di</strong> <strong>cinema</strong>.<br />

Vorrei adesso fare un piccolo appunto alla serie <strong>di</strong> interventi che si sono susseguiti. A<br />

me sembra che questo Convegno dovrebbe orientarsi su un piano un po' più vasto <strong>di</strong><br />

quello che è la critica testuale delle relazioni stesse. Non analizziamole, parola per<br />

parola.<br />

D'altronde, per me, la relazione <strong>di</strong> Spini non è un punto <strong>di</strong> partenza è un punto <strong>di</strong> arrivo.<br />

Spini ha scritto un corollario alla sua opera <strong>di</strong> cineamatore. Non ha fatto altro che<br />

qualificare quello che è andato per anni facendo con la pellicola e con la macchina da<br />

presa. Dunque non è neanche così eclatante quello che Spini ci viene a <strong>di</strong>re; eclatante<br />

nel senso <strong>di</strong> novità. E’ importantissimo, senz'altro. Perciò cerchiamo <strong>di</strong> non basare<br />

questo Convegno soltanto su una critica testuale delle relazioni. Quella <strong>di</strong> Spini è una<br />

proposta, ma è anche un punto <strong>di</strong> arrivo.<br />

Quin<strong>di</strong> la relazione <strong>di</strong> Spini non è un fatto nuovo. Spini ha un passato <strong>di</strong> cineamatore<br />

che lo qualifica chiaramente. Quello che mi sembra importante; in questo Convegno è<br />

la presenza <strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> interesse preciso da parte del <strong>cinema</strong>, del <strong>cinema</strong><br />

professionale verso l'opera dei cineamatori, questo è un fatto che secondo me<br />

dovrebbe suggerire concrete proposte in fatto <strong>di</strong> cineamatorismo.<br />

In questi giorni abbiamo visto uomini <strong>di</strong> <strong>cinema</strong> che sono venuti qui a parlare<br />

concretamente, a mettere in risalto certe possibilità che nel cineamatorismo oggi si<br />

aprono in vista proprio <strong>di</strong> un generale inquadramento del <strong>cinema</strong> in un quadro culturale.<br />

Abbiamo avuto un fatto importante: la proposta <strong>di</strong> Jasiello, che si inquadra in una<br />

generale politica dì rinnovamento del <strong>cinema</strong>. Ed è una proposta che, pur se parte da<br />

un industriale, ha un significato strettamente culturale. Soltanto culturale. Il <strong>cinema</strong> apre<br />

nuove STRADE. Il frutto <strong>di</strong> anni <strong>di</strong> politica culturale dei circoli del <strong>cinema</strong> è<br />

- 75 -


concretamente visibile nell'aumento degli incassi <strong>di</strong> certi film che fino ad un anno fa<br />

erano tesori <strong>di</strong> cineteca ed oggi conoscono l'incontro con il pubblico grosso.<br />

C'è quin<strong>di</strong>, una situazione nuova da sfruttare, una situazione che quasi travolge gli<br />

uomini che fanno professionalmente il <strong>cinema</strong> ancora impreparati ad organizzare ed<br />

inquadrare questo fenomeno.<br />

In questo generale rinnovamento, secondo me, il cineamatorismo ha un suo peso<br />

fondamentale ed esso non deve trovarsi impreparato. In questo senso le relazioni <strong>di</strong><br />

Spini e <strong>di</strong> Pecora hanno una significazione precisa volta a guardare il futuro.<br />

Si potrebbe <strong>di</strong>re (ed io credo <strong>di</strong> non sbagliare) che non esiste se non soltanto nella<br />

forma più esterna una <strong>di</strong>fferenziazione tra il cineamatorismo ed il <strong>cinema</strong> professionale.<br />

Il fare il <strong>cinema</strong> è un solo atteggiamento dello spirito, è un solo atteggiamento della<br />

cultura, è un solo atteggiamento dell’intelligenza, comunque si faccia. Per questo non<br />

faccio <strong>di</strong>fferenziazioni tra i gran<strong>di</strong> cineasti che producono i film che girano in tutto il<br />

mondo e gli uomini che si esprimono attraverso il cineamatorismo. Siamo lontani dal<br />

vecchio, esausto, cliché del cineamatore che filma i primi passi del proprio ragazzino, o<br />

le gite <strong>di</strong> famiglia in montagna. Oggi siamo vicini a qualche cosa <strong>di</strong> più concreto, <strong>di</strong> più<br />

vivo. Ho avuto occasione <strong>di</strong> parlare con amici e colleghi stranieri, in occasione <strong>di</strong> festival<br />

all'estero, i quali mi chiedevano quale fosse la situazione del cineamatorismo italiano<br />

nei quadri del generale rinnovamento della cultura <strong>cinema</strong>tografica in Italia. In effetti mi<br />

sono trovato impreparato a rispondere.<br />

Vorrei rispondere, però, oggi. Vorrei <strong>di</strong>re a questi amici che il cineamatorismo in Italia è<br />

uno strumento per esperire tentativi che il <strong>cinema</strong> professionale ancora non<br />

PERMETTE. Il cineamatorismo può essere una via per il <strong>cinema</strong> più impegnato, può<br />

essere, forse, in questo momento particolare l'unico modo per rompere con una<br />

tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffidenza, con una tra<strong>di</strong>zione stanca <strong>di</strong> <strong>cinema</strong> industriale praticamente<br />

avulso da certe situazioni, da certi esperimenti.<br />

Gli uomini ci sono, le possibilità ci sono, l'entusiasmo mi sembra che non manchi. E<br />

vorrei <strong>di</strong>re che, ci sono anche le possibilità (una volta che l'opera è stata realizzata) per<br />

portarla fuori. C'è la stampa che ha appoggiato il progetto dall'iniziativa e la sosterrà, ci<br />

sono gli industriali.<br />

Discutiamo <strong>di</strong> questo e non <strong>di</strong> una qualificazione, <strong>di</strong> una <strong>di</strong>stinzione tra il<br />

cineamatorismo e <strong>cinema</strong> professionale. Il <strong>cinema</strong> è un modo <strong>di</strong> essere, un modo <strong>di</strong><br />

pensare, un modo <strong>di</strong> vivere. In questo senso la relazione <strong>di</strong> Spini e la relazione <strong>di</strong><br />

Pecora (che puntavano <strong>sul</strong>la qualificazione culturale del <strong>cinema</strong>) hanno una<br />

significazione precisa: non dobbiamo tra<strong>di</strong>re l'interesse che il <strong>cinema</strong> maggiore ha oggi<br />

per il cineamatorismo. Interesse che scaturisce dalla constatazione dì una precisa<br />

qualificazione culturale degli uomini <strong>di</strong> punta del cineamatorismo. Dobbiamo dunque<br />

incanalare questa fiducia in un quadro più vasto <strong>di</strong> cultura ed intelligenza.<br />

7.26 Giuseppe Bertola<br />

Ho ceduto anch'io alla tentazione <strong>di</strong> portare il mio piccolo contributo. Restando in<br />

poltrona ad ascoltare mi venne facile questa considerazione: se i cineamatori<br />

sapessero realizzare film con prontezza e abilità pari a quella <strong>di</strong>mostrata nel parlare, noi<br />

- 76 -


potremmo ora <strong>di</strong>scutere più <strong>sul</strong>le opere che <strong>sul</strong>le intenzioni. Non rispetto,<br />

evidentemente, la legge dei gran<strong>di</strong> numeri. Tuttavia mi pare dover rilevare come molte<br />

opere realizzate da alcuni cineamatori qui avvicendatisi non siano scevre da ingenuità<br />

che tanta magniloquenza, intelligenza e sicurezza nel <strong>di</strong>re non lascerebbero nemmeno<br />

supporre.<br />

Noi siamo dunque gli ossi dì seppia <strong>di</strong> Montale e possiamo solo <strong>di</strong>re "ciò che non<br />

siamo, ciò che non vogliamo".<br />

Cito, anch'io, ripensando ad un poeta che mi è caro, e con inten<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>verso, credo,<br />

da quello che determinò in Spini la scelta dei versi <strong>di</strong> Brecht: forse perché Brecht, più<br />

che poeta, fu cantore amarissimo dei suoi tempi, forse perché Montale, con armoniosi<br />

accenti, fa in<strong>di</strong>rettamente pensare passando per il cuore.<br />

"Lo spazio del sentimento - ha detto Spini - è sparito dal nostro tempo, è irriso dal<br />

nostro tempo". Più avanti <strong>di</strong>ce che "si fa del <strong>cinema</strong>, anche, per fare della<br />

polemica, della politica, per fare raramente della poesia".<br />

Queste parole, mi si permetta osservare, non aprono un minimo spiraglio ad una<br />

speranza, anzi sbattono un po' la porta in faccia. Il nostro tempo è quanto ci ha elencato<br />

Spini e ben altro ancora su cui me<strong>di</strong>tare e ragionare.<br />

Il non sentirsi in armonia non è un problema? E non lo e l'angoscia del non riuscire a<br />

<strong>di</strong>stinguere i veri valori artistici dai fa<strong>sul</strong>li? E non lo è il dubbio che il fa<strong>sul</strong>lo possa<br />

essere il vero? E non lo è per l'artista il dover scegliere tra la via facile del<br />

compromesso e quella <strong>di</strong>fficile della vera vocazione della vera ispirazione? E non lo è il<br />

problema del controllo delle nascite, o quello dell'educazione sessuale dei nostri figli? O<br />

il fenomeno della massa che crea e <strong>di</strong>strugge idoli?<br />

Io ritengo che nella relazione <strong>di</strong> Spini prevalga il ragionamento al cuore, talvolta; come<br />

nel suo ultimo film è l'architettura del <strong>di</strong>scorso che sostiene l'impalcatura. Sento freddo<br />

attorno a me, come lo sento molto spesso leggendo Brecht. Toglietemi questa<br />

sensazione. Io ho bisogno <strong>di</strong> calore attorno a me. Per cui può essermi anche concesso<br />

<strong>di</strong> rifugiarmi nella poesia per evadere da quanto mi circonda e mi tormenta. Non è,<br />

questo, ripetere il gesto dello struzzo.<br />

E così posso concedermi <strong>di</strong> realizzare Due sol<strong>di</strong> <strong>di</strong> gesso, La pupa, Pape Satan<br />

Aleppe, La nave dei sogni, i Fratelli Paglia, KM 84, La Fionda. Posso anche<br />

realizzare un Uomo in Frack, rischiando <strong>di</strong> essere considerato uomo <strong>di</strong> poche aperture,<br />

l'ignaro nella bolgia del nostro secolo.<br />

Ma io sono in armonia: e rispettino dunque gli altri questa mia armonia, se non sanno<br />

intenderla. Tra l'invito specifico <strong>di</strong> Pecora, nella sua relazione, a <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> un<br />

determinato film, ed il resto, occorre <strong>di</strong>re che il nostro Convegno si è <strong>di</strong>mostrato<br />

interessante, ma senza dubbio anche…"spinoso". Gli ostacoli sono stati, per lo più,<br />

aggirati: o con l'acquiescenza o con l'abbordare argomenti non pertinenti al tema.<br />

Bene ha detto Siniscalchi parlando <strong>di</strong> moralismo. Felice è stato l'accenno <strong>di</strong> Pecora ad<br />

un "manifesto" <strong>di</strong> Tito Spini, più che ad una relazione. Io vorrei davvero che si trattasse<br />

<strong>di</strong> un "manifesto"; chi vuol aderire aderisca, con entusiasmo e non per opportunità, non<br />

per la convinzione assurda che esso gli ad<strong>di</strong>ti l'unica strada oggi validamente<br />

interessante, o comoda o <strong>di</strong> una certa sicurezza.<br />

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Ma qualunque <strong>di</strong>versa scelta da altri operata sia equamente considerata ed apprezzata<br />

dalle giurie che un giorno giu<strong>di</strong>cheranno. E' un appello questo, benché superfluo, che<br />

mi permetto <strong>di</strong> lanciare: perché ogni metro dei nostri film racchiude sempre qualcosa,<br />

che è stato sottratto al nostro lavoro, al nostro riposo, alla nostra famiglia. Racchiude<br />

sempre un po' <strong>di</strong> sofferenza e contiene sempre, io credo, un piccolo messaggio.<br />

Un messaggio che potrà essere un grido <strong>di</strong> ribellione, un canto d'amore, un soffio <strong>di</strong><br />

poesia.<br />

7.27 Italo Carrone<br />

Io non voglio qui <strong>di</strong>ssertare <strong>sul</strong>la letteratura, <strong>sul</strong>l'arte, sui rapporti tra l'uomo e la società.<br />

Prima <strong>di</strong> me, in maniera più qualificata, lo hanno fatto altri in modo esauriente. Visto<br />

però, che grazie all'iniziativa degli amici del Cine <strong>Club</strong> Bergamo, anch'io ho avuto la<br />

ventura <strong>di</strong> vivere queste interessantissime giornate, permettetemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>re due parole alla<br />

buona.<br />

Parole e conclusioni prelevate dal bagaglio dell'esperienza <strong>di</strong> una vita vissuta<br />

modestamente, ma intensamente, al <strong>di</strong> fuori e dentro l'ambiente cineamatoriale.<br />

In parte, potrei con<strong>di</strong>videre le idee che Spini ha esposto nella sua relazione. Pur<br />

riconoscendo, però, la drammatica fondatezza della visione che Spini e altri oratori<br />

hanno dato della vita <strong>di</strong> oggi, io non credo <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre il loro amaro pessimismo.<br />

E’ logico ed umano che in questo tempo (in ogni tempo ed in ogni società) i giovani, e<br />

non soltanto loro, abbiamo sempre teso i loro sforzi al miglioramento dei rapporti tra<br />

uomo e uomo e al miglioramento delle con<strong>di</strong>zioni generali <strong>di</strong> vita.<br />

Se così non fosse l'umanità non avrebbe progre<strong>di</strong>to, con quel ritmo incalzante che tutti<br />

hanno rilevato. E’ logico ed umano che ognuno può e deve operare come meglio sa e<br />

può, per il raggiungimento delle comuni aspirazioni, consapevole e cosciente senza<br />

abbandonarsi ai facili ottimismi o ai deteriori pessimismi. Cosa possono fare i<br />

cineamatori con le loro produzioni visto che il <strong>cinema</strong> è mezzo <strong>di</strong> espressione e che è<br />

molto <strong>di</strong>ffuso come mezzo <strong>di</strong> comunicazione? Continuino pure a fare i loro film, così<br />

come hanno fatto sino ad oggi, cercando sempre più <strong>di</strong> migliorare. Ritengo che dare ai<br />

cineamatori il tema prefisso, cercare <strong>di</strong> istradarlo sui binari rigi<strong>di</strong> che portano ad una<br />

meta prestabilita è come imbrigliare la loro inventiva, la loro capacità, il loro spirito, la<br />

loro sensibilità.<br />

Spini continui pure a fare i suoi invi<strong>di</strong>abili lavori (che sono senz'altro frutto <strong>di</strong><br />

un'approfon<strong>di</strong>ta conoscenza dei più SCOTTANTI problemi che oggi affliggono<br />

l'umanità) ma non si pretenda che tutti i cineamatori realizzando i loro film si adeguino a<br />

questo suo modo <strong>di</strong> vedere, a questo suo modo <strong>di</strong> vivere, a questo suo modo <strong>di</strong><br />

operare. Se così si facesse ritengo che, fra qualche anno, solo pochissimi<br />

praticherebbero il cineamatorismo in Italia.<br />

E' stato giustamente affermato che il <strong>cinema</strong> ha tra l'altro il compito <strong>di</strong> mettere in luce le<br />

deficienze, le incapacità, affinché nel migliore dei mo<strong>di</strong> si interessi la pubblica opinione<br />

a risolvere queste deprecabili deficienze.<br />

Sono d'accordo su ciò, ma sono portato - <strong>di</strong> riflesso - a fare una domanda: è mai<br />

possibile che il mondo in cui viviamo sia solo cosparso <strong>di</strong> brutture, <strong>di</strong> ingiustizie, <strong>di</strong><br />

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soprusi, <strong>di</strong> manifestazioni che mortificano il genere umano? No, sicuramente. Attorno a<br />

noi che operiamo c'è fortunatamente ancora del bello e del buono. Ebbene, se l’occhio<br />

indagatore della cinepresa è giusto si porti sugli orrori, <strong>sul</strong>le tragiche conseguenze delle<br />

guerre, nel tugurio dove vive una vittima dell'ingiustizia e dell'incomprensione, nel paese<br />

abbandonato da Dio e dagli uomini che lentamente muore, è altrettanto giusto ed utile<br />

che si porti là dove, giornalmente, ci è dato <strong>di</strong> vedere un gesto <strong>di</strong> umana solidarietà, <strong>di</strong><br />

fratellanza e <strong>di</strong> amore. Dove c'è gente, come ha detto Asti, che lavora, che soffre, che<br />

prega e che spera.<br />

Certo sarà più <strong>di</strong>fficile far presa, ma non ba<strong>di</strong>amoci. Lasciamo al <strong>cinema</strong> professionale<br />

queste preoccupazioni, peraltro finanziarie; non facciamo come quel tizio che per<br />

attirare su <strong>di</strong> sé la nostra attenzione passandoci vicino ci da un calcio, od uno spintone.<br />

Si può anche attirare l'attenzione dei nostri compagni <strong>di</strong> viaggio realizzando film come<br />

"Due sol<strong>di</strong> <strong>di</strong> gesso", "Casello 11090", "Dies Irae", ecc.<br />

8. La replica <strong>di</strong> Tito Spini<br />

Tu l'hai voluto Georges Dan<strong>di</strong>n. Non posso che cominciare così. Cioè, l'ho proprio<br />

desiderato. Al fondo del mio spirito, forse da quando ho cercato in me delle attitu<strong>di</strong>ni<br />

verso la vita, e sperato <strong>di</strong> produrre e realizzare, ho anche cercato <strong>di</strong>, aver dei colloqui,<br />

delle comunicazioni. Grazie perché me li avete dati. Grazie per le opposizioni, per i<br />

contrasti, per i chiarimenti, per la collaborazione, per le integrazioni.<br />

Si può <strong>di</strong>re che si sono dette molte parole. E’ vero, ma molto sono state dette in<br />

profon<strong>di</strong>tà, in un in<strong>di</strong>rizzo che noi an<strong>di</strong>amo cercando. Difficile è per me rispondere a<br />

tutti. Non sono un <strong>di</strong>alettico, faccio per professione quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>segnare la carta bianca,<br />

<strong>di</strong> mettere un mattone sopra l'altro.<br />

Molti sono stati gli interventi e Vi devo <strong>di</strong>re che la maggior parte mi ha colpito, Voi avete<br />

affrontato una critica <strong>di</strong> fondo alla mia impostazione tematica, pur valutandone qualche<br />

certezza e giustificazione.<br />

Molti degli interventi mi hanno, non <strong>di</strong>co posto nel dubbio (tutti noi abbiamo dei dubbi e<br />

continuiamo ad averli, cerchiamo <strong>di</strong> lottare per eliminarli) ma mi avete aperto<br />

preoccupazioni. Ve ne sono grato perché non vorrei mai che una mia certezza<br />

personale potesse produrre su <strong>di</strong> me (e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> riflesso per il desiderio <strong>di</strong> comunicare)<br />

degli errori negli altri.<br />

Grazie, soprattutto, <strong>di</strong> questo e Ve ne garantisco non è un atteggiamento, ne sono<br />

veramente commosso. Chiarire sé stesso per gli interventi degli altri è proprio la base <strong>di</strong><br />

quella cercata comunicazione. Ritengo che molti <strong>di</strong> Voi partiranno da Bergamo con dei<br />

chiarimenti che deriveranno proprio da questo scambio, non solo da questo della<br />

tribuna, ma anche dalla continuazione del colloquio che se ne è fatto fuori.<br />

Mi preme, per <strong>di</strong>minuire quella certa sensazione che qui si vogliano fare cose al <strong>di</strong> fuori<br />

della nostra reale misura <strong>di</strong> cineamatori, <strong>di</strong> chiarire che noi non vogliamo uscire dalla<br />

nostra misura <strong>di</strong> uomini e la mia conclusione sarà proprio su questo punto. Ringrazio<br />

Serravalli per aver detto che cineamatori non si devono servire delle parole con la A<br />

maiuscola.<br />

No, i cineamatori non si devono servire della A maiuscola. Proprio il nostro tempo non<br />

si deve servire della A maiuscola, per quel desiderio <strong>di</strong> collaborazione in comunità.<br />

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L'uomo d'oggi ha proposto (la Bahuaus insegna) l'eliminazione delle maiuscole non<br />

solo per ragioni estetiche, ma per ragioni morali.<br />

Molte sono state le preoccupazioni. Righi Parenti si chiede, e giustamente, dove si<br />

andrà a finire. Spero proprio che si vada a finire in quella comunicazione che stiamo<br />

cercando. Ne sono certo perché qui sono riuniti i personaggi più attivi del <strong>cinema</strong><br />

d'amatore italiano o lo <strong>di</strong>mostrano perché essendo venuti a Bergamo hanno sentito<br />

l'impegno <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>scussione, <strong>di</strong> questi approfon<strong>di</strong>menti.<br />

Molto giustamente, a quietare le preoccupazioni pessimistiche mie, è stato citato da<br />

D'Angelo e da altri il nome <strong>di</strong> Manford.<br />

Come architetto mi è molto caro. Certo lo teniamo tutti presente. E qui vorrei inserire<br />

all'apertura <strong>di</strong> Pio Baldelli un mio chiarimento: egli ha detto che io sono stato<br />

pessimista e che non ho trovato stimolo nel nostro tempo. Ha usato la parola<br />

stimolante, cioè esaltante. Vorrei brevemente leggere una frase della mia relazione: "il<br />

nostro tempo è complesso, terribile, esaltante". L'avevo detto "esaltante". E'<br />

proprio in questo aggettivo che possiamo trovare lo stimolo <strong>di</strong> operare anche nel nostro<br />

tempo da me definito (e da molti precisato) così duro e <strong>di</strong>fficile.<br />

Gabriele Can<strong>di</strong>olo mi ha posto preoccupanti domande <strong>di</strong> chiarimento. A lui il quale mi<br />

<strong>di</strong>ce che è molto meglio parlare come me su una poltrona, anziché <strong>sul</strong> palcoscenico,<br />

rispondo che il tempo dei salotti letterari e tramontato, perché noi dobbiamo con i nostri<br />

atteggiamenti, con la presa <strong>di</strong> posizione nella nostra responsabilità, da qualche tribuna<br />

(sia pure modesta) operare.<br />

Dura vivace, importante, ritengo anche l'indagine fatta da Vincenzo Siniscalchi. Gliene<br />

sono grato perché ha aperto in me la piaga latente, cioè la preoccupazione del<br />

moralismo. Siniscalchi ha parlato <strong>di</strong> Goebbels, <strong>di</strong> atteggiamenti che l'espressionismo<br />

tedesco ha determinato con le sue posizioni moralistiche nel seguito della vicenda<br />

germanica.<br />

Ha ragione, ma siccome la cultura, come tutti sappiamo, prima <strong>di</strong> essere qualcosa<br />

d'altro (che abbiamo tanto <strong>di</strong>fficoltosamente cercato <strong>di</strong> definire) è una scelta, proprio per<br />

la ragione profonda <strong>di</strong> questa scelta noi dobbiamo avere la responsabilità anche <strong>di</strong><br />

essere dei moralisti.<br />

Luigi Turolla, come sempre pregnante <strong>di</strong> una carica <strong>di</strong> positività e <strong>di</strong> praticità, ci ha<br />

detto del suo entusiasmo, del suo desiderio <strong>di</strong> avere a <strong>di</strong>sposizione la pellicola per<br />

operare, e poiché egli è un puro certo bene opererà e insegnerà, anche a noi una<br />

strada felice in questo senso. Mi dà conforto che egli (oggi nella professione) cerchi <strong>di</strong><br />

voler attuare la realizzazione <strong>di</strong> quel volto vero della nostra comunità che noi tutti<br />

auspichiamo.<br />

Importante, chiarificatrice, in un certo settore, è stata la parola <strong>di</strong> Gianni Rondolino.<br />

Soprattutto la prendo in una enunciazione fondamentale per il <strong>cinema</strong>: "libertà <strong>di</strong> mezzi<br />

tecnici". E' una veramente esaltante il <strong>cinema</strong> in sé stesso, ne faccio una mia parte<br />

d'esperienza personale. Tutti noi, quando si esce dalle scuole <strong>di</strong> architettura si ha<br />

dentro un certo gelo, si ha una precostituita posizione <strong>di</strong> fronte alla vera vita del<br />

costruire e se non vengono delle esperienze a rottura <strong>di</strong> ciò, probabilmente, si sarebbe<br />

degli inetti alla creazione per tutta la vita.<br />

I mezzi tecnici che la gente <strong>di</strong> alto sentimento e <strong>di</strong> alta intellettualità propone, volta a<br />

volta, nella civiltà sono le autentiche fratture necessario contro l'opportunismo e<br />

l'immobilismo.<br />

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Libertà <strong>di</strong> mezzi tecnici. Ci deve essere ovunque; pensate alla libertà dei mezzi tecnici<br />

<strong>di</strong> Joyce. A quali fratture importanti e determinanti, per la civiltà contemporanea, a<br />

quante rotture ha dato appoggio.<br />

Alessio Baume porta una parola in favore del coraggio.<br />

Non saremmo qui se non ci proponessimo, se non cercassimo con coraggio una strada.<br />

Coraggio in un certo senso non pessimistico è la dote fondamentale per vivere e noi<br />

siamo uomini ovunque anche nel cineamatorismo.<br />

Ezio Pecora, come sempre piano, sereno, pulito nel suo <strong>di</strong>re e nel suo proporre<br />

immagini ed idee, <strong>di</strong>ce che prima <strong>di</strong> tutto dobbiamo <strong>di</strong>ffondere tra noi, pre<strong>di</strong>sporre tra<br />

noi la cultura, tra noi cineamatori. E’ vero, e il Convegno è stato determinato da questo<br />

desiderio e credo sarà in tal senso importante.<br />

Particolare piacere mi ha fatto anche l'intervento <strong>di</strong> Adriano Asti. Ho sempre stimato<br />

quel gruppo <strong>di</strong> operatori (nel senso <strong>di</strong> produrre) che si è costituito a La Spezia, dal<br />

quale è sortito spesso una parola importante per il cineamatore, una parola <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />

formale, <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne contenutistico. Egli <strong>di</strong>ce che non si può partire da due punti <strong>di</strong>versi ed<br />

arrivare ad una stessa conclusione. Invece è per tutti facile constatare che nella vita<br />

spesso ci si trova a colloquio su un argomento <strong>di</strong> fondo essendo partiti da parte<br />

opposta.<br />

Piero Nava mi pone la necessità <strong>di</strong> una precisazione: "potrebbe" essere o "deve"<br />

essere, <strong>cinema</strong> utilitario, il <strong>cinema</strong> d'amatore?<br />

Caro Nava, tu sai che per me "deve" essere, nella mia posizione non posso che <strong>di</strong>rti<br />

“deve" essere cosi il <strong>cinema</strong> d'amatore, ma è stato da tanti chiarito che la mia è una<br />

posizione personale.<br />

Certamente sono ben lontano dal proporre una scuola in questo senso. La libertà del<br />

cineamatore è la nostra salvezza, sono certissimo (come ha detto De Santis) che sarà<br />

anche la salvezza del <strong>cinema</strong> in futuro.<br />

Gianni De Tommasi porta con la sua parola anche la parola a noi tanto cara e per noi<br />

tanto importante della Federazione. Possiamo proprio <strong>di</strong>re parafrasando un detto<br />

storico: "La Federazione siamo noi". La Federazione ha la nostra fisionomia e quando<br />

<strong>di</strong>cevo che "noi dobbiamo dalla federazione essere rappresentati anche come entità<br />

morale <strong>di</strong> associati" ho avuto da lui la più esauriente risposta in questo senso. Non solo<br />

io, ma tutti dobbiamo essergliene grati.<br />

Gigi De Santis ci <strong>di</strong>ce una cosa importante: che la stampa italiana, essendosi accorta<br />

in ritardo (ma essendosene accorta) del fenomeno del cineamatorismo, ci aiuterà.<br />

Questo aspettiamo da tempo; l'aiuto della stampa potrà produrre benevoli effetti, anche,<br />

<strong>di</strong> stimolo, <strong>sul</strong>la nostra opera.<br />

Giuseppe Bertola incide in questo Convegno (come prima Asti) con quel tocco<br />

necessario all'apertura che l'uomo ha nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> un bisogno <strong>di</strong> poesia. Certo anche<br />

in questa <strong>di</strong>rezione si deve fare del <strong>cinema</strong>. Direi soprattutto. Essendone capaci. Io<br />

certo non sono capace. Ecco perché ho un atteggiamento <strong>di</strong>verso. Ho detto prima che<br />

mi è impossibile rispondere a tutti, ma a tutti sono molto grato. Voglio concludere con<br />

un rafforzamento (che è un chiarimento della mia posizione); contro una classe sociale<br />

che tenta in ogni modo e con ogni mezzo <strong>di</strong> imporre il proprio interesse sopra e contro<br />

quello della comunità a volte con furberia, a volte con l'imperio, a volte (e non così <strong>di</strong><br />

rado come si crede) con l'intimidazione e con le armi. Gli uomini consapevoli debbono<br />

usare tutti i mezzi leciti per la loro <strong>di</strong>fesa; <strong>di</strong>co <strong>di</strong> più, per il loro attacco. Il mezzo che si è<br />

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<strong>di</strong>mostrato a lunga scadenza tra i più efficaci è l'intervento artistico: arte come utilità,<br />

cultura come utilità.<br />

Qui ho trovato molta opposizione a questa affermazione; ho inteso agganci filosofici, ho<br />

inteso definizioni filologiche, ma è ben vero che da molti anni ormai esistono, vari e<br />

fruttuosi, i ri<strong>sul</strong>tati operanti coi quali è facile rafforzare questa mia affermazione.<br />

Vi siete chiesti da quanto mai l'arte ha assunto un ben chiaro in<strong>di</strong>rizzo utilitaristico <strong>sul</strong><br />

piano morale e perciò <strong>sul</strong> piano culturale e sociale?<br />

Non può non <strong>di</strong>rvi niente il quadrato rosso esposto per la prima volta a Mosca da<br />

Kufka, non può non <strong>di</strong>rvi niente il rigore geometrico <strong>di</strong> Mondrian, non potete essere<br />

sor<strong>di</strong> al richiamo cartesiano <strong>di</strong> Le Corbusier! La casa è una macchina per abitare,<br />

bisogna proporre al mondo confuso, vaneggiante, l'utilità dell'or<strong>di</strong>ne; il mezzo come<br />

strumento per migliorare il ri<strong>sul</strong>tato; l'arte come meta <strong>di</strong> miglioramento.<br />

Se lo sono proposti molti gran<strong>di</strong>ssimi maestri, che hanno dato le più feconde<br />

realizzazioni all'attuale civiltà. Se lo sono proposti tutti i maestri <strong>di</strong> De Stjil i quali non<br />

solo hanno realizzato una civiltà grafica, una civiltà architettonica, ma una<br />

profon<strong>di</strong>ssima civiltà morale. Non mi <strong>di</strong>te, che l'arte altissima <strong>di</strong> Joyce è fine a sé<br />

stessa.<br />

Essa ha chiaramente il compito ben professato e per nulla casuale <strong>di</strong> scuotere la<br />

coscienza dello uomo al fondo da un centenario torpore, <strong>di</strong> togliere all'uomo il peso<br />

grave del conformismo per produrre in lui un certo recupero nell'in<strong>di</strong>rizzo della sincerità<br />

e della pulizia morale.<br />

Che <strong>di</strong>re allora dell'opera <strong>di</strong> Robert Musil che qui è stato citato?<br />

Quell'opera, così pura stilisticamente, così trasparente, è vivamente tesa a produrre un<br />

quadro moralistico per un'epoca corrotta ed impregnata <strong>di</strong> viltà. L'arte a servizio contro<br />

una classe sociale che usa del denaro per le coscienze (parlo in specie dell'industria<br />

<strong>cinema</strong>tografica) per evadere i problemi, che sostituisce la formazione culturale e libera<br />

dell'uomo. Vi pare scandalo che l'uomo usi della cultura e dell'arte per il fine altissimo<br />

del miglioramento dell'umanità stessa? Lasciate che egli, senza scandalo, ma con<br />

giusto merito, sia pragmatista: che abbia così grossolanamente la filosofia <strong>di</strong> chi non è<br />

filosofo come potrebbe <strong>di</strong>re con ben più stimolanti parole John Dewey.<br />

Il pragmatismo inteso non come una deviazione o degradazione del materialismo, ma<br />

come spinta morale alla preparazione etica dell'uomo. Quello che a me preme è<br />

sottolineare, ancora una volta, il tema preciso della mia relazione, il rapporto <strong>cinema</strong><br />

d'amatore nostro tempo. Noi siamo uomini. "Un uomo è un uomo" <strong>di</strong>ce Brecht. Un<br />

uomo è sempre sé stesso. E' tanto <strong>di</strong>fficile, ma è doveroso per un rispetto a noi e per<br />

un'utilità profonda verso gli altri. Noi siamo uomini del nostro tempo, <strong>di</strong>fficile sempre:<br />

quando siamo capi <strong>di</strong> una famiglia, quando siamo architetti in una vicenda<br />

professionale, quando siamo cineamatori. Tanta critica <strong>di</strong>ce che sono parole grosse,<br />

sproporzionate al valore ed alla portata del fenomeno cineamatoristico. Perché? Forse<br />

quando noi siamo capi <strong>di</strong> famiglia cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> essere Noè? Forse quando siamo<br />

architetti cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> essere Le Corbusier o Wright? No, quando siamo cineamatori<br />

cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> essere sempre noi, semplicemente noi, come nella vita. E ci cre<strong>di</strong>amo a<br />

fondo e dobbiamo <strong>di</strong>re chi siamo e in cosa cre<strong>di</strong>amo. Ci troveremo tanti assieme a<br />

sperare e a credere nell'utilità del cineamatorismo. Perché noi cineamatori dobbiamo<br />

fare della polemica, della politica, della cultura? Noi non facciamo della cultura, noi<br />

siamo nella cultura del nostro tempo e poi, infine, faremo se necessario, anche appunto<br />

della polemica e della politica perché in fine "un uomo è un uomo".<br />

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9. Dalla relazione n. 3 <strong>di</strong> Leonardo Autera<br />

«IL CINEMA D'AMATORE E LA CRITICA»<br />

A volte la critica non trascura <strong>di</strong> rilevare i pregi fotografici ed esornativi <strong>di</strong> un film, le sue<br />

qualità prettamente formali: trattandosi <strong>di</strong> esperienze <strong>di</strong> <strong>di</strong>lettanti, in molli casi alle prime<br />

armi, non voglio <strong>di</strong>re che l’esercitazione accademica <strong>di</strong> questo tipo - se è veramente<br />

tale e non piuttosto, come a volte ri<strong>sul</strong>ta, l’aspirazione ultima del regista - sia del tutto<br />

vuota <strong>di</strong> interesse. Ma, in un <strong>di</strong>scorso critico che riguar<strong>di</strong> e consideri il cineamatorismo<br />

nella sua aspirazione a <strong>di</strong>venire fatto <strong>di</strong> cultura, qualsiasi espressione formale che non<br />

si traduca in linguaggio non può essere che oggetto <strong>di</strong> riprovazione o, quanto meno,<br />

trascurata.<br />

La produzione cineamatoristica veramente impegnata in <strong>di</strong>rezione espressiva, sensibile<br />

agli interessi culturali del nostro tempo, non anacronistica né evasiva, e <strong>di</strong> conseguenza<br />

passibile <strong>di</strong> una considerazione critica libera da schemi contingenti, occupa un posto<br />

ancora limitato nella pletora <strong>di</strong> cose inutili o sbagliate. In parte, è inevitabile che sia così,<br />

e molto spesso è necessario superare certe esperienze e certi passi falsi per arrivare a<br />

conseguire determinati ri<strong>sul</strong>tati. Ma è anche vero che una critica consapevole della sua<br />

funzione, e severa ove occorra, può in<strong>di</strong>rizzare senza imporre, può mettere un certo<br />

or<strong>di</strong>ne nelle aspirazioni affastellate, può aiutare il regista ad essere soprattutto sincero<br />

con se stesso.<br />

Un impegno in questa <strong>di</strong>rezione può essere incoraggiato dai migliori ri<strong>sul</strong>tati che il<br />

nostro cineamatorismo ha conseguito in questi ultimi tempi. Essi non sono molti soltanto<br />

rispetto alla folta produzione annuale, quale appare a Montecatini. Sono, tuttavia, tali<br />

da giustificare ampiamente un Convegno come questo <strong>di</strong> Bergamo, che si presenta<br />

come primo deciso tentativo <strong>di</strong> inserire il cineamatorismo nei problemi della cultura.<br />

In questo senso, sono ri<strong>sul</strong>tati oltremodo significativi, che testimoniano un progressivo e<br />

sempre più deciso in<strong>di</strong>rizzo degli autori più impegnati verso l'indagine dei rapporti umani<br />

e verso precise istanze della problematica del nostro tempo.<br />

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10. Dalla relazione n. 4 <strong>di</strong> Aldo Serio<br />

«IL CINEMA D'AMATORE E LA CRITICA»<br />

Spetta a «Libero Orizzonte - Cinema Ridotto» il merito <strong>di</strong> aver impostato in Italia, nel<br />

1951, un <strong>di</strong>scorso critico e analitico nei confronti del <strong>cinema</strong> d'amatore, sostenuto con<br />

spirito scopertamente avverso alla produzione leziosa o manieristica da Salvatore<br />

Galeazzo Biamonte, unico critico dell'ora che puntualizzò - suggerendone le possibilità<br />

<strong>di</strong> applicazione - i primi embrionali sintomi culturali. La solitaria opera critica <strong>di</strong><br />

Biamonte, svolta per cinque anni <strong>sul</strong>le pagine <strong>di</strong> «Cinema Ridotto», ha più <strong>di</strong> una volta<br />

ferito la bonaria insofferenza dei cineasti amatori.<br />

Ciò non toglie che il feroce ma sincero invito alla riflessione pre<strong>di</strong>cato in quei primi anni<br />

abbia indotto gradatamente gli elementi ben dotati a prendere in considerazione<br />

l'opportunità <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi al <strong>cinema</strong> con interessi estetici, prima che velleitari.<br />

Malgrado vi sia molto anonimato da recuperare, resta da guardare l'avvenire come ad<br />

una fonte <strong>di</strong> nuovi e concreti temi <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione dei molteplici aspetti del mondo in cui<br />

viviamo. Abituati a vedere le cose per inquadrature e a prospettarci i problemi per<br />

sequenze, penso che il <strong>cinema</strong> faccia ormai tutt’uno con la nostra quoti<strong>di</strong>ana<br />

esperienza. Ma la vera forza del <strong>cinema</strong> sta nel rappresentare l'ambiente che ci<br />

circonda cogliendo l'aspetto insolito, mai rilevato delle cose a noi familiari. La<br />

deformazione della realtà assume <strong>di</strong>gnità e forma d'arte visiva attraverso il filtro<br />

dell'originalità, fissata nel momento insolito della loro abituale estrinsecazione. Non si<br />

invoca qui la stupefacente fine a se stessa, l'accentuazione grossolana, bensì<br />

l'appaiamento <strong>di</strong> una interiore sete <strong>di</strong> necessità estetica, sposata alla più squisita<br />

osservazione veristica della con<strong>di</strong>zione umana.<br />

Il carattere dell'antichità classica era la crudeltà e il piacere, quello del me<strong>di</strong>o evo la<br />

superstizione e la religiosità, quello dell'evo moderno il cinismo e la tristezza derivati dal<br />

solco profondo che si è creato nell'animo nostro. Quale migliore mezzo del <strong>cinema</strong>, alla<br />

luce meri<strong>di</strong>ana della osservazione, si presta a comporre in immagini vive il <strong>di</strong>alogo<br />

terribile della nostra coscienza <strong>di</strong> uomini moderni, isolali in noi stessi e nei rapporti coi<br />

nostri simili? Quale migliore occasione poter fermare l'attimo autentico della realtà coi<br />

moti del cuore, coi pensieri, col raziocinio, con l'anima sempre più assetata <strong>di</strong> verità e <strong>di</strong><br />

conoscenza e comunicare al nostro prossimo sconfitto dalle brume dell'incertezza e<br />

spinto all'esasperazione dal gioco feroce dei sentimenti inari<strong>di</strong>ti, il quadro vero della<br />

con<strong>di</strong>zione umana dell'uomo del ‘900?<br />

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11. Interventi <strong>sul</strong>le relazioni n. 3 e 4 <strong>di</strong> Serio e Autera<br />

11.1 Righi Parenti<br />

La prima osservazione che vengo a fare all'amico Autera è <strong>di</strong> usare il termine<br />

"<strong>di</strong>lettante" quasi in senso <strong>di</strong>spregiativo.<br />

Considero "<strong>di</strong>lettante" colui che veramente si <strong>di</strong>letta nel coltivare un'arte o che ad un<br />

certo momento questo suo <strong>di</strong>letto lo porta a ricavare non solo una privata sod<strong>di</strong>sfazione<br />

ma il meglio <strong>di</strong> quanto si possa ricavare, attraverso la passione, dall'arte coltivata.<br />

Chiusa questa parentesi, chiedo ai Signori critici <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziare molto seriamente ed<br />

attentamente le qualità tecniche del film d'amatore, dalle qualità contenutistiche.<br />

Purtroppo qui non avviene come nella pittura o nella letteratura ove pennelli e penne<br />

sono ugualmente accessibili per tutti dato che il <strong>di</strong>pingere e lo scrivere sono cose<br />

relativamente economiche per il basso costo delle materie che occorrono per<br />

comunicare attraverso questi mezzi. Qui la tecnica, l'ispirazione e la genialità saranno i<br />

soli fautori dell'opera d'arte.<br />

Anche nel <strong>cinema</strong> l'idea, la cultura, la genialità sono fattori in<strong>di</strong>spensabili alla riuscita<br />

dell'opera d'arte, ma qui, nella realizzazione filmica, è molto importante l'impiego dei<br />

mezzi, tecnici e, con possibilità finanziarie <strong>di</strong>verse, il più provveduto può procurarsi gli<br />

ausili migliori ed anche, come spesso avviene, ricorrere ad<strong>di</strong>rittura ai laboratori<br />

specializzati della produzione <strong>cinema</strong>tografica riuscendo a raggiungere ri<strong>sul</strong>tati<br />

spettacolari <strong>di</strong> gran lunga molto <strong>di</strong>versi da quelli che un cineamatore più modesto,<br />

impiegando una cifra in relazione molto minore, possa conseguire.<br />

Bisognerà dunque nettamente <strong>di</strong>fferenziare quei film esteticamente perfetti ma <strong>di</strong> scarso<br />

contenuto, da quelli ove il contenuto è abbastanza elevato ma dove il realizzatore, per<br />

deficienza <strong>di</strong> mezzi, non è riuscito, come altri, a raggiungere quella perfezione tecnica<br />

semplicemente perché meno provvisto dal lato economico.<br />

Il <strong>cinema</strong> d'amatore non è altro che un piccolo seme che darà domani i suoi frutti. Oggi<br />

dà i suoi piccoli frutti continuamente più abbondanti. Perché la Federazione non pensa<br />

a delle borse <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o per i cineamatori che hanno realizzato un buon film dal lato<br />

contenuto ma poco sod<strong>di</strong>sfacente nella parte tecnica? Una certa somma <strong>di</strong> denaro<br />

dovrebbe anche essere impiegata ad<strong>di</strong>rittura al rifacimento <strong>di</strong> taluni lavori <strong>di</strong> particolare<br />

valore morale ed educativo da renderli spettacolarmente gra<strong>di</strong>ti al vasto pubblico delle<br />

sale, della televisione, delle scuole.<br />

Altra, cosa importantissima è quella <strong>di</strong> creare una stampa specializzata che, oltre che<br />

specializzata (che già in parte esiste) sia anche in<strong>di</strong>pendente.<br />

Passando alla relazione <strong>di</strong> Serio il quale ad un certo punto afferma che il <strong>cinema</strong><br />

d'amatore oggi si scuote non posso altro che dargli ragione. Infatti abbiamo visto che<br />

dopo circa 30 anni <strong>di</strong> attività, il <strong>cinema</strong> d'amatore è giunto ad una svolta decisiva e<br />

finalmente si è capita, anche fuori dal nostro ambiente, l'importanza <strong>di</strong> questo mezzo.<br />

Molte persone, anche tra le più reticenti (che consideravano il <strong>cinema</strong> d'amatore come<br />

un semplice passatempo, un hobby senza pretese, o come il "figlio scemo" del <strong>cinema</strong><br />

normale; per non parlare <strong>di</strong> quelli che lo vedevano come una mania <strong>di</strong> esibizionismo); si<br />

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sono accorte che questo <strong>cinema</strong> sta dando i suoi ri<strong>sul</strong>tati e che questi sono vitali e<br />

produttivi.<br />

Purtroppo, nonostante questa scossa, il <strong>cinema</strong> d'amatore si sta indebolendo perché<br />

oggi, accanto ad una Federazione ne è nata una seconda, la F.N.C. (Federazione<br />

Nazionale dei Cineamatori) che sarebbe poi una fondazione dell'ENAL. Nella stessa<br />

città vi possono essere più Cineclub, e già questo anche nel passato perché la<br />

cinepresa crea amicizie e tra i proprietari <strong>di</strong> cinepresa facilmente avvengono reciproci<br />

scambi <strong>di</strong> confidenze e consigli. Così sono nati i gruppi cineamatoriali. Non tutti si<br />

iscrivono allo stesso club, e ieri molti cineamatori lavoravano insieme anche se<br />

appartenenti a <strong>di</strong>versi gruppi mentre oggi quando si incontrano si domandano: "Per chi<br />

lavori? Per la FEDIC o per ENAL?, come se la Fe<strong>di</strong>c o l'Enal fossero dei padroni,<br />

<strong>di</strong>menticandosi in questo dualismo che ciò che dà la maggiore manovrabilità al<br />

cineamatore è proprio la sua in<strong>di</strong>pendenza nella possibilità <strong>di</strong> lavoro senza nessun<br />

legame né vincolo.<br />

Questo avviene perché sino ad oggi non veniva fatta una netta <strong>di</strong>stinzione tra circolo e<br />

circolo e perché poi tutti facevano capo al più vicino Cineclub Fe<strong>di</strong>c. Per molte ragioni<br />

uno si iscrive ad un Cineclub a preferenza che <strong>di</strong> un altro: per ubicazione, per simpatia,<br />

perché consigliatogli dal suo abituale fornitore.<br />

Altri ad<strong>di</strong>rittura, come già avviene per le associazioni fotografiche, si iscrivono a più<br />

circoli, uno dei quali può essere Fe<strong>di</strong>c o Enal, e questo sia perché ha amici in entrambi,<br />

sia per seguire un numero maggiore <strong>di</strong> manifestazioni, ed anche e soprattutto perché<br />

crede nell'unica finalità del cineamatorismo.<br />

Purtroppo con la nascita <strong>di</strong> questa nuova federazione, la collaborazione che si aveva tra<br />

i gruppi ieri, oggi è pressoché cessata. Si accusano i Cineclub Enal <strong>di</strong> fare dei film<br />

tipo… Enal: gita, famiglia e similari. Anche nei Cineclub Fe<strong>di</strong>c molti cineamatori<br />

seguitano a realizzare simili lavori; nei Cineclub Enal vi sarà un numero maggiore <strong>di</strong><br />

realizzatori <strong>di</strong> queste pellicole semplicemente perché l'Enal si rivolge ad una massa più<br />

vasta <strong>di</strong> cineamatori tra i quali alcuni culturalmente poco provveduti. Naturalmente,<br />

attraverso il tempo, si verificherà, come già è avvenuto tra i cineamatori Fe<strong>di</strong>c una<br />

naturale selezione e questo sarà anche merito della critica e delle giurie, perché occorre<br />

insegnare a questo cineamatore perché il filmettino della gita, il banalissimo film <strong>di</strong><br />

famiglia, ecc., debba restare ben chiuso nel cassetto degli intimi ricor<strong>di</strong>.<br />

Serio nella sua relazione parla <strong>di</strong> film a soggetto e come sia <strong>di</strong>fficile trovare l'interprete<br />

adatto e consiglia <strong>di</strong> ricercare gli attori nelle filodrammatiche aziendali e nei teatri<br />

sperimentali. La maggior parte <strong>di</strong> questi sodalizi è nelle mani Enal.<br />

Va bene che molte <strong>di</strong> queste filodrammatiche sono allo stato embrionale ed ancora<br />

legate a stretti vincoli <strong>di</strong> una vecchia e superata tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> recitazione teatrale, ma in<br />

moltissimi casi è possibile trovare dei giovani elementi che credono nella evoluzione del<br />

teatro nel <strong>cinema</strong> e che quin<strong>di</strong> sono lieti <strong>di</strong> collaborare se non altro, per personale<br />

esperienza ad una realizzazione <strong>cinema</strong>tografica.<br />

Molti problemi potrebbero essere risolti con una convivenza Cineclub-<br />

Filodrammatiche, ma purtroppo anche questa possibilità è stata frustrata dal dualismo<br />

che,esiste tra le due Federazioni cineamatoriali. Se desideriamo che il cineamatore<br />

Fe<strong>di</strong>c possa anch'esso far tesoro dell'esistenza delle filodrammatiche è necessario più<br />

che mai che tra le due Federazioni si riesca a stabilire una vera convivenza e che non<br />

esistano mai dei contrasti e solo così tutto andrà a risolversi nel migliore dei mo<strong>di</strong><br />

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perché non solo la relazione tra filodrammatiche e cineclub è necessaria per lo sviluppo<br />

del nostro <strong>cinema</strong>, ma soprattutto la collaborazione <strong>di</strong> tutti i cineamatori.<br />

Se taluni, nella nascita della F.N.C, vedono uno stimolo a progre<strong>di</strong>re e se altrettanto<br />

scopo od agone trovano i cineamatori Enal nei confronti Fe<strong>di</strong>c, non bisogna<br />

<strong>di</strong>menticare che questo genere <strong>di</strong> battaglia porterà il cineamatorismo a incrinature<br />

sostanziali non dovendo esistere nei cineamatori uno stato dì inimicizia bensì una base<br />

<strong>di</strong> collaborazione affinché il cineamatorismo seguiti, come sino ad oggi ha fatto, il suo<br />

cammino verso un continuo progre<strong>di</strong>re.<br />

Solo quando le due Federazioni riusciranno a stabilire questa amicizia senza contrasti,<br />

si potrà anche ed automaticamente usufruire delle filodrammatiche. Serio inoltre <strong>di</strong>ce<br />

che molti cineamatori si risentono <strong>di</strong> una critica severa. Questo purtroppo è vero perché<br />

molti cineamatori appena viene scritto male qualcosa su un loro film si sentono<br />

personalmente offesi e urlano all'ingiustizia. Per codesti signori che non chiamerei<br />

nemmeno cineamatori, non è il <strong>cinema</strong> la loro passione che li spinge, non è il <strong>cinema</strong> il<br />

loro intimo desiderio; la loro spinta è semplicemente l'ambizione <strong>di</strong> una medaglietta, <strong>di</strong><br />

una coppa, o <strong>di</strong> una segnalazione stampa.<br />

Per codesti ambiziosi non c'è posto tra noi perché il vero cineamatore deve essere<br />

contento <strong>di</strong> una critica esatta ed imparziale perché solo così può migliorarsi e, facendo<br />

tesoro dell'esperienza, giungere ad una affermazione.<br />

Gli stessi Presidenti dei Cineclub dovrebbero fare una rigorosa preselezione. Alcuni<br />

sentendosi maestri, possono ad<strong>di</strong>rittura non ritenere che il proprio Presidente sia<br />

all'altezza <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care il suo film nel giusto valore: sarebbe opportuno al fine <strong>di</strong> togliere<br />

ogni remora ad un giu<strong>di</strong>zio sereno ed obiettivo, che i nostri film, prima <strong>di</strong> essere inviati<br />

al Concorso Nazionale <strong>di</strong> Montecatini, venissero inviati liberamente un certo tempo<br />

avanti del concorso ad una Giuria <strong>di</strong> preselezione Nazionale che scegliesse per ogni<br />

Cineclub i film ritenuti più meritevoli.<br />

Naturalmente ogni film dovrebbe rientrare con la pagella che servisse <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazione<br />

critica a ciascun autore. Si tratterebbe <strong>di</strong> fare una specie <strong>di</strong> pre-concorso che sarebbe la<br />

logica selezione <strong>di</strong> una competizione <strong>di</strong> altissimo interesse come è il concorso<br />

Nazionale <strong>di</strong> Montecatini<br />

11.2 Giulio Cattivelli<br />

I colleghi ed amici Autera e Serio hanno impostato le loro relazioni più <strong>sul</strong> piano <strong>di</strong> un<br />

bilancio critico del <strong>cinema</strong> d'amatore nel decennio ‘50/’60 che su un esame <strong>di</strong> rapporti<br />

fra la critica ed il <strong>cinema</strong> d'amatore. Almeno questa è stata la mia impressione.<br />

In effetti tale impostazione è spiegabile perché il contributo che la critica può aver dato<br />

e dare all’'evoluzione del cineamatorismo è forzatamente circoscritto ad una funzione <strong>di</strong><br />

fiancheggiamento, <strong>di</strong> stimolo, <strong>di</strong> chiarificazione, <strong>di</strong> guida, ed è meglio precisabile con<br />

esempi concreti. E' comunque doveroso riconoscere che tale contributo c'è stato ed ha<br />

avuto un suo peso ed un suo merito.<br />

Parlo beninteso <strong>di</strong> una critica per così <strong>di</strong>re interna, inserita cioè nella vita stessa del<br />

<strong>cinema</strong> d'amatore, condotta su alcune riviste specializzate i cui titoli; tutti conoscono. E'<br />

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inutile invece, lamentare il fatto che la grande stampa <strong>di</strong> informazione quoti<strong>di</strong>ana o<br />

perio<strong>di</strong>ca non si occupa del <strong>cinema</strong> d'amatore o se ne occupa (le volte che lo fa) con<br />

tono <strong>di</strong>staccato e sufficiente. Ciò rientra nel naturale gioco dei rapporti, <strong>di</strong> proporzioni e<br />

<strong>di</strong> interessi fra l'entità limitata del fenomeno e la prospettiva <strong>di</strong> semplice curiosità con cui<br />

esso può essere visto dall'esterno.<br />

Ci sarebbe da stupirsi se fosse altrimenti. E’ giusto invece lamentare un altro fatto, la<br />

nebulosa conoscenza che del <strong>cinema</strong> d'amatore si ha da parte <strong>di</strong> molta critica<br />

<strong>cinema</strong>tografica qualificata e che porta spesso a giu<strong>di</strong>zi imprecisi ed equivoci. Non<br />

basta venire una volta a Montecatini o vedere casualmente, in qualche rassegna, alcuni<br />

tra i migliori film dell'annata.<br />

Occorre seguire da vicino e dall'interno, con interesse e continuità, il lavoro dei<br />

cineclub; conoscere uomini ed ambienti, retroscena e polemiche. Sapere cos'è la<br />

Fe<strong>di</strong>c, con relativi pregi e <strong>di</strong>fetti; capire la mentalità dei cineamatori e conoscere anche<br />

la zavorra della produzione, anche i film brutti, anche i balbettamenti volenterosi dei<br />

principianti. Solo allora la critica potrà giu<strong>di</strong>care il fenomeno nella sua totalità a ragion<br />

veduta.<br />

Ma questo è possibile (per forza <strong>di</strong> cose) soltanto ad una ristretta cerchia <strong>di</strong> persone. E<br />

qui il problema si innesta in quello, già <strong>di</strong>battuto ieri, della necessità <strong>di</strong> portare la<br />

produzione cineamatoriale a contatto <strong>di</strong> un pubblico più vasto possibile, in modo che la<br />

critica sia costretta ad occuparsene.<br />

A questo proposito apro una parentesi e <strong>di</strong>rò che concordo e sottolineo la ri<strong>sul</strong>tanza <strong>di</strong><br />

quello che è stato detto ieri da varie parti circa la funzione che in aggancio al <strong>cinema</strong><br />

d'amatore potrebbero avere la scuola da un lato, la TV dall'altro. Direi la scuola come<br />

semente e la TV come frutto (soprattutto in vista dell'entrata in funzione del secondo<br />

canale); per quanto la cosa, non mi nascondo, realisticamente presenti <strong>di</strong>verse<br />

<strong>di</strong>fficoltà, considerando quello che è oggi in Italia la TV, presumo che vi sarebbe: un<br />

tornaconto se non altro dal lato economico, perché la televisione avrebbe dei prodotti<br />

non certo inferiori a quelli che attualmente ci propina e per <strong>di</strong> più gratis. Ad ogni modo,<br />

siccome mi è stato detto che qualcosa era in vista in questo senso in occasione del<br />

decennale, mi assocerei alla preghiera fatta da altri ai <strong>di</strong>rigenti della Fe<strong>di</strong>c <strong>di</strong> vedere se<br />

è possibile insistere su tentativi in tal senso, perché questo risolverebbe implicitamente<br />

anche il problema della critica.<br />

Avrete notato come tutti i giornali, anche quoti<strong>di</strong>ani, sono costretti, via via, a dare<br />

sempre maggiore spazio alle rubriche televisive. Bisogna poi considerare i rapporti tra<br />

critica e cineamatori dal punto <strong>di</strong> vista dei secon<strong>di</strong>, vittime <strong>di</strong> alcuni complessi<br />

psicologici umanamente spiegabili.<br />

I cineamatori, da un lato, sollecitano e reclamano critiche (e sono lusingati che la critica<br />

si occupi <strong>di</strong> loro perché in tale modo si sentono alla pari dei professionisti); d'altro lato,<br />

molti - non <strong>di</strong>co tutti - mostrano una certa insofferenza e suscettibilità quando i loro<br />

lavori vengono criticati e si riparano <strong>di</strong>etro il vecchio alibi del <strong>di</strong>sinteresse <strong>di</strong>lettantistico,<br />

non accorgendosi <strong>di</strong> cadere con ciò in una grossa contrad<strong>di</strong>zione. Parlando <strong>sul</strong>la base<br />

della mia esperienza, penso che per un critico <strong>di</strong> professione l'incontro con il mondo dei<br />

cineamatori sia un'esperienza sempre utile e talora affascinante. Abituati come siano<br />

agli schemi conformisti standar<strong>di</strong>zzati e preve<strong>di</strong>bili del <strong>cinema</strong> industriale, l'incontro con<br />

questo mondo che senza nessun significato <strong>di</strong>spregiativo vorrei chiamare artigianale,<br />

pieno <strong>di</strong> eccitanti imprevisti, ha il sapore ineguagliabile <strong>di</strong> un ritorno alla libertà,<br />

all'avventura, ad una sfera e ad una <strong>di</strong>mensione più umane. Non importa che anche il<br />

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<strong>cinema</strong> d'amatore abbia le sue formule ed i suoi .conformismi; esso ha anche le sue<br />

rivelazioni, i suoi bagliori <strong>di</strong> poesia. Far parte <strong>di</strong> una giuria cineamatoriale è un lavoro<br />

che fa pensare a quello del cercatore d’oro: val la pena, cioè, <strong>di</strong> sopportare anche una<br />

cinquantina <strong>di</strong> abbozzi me<strong>di</strong>ocri, una serie maldestra <strong>di</strong> lavori deprimenti se in mezzo ad<br />

essi scaturisce d'improvviso la rivelazione <strong>di</strong> uno Scano Boa, <strong>di</strong> Piazza del Carmine, <strong>di</strong><br />

un Pensieri <strong>sul</strong>l'Abisso, o <strong>di</strong> Anima delle cose, o anche <strong>di</strong> opere più modeste ove pur<br />

fra errori e scompensi balena il segno dell'intuizione geniale, del metallo prezioso che<br />

possiamo aiutare a liberarsi delle scorie. Dirò <strong>di</strong> più. A volte è preferibile un brutto film<br />

d'amatore ad un brutto film commerciale, se non altro perché il brutto film d'amatore ha<br />

qualcosa <strong>di</strong> fresco, <strong>di</strong> autentico, <strong>di</strong> personale anche negli errori. E' impreve<strong>di</strong>bile, può<br />

essere <strong>di</strong>scusso, può fornire insomma uno stimolo mentre il brutto film commerciale non<br />

fornisce nulla. A questo proposito vorrei aprire un'altra parentesi. Pensiamo per tutti al<br />

caso del Cero <strong>di</strong> Fina. Non <strong>di</strong>co che il Cero sia un brutto film, tutt'altro, ma ho visto (e<br />

forse anche qualcuno <strong>di</strong> Voi avrà visto) l'e<strong>di</strong>zione successiva in 35 mm. Era molto più<br />

bella l'e<strong>di</strong>zione amatoriale anche se la professionale era molto più precisa, più perfetta,<br />

più ortodossa tecnicamente ecc. Questo fa capire in che senso io parlavo <strong>di</strong> importanza<br />

e <strong>di</strong> interesse del <strong>cinema</strong> d'amatore.<br />

Ma la critica può fare anche <strong>di</strong> più, come ha ricordato Autera.<br />

Può scoraggiare le formule e gli in<strong>di</strong>rizzi sbagliati, combattere le concezioni retrive<br />

(come quelle della cosiddetta mentalità "unica"), può soprattutto contribuire a inserire il<br />

movimento cineamatoriale nell'impegno più vasto <strong>di</strong> una lotta per un <strong>cinema</strong> migliore,<br />

per una nuova cultura e per un novo umanesimo. Direi, ad<strong>di</strong>rittura, che proprio la<br />

privilegiata con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>lettantistica del cineamatore corrobora ed esige la sua<br />

adesione a questo compito. Proprio perché il cineamatore non fa del <strong>cinema</strong> la sua<br />

professione, proprio perché egli non può accampare la scusante dei compromessi<br />

industriali e commerciali, proprio perché non è costretto a servire alcun padrone, proprio<br />

perché per lui il <strong>cinema</strong> è un hobby nel senso migliore del termine, ossia un nobile<br />

"otium" intellettuale, un modo <strong>di</strong> confessarsi e <strong>di</strong> esprimersi, per questo il cineamatore<br />

ha il dovere <strong>di</strong> essere, un uomo <strong>di</strong> cultura.<br />

Non bisogna avere paura <strong>di</strong> questa parola a meno <strong>di</strong> essere in malafede (e a volte la<br />

buona fede è inconsapevole alleata della malafede). Quando vedo storcere il naso <strong>di</strong><br />

fronte al termine "cultura" o criticare sotto questo profilo la relazione <strong>di</strong> Spini, io vorrei<br />

ricordarvi che cultura viva e operante non è eru<strong>di</strong>zione da topi <strong>di</strong> biblioteca o <strong>di</strong> cineteca<br />

o capacità <strong>di</strong> citare autori <strong>di</strong>fficili o <strong>di</strong> perdersi in <strong>di</strong>squisizioni bizantineggianti <strong>sul</strong> sesso<br />

dell'arte; ma che la cultura è soprattutto consapevolezza dei problemi del proprio<br />

tempo, è partecipazione attiva e impegnata a patirli, a capirli e a risolverli, nell'interesse<br />

dell'uomo e della collettività; cultura significa non estraniarsi dal progresso e dal <strong>di</strong>ritto<br />

<strong>di</strong> parteciparvi; è l'eterno "homo sum, nihil humani a me alienum puto" (sono un uomo,<br />

nulla che sia umano mi è estraneo) <strong>di</strong> Terenzio.<br />

Mentre anticultura è lo stare sotto la tenda, è la paura delle idee e della loro<br />

circolazione; è qualunquismo, immobilismo, evasione, astrazione e <strong>di</strong>ciamo pure, anche<br />

reazione. Il cineamatore non è un'isola, neppure un'isola domenicale (almeno io mi<br />

rifiuto <strong>di</strong> considerarlo tale); il cineamatore è un uomo, è un citta<strong>di</strong>no inserito nella vita<br />

della collettività, uno che legge certi giornali, che ha determinate opinioni sui problemi<br />

morali, economici, politici, sociali e religiosi del mondo e del tempo nel quale vive; il<br />

cineamatore è anche uno che va a votare e sarebbe impossibile che si <strong>di</strong>mentichi tutto<br />

questo proprio quando prende in mano la cinepresa.<br />

- 89 -


Il cineamatore non può rifiutarsi al dovere <strong>di</strong> esercitare quella "spinta dal basso" <strong>di</strong> cui<br />

ha parlato Baldelli e non può misconoscere l'urgenza, l'insopprimibilità degli<br />

interrogativi e delle soluzione così drammaticamente proposte ed ad<strong>di</strong>tate da Spini. Il<br />

quale Spini a mio giu<strong>di</strong>zio rappresenta la vera avanguar<strong>di</strong>a del cineamatorismo italiano;<br />

avanguar<strong>di</strong>a non nel senso del Manichino ammalato o <strong>di</strong> altre sterili ed anacronistiche<br />

esercitazioni, ma all'opposto, nel senso <strong>di</strong> rottura, <strong>di</strong> anticipazione sui tempi, <strong>di</strong> scandalo<br />

nella accezione evangelica del termine. E' giusto e provvidenziale che Spini faccia<br />

scandalo, che i suoi film facciano scandalo come fece scandalo a suo tempo un film<br />

tutto <strong>di</strong>verso dai suoi, come la Porta aperta <strong>sul</strong>la strada. E' <strong>sul</strong>la strada in<strong>di</strong>cata da<br />

Spini che il cineamatorismo italiano può e potrà combattere la battaglia per il progresso<br />

civile, la sensibilizzazione delle coscienze e per una nuova cultura e per un nuovo<br />

umanesimo.<br />

E’ su questa strada che il "<strong>cinema</strong> della domenica" non dovrà più soffrire <strong>di</strong> complessi <strong>di</strong><br />

inferiorità nei confronti del <strong>cinema</strong> professionale, ma potrà anzi precederlo e<br />

rappresentare la sua pattuglia <strong>di</strong> punta, così come in America (come ha ben ricordato<br />

Rondolino) i vari Rogosin, Meyers ed altri giovani cineasti dell’ "occhio selvaggio" e<br />

della vera nouvelle vague costituiscono l'avanguar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Hollywood e, forse, il vero<br />

<strong>cinema</strong> <strong>di</strong> domani.<br />

Quello che avrà sempre la critica al suo fianco.<br />

11.3 Angelo Gorruso<br />

Mi accosto con particolare umiltà a questo microfono, dopo il bellissimo intervento <strong>di</strong><br />

Cattivelli, il quale ha perfettamente in<strong>di</strong>viduato un aspetto del rapporto tra critica e<br />

cineamatorismo. Secondo me, le due relazione <strong>di</strong> stamattina sono state le più concrete,<br />

le più utili, le più obiettivamente fruttuose <strong>di</strong> questo Convegno. Abbiamo avuto modo <strong>di</strong><br />

rivedere un po' tutta la storia del cineamatorismo italiano e, quin<strong>di</strong>, abbiamo potuto<br />

esaminare determinati filoni culturali, oppure semplicemente sentimentali, che si sono<br />

avvicendati via via nel Cinema d'amatore. Sostanzialmente su entrambe le relazioni si<br />

può essere d'accordo, anche se è possibile fare qualche rilievo.<br />

Leggo nella relazione <strong>di</strong> Autera: "II concetto che il film d'amatore dovesse essere o<br />

la semplice illustrazione <strong>di</strong> un bel ricordo familiare o la <strong>di</strong>vagazione nell'astratto e<br />

nell'incubo onirico - dunque in entrambi i casi, qualcosa <strong>di</strong> nettamente<br />

<strong>di</strong>fferenziato da ciò che comunemente permette il <strong>cinema</strong> professionale - veniva<br />

gradatamente e giustamente scalzato dall'opinione che non dovessero sussistere<br />

sostanziali <strong>di</strong>fferenze tra la maniera <strong>di</strong> concepire il <strong>cinema</strong> propria del<br />

professionista impegnato con la realtà del suo tempo e quella del cineamatore<br />

provveduto".<br />

Questo periodo, per essere accettabile incon<strong>di</strong>zionatamente, ha bisogno <strong>di</strong> alcuni<br />

chiarimenti: cioè, il fatto che non debbano sussistere <strong>di</strong>fferenze tra la maniera <strong>di</strong><br />

concepire il <strong>cinema</strong> da parte del professionista e del cineamatore, non deve far<br />

<strong>di</strong>menticare l'altra affermazione, con<strong>di</strong>visa dalla generalità, che il cineamatorismo non<br />

deve imitare il <strong>cinema</strong> professionale.<br />

Questo va chiarito.<br />

- 90 -


Non sussistono <strong>di</strong>fferenze sostanziali quanto a problemi, come quello dell'analisi della<br />

vita d'ogni giorno, perché anche il cineamatore, come è stato già rilevato<br />

autorevolmente, è un uomo inserito nella vita. Indubbiamente i suoi problemi umani<br />

sono gli stessi sentiti dai registi professionisti, ma vi sono altre <strong>di</strong>fferenze, pur<br />

sostanziali, alle quali ho accennato in un mio precedente intervento, e che lo stesso<br />

Autera avverte quando <strong>di</strong>ce: "semmai, a vantaggio <strong>di</strong> quest'ultimo stava una<br />

maggiore autonomia, una maggiore libertà <strong>di</strong> ubbi<strong>di</strong>re agli stimoli della propria<br />

coscienza e della propria sensibilità, senza dover ricorrere ai compromessi che a<br />

volte impongono le esigenze dell'industria".<br />

Ecco una <strong>di</strong>fferenza, forse la più notevole, che non va mai <strong>di</strong>menticata e che, come ho<br />

già detto, mette il cineamatorismo su un piano superiore a quello del <strong>cinema</strong><br />

professionale. Altro rilievo che io faccio alla relazione <strong>di</strong> Autera è <strong>di</strong> aver visto il film<br />

prevalentemente sotto l'aspetto contenutistico. Mi sembra che sia stata posta in luce<br />

soprattutto la tematica dei film analizzati. Avrei preferito un'analisi della essenza<br />

<strong>cinema</strong>tografica <strong>di</strong> questi film, al fine <strong>di</strong> stabilire, <strong>sul</strong> piano critico, se costituiscano o<br />

meno una genuina espressione <strong>cinema</strong>tografica. Credo che un critico<br />

<strong>cinema</strong>tografico dovrebbe soprattutto vedere questo nel film. Che cosa importa il fatto,<br />

la trama? Ben poco. Il contenuto ideologico è importante, ma non può essere l'unico<br />

elemento <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio. Tutto ciò, che potrebbe anche essere valido per la critica ai film<br />

professionali, è in<strong>di</strong>spensabile in sede <strong>di</strong> critica ai film cineamatoriali: vedere se l'autore<br />

si è espresso <strong>cinema</strong>tograficamente.<br />

Non sono d'accordo, pertanto, <strong>sul</strong> giu<strong>di</strong>zio dato su "Marco del mare" e <strong>sul</strong>le <strong>di</strong>fferenze<br />

rilevate tra questo film e "Visitazione". Mi sembra che Serio abbia detto delle cose più<br />

obiettive ponendo "Marco del mare" tra i "primi consistenti frutti <strong>di</strong> un'opera <strong>di</strong><br />

bonifica <strong>di</strong> una critica e della giuria" Effettivamente io credo che sia così.<br />

Dire che "Visitazione" è migliore <strong>di</strong> "Marco del Mare" solo perché Livi ha, con esso,<br />

"ripiegato <strong>sul</strong>la realtà del suo paese", significa porre l'accento soltanto <strong>sul</strong> suo<br />

contenuto; "Marco del mare" non è un film realista, ma <strong>sul</strong> piano estetico può essere<br />

valido quanto il primo.<br />

Serio <strong>di</strong>ce ancora: "La stampa dì grande <strong>di</strong>ffusione raramente e malvolentieri si<br />

interessa del cineamatorismo come fatto <strong>di</strong> cultura e <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e si limita, nei casi<br />

migliori, ad inviare il proprio rappresentante al concorso chiave <strong>di</strong> Montecatini".<br />

Questo è obiettivamente un male. Quale la causa?<br />

Secondo me è l'incapacità dei critici professionisti <strong>di</strong> adeguare il loro giu<strong>di</strong>zio ai nostri<br />

film. Mi riferisco non ai critici più vicini al cineamatorismo, come quelli qui presenti o<br />

quelli che hanno fatto le relazioni, ma a quelli che non si sono mai accostati al mondo<br />

del <strong>cinema</strong> d'amatore. Credo che neanche uno dei migliori film cineamatoriali potrebbe<br />

essere apprezzato e commentato, su un giornale a grande tiratura, da un critico che<br />

non sia stato anche un cineamatore.<br />

Ecco, allora, un'altra esigenza: coltivare anche dei critici in seno al cineamatorismo.<br />

Non si tratta <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere tra critici professionisti e critici cineamatoriali, no certamente:<br />

perché se ci sono critici professionisti che valutino adeguatamente i film d'amatore,<br />

siano i benvenuti. Il cineamatorismo non potrà che esserne onorato. Però credo che<br />

non sarebbe un male incoraggiare i cineamatori che fossero particolarmente versati<br />

nella critica. Per esempio, si potrebbero istituire premi critico-letterari da assegnare ad<br />

uno dei migliori scritti cineamatoriali, su un film cineamatoriale. E' un'idea coma un'altra.<br />

- 91 -


Mi auguro che si abbia, nel cineamatorismo, questo sviluppo <strong>di</strong> critica; perciò non<br />

consento con Can<strong>di</strong>olo quando ritiene inutile che i cineamatori parlino <strong>sul</strong> tema della<br />

critica, come ha affermato questa mattina.<br />

E, per finire, non consento affatto con il Comm. De Tomasi, il quale abbraccia in unico<br />

paterno amplesso, i film dei fiorellini e la conferenza filosofica filmata.<br />

E' così <strong>di</strong>fficile restare nel giusto mezzo?<br />

Nel giusto mezzo ci sono i gran<strong>di</strong> film d'amatore, come "Visitazione", "L'ultimo<br />

gioco", "Sette minuti" e tanti altri.<br />

11.4 Alberto Caldana<br />

E' praticamente, la prima volta che mi trovo a contatto con il <strong>cinema</strong> d'amatore, benché<br />

abbia partecipato a un festival <strong>di</strong> Montecatini, sia intervenuto a numerose proiezioni<br />

cineamatoriali a Roma, a Bergamo e altrove, e conosca personalmente parecchi<br />

cineamatori passati al professionismo. E' sempre per me motivo <strong>di</strong> interesse poter<br />

assistere a questi <strong>di</strong>battiti estremamente vivi e appassionanti su un <strong>cinema</strong> così spesso<br />

bistrattato e ritenuto <strong>di</strong> seconda mano. Ho qui una seria <strong>di</strong> appunti e considerazioni da<br />

proporre a Voi. Alcuni dì questi appunti potranno forse suscitare qualche reazione;<br />

comunque me ne scuso fin d'ora perché non conosco la suscettibilità dei cineamatori,<br />

per quanto da alcuni elementi abbia già capito che essa è del tutto particolare.<br />

Anzitutto mi pare <strong>di</strong> avere avvertito qui un'atmosfera un po' <strong>di</strong> famiglia, ed è l'atmosfera<br />

che si avverte sempre (o almeno io avverto) nelle riunioni, nei congressi, nelle<br />

<strong>di</strong>scussioni dove l'argomento è il <strong>cinema</strong> d'amatore. Quest'aria <strong>di</strong> famiglia<br />

effettivamente è una palla <strong>di</strong> piombo al piede del cineamatorismo, e giustamente Serio<br />

oggi ha notato che i cineamatori sono immaturi a sostenere il peso psicologico <strong>di</strong><br />

recensioni particolarmente severe.<br />

Questo è uno degli in<strong>di</strong>ci più gravi <strong>di</strong> un certo deteriore <strong>di</strong>lettantismo, ed è proprio per<br />

questo che, certe volte, i critici <strong>cinema</strong>tografici professionisti si trovano a <strong>di</strong>sagio<br />

quando devono parlare dei film d'amatore, in quanto è ovvio che il metro da usare, nella<br />

grande maggioranza dei casi e in conseguenza della modesta levatura me<strong>di</strong>a dei lavori,<br />

dovrebbe essere particolarmente severo, ed è un metro che i cineamatori non vogliono<br />

e che dà molto fasti<strong>di</strong>o. Io credo proprio che sia in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> maturità accettare una critica<br />

più severa, che sia il segno <strong>di</strong> un <strong>di</strong>lettantismo superato, il segno <strong>di</strong> una maturità<br />

professionale nel senso <strong>di</strong> una particolare considerazione <strong>di</strong> un lavoro che viene svolto.<br />

Mettere da parte quest'atmosfera familiare sarà un grande passo avanti per il<br />

cineamatorismo, così come accettare una vera critica senza voler addurre troppe<br />

attenuanti perché nel <strong>cinema</strong>, come in tutte le opere del pensiero, valgono i ri<strong>sul</strong>tati e<br />

non le intenzioni, e la ristrettezza dei mezzi, l'immaturità tecnica, le <strong>di</strong>fficoltà, fanno<br />

parte <strong>di</strong> un retroterra che non conta per un giu<strong>di</strong>zio critico finale. In <strong>cinema</strong>, lo sanno<br />

molto bene i documentaristi. Desidero a questo punto aprire una breve parentesi<br />

parlando da documentarista, poiché il documentario in Italia, parlo <strong>di</strong> quello<br />

professionale, ha aspetti molto vicini a quelli del cineamatorismo se non è ad<strong>di</strong>rittura,<br />

per certi versi, in una posizione <strong>di</strong> ancora più marcata inferiorità. Per esempio, i<br />

documentaristi sono accomunati ai cineamatori nel quasi assoluto <strong>di</strong>sinteresse della<br />

- 92 -


critica <strong>cinema</strong>tografica non specializzata. Il documentario italiano non ha manifestazioni<br />

a carattere nazionale delle quali si occupi in modo specifico la stampa <strong>cinema</strong>tografica,<br />

come invece il concorso <strong>di</strong> Montecatini per il <strong>cinema</strong> d'amatore. In realtà, il<br />

documentario in Italia non <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> tutte quelle pubblicazioni specializzate su cui il<br />

cineamatorismo può contare, mentre naturalmente non vi è proporzione tra le<br />

personalità che si affermano nel lungometraggio e provengono dal documentario,<br />

rispetto a quelle invece che escono dalle file del cineamatorismo. Dal documentario<br />

sono usciti, negli ultimi anni, parecchi registi che hanno avuto un certo successo alle<br />

loro prime prove nel film a soggetto, mentre dal cineamatorismo - almeno fino a questo<br />

momento - non sono usciti nomi <strong>di</strong> rilievo.<br />

(Reazioni dalla platea)<br />

Scusate se mi sbaglio: ma citatemi un buon regista venuto dal <strong>cinema</strong> d'amatore<br />

(Voci dalla platea: Antonioni, Lattuada, Comencini).<br />

Conosco vari organismi in Italia i quali citano più o meno gli stessi nomi scrivendoli a<br />

proprio merito, per esempio il Centro Sperimentale <strong>di</strong> Cinematografia. Si potrebbe<br />

<strong>di</strong>scutere, a questo proposito. Ma, per restare nell'ambito nostro, questi sono nomi <strong>di</strong><br />

registi che, se hanno girato in formato ridotto, l'hanno fatto negli anni precedenti la<br />

guerra, mentre io ho letto qui, in una delle relazioni congressuali, che "il punto <strong>di</strong><br />

partenza ufficiale del cineamatorismo italiano è il 1950".<br />

Confesso la mia ignoranza, e l'ho premessa; però questa <strong>di</strong>scordanza fra meriti asseriti<br />

- reali o presunti - e date ufficiali mi lascia un po' perplesso. E' chiaro comunque che il<br />

<strong>cinema</strong> - non importa se professionistico o cineamatoriale - non ha una data <strong>di</strong> nascita<br />

come espressione artistica, ma comincia il giorno in cui qualcuno vuole servirsi <strong>di</strong><br />

questo mezzo tecnico per esprimere un sentimento. Ad ogni modo, io volevo soltanto<br />

accostare alcune <strong>di</strong>savventure comuni al documentario e al cineamatorismo, non<br />

volevo fare delle polemiche le quali, in fondo, sono anche inutili e gratuite.<br />

Uno dei rilievi che mi pare ancora <strong>di</strong> poter fare <strong>sul</strong>la questione dei rapporti fra critica e<br />

cineamatorismo è il seguente. Certe volte, a mio avviso, la critica può creare delle<br />

"montature", e succede perché si parla - <strong>di</strong>ciamocelo onestamente - <strong>di</strong> opere<br />

cineamatoriali in termini che sarebbero esagerati, quasi quasi, anche per Flaherty. Per<br />

questo motivo alle volte si affermano dei valori che (non sempre, naturalmente)<br />

possono anche non corrispondere al vero, con il ri<strong>sul</strong>tato <strong>di</strong> attribuire a certi autori<br />

un'autorità che, con un normale metro <strong>di</strong> valutazione, essi non dovrebbero avere.<br />

Quin<strong>di</strong> vere e proprie "montature" che portano a equivoci ed a dannose conseguenze.<br />

E' un po' quello che capita, per fare un altro accostamento, anche in campo<br />

documentaristico. Succede dunque che un certo anno, a un certo festival, viene<br />

presentato un documentario bello, oppure magari me<strong>di</strong>o, al quale viene assegnato un<br />

premio. Per casi strani capita poi che l'autore <strong>di</strong> quel documentario <strong>di</strong>venta una<br />

personalità <strong>di</strong> risonanza nazionale ed internazionale; viene invitato a festival, presiede<br />

giurie, <strong>di</strong>venta insomma importantissimo.<br />

Questo anche nel <strong>cinema</strong> d'amatore. Poi magari il secondo documentario <strong>di</strong> quel<br />

regista ne rivela chiaramente i limiti e l'effettivo valore, ma ecco che costoro sono già<br />

<strong>di</strong>ventati maestri in riunioni anche cineamatoriali, e vengono magari a parlare ancora <strong>di</strong><br />

<strong>cinema</strong> <strong>cinema</strong>tografico, <strong>di</strong> specifico filmico e <strong>di</strong> altre cose del genere che dovrebbero<br />

essere ban<strong>di</strong>te in campo cineamatoriale così come (anche se soltanto dopo gran<strong>di</strong><br />

sforzi) sono state superate in campo professionale.<br />

- 93 -


La critica deve dunque andare molto cauta nei suoi giu<strong>di</strong>zi, per non essere responsabile<br />

<strong>di</strong> ambizioni sbagliate e perché non si <strong>di</strong>a il caso <strong>di</strong> un autore magari <strong>di</strong> un solo film<br />

cineamatoriale il quale - privo ben presto <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio autocritico in conseguenza <strong>di</strong> certe<br />

recensioni troppo elogiative - si convinca <strong>di</strong> essere un grande regista in senso assoluto<br />

e <strong>di</strong> poter fare gran<strong>di</strong> cose, con il ri<strong>sul</strong>tato poi <strong>di</strong> cadere, una volta passato troppo<br />

precipitosamente a senza la dovuta umiltà al <strong>cinema</strong> professionale.<br />

Un'ultima personale considerazione. Sono sempre rimasto un po' turbato <strong>di</strong> fronte<br />

all'evidente alternativa che si pone (o che, almeno, io riconosco) al cineamatore fra le<br />

due vocazioni: quella per il proprio lavoro <strong>di</strong>ciamo così normale, quoti<strong>di</strong>ano, e la<br />

vocazione <strong>di</strong> fare il <strong>cinema</strong>. Sono due vocazioni ben <strong>di</strong>stinte. Ho conosciuto alcuni<br />

cineamatori che avevano una professione propria ma, affermatisi in campo<br />

cineamatoriale con lavori <strong>di</strong> impegno, seguendo la vocazione più forte hanno deciso <strong>di</strong><br />

abbandonare l'altro lavoro per de<strong>di</strong>carsi professionalmente al <strong>cinema</strong>.<br />

E’ un modo <strong>di</strong> riconoscere la propria vocazione <strong>di</strong> assecondarla, e posso citare il caso<br />

<strong>di</strong> Ezio Pecora il quale ha lasciato il lavoro che lo teneva a Ferrara per venire a Roma<br />

dove ora fa il <strong>cinema</strong> professionale e riuscirà sicuramente. Aldo Nascimbeni,<br />

Giuseppe Fina e qualche altro l'hanno preceduto. Sono però sempre delle eccezioni.<br />

Ma, nel caso più normale, permane senza dubbio nei cineamatori questo <strong>di</strong>saccordo fra<br />

lavoro è passione, fra professione e <strong>cinema</strong>.<br />

Ora io penso che, se il lavoro che il cineamatore svolge per vivere, e ha liberamente<br />

scelto, gli piace, per lui fare del <strong>cinema</strong> è una specie <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>mento rispetto alla sua<br />

professione. Se invece quel lavoro non gli piace, non lo sod<strong>di</strong>sfa, allora per lui il <strong>cinema</strong><br />

rappresenta un'evasione. Certo, non sempre si può scegliere nella vita; ma se il<br />

cineamatorismo è un'evasione da un'attività che non piace nel tentativo <strong>di</strong> trovare<br />

un'alternativa per i propri interessi intellettuali, se comunque è un'evasione, come si può<br />

pretendere che venga considerato e giu<strong>di</strong>cato se non nei limiti impliciti nel significato<br />

stesso della parola "evasione"?<br />

11.5 Pietro Corrado<br />

Sono Pietro Corrado, cineamatore. Visto che tutti i cineamatori passati al<br />

professionismo sono dei fessi, io preferisco non essere ritenuto tale (richiamo del<br />

Presidente).<br />

Ho detto una parola meno sporca <strong>di</strong> altre pronunziate qui sopra!<br />

Innanzitutto sento la necessità <strong>di</strong> ringraziare Autera e Serio. Grazie: siete stati gli unici<br />

ad affrontare la questione cineamatoristica sotto i suoi <strong>di</strong>versi aspetti.<br />

Era ora che anche le tendenze <strong>di</strong> coloro che inspiegabilmente sono considerati le<br />

cenerentole del <strong>cinema</strong> d'amatore Italiano, venissero citate in un convegno<br />

cineamatoriale.<br />

Desidero far rimarcare una frase dell'amico Serio. Parlando <strong>di</strong> un certo periodo del<br />

<strong>cinema</strong> d'amatore, Serio <strong>di</strong>ce: "mancanza dì fiducia nell'operato della giuria (la cui<br />

composizione non manca <strong>di</strong> suscitare ancora vivaci polemiche)”<br />

- 94 -


Tutti sappiamo quali forti polemiche, infatti, sono sorte negli ultimi tempi appunto per i<br />

giu<strong>di</strong>zi espressi dalle giurie. Ultima in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> tempo, almeno per quanto ne sappia io,<br />

è stata quella <strong>di</strong> Salerno.<br />

Molte volte sono state proprio le giurie a creare dei miti o a stroncare delle promesse.<br />

Su questo punto, io cineamatore chiedo ai critici una chiarificazione:<br />

Con quale metro critico vengono giu<strong>di</strong>cati i film cineamatoriali?<br />

Per questo interrogativo, concordando con l'amico Can<strong>di</strong>olo, desidero che anche i<br />

critici professionisti esprimano le loro opinioni.<br />

11.6 Pio Baldelli<br />

Credo che il <strong>di</strong>scorso possa essere iniziato dalla proposta <strong>di</strong> un momento fa: con quale<br />

metro affrontare l'esame <strong>di</strong> un film d'amatore. Me lo propongo come una questione che<br />

non ho per niente risolto ma che venivo confrontando tra me dopo aver visto 4/5 film del<br />

Cineclub Bergamo. Devo <strong>di</strong>re francamente che mi sono trovato in un curioso<br />

contrasto: mentre mi pareva d'avere scelto il punto d'applicazione critico adatto, ad un<br />

certo punto mi sono accorto che stavo adoperando dei termini <strong>di</strong> benevolenza, quasi <strong>di</strong><br />

sufficienza. Adoperavo le parole che ho sentito qui continuamente scambiarsi in forma<br />

complimentosa: sono cose nobili, cose ben fatte, c'è dell'intelligenza, c'è una<br />

osservazione dei fatti, una confessione, ecc. Poi mi sono accorto che questo non è<br />

giusto. Non era giusto confrontare i film a questa maniera, come se si trattasse <strong>di</strong><br />

prodotti minori da valutare paternalisticamente. Mi pare che il primo errore che un critico<br />

<strong>di</strong> professione potrebbe compiere sta nell'adoperare un metro assolutamente <strong>di</strong>verso,<br />

un metro che esprima la degnazione verso questi prodotti "minori".<br />

Mi sono accorto che non esiste nessuna ragione per cui non si debba adoperare un<br />

metro che fondamentalmente (a parte le articolazioni, che possono essere <strong>di</strong>verse)<br />

deve coincidere con il metro che noi adoperiamo quando affrontiamo l'esame <strong>di</strong> un film<br />

"normale".<br />

Mi voglio spiegare con due punti: che cosa può pretendere il critico nei confronti dei film<br />

d'amatore e che cosa dal critico deve pretendere il regista <strong>di</strong> un film d'amatore. Mi pare<br />

che dal punto <strong>di</strong> vista del critico si devono tener presenti queste due esigenze. Anzitutto<br />

il critico dovrà adoperare in questa circostanza la massima delle indulgenze. Perché la<br />

massima delle indulgenze? E’ evidente: sono prodotti che nascono in forma artigianale,<br />

senza il supporto e la collaborazione <strong>di</strong> una cultura organizzata, <strong>di</strong> un ambiente<br />

industrializzato o <strong>di</strong> macchinose apparecchiature, ecc. In questo senso, il massimo della<br />

indulgenza. Se ci sono errori <strong>di</strong> grammatica, non si tratta <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fetto grosso,<br />

preoccupante, se ci sono degli scompensi <strong>di</strong> carattere linguistico mi pare non sia un<br />

errore madornale. D'altra parte, mi pare che non si possa fare a meno <strong>di</strong> chiedere al<br />

critico (quando si occupa <strong>di</strong> questi prodotti) anche il massimo <strong>di</strong> severità. Come si può<br />

avere, contemporaneamente, il massimo <strong>di</strong> indulgenza e il massimo <strong>di</strong> severità? Il<br />

massimo <strong>di</strong> indulgenza va verso i <strong>di</strong>fetti formali, la mancanza <strong>di</strong> una levigatezza<br />

esteriore del prodotto ecc., quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> questo posso benissimo infischiarmene: con il<br />

tempo, con la formazione e l'addestramento professionale queste cose vengono<br />

acquisite senz'altro, quando non manchi il "contenuto". Il massimo della severità, una<br />

severità superiore perfino a quella che si adopera con il prodotto del regista ormai<br />

- 95 -


affermato, la si deve chiedere a questi film, quando questi film si impiantano <strong>sul</strong> terreno<br />

del coraggio, dell'apertura, della comprensione: e proprio nella misura in cui evitano<br />

quelli che sono gli scogli con cui deve fare continuamente i conti il regista "normale", il<br />

produttore, l'industria, il pubblico, l'esercente, la cassetta.<br />

Siccome queste remore non ci sono nel film d'amatore, io debbo pretendere da te<br />

cineamatore che nel campo della attività mentale, dell'apertura verso i problemi,<br />

dell'esplorazione della realtà, della confessione intima, ci sia sempre una misura <strong>di</strong><br />

coerenza e <strong>di</strong> rigore. Ogni ce<strong>di</strong>mento morale, in questo campo deve essere a mio<br />

criterio rintracciato e smascherato da parte del critico. Mi pare che questo sia<br />

veramente un segno <strong>di</strong> stima. Su questo punto non sarei <strong>di</strong>sposto a cedere <strong>di</strong> fronte alla<br />

vanagloria del cineamatore. Qui non vale al cineamatore <strong>di</strong>re: "io sono alle prime armi";<br />

no, anche se sei alle prime armi, ti trovi ugualmente davanti ad una grossa<br />

responsabilità, e non puoi svicolare.<br />

Sono persuaso che il <strong>cinema</strong> italiano abbia bisogno <strong>di</strong> una riserva, per farsi le ossa, gli<br />

occorrono nuovi continui afflussi dì gente veramente <strong>di</strong>simpegnata rispetto alle<br />

costrizioni generali politiche ed economiche. Vorrei <strong>di</strong>re <strong>di</strong> non essere d'accordo con<br />

Gorruso che, <strong>di</strong>stinguendo tra forma e contenuto, si preoccupa molto della forma<br />

<strong>cinema</strong>tografica. Capisco benissimo che così si esprime una giusta esigenza <strong>di</strong> pulizia<br />

interna ed esterna, ma mi preoccupo soprattutto <strong>di</strong> questo fatto: oggi nel <strong>cinema</strong><br />

normale italiano noi abbiamo davanti agli occhi una straor<strong>di</strong>naria fioritura nelle ricerche<br />

<strong>di</strong> linguaggio. Sono imprese ottime, che elevano il <strong>cinema</strong> al livello della cultura<br />

qualificata. Sappiamo benissimo che le ricerche <strong>di</strong> linguaggio oggi significano la<br />

possibilità che la macchina da presa insegua gli stati d'animo più intimi, più delicati.<br />

Questo va molto bene, ma mi accorgo <strong>di</strong> continuo che i momenti in cui il linguaggio<br />

<strong>di</strong>venta fiacco, coincidono sempre con gli sca<strong>di</strong>menti del contenuto. Guardate, non<br />

parlo <strong>di</strong> argomento, <strong>di</strong> trame, <strong>di</strong> fatterelli; parlo <strong>di</strong> punto <strong>di</strong> vista nei confronti della realtà,<br />

<strong>di</strong> coscienza morale.<br />

Voglio portarvi semplicemente un esempio su cui vorrei che potessimo essere<br />

d'accordo. Un esempio del pericolo che un autore anteponga la precisione (o l'estrema<br />

rarefazione del linguaggio o l'assoluta purezza dell'espressione <strong>cinema</strong>tografica) a<br />

quello che o deve esserci <strong>di</strong>etro o dentro.<br />

Prendete il film Kapò. E' giusto <strong>di</strong>re come ha detto Moravia, che dopo aver visto questo<br />

film non può esserci un italiano che non sappia chiaramente il significato <strong>di</strong> un campo <strong>di</strong><br />

concentramento tedesco. Voglio <strong>di</strong>re che siamo <strong>di</strong> fronte ad un film nobilissimo, bello (e<br />

non capisco perché sia proibito ai minori <strong>di</strong> 16 anni: io non mi sono regolato secondo la<br />

legge ed i ragazzi che ho incontrato minori <strong>di</strong> 16 anni li ho mandati a vedere questo film<br />

educativo; se mai <strong>di</strong>rei <strong>di</strong> non andare a vedere Le pillole <strong>di</strong> Ercole (o roba del genere)<br />

anche al "<strong>di</strong> sopra" <strong>di</strong> 18 anni per ragioni morali: per non rendere i<strong>di</strong>oti quelli che sono<br />

già adulti). Prendete dunque un film come Kapò. Il regista Pontecorvo ha espresso<br />

molto chiaramente le sue intenzioni. Voleva <strong>di</strong>mostrare come si giunga alla<br />

<strong>di</strong>sgregazione psicologica <strong>di</strong> fronte all'abbruttimento: la personalità umana, soverchiata<br />

da una tale somma <strong>di</strong> violenza, si <strong>di</strong>sgrega. Bene, Pontecorvo l'ha <strong>di</strong>mostrato per un<br />

largo tratto adoperando una certa qualità <strong>di</strong> linguaggio, uno spirito documentaristico<br />

impiegato per indagare nell'intimo <strong>di</strong> una coscienza che si sgretola. A un certo punto,<br />

che accade? Ad un certo punto il linguaggio cede e il : regista introduce nella massa<br />

compatta della rappresentazione il motivo romanzesco (l’amore dei due, la redenzione,<br />

il gesto eroico, la morte, l'apoteosi). Tutti, giustamente, gli hanno osservato che qui il<br />

film cede. Il linguaggio non appare più così efficiente, <strong>di</strong>rei che non solo la seconda<br />

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parte scada rispetto alla prima, ma che questa rappresentazione <strong>di</strong> una coscienza che<br />

si sgretola perde un sacco <strong>di</strong> passaggi essenziali proprio perché deve fare posto alla<br />

seconda parte, alla grossa storia d'amore, all'incidente romanzesco. Io mi chiedo come<br />

mai capiti questo momento <strong>di</strong> avvilimento del linguaggio <strong>cinema</strong>tografico. Se per un<br />

momento dò un'occhiata al retroscena del film, mi accorgo, che non solo c'è stato un<br />

impoverimento del linguaggio, ma prima <strong>di</strong> questa ab<strong>di</strong>cazione c'era stata<br />

un'ab<strong>di</strong>cazione del contenuto. Mi spiego con le parole <strong>di</strong> Pontecorvo.<br />

Avrete letto, probabilmente, l'intervista che Pontecorvo ha dato alla rivista "Schermi".<br />

Ad un certo punto ha detto: il film come io lo avevo immaginato non finiva con<br />

questa apoteosi, la storia d'amore non era così perché evidentemente nei campi<br />

<strong>di</strong> concentramento i tedeschi non concedevano tempo e modo per amoreggiare,<br />

non si andava oltre qualche sguardo furtivo o qualche parola, e si era talmente<br />

gravati dal cumulo degli orrori che non restava tempo per intrecciare episo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

comme<strong>di</strong>e o trage<strong>di</strong>e d'amore. Ha poi chiarito che non ha fatto il film che aveva<br />

l'ambizione <strong>di</strong> fare.unicamente perché ha pensato che lo spettatore non avrebbe retto<br />

fino al fondo della durezza della rappresentazione ”documentaristica”.<br />

Ebbene, questo significa un ce<strong>di</strong>mento dei contenuti, nella forma <strong>di</strong> uno scarso<br />

apprezzamento della capacità <strong>di</strong> intendere dello spettatore. Ora, non è vero che lo<br />

spettatore ambisca sempre a quel tipo <strong>di</strong> speranza generica. Se avete seguito un poco<br />

le reazioni degli spettatori durante la visione <strong>di</strong> Kapò, Vi sarete accorti che la tensione<br />

più forte lo spettatore la raggiungeva nei momenti densi e genuini del film, mentre<br />

l'attenzione si afflosciava quando il personaggio cominciava a giocare la sua comme<strong>di</strong>a.<br />

Questo vuol <strong>di</strong>re che lo spettatore avrebbe accettato molto probabilmente fino in fondo<br />

la rappresentazione anche dura: essa conteneva anche un elemento <strong>di</strong> speranza<br />

perché persuadeva lo spettatore del fatto che quel mondo <strong>di</strong> violenza, che lui aveva<br />

condannato, era giusto condannarlo, che valeva la pena continuare la battaglia se<br />

volevamo che quegli orrori non tornassero più.<br />

Non aver inteso questa capacità dello spettatore significa un cedere del contenuto, che<br />

si trascina <strong>di</strong>etro immancabilmente un cedere del linguaggio.<br />

Ho segnalato questo episo<strong>di</strong>o per <strong>di</strong>re quanto si può pretendere da parte <strong>di</strong> un critico<br />

<strong>cinema</strong>tografico. D'altra parte, il <strong>cinema</strong> d'amatore credo debba pretendere anch'esso<br />

due cose: che il critico conosca il meglio ed il peggio della produzione cineamatoriale,<br />

con una continuità <strong>di</strong> inserimento nel campo della produzione, per cui possa veramente<br />

fare dei confronti e giu<strong>di</strong>care con misure proporzionate. La seconda cosa che si deve<br />

pretendere da parte dei cineamatori nei confronti del critico è che egli operi<br />

pazientemente non solo <strong>sul</strong>le opere "belle", perfettamente raggiunte, ma lavori con<br />

pazienza (anche quando si tratta <strong>di</strong> opere non riuscite), che si faccia me<strong>di</strong>atore, e<br />

collabori - per così <strong>di</strong>re - con il cineamatore agli inizi, sia in grado <strong>di</strong> fornirgli anche<br />

qualche elemento <strong>di</strong> consapevolezza a proposito <strong>di</strong> quanto costui vuoi rappresentare, e<br />

non insista con la boria della formula "poesia - non poesia", non lo perseguiti con lo<br />

spettro dell'arte: "guarda <strong>di</strong> fare opera d'arte, il tuo film non è opera d'arte ecc.".<br />

Tutti e due (il <strong>cinema</strong> d'amatore e il critico) mi pare abbiano, però, una richiesta comune<br />

da fare: la richiesta <strong>di</strong> una organizzazione della cultura <strong>cinema</strong>tografica cineamatoriale.<br />

Non possono, né il critico né il cineamatore, affidarsi semplicemente alla spontaneità<br />

dei ri<strong>sul</strong>tati, o ad interventi che possono capitare una volta ogni tanto. Ci sono alcuni<br />

temi ai quali, forse, non sarebbe male de<strong>di</strong>care una volta un convegno <strong>di</strong> carattere<br />

culturale/organizzativo: per esempio, il comportamento della Fe<strong>di</strong>c, quello che ha fatto<br />

la Fe<strong>di</strong>c e se la Fe<strong>di</strong>c potrebbe far meglio e in che <strong>di</strong>rezione; quali possono essere i<br />

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apporti fra il cineamatore e la scuola; come giungere alla televisione; chiedere<br />

continuamente, con monotonia, con una pazienza, esasperante una sezione nei vari<br />

festival de<strong>di</strong>cata esclusivamente al <strong>cinema</strong> d'amatore; quelli che possono essere i<br />

rapporti tra i circoli e i cineclub. Mi pare, in conclusione, che il <strong>cinema</strong> italiano (senza<br />

fare delle categorie) per sopravvivere debba vincere alcune battaglie contro certe forme<br />

<strong>di</strong> oscurantismo generale o <strong>di</strong> debolezza privata dei singoli autori. Ma, per vincere<br />

queste battaglie economico-politiche e per vivere secondo coscienza ed al punto <strong>di</strong><br />

confluenza dei valori della storia deve approntare una notevole riserva <strong>di</strong> energie, <strong>di</strong><br />

coraggio e <strong>di</strong> vivacità.<br />

11.7 Aldo D’Angelo<br />

Continua la fatica, non si dorme più, non si mangia, non si può far niente. La prima sera<br />

Pecora ha cominciato a parlare <strong>di</strong> arte e <strong>di</strong> cultura, poi ieri Spini, e questa sera Autera<br />

e Serio che hanno aperto un nuovo <strong>di</strong>alogo. Il concetto <strong>di</strong> arte mi ha interessato da 14<br />

anni a questa parte. E' molto importante, perché si parla spesso a vanvera <strong>di</strong> arte e<br />

penso che molti sapranno che l'estetica è sotto processo dagli inizi del secolo; si sa che<br />

Croce ha fatto l'estetica, però Croce stesso è sotto processo. Questo processo<br />

dell’estetica non è ancora in fase risolutiva però c'è una specie <strong>di</strong> condanna perché c'è<br />

anche un malinteso; cioè, che cos'è l'arte nel campo filosofico? Abbandonato il campo<br />

filosofico, si comincia a pensare anche alla nuova scuola americana. Che cosa vuoi <strong>di</strong>re<br />

e quanto? Anche in campo europeo: che cosa vogliono <strong>di</strong>re il poeta, il regista, lo<br />

scrittore? Da questo concetto del "voler <strong>di</strong>re" si passa a quello "che <strong>di</strong>ce". Praticamente<br />

un considerare l'arte proprio nel suo fenomeno completo senza andare a prendere<br />

intenzioni pur essendo sempre profon<strong>di</strong>. Dopo questo processo possiamo parlare <strong>di</strong><br />

arte; arte come senso originale non nel senso <strong>di</strong> arte originale, come la parola, perché<br />

allora si possono intendere anche i bisogni più intimi. Atto originale nel senso che<br />

dovrebbe essere integrale: atto originale <strong>di</strong> un certo orientamento, atto originale <strong>di</strong> una<br />

certa espressività, ecc. Dall'arte passiamo alla critica. La critica, nel campo<br />

<strong>cinema</strong>tografico, è molto <strong>di</strong>sorientata e il <strong>di</strong>sorientamento c'è perché si pigliano in<br />

prestito tutti i concetti, non solo <strong>di</strong> arte e tra<strong>di</strong>zione.<br />

Tutti questi mutui hanno creato confusione. Da questo <strong>di</strong>sorientamento, però, è nata<br />

anche l'esigenza <strong>di</strong> essere più chiari, <strong>di</strong> vedere il <strong>cinema</strong> non proprio come immagini in<br />

movimento, che è una bruttissima ed inutile definizione. Non è infatti immagine in<br />

movimento. Al <strong>cinema</strong> si ad<strong>di</strong>ce qualche cosa <strong>di</strong> più, si ad<strong>di</strong>ce una creazione <strong>di</strong> simboli<br />

che hanno un riferimento col costume, un inserimento nel costume, una forma <strong>di</strong><br />

rappresentazione che ha una corrispondenza, nel costume come anticamente poteva<br />

essere Aristofane, Eschilo e gli altri. Il teatro creava infatti un <strong>di</strong>alogo col pubblico.<br />

Oggi parliamo <strong>di</strong> <strong>cinema</strong>. Una nuova forma <strong>di</strong> rappresentazione che ha sostituito il<br />

teatro, la letteratura ed altre opere, altre attività o forme espressive. Il <strong>di</strong>alogo è tra<br />

<strong>cinema</strong> e società, <strong>cinema</strong> e costume. Ecco il <strong>di</strong>sorientamento quando si giu<strong>di</strong>ca un<br />

Antonioni e si parla dell'Avventura. Antonioni che cosa ha fatto? Si è inserito nel<br />

costume nostro europeo; con i vari elementi, che noi sappiamo, ha creato dei simboli, li<br />

ha risciacquati.<br />

Allora questo addentellato c'è stato; c'è stata questa creazione <strong>di</strong> simboli c'è stato<br />

questo ringiovanire le posizioni <strong>di</strong> costume e <strong>di</strong> denuncia.<br />

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11.8 Filippo Ferrazzano<br />

Non ho capito niente <strong>di</strong> ciò che ha detto D'Angelo. Comunque sono salito quassù per<br />

<strong>di</strong>fendere il cineamatore. Lo hanno preso, messo su un tavolo anatomico, sezionato, e<br />

ci hanno guardato dentro, mentre anche lui cercava <strong>di</strong> far u<strong>di</strong>re la sua voce.<br />

Penso che ogni esperienza sia sempre positiva, per cui se molte cose che in questo<br />

convegno si sono dette finiranno con il perdersi per la strada, altre invece rimarranno e<br />

saranno raccolte. E quello che si raccoglie sarà una esperienza utile e positiva per tutti.<br />

A proposito delle relazioni, mi permetto <strong>di</strong> fare un'osservazione che non è <strong>di</strong> critica<br />

(caso mai <strong>di</strong> critica costruttiva).<br />

Sono stato costretto a fare il mio primo intervento - come poteva sembrare non avesse<br />

nessun rapporto con la relazione <strong>di</strong> Pecora - proprio per integrarla ed ampliarla, in<br />

quanto mi appariva limitata solo a certi particolari problemi. La seconda relazione,<br />

quella, <strong>di</strong> Spini, si è risolta in effetti nella presentazione dì un autore, delle sue idee, dei<br />

suoi propositi. Ravvedo quin<strong>di</strong> la necessità sentita anche da altri, <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re temi<br />

che e<strong>sul</strong>ano dal suo punto <strong>di</strong> vista, o quanto meno non limitati ad esso.<br />

In un convegno che tratta problemi così vasti come il <strong>cinema</strong> d'amatore e la cultura, il<br />

relatore ufficiale dovrebbe porgere agli intervenuti tutti gli agganci possibili, affinché essi<br />

affrontino ogni faccia del problema e non soltanto un aspetto <strong>di</strong> esso. Altrimenti si<br />

finisce con il far perno su un solo punto, ignorando tutti gli altri, che pure meritano la<br />

nostra attenzione.<br />

Ora vorrei <strong>di</strong>re che ho paura, comincio ad avere paura. Paura <strong>di</strong> cosa? Mi sembra che<br />

qui, nell'insieme, ci sia un quid che minaccia la libertà del cineamatore, cioè si<br />

manifesta una forma <strong>di</strong> pressione che non saprei adesso spiegare chiaramente.<br />

Abbiamo sentito molto, cose belle in fatto <strong>di</strong> cultura e <strong>di</strong> arte, <strong>di</strong> problemi morali e<br />

sociali, <strong>di</strong> libertà e <strong>di</strong> verità, e ancora <strong>di</strong> tante altre cose. Ma, ad un certo punto, ho<br />

ricevuto l'impressione che il <strong>di</strong>alogo fosse <strong>di</strong>ventato troppo complesso e astruso e<br />

avesse assunto una certa aria <strong>di</strong> imposizione <strong>sul</strong> cineamatore, come se il<br />

cineamatorismo fosse soltanto quello <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>scorriamo noi e non altro.<br />

Ora, ripeto, ho paura <strong>di</strong> questo, ho paura per il cineamatore, il quale potrebbe pensarla<br />

<strong>di</strong>versamente; potrebbe intimorirsi e rinunciare ad esprimere, così, alla buona, senza<br />

troppi problemi per la testa, la poesia che, come in tutti gli uomini <strong>di</strong> questo mondo,<br />

alberga nel suo cuore, e lasciare i suoi sogni ben chiusi nel cassetto.<br />

Egli non desidera <strong>di</strong>ventare un "professionista" della poesia, né del <strong>cinema</strong>, né del<br />

cineamatorismo.<br />

Per questo, io riven<strong>di</strong>co, come uomo tra uomini, come uomo nei rapporti con la cultura,<br />

con l'arte, con la società, con la politica, ed anche come cineamatore nei rapporti con la<br />

critica, riven<strong>di</strong>co, <strong>di</strong>cevo,la libertà del cineamatore, nella maniera più vasta, più<br />

assoluta, <strong>di</strong> potersi esprimere, come meglio pensa e sente, attraverso i suoi film.<br />

La realtà e quella che è. Chi la ignora, la ignora, e le cause possono essere molte.<br />

Passiamo ad altro. Sembra che il <strong>cinema</strong> d'amatore si identifica soltanto : con il<br />

cineamatorismo Fe<strong>di</strong>c. Allora, in questo caso, sarebbe stato bene <strong>di</strong>scutere sui temi del<br />

titolo…"Cinema Fe<strong>di</strong>c e la cultura" , "Cinema Fe<strong>di</strong>c e la critica". Ma esiste anche un<br />

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altro cineamatorismo che è <strong>di</strong> fuori della Fe<strong>di</strong>c, <strong>di</strong> cui qualche volta ve<strong>di</strong>amo la<br />

produzione.<br />

E' necessario dunque, se si vuol <strong>di</strong>ventare degli specialisti, che i critici prendano visione<br />

anche dei lavori che non appaiono sugli schermi <strong>di</strong> Montecatini, perché pure quello è<br />

cineamatorismo; e c'è gente che <strong>di</strong>ce cose interessanti, nella stessa misura, con la<br />

stessa intensità, con la stessa ricerca della realtà e della verità <strong>di</strong> tanti altri nostri amici.<br />

Quando si afferma che il cineamatorismo non è riuscito ancora a darsi un volto, un<br />

carattere ben delineato, bisogna andare alla ricerca delle cause, Quali sono queste<br />

cause?<br />

Si è accennato al problema delle giurie. Sono dell'opinione che le giurie favoriscano un<br />

determinato in<strong>di</strong>rizzo, influenzano sempre, con i loro giu<strong>di</strong>zi, la produzione, tanto più<br />

che, oggi, il cineamatore, nella maggioranza dei casi, va a Montecatini per vincere dei<br />

premi, innanzitutto. Non è un mistero che una buona parte dei cineamatori s'ispirano ai<br />

film che hanno ottenuto una buona valutazione.<br />

Ma non bisogna neppure <strong>di</strong>menticare i critici, che hanno, a loro volta, una responsabilità<br />

in merito. Ho dei dubbi che esista una critica specializzata. Penso piuttosto che essa si<br />

stia formando, come sta avvenendo per la maturità dei cineamatori.<br />

La produzione cineamatoriale <strong>di</strong> questi primi <strong>di</strong>eci anni Fe<strong>di</strong>c è stata giu<strong>di</strong>cata, e quin<strong>di</strong><br />

influenzata, da giurie, i cui componenti erano quasi sempre gli stessi e tra cui vi erano<br />

gli stessi critici che oggi siedono qui. Essi hanno partecipato a <strong>di</strong>verse e<strong>di</strong>zioni del<br />

concorso <strong>di</strong> Montecatini e criticato, nelle riviste, i film; ed è alquanto strano che proprio<br />

loro ci vengono a <strong>di</strong>re che il cineamatorismo non è riuscito ancora a darsi una precisa<br />

fisionomia, come se essi non avessero avuto una buona parte <strong>di</strong> merito o <strong>di</strong> demerito<br />

nel determinare questa situazione.<br />

Quando si formulano dei giu<strong>di</strong>zi, si danno dei consigli, si avanzano dei suggerimenti,<br />

questi influiscono notevolmente perché invitano i cineamatori a seguire questa o quella<br />

strada, che forse alcuni seguono in maniera non molto ortodossa.<br />

Ho trovato nelle, relazioni una lacuna notevole: si parla del film a soggetto, sempre, e si<br />

<strong>di</strong>mentica il documentario. Perché? Ed i film sperimentali? Scientifici, <strong>di</strong>dattici, per<br />

ragazzi? Perché la critica non s'interessa anche a questi? Forse perché occorre una<br />

preparazione particolare?<br />

Perché il documentario è stato in gran parte trascurato? Forse il dramma, il cosiddetto<br />

dramma, non c'è anche nel documentario? Non esiste un dramma nella natura, nelle<br />

cose, negli animali. Questo significa mortificare il documentario. E significa pure<br />

spingere i cineamatori a rivolgere sempre più la loro attenzione al film a soggetto: ogni<br />

anno che passa, <strong>di</strong>minuisce il numero dei documentaristi e aumenta invece quello dei<br />

soggettisti.<br />

Suggerirei alla critica <strong>di</strong> dare maggior rilievo al documentario. Vorrei finire, invitandovi<br />

ancora una volta a <strong>di</strong>fendere la nostra libertà. Difen<strong>di</strong>amola veramente, perché io credo<br />

nell'analisi della verità, ma anche nella libertà in<strong>di</strong>viduale. Non ucci<strong>di</strong>amola, altrimenti<br />

<strong>di</strong>venteremmo soltanto degli esecutori <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ni.<br />

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11.9 Vincenzo Siniscalchi<br />

Per quanto riguarda la relazione <strong>di</strong> Autera mi pare <strong>di</strong> dover fare un'osservazione<br />

preliminare. Vedo un pericolo nell'impostazione del problema dei rapporti tra critica e<br />

<strong>cinema</strong> d'amatore. C'è il pericolo <strong>di</strong> una caccia alle streghe alla rovescia, cioè la<br />

preoccupazione <strong>di</strong> incontrare il conformismo ovunque, ad ogni angolo della strada,<br />

appostato in ogni coscienza <strong>di</strong> cineamatore, nascosto in ogni intelletto <strong>di</strong> cineamatore.<br />

Io sono un sostenitore dello stile realistico, non della estetica del neorealismo perché<br />

non ha mai avuto una vita autonoma.<br />

Sono un sostenitore dello stile realistico, però avverto questo <strong>di</strong>sagio che si è venuto<br />

palesando anche negli interventi <strong>di</strong> alcuni cineamatori autentici (quelli inseriti nella vita<br />

quoti<strong>di</strong>ana del cineamatorismo). Con la lealtà del critico, che deve prendere comunque<br />

atto <strong>di</strong> certi contributi che vengono dalla realtà viva dell'arte <strong>di</strong> cui si parla, mi accorgo<br />

che in sostanza essi hanno denunciato un male <strong>di</strong> cui, mi è parso, è stato vittima (pur<br />

nella sua chiarezza e nella sua grande importanza storica) Autera unitamente ad Aldo<br />

Serio. Certe sue affermazioni (orientare, determinare, finalizzare, operare una scelta)<br />

preoccupano. E ciò si avverte anche in certe definizioni che vengono date, per esempio,<br />

nei confronti del <strong>cinema</strong> d'avanguar<strong>di</strong>a cineamatoriale. (Ad esempio quel Marco del<br />

Mare).<br />

Definizione critiche che possono trovarci consenzienti se si parla soltanto della<br />

definizione critica specifica <strong>di</strong> quel film, ma che non ci trovano consenzienti nel<br />

momento in cui si vorrebbe ban<strong>di</strong>re dal perimetro dell'utilità del <strong>cinema</strong> <strong>di</strong> amatore<br />

questo genere <strong>di</strong> film. Seguendo questa strada si arriverebbe a limitare le possibilità<br />

creative del <strong>cinema</strong> d'amatore. Ecco perché il critico, forse, tante volte si è trovato in<br />

una forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>sarmo intellettuale nei confronti del <strong>cinema</strong> <strong>di</strong> amatore.<br />

Proprio perché ancora non riesce ad intuirne i filoni, perché ancora non riesce ad<br />

intuirne interamente le componenti. E neppure ha affermato se in certe piccole<br />

me<strong>di</strong>tazioni contenute in alcuni film <strong>di</strong> amatore si debba in<strong>di</strong>viduare il film intimista. E<br />

quella del film intimista sarebbe una possibilità che si offre ad una vasta categoria <strong>di</strong><br />

cineamatori i quali non sono pressati in maniera particolare dalla <strong>di</strong>alettica <strong>di</strong> carattere<br />

sociologico. Non si è ancora evidenziata, per esempio, la possibilità del "romanzo".<br />

Dico, forse, una parola eccessiva. E qui torna un'altra osservazione cui accennavo ieri e<br />

che mi pare doveroso completare oggi.<br />

Vi chiedo: il <strong>cinema</strong> <strong>di</strong> amatore può o no andare oltre la limitazione <strong>di</strong> carattere<br />

temporale che gli viene imposta e che, indubbiamente, ne deve in<strong>di</strong>care le<br />

caratteristiche <strong>cinema</strong>tografiche? Io non ho ancora capito se esistono soltanto delle<br />

caratteristiche cineamatoriali e dalla relazione <strong>di</strong> Autera mi accorgo che non è così.<br />

Autera se la prende giustamente con quei critici i quali si ostinano a parlare <strong>di</strong> opere<br />

tipicamente cineamatoriali.<br />

Allora è necessario mettersi d'accordo per poter orientare anche il pensiero dei critici.<br />

Essi, indubbiamente dopo questo Convegno e i Festival <strong>di</strong> quest'anno che saranno<br />

certo improntati da questo incontro (che non può non aver la sua risonanza<br />

nell'ambiente della cultura nazionale), vorranno anche sapere se invece non sono nel<br />

vero quei critici che parlano <strong>di</strong> tipicità dell'opera cineamatoriale. lo sono perfettamente<br />

d'accordo con Autera, però, esiste questa limitazione, che per esempio, non offre la<br />

possibilità <strong>di</strong> soluzione al regista che si proponga <strong>di</strong> scegliere il metodo del realismo<br />

critico o ad<strong>di</strong>rittura il metodo del realismo storico. Per fare un film storico, Voi me lo<br />

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insegnate, non si deve necessariamente arrivare all'impiego <strong>di</strong> coreografie vastissime.<br />

Anche il <strong>cinema</strong> d'amatore può fare un film storico, <strong>di</strong>mostrando <strong>di</strong> prendere coscienza<br />

attraverso una simbologia, sia pure : con le <strong>di</strong>mensioni economiche ridotte del <strong>cinema</strong> <strong>di</strong><br />

amatore. Altrimenti non è un fatto <strong>di</strong> cultura. La cultura non deve avere limitazioni. Il<br />

<strong>cinema</strong> <strong>di</strong> amatore se intende inserirsi validamente (o totalmente) nella cultura<br />

nazionale, nella cultura europea, nella cultura universale deve sapere ascoltare tutte le<br />

voci che partono dalla cultura.<br />

Dovete tener presente che il critico spesso è un me<strong>di</strong>atore tra autore e pubblico, ma<br />

Voi non avete un pubblico ed a noi manca un termine <strong>di</strong> confronto che non è necessario<br />

nel momento in cui ci avviciniamo all'opera (così come viene raffigurata <strong>sul</strong>lo schermo)<br />

ma che ha la sua importanza, non il pubblico ma lo spettatore.<br />

La funzione del critico ha anche, questa <strong>di</strong>mensione, <strong>di</strong>rei fisica, naturale umana e ha<br />

bisogno dì essere tenuta presente; quin<strong>di</strong> necessità <strong>di</strong> allargare, <strong>di</strong> offrire tutte le<br />

possibilità al cineamatore si capisce fuori dal <strong>di</strong>vertimento, fuori dalla avanguar<strong>di</strong>a.<br />

Siamo d'accordo, è superata ma in teatro c'è un'avanguar<strong>di</strong>a che si può chiamare<br />

lonesco. Ho visto poche sere fa una traduzione <strong>di</strong> lonesco in un documentario <strong>di</strong><br />

animazione. Non vedo perché queste forme <strong>di</strong> avanguar<strong>di</strong>a (che sono un'avanguar<strong>di</strong>a<br />

dal punto <strong>di</strong> vista del linguaggio ma che non lo sono dal punto <strong>di</strong> vista del contenuto)<br />

debbano essere ban<strong>di</strong>te dal film d'amatore. Quin<strong>di</strong> lasciamo il campo aperto e <strong>di</strong>amo<br />

strumenti alla critica che indubbiamente è non poco sollecitata da Convegni <strong>di</strong> questo<br />

tipo. Ma, ripeto, forse si corre troppo, si cerca <strong>di</strong> bruciare qualche tappa quando ancora<br />

non si sono bene definite certe premesse. Potreste trovarvi <strong>di</strong> fronte a dei critici i quali,<br />

ancora, non sanno spiegarsi il perché <strong>di</strong> certe limitazioni che, pur apparendo soltanto <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>ne tecnico, finiscono poi con l'essere anche limitazioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne ideale, ideologico,<br />

spirituale.<br />

E' stato opportunamente accennato che così come è strutturato attualmente il <strong>cinema</strong><br />

d'amatore è opportuno un approfon<strong>di</strong>mento del genere documentaristico. E’ certo<br />

opportuno anche il genere documentaristico secondo quella tra<strong>di</strong>zione espressiva<br />

italiana <strong>cinema</strong>tografica che s'è venuta enucleando negli ultimi anni. E’ opportuno<br />

potenziare questo genere che secondo quanto abbiamo appreso dalle relazioni è<br />

invece in netto declino. La relazione <strong>di</strong> Serio mi è parsa meno preoccupata nei confronti<br />

<strong>di</strong> certe tendenze che venivano esaminate, con maggiore possibilità per tutti <strong>di</strong> <strong>di</strong>re la<br />

loro parola.<br />

11.10 Luigi Serravalli<br />

Mi sembra che il fatto più notevole <strong>di</strong> questo Congresso sia il riconoscimento della<br />

strada che ha fatto il <strong>cinema</strong> <strong>di</strong> Spini dagli inizi ad oggi. Ricordo benissimo la proiezione<br />

dell'Anima delle cose a Montecatini. Finita la proiezione, salvo pochissimi, il pubblico<br />

era contrario, cioè avevano afferrato la bellezza <strong>di</strong> qualche immagine, ma erano<br />

lontanissimi dall'essere penetrati nell' “Anima delle cose”. Oggi, possiamo <strong>di</strong>re, che i<br />

cineamatori presenti sono in gran parte consenzienti con il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Spini, il quale è<br />

stato salutato stamattina da un calorosissimo applauso.<br />

D'altra parte, alcuni hanno parlato <strong>di</strong> una certa paura. Hanno detto che non c'è<br />

abbastanza libertà, che si vogliono esercitare delle pressioni in qualche senso. io credo<br />

che nessuno qui possa essere più amante della libertà <strong>di</strong> Tito Spini.<br />

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Potremmo essere tutti amanti della libertà come lui, ma non più <strong>di</strong> lui. Quin<strong>di</strong>, se noi<br />

sosteniamo ed appoggiamo le sue teorie lo facciamo non da un punto <strong>di</strong> vista<br />

hobbistico e superficiale, ma perché siamo profondamente convinti (come ha detto<br />

Pecora) che vi possono essere molte culture e la cultura è proprio in movimento nei<br />

suoi esponenti ed uno dei suoi esponenti è la libertà.<br />

La libertà non è più una parola ma è qualche cosa <strong>di</strong> concreto, <strong>di</strong> vivo. Ora, anche se<br />

<strong>di</strong>co concreto e vivo non <strong>di</strong>co niente, cioè la libertà è proprio quel tanto che può venire<br />

fuori da una <strong>cinema</strong>tografia come quella sostenuta da Spini o da una critica come<br />

quella sostenuta da Autera, cioè non può essere una libertà vaga. In Italia abbiamo<br />

avuto un grande filosofo (che non è, però, il più grande filosofo vivente perché è già<br />

morto) e forse non lo era a suo tempo, comunque molte delle teorie che si sono sentite<br />

qui si riferiscono al pensiero <strong>di</strong> questo filosofo <strong>di</strong> 40/50 anni fa. Da allora è stata fatta<br />

moltissima strada.<br />

Ieri sera io ho sofferto per due ore e mezza nel vedere l'Antologia del film italiano<br />

dalle origini fino al 1926, ho sofferto perché ho pensato come poteva esserci della gente<br />

tanto sciocca da fare solamente dei film in questo modo e come ci poteva essere della<br />

gente ancora più sciocca da andarli a vedere.<br />

E’ vero che sono state fatte delle scoperte, è vero che il <strong>cinema</strong> italiano in un certo<br />

modo, può aver insegnato qualche cosa a Griffith, ma è vero che quando noi facevamo<br />

ancora delle ”Fabiole” degli ”Ursus” e dei ”Quo Va<strong>di</strong>s”, Griffith aveva già fatto<br />

“Intolerance”. E poi c'era Charles Chaplin; nello stesso periodo faceva i suoi ”one<br />

reel” che sono alla base della storia del <strong>cinema</strong>. E' vero che mentre noi continuavamo<br />

a baloccarci con delle stupidaggini me<strong>di</strong>oevali, romane, greche, pagane, cartaginesi,<br />

c'erano già Pudovkin, Eisenstein o Dovcenko che facevano dei film che sono entrati<br />

nella storia della <strong>cinema</strong>tografia mon<strong>di</strong>ale. Perché questo? Perché questo grande<br />

filosofo non ci ha spiegato queste cose? Perché lui al <strong>cinema</strong> non ci andava. Ci è<br />

andato per la prima volta nel 1949.<br />

Ora se noi vogliamo vivere ancora <strong>di</strong> questo glorioso passato nel senso speculativo (e<br />

questo uomo che ha sistemato grande parte dello scibile umano in fondo mancava <strong>di</strong><br />

una vera sensibilità <strong>cinema</strong>tografica, come mancava <strong>di</strong> una vera sensibilità letteraria)<br />

noi dobbiamo tener conto <strong>di</strong> quello che è stato il movimento delle idee, un movimento <strong>di</strong><br />

idee, signori, già precedente al pensiero crociano perché William James (mi pare citato<br />

da Spini questa mattina) aveva scritto il suo testo psicologico molto prima <strong>di</strong> Croce che<br />

in Italia sosteneva idee che, in fondo, erano solo rivalutazioni della fenomenologia<br />

romantica.<br />

Su questa posizione noi ci dobbiamo mettere; non dobbiamo avere paura del<br />

pragmatismo, non dobbiamo avere paura <strong>di</strong> Mumford è <strong>di</strong> altri. Non dobbiamo avere<br />

paura del grande pensiero americano attuale. Non bisogna avere paura <strong>di</strong> questa<br />

nuova realtà; bisogna accostarsi a questa realtà, ai nostri tempi, nella pittura, nella<br />

architettura, nella filosofia, nella scultura, nella letteratura.<br />

Spini stamattina ha parlato <strong>di</strong> Joyce. Si può immaginare uno scrittore in un certo senso<br />

meno realista <strong>di</strong> Joyce? Eppure egli ha detto tutto, anche tutto quello che poteva<br />

rappresentare la realtà dell'uomo del nostro tempo. Mister Bloom è veramente l'uomo<br />

del nostro tempo, ma in quelle che sono le epifanie <strong>di</strong> Joyce Voi potete mettere<br />

qualsiasi slancio della nostra fantasia. In Joyce avete tutto il reale ed il fantastico<br />

insieme. Egli, per tutta la vita, ha sofferto <strong>di</strong>speratamente per portare il suo messaggio<br />

all'umanità.<br />

- 103 -


Dentro Joyce potete mettere qualsiasi cosa.<br />

Voi non dovete credere che la realtà sia soltanto quella <strong>di</strong> una determinata tendenza<br />

sociologica politica. La realtà è realtà <strong>di</strong> tutti noi, è quella che Aristotele stesso definiva<br />

nella sua poetica quando parlava della polichilia, che, signori, è il molteplice. Il<br />

molteplice che troviamo in Dante, nella Bibbia, in Boccaccio, in Shakespeare; la<br />

realtà che noi cerchiamo nel <strong>cinema</strong> d'amatore d'oggi, che cerchiamo nella critica<br />

cineamatoriale, che cerchiamo in tutta la nostra attività <strong>di</strong> uomini <strong>di</strong> cultura, <strong>di</strong> pensiero,<br />

<strong>di</strong> arte. Mi sembra non si debba essere quin<strong>di</strong> preoccupati; non ci deve essere timore.<br />

Ci deve essere soltanto la pazienza <strong>di</strong> avvicinarsi, <strong>di</strong> cercare, <strong>di</strong> seguire passo a passo.<br />

Non è che io voglia dare una lezione, ma conosco l'enormità <strong>di</strong> tempo che ci vuole per<br />

fare queste cose.<br />

L'arte <strong>di</strong> Spini è profondamente immersa nella cultura; ma molti non hanno la possibilità<br />

<strong>di</strong> raggiungere una cultura altrettanto profonda. Tuttavia è necessario <strong>di</strong>re qualcosa<br />

perché non rimanga in questa sala l'idea <strong>di</strong> una frattura che ci separi. Tutti noi, io credo,<br />

siamo uniti nell'idea <strong>di</strong> voler fare dei buoni film, possibilmente del buon <strong>cinema</strong><br />

amatoriale. Io ho anche messo in guar<strong>di</strong>a <strong>di</strong>cendo "non cerchiamo <strong>di</strong> elevare una<br />

"Sagrada famiglia" cioè una basilica incompiuta. Ma aggiungo ricor<strong>di</strong>amoci che il<br />

Gaudì oltre alla basilica incompiuta ha anche fatto dei meravigliosi e<strong>di</strong>fici che tutto il<br />

mondo va a visitare a Barcellona.<br />

Di conseguenza, anche partendo da posizioni che possono apparire, da una parte,<br />

quelle <strong>di</strong> un idealismo esasperato e, dall'altra, quella <strong>di</strong> un realismo più concreto,<br />

ugualmente si può fare del buon <strong>cinema</strong>. E non <strong>di</strong>mentichiamo che la realtà, intesa in<br />

questo senso, è vastissima. Il monologo interiore <strong>di</strong> Li<strong>di</strong>a nella Notte è realtà perché se<br />

Voi prendete questo monologo e lo calate in tutte le cose che Antonioni ha voluto <strong>di</strong>re<br />

nella Notte, Voi avete una realtà ed avete una storicizzazione. Non dobbiamo quin<strong>di</strong><br />

avere paura <strong>di</strong> questo perché penso, che, nei limiti <strong>di</strong> Antonioni che fa perfino (come<br />

ha ricordato D'Angelo) sparire un personaggio, ci possiamo stare tutti. Non è una realtà<br />

solamente sociale, solamente tipizzata, solamente documentata quella che cerchiamo<br />

ma è la realtà altissima dell'animo umano. Dove non abbiamo realtà?<br />

Non l'abbiamo nelle figure <strong>di</strong> Fabiola, <strong>di</strong> San Sebastiano, <strong>di</strong> Maciste. Lì non abbiamo<br />

realtà perché non sono nessuno, come <strong>di</strong>ventano nessuno quelli che vanno a vedere<br />

queste cose.<br />

Questa, mi sembra, dovrebbe essere la conclusione <strong>di</strong> quello che è stato detto qui.<br />

Penso che i relatori concluderanno anche loro, cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssipare questa<br />

impressione <strong>di</strong> paura della quale qualcuno ha parlato. Non ci può essere paura, ci sì<br />

deve soltanto adeguare. Adeguarsi continuamente ad un mondo che è continuamente<br />

in movimento.<br />

Serio ha parlato <strong>di</strong> varie civiltà; ha definito la civiltà antica crudele. Mi sembra non sia<br />

del tutto sufficiente. La civiltà antica, prima <strong>di</strong> tutto, vive ancora. Oggi, mentre noi<br />

parliamo in questo modernissimo teatro, in Australia e in tante parti del mondo esistono<br />

civiltà antiche. E non è soltanto crudeltà e piacere. Ma, prima <strong>di</strong> tutto la civiltà antica era<br />

dominata dalla "necessità", era crudele per “necessità” delle strutture agricole, cioè da<br />

un particolare tipo <strong>di</strong> realtà. Noi ci siamo tolti da questa civiltà agricola; noi siamo entrati<br />

in una civiltà industriale, abbiamo fatto la prima rivoluzione industriale e stiamo<br />

vivendola.<br />

- 104 -


L'esperienza della rivoluzione industriale non è soltanto tristezza e cinismo, come ha<br />

detto Serio. La stessa bomba atomica può determinare terrore, ma può essere anche<br />

una speranza perché siamo legittimamente autorizzati a sperare che il terrore della<br />

bomba atomica sia un mezzo per allontanare qualsiasi guerra.<br />

Non c'è soltanto un mondo <strong>di</strong> decadenza, c'è anche un mondo in costruzione. Noi<br />

dobbiamo guardare al futuro con estrema fiducia e questa fiducia dobbiamo portarla<br />

anche nel nostro campo, certamente minore, del <strong>cinema</strong> amatoriale. Armonizzando le<br />

parole <strong>di</strong> Spini con quelle <strong>di</strong> Ferrazzano sono certo che si potranno ottenere i migliori<br />

ri<strong>sul</strong>tati.<br />

Dobbiamo vedere il mondo modernamente, secondo le <strong>di</strong>mensioni Desantisiane della<br />

storia, della critica e della scienza, solo così la fantasia può, attuarsi adeguatamente,<br />

contenendo in sé tutta la sua ricchezza conoscitiva.<br />

11.11 Elia Guiotto<br />

Chiedo scusa se, chiamato <strong>di</strong>rettamente in causa, dovrò, ancora una volta, affrontare<br />

vecchi argomenti, tentando <strong>di</strong> dare a quanto ho detto, nei precedenti interventi, una<br />

chiarificazione conclusiva e definitiva.<br />

Evidentemente, quando nacqui, o era notte profonda o una giornata piena <strong>di</strong> nebbia:<br />

che mi sono accorto, in questi giorni <strong>di</strong> avere il triste od allegro (a seconda dei punti <strong>di</strong><br />

vista) privilegio <strong>di</strong> incorrere in equivoci oppure <strong>di</strong> non venire esattamente compreso.<br />

Quando parlavo dei giovani, non intendevo (e non intendo) escludere la partecipazione<br />

attiva delle vecchie generazioni, ponendo <strong>sul</strong>le locan<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> una mia immaginaria sala<br />

<strong>cinema</strong>tografica un cartello con la scritta "vietato ai maggiori <strong>di</strong> anni venti". Non ho<br />

voluto, insomma, nella definizione del fenomeno giovanile, inserire anche un aspetto<br />

neurovegetativo o anatomo-fisiologico. A mio parere, il concetto del giovane non implica<br />

nessuna limitazione <strong>di</strong> carattere fisio-anatomico; per me, il giovane è quell'in<strong>di</strong>viduo,<br />

con o senza barba bianca, il quale faccia sempre opera <strong>di</strong> rottura: con slancio, con<br />

impeto, con entusiasmo. E' quello che, più <strong>di</strong> tutti, è aperto verso l'avvenire: quello, cioè,<br />

che è teso a raggiungere qualcosa che non esiste e che dovrà esistere. Inversamente,<br />

è vecchio anche quel giovane, il quale si <strong>di</strong>mostra sclerotizzato, conformista, povero <strong>di</strong><br />

idee e <strong>di</strong> ideali in una parola, privo <strong>di</strong> un'ansia <strong>di</strong> rinnovamento.<br />

Riferendomi, adesso, alle due relazioni <strong>sul</strong>la critica, <strong>di</strong>rò che mi pare non sia stato<br />

opportunamente e sufficientemente trattato un aspetto che, se, <strong>di</strong> primo acchito, si può<br />

rivelare marginale o <strong>di</strong> scarsa importanza, <strong>di</strong>mostra, pur tuttavia, la sua necessità e la<br />

sua funzione nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> quello sviluppo in senso culturale, che si è andato<br />

precisando ed auspicando in sede <strong>di</strong> questo Convegno. Non vorrei, però, che quanto<br />

andrò <strong>di</strong>cendo, apparisse dettato da una presa <strong>di</strong> posizione <strong>di</strong> carattere strettamente<br />

personale: in me è presente soltanto il desiderio <strong>di</strong> contribuire (senza pretese e in un<br />

atto <strong>di</strong> estrema modestia e sincerità) a quel colloquio, a quell'avvicinamento <strong>di</strong> menti e<br />

<strong>di</strong> cuori, attraverso cui - mi auguro - il cineamatorismo possa trovare il suo modo <strong>di</strong><br />

essere, la sua finalità e (come è stato detto bene) la sua utilità.<br />

Si tratta, per entrare nel vivo della questione, del rapporto critica-autore esor<strong>di</strong>ente.<br />

- 105 -


A mio modo <strong>di</strong> vedere, la critica cineamatoriale (non mi riferisco agli in<strong>di</strong>vidui che si<br />

occupano <strong>di</strong> questa attività, ma alla critica come Ente astratto) non deve esaurire il suo<br />

interesse soltanto su quelle opere, che, se, da una parte, per i loro valori intrinseci (<strong>di</strong><br />

stile, <strong>di</strong> struttura, <strong>di</strong> contenuto) sono degne <strong>di</strong> un esame approfon<strong>di</strong>to, dall'altra, hanno il<br />

privilegio <strong>di</strong> essere prodotte da autori noti o già affermati.<br />

E’ lungi da me la intenzione <strong>di</strong> negare la insostituibilità <strong>di</strong> una critica, che, non solo,<br />

tenga conto delle opere artisticamente più valide, ma anche inquadri ed enuclei queste<br />

stesse opere in rapporto dell'evoluzione spirituale e stilistica dell'autore.<br />

Anzi, è proprio la loro conoscenza, il loro stu<strong>di</strong>o critico <strong>di</strong>retto, che potrà servire da<br />

pungolo e invitare a quel continuo superamento, a quel fecondo agonismo, che mi<br />

sembra costituisca l'aspetto più affascinante e più meraviglioso <strong>di</strong> ogni manifestazione<br />

artistica.<br />

Stante la particolare conformazione del <strong>cinema</strong> d'amatore, è in<strong>di</strong>spensabile che la<br />

critica non investa soltanto un'opera determinata (come nel caso del <strong>cinema</strong><br />

professionale, in cui l'attività critica, <strong>di</strong> norma, è <strong>di</strong>retta verso il saggio monografico), ma<br />

si configuri come consuntivo generale della produzione cineamatoriale <strong>di</strong> un'annata. E'<br />

doveroso, pertanto, che la prima parola, la più impegnata, spetti proprio a quelle opere<br />

che, essendo realizzate da autori già conosciuti, per serietà e per genialità, portano in<br />

sé i germi <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione artistica più probante. Ma, per questo, non bisogna<br />

<strong>di</strong>menticare o relegare in poche righe o in citazioni più o meno spora<strong>di</strong>che o in<br />

brevissimi accenni (talvolta <strong>di</strong> comodo) i lavori <strong>di</strong> quelli che si presentano, per la prima<br />

volta, alla ribalta. Mi pare che siano proprio costoro (o, per maggiore chiarezza, anche<br />

costoro) - qualora le loro opere rivelino l'esistenza <strong>di</strong> una personalità ancora grezza,<br />

eppure avente la possibilità <strong>di</strong> una concreta maturazione artistica - degni <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso<br />

più o meno approfon<strong>di</strong>to, ma in ogni caso, interessato.<br />

L'esor<strong>di</strong>ente ha bisogno, più degli altri, <strong>di</strong> una parola <strong>di</strong> incoraggiamento, <strong>di</strong> una spinta,<br />

<strong>di</strong> un appoggio critico: lo esige - mi sembra - la sua stessa con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> esor<strong>di</strong>ente e la<br />

funzione <strong>di</strong> scoperta e <strong>di</strong> valorizzazione, che è riservata alla critica militante.<br />

Questo ricambio <strong>di</strong> intelligenza, questo affacciarsi <strong>di</strong> forze nuove (purché siano<br />

orientate, in potenza, verso l'inserimento operante nella <strong>di</strong>mensione reale del nostro<br />

tempo, in una parola, verso la creazione <strong>di</strong> una cultura nuova) deve essere sostenuto ai<br />

fini dell'allargamento <strong>di</strong> quel piano <strong>di</strong> comunicazione, <strong>di</strong> cui, in questa sede, s'è tanto<br />

parlato. Non si può ignorare o sottovalutare l'opera prima, intesa in quel senso che ho<br />

detto sopra; se ne denuncino pure gli scompensi, le banalità, gli errori, le ingenuità, le<br />

prevenzioni, ma, nello stesso tempo, ne venga precisato il valore e la importanza in<br />

rapporto alle possibilità <strong>di</strong> un ulteriore sviluppo.<br />

L'esor<strong>di</strong>ente, per il fatto stesso che tenta un <strong>di</strong>scorso, deve incanalarsi in una strada<br />

determinata, anche se rischiosa; ha necessità <strong>di</strong> un affettuoso stimolo a proseguire.<br />

Affidandomi, ora, alla mia esperienza personale, così concludo: un esor<strong>di</strong>ente, nell'atto<br />

stesso, in cui affronta la proiezione in pubblico, si domanda: "quella che ho intrapreso è<br />

proprio la strada giusta? E' proprio quella che mi porterà verso una nuova cultura?"<br />

A Voi, critici, la risposta.<br />

- 106 -


11.12 Salfatti<br />

Devo ringraziare <strong>di</strong> cuore gli organizzatori <strong>di</strong> questo Convegno perché permettendomi <strong>di</strong><br />

parteciparvi mi hanno fornito l'occasione per chiarire molte delle mie idee confuse <strong>sul</strong><br />

cineamatorismo, <strong>sul</strong>la sua funzione, <strong>sul</strong>le sue possibilità e sui binari da seguire nella<br />

realizzazione delle opere cineamatoriali. Anche se non ho preso la parola <strong>sul</strong>le relazioni<br />

precedenti non è per questo che la mia partecipazione sia stata passiva.<br />

E’ lungi da me l’intenzione <strong>di</strong> negare la insostituibilità <strong>di</strong> una critica.<br />

Ho seguito attentamente le relazioni o gli interventi e sarà mio compito quello <strong>di</strong><br />

trasfondere nei consoci del mio cineclub tutte quelle sensazioni, aspirazioni, e - <strong>di</strong>ciamo<br />

pure - doveri che chi si accinge a realizzare un'opera cineamatoriale deve tener sempre<br />

presenti. Dobbiamo sempre sperare <strong>sul</strong> piano del colloquio e cercare con tutte le nostre<br />

forze o sentimenti <strong>di</strong> comunicare, con i mezzi a nostra <strong>di</strong>sposizione, le idee, le<br />

assimilazioni, le emozioni che riceviamo dall'ambiente (inteso nel senso più lato) ed<br />

elaboriamo attraverso le cognizioni culturali che ognuno <strong>di</strong> noi ha. Lo scambio <strong>di</strong> idee<br />

deve essere lo scopo nostro e non quello <strong>di</strong> realizzare opere da presentare a concorsi<br />

per ottenere un più o meno importante riconoscimento.<br />

11.13 Filippo Ferrazzano<br />

Volevo precisare che sono per tutte le aperture, in<strong>di</strong>pendentemente dalle mie idee<br />

personali, purché siano in buona fede. Io sono, più <strong>di</strong> tanti altri, per il realismo, ma la<br />

mia preoccupazione è <strong>di</strong> altra natura. Vorrei però assicurare ai cineamatori la massima<br />

libertà. Sono molto vicino a Spini (molto <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto possiate pensare) però non<br />

vorrei che elementi estranei potessero inserirsi a fare opera <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgregazione e creare<br />

una rottura anche <strong>di</strong> carattere organizzativo. Sarebbe la fine del cineamatorismo.<br />

Ammetto tutte le rotture <strong>sul</strong> piano dell'arte, della <strong>di</strong>scussione, dell'estetica, ma non<br />

lasciamo - ripeto - che elementi estranei si possano inserire e creare rotture <strong>di</strong>verse da<br />

queste.<br />

12. La replica <strong>di</strong> Leonardo Autera<br />

Devo premettere che non ho preparato una replica or<strong>di</strong>nata.<br />

Mi pare che il punto principale toccato da molti interventi verta su quella certa paura che<br />

si ha circa una posizione parziale della critica, vale a <strong>di</strong>re una critica attenta più ai<br />

contenuti che allo stile, alla forma con cui questi contenuti sono stati espressi. Un'altra<br />

paura è quella che la critica tenga conto <strong>di</strong> alcuni contenuti e non <strong>di</strong> altri. Potrei<br />

rispondere con le parole <strong>di</strong> Serravalli il quale ha senz'altro spiegato meglio <strong>di</strong> quanto io<br />

possa fare il significato che può avere un determinato contenuto in un film. Io penso che<br />

quando noi critici ci accostiamo ad un film, d'amatore o professionale, facciamo<br />

attenzione a quello che ci <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> nuovo, le impressioni che suscita in noi, i sentimenti<br />

che tocca in noi. Nella mia relazione non ho trascurato <strong>di</strong> parlare anche <strong>di</strong> generi minori<br />

trattati nel film d'amatore, ed in particolare <strong>di</strong> un genere un po' d'evasione come quello<br />

rappresentato da Le Avventure dell'altro io, Cena per due, Scatole <strong>di</strong> sar<strong>di</strong>ne, ecc.<br />

- 107 -


Ho anche detto che questi film se presentano situazioni originali, personaggi<br />

gustosamente impostati, hanno precisa ragione d'essere. E’ anche vero che simili<br />

argomenti non ci sembrano più molto nuovi.<br />

Mutuate da un particolare gusto spicciolo, queste cose interessano molto relativamente.<br />

Noi vorremmo che da un Congresso <strong>di</strong> questo genere potesse veramente sorgere un<br />

nuovo momento del cineamatorismo italiano, un momento che possa suscitare<br />

l'interesse <strong>di</strong> persone <strong>di</strong> cultura, al <strong>di</strong> fuori della nostra cerchia. Per fare questo è<br />

necessario che il film d'amatore si allinei con quelli che sono gli interessi della cultura<br />

attuale e, quin<strong>di</strong>, che si impegni sempre più con la realtà. E' questo che a noi interessa.<br />

Interessa il colloquio che possono aprire certi autori con gli spettatori o con altri<br />

cineamatori. La realtà ha infiniti aspetti, non possiamo limitarla a quello esclusivamente<br />

sociale in senso politico; ci sono varie realtà, anche intimistiche, che riguardano<br />

l'in<strong>di</strong>viduo.<br />

Ci sono una infinità <strong>di</strong> sfumature e tutte interessano alla critica.<br />

Non interessano, invece, le pure e semplici esercitazioni a carattere figurativo,<br />

fotografico, tecnicistico. Non è vero che noi non teniamo conto <strong>di</strong> come è stato<br />

realizzato il film; quando si apprezza un film si ci sofferma soprattutto sui contenuti<br />

dando per scontato, generalmente, il fatto che questi contenuti siano stati espressi in un<br />

modo adeguato. Se ciò che un film vuole significare noi lo abbiamo perfettamente<br />

avvertito, è segno che la sua forma era adeguata ai suoi contenuti, ha permesso cioè<br />

che i suoi contenuti si rivolgessero a noi.<br />

Non penso sia il caso <strong>di</strong> parlare della funzionalità <strong>di</strong> un carrello, <strong>di</strong> un racconto per primi<br />

piani piuttosto che per campi lunghi e via <strong>di</strong> seguito perché quella critica che si basava<br />

essenzialmente su queste considerazioni, vale a <strong>di</strong>re <strong>sul</strong>lo specifico filmico, mi pare sia<br />

tramontata e portasse i ri<strong>sul</strong>tati tutt'altro che positivi, in quanto stabiliva ad<strong>di</strong>rittura uno<br />

schema seguendo il quale qualsiasi persona che conoscesse queste regole era in<br />

grado <strong>di</strong> realizzare un film perfetto. Mi pare che questi siano stati i punti trattati dagli<br />

interlocutori che si riferivano particolarmente alla mia esposizione.<br />

13. La replica <strong>di</strong> Aldo Serio<br />

Non ho molto da <strong>di</strong>re. C'è stato qualche intervento interessantissimo, qualche, altro un<br />

po' maldestro. Il Dott. De Tommasi ha tracciato il profilo vero della FEDIC <strong>di</strong>cendo<br />

cose che nessuno, credo, tranne il Caldana un pochino male informato, può negare.<br />

Baldelli, parlando <strong>di</strong> Kapò ha fatto delle affermazioni che noi possiamo mettere <strong>sul</strong>la<br />

stessa bilancia dei cineamatori.<br />

La seconda parte del film è stata rovinata da certi atteggiamenti, da certe esigenze, da<br />

certe richieste pesanti; questa seconda parte può servire per <strong>di</strong>re al cineamatore come<br />

egli non deve limitare le proprie possibilità nel realizzare un film perché non ha la<br />

Strasberg che fa le bizze.<br />

Il cineamatore ha Ines Marenghi, ha Ivana Ramella, le quali lo seguono passo passo.<br />

Baldelli proponeva <strong>di</strong> creare una sezione amatoriale ai Festival professionali e penso la<br />

Fe<strong>di</strong>c vorrà tenere d'occhio questa proposta come pure quella <strong>di</strong> Carlo Di Carlo <strong>di</strong><br />

inserire nel seno del Festival <strong>di</strong> Porretta Terme dei film d'amatore.<br />

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14. Conclusione <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Bertieri<br />

presidente del Convegno<br />

Adesso, come Voi ben potete immaginare, tocca a me il compito piuttosto impegnativo<br />

<strong>di</strong> chiudere i lavori del Convegno.<br />

Vi <strong>di</strong>co con tutta franchezza che se aspettate da me delle parole nuove, delle idee<br />

originali, le aspetterete invano.<br />

Cattivelli, Seravalli, Baldelli, Spini, Autera, Serio e forse qualche altro mi hanno<br />

rubato quelle idee che avevo messo da parte per concludere questo incontro al quale<br />

ho tenuto in maniera notevole.<br />

E' stato detto ripetutamele che quella che noi viviamo è la civiltà delle immagini, a<br />

questo concetto mi sono attenuto per realizzare questo convegno che negli amici del<br />

Cineclub Bergamo ha trovato una collaborazione eccezionale. Quando Paolo<br />

Capoferri mi chiese quale poteva essere il significato <strong>di</strong> un Convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o <strong>sul</strong><br />

<strong>cinema</strong> d'amatore non ebbi un momento <strong>di</strong> esitazione <strong>di</strong>cendo che l'unico motivo<br />

calzante in questo momento 1961 era quello <strong>di</strong> favorire l'inserimento del<br />

cineamatorismo italiano nei problemi della cultura contemporanea italiana. Fino a quel<br />

giorno la situazione era in questi termini antitetici: da un lato, l'e<strong>di</strong>toriale apparso <strong>sul</strong>le<br />

colonne dell' ”Altro Cinema”, e dall'altro, il manifesto presentato da Spini nel 1960 a<br />

Montecatini intitolato “Pensieri <strong>sul</strong>l'abisso”. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> alcuni mesi da quando<br />

l'idea si concretizzò, ci siamo trovati in questa situazione: da un lato, ancora l'articolo <strong>di</strong><br />

Leonida Gafforio <strong>sul</strong>le colonne dell’ "Altro Cinema", dall'altro, le relazioni Spini,<br />

Pecora, Autera, Serio. Tra questi due elementi opposti ci sono stati i Vostri<br />

numerosissimi, vivi, intelligenti, acuti, interventi. Non voglio prendere in considerazione<br />

l'articolo <strong>di</strong> Leonida Gafforio perché se lo accettassi non avrei dovuto collaborare<br />

all'organizzazione <strong>di</strong> questo convegno e non avrei dovuto parlare <strong>di</strong> cultura del <strong>cinema</strong><br />

d'amatore (nell'articolo si nega infatti la possibilità dell'inserimento del cineamatorismo<br />

nella cultura italiana). Di conseguenza, e logicamente, sono pienamente solidale con i<br />

collaboratori e con i relatori <strong>di</strong> questo Convegno.<br />

C'è stato Righi Parenti il quale ha detto: “fra i cineamatori si è avvertito un certo<br />

<strong>di</strong>sagio in quanto si parlava <strong>di</strong> cultura, <strong>di</strong> arte, <strong>di</strong> <strong>cinema</strong> come fatto <strong>di</strong> cultura”.<br />

Io non credo che si debba provare <strong>di</strong>sagio in questo senso.<br />

E' necessario, nel 1961, che i cineamatori (dopo un<strong>di</strong>ci anni della costituzione della<br />

loro Federazione, che è l'unica che va presa in considerazione come ente<br />

costitutivo, rappresentativo e socialitario) è tempo, <strong>di</strong>cevo, che i cineamatori<br />

acquistino coscienza <strong>di</strong> sé stessi. Forse qualcuno ricorderà l'articolo che scrissi<br />

incontrandomi per la prima volta con Voi sei anni fa a Montecatini. Iniziavo quel servizio<br />

(pubblicato <strong>sul</strong>le colonne dell’ "Altro Cinema") <strong>di</strong>cendo che come critico professionista<br />

non avrei mai usato un metro <strong>di</strong>verso giu<strong>di</strong>cando i film d'amatore. Mi ha fatto piacere<br />

che Pio Baldelli (che stimo come critico e come uomo e che considero tra i miei più<br />

cari amici) abbia oggi riba<strong>di</strong>to questo mio concetto. Nel critico non vi può essere<br />

<strong>di</strong>versità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio quando è <strong>di</strong> fronte all'immagine dello schermo, sia essa del <strong>cinema</strong><br />

d'amatore, sia essa del <strong>cinema</strong> professionale. E' un'immagine in movimento che ci deve<br />

<strong>di</strong>re qualcosa, che ci deve trasmettere una certa emozione, che deve graffiare dentro <strong>di</strong><br />

noi.<br />

Che cosa, allora, deve significare questa presa <strong>di</strong> coscienza del cineamatore ? Deve<br />

estrinsecarsi in una <strong>di</strong>mensione umana dell'immagine che, badate bene, viene a<br />

- 109 -


contatto con un pubblico che può conoscere il <strong>cinema</strong> d'amatore, ma può anche non<br />

conoscerlo. Lo spettatore è abituato a "vedere" le immagini e la sua sensibilità non può<br />

scendere a compromessi tra il film professionale in <strong>cinema</strong>scope e quello amatoriale in<br />

16 mm.<br />

Dimensione umana, questo è un punto fondamentale. Senso <strong>di</strong> responsabilità degli<br />

autori, è l'altro punto fondamentale.<br />

Nava, riferendosi alla relazione <strong>di</strong> Tito Spini si chiedeva ad un certo punto: noi<br />

"dobbiamo" seguire una strada o "possiamo" seguire una strada? lo rispondo (e<br />

scusatemi se in questo momento mi metto tra <strong>di</strong> voi) noi dobbiamo seguire una strada<br />

se vogliamo il rispetto degli altri, se vogliamo essere considerati degli uomini che<br />

creano per gli altri uomini, non dei signori che prendono la macchina da presa per solo<br />

ed esclusivo passatempo. Per me, "cineamatore" è qualche cosa <strong>di</strong> ben <strong>di</strong>stinto da<br />

"cine<strong>di</strong>lettante". Quando sento parlare dei paesaggi, <strong>di</strong> riprese familiari, <strong>di</strong> scenette<br />

comiche, non riesco a capacitarmi come sia possibile parlare ancora oggi <strong>di</strong> queste<br />

cose. Gianni Rondolino ha parlato dell'Occhio Selvaggio. E’ vero, questo è un punto<br />

fondamentale e vorrei che fosse proprio la base del <strong>di</strong>scorso che ci si augura possa<br />

nascere da questo convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. Il <strong>cinema</strong> d'amatore italiano deve creare il suo<br />

"occhio selvaggio". Che cosa voglio <strong>di</strong>re con questo? Voi lo intuite benissimo. Voglio<br />

<strong>di</strong>re che il cineamatorismo italiano deve essere formato <strong>di</strong> uomini i quali abbiano<br />

coscienza <strong>di</strong> sé stessi e nella responsabilità del proprio operato intendano che in questo<br />

tempo è necessario essere selvaggi come lo è stato Mimo Maccari anni fa sotto la<br />

dominazione fascista. Selvaggi anche oggi, quando altre ragioni lo impongono; selvaggi<br />

responsabili e coscienti i quali graffiano la realtà italiana.<br />

All'estero, alcuni dei nomi più significativi <strong>di</strong> quel <strong>cinema</strong> contemporaneo che amiamo<br />

provengono appunto dal cineamatorismo o, comunque, sono in<strong>di</strong>vidui come Karel<br />

Reisz, come François Truffaut, come Lionel Rogosin, come Sidney Meyers, i quali -<br />

ad un certo punto - rifiutando il <strong>cinema</strong> industriale hanno con la loro macchina da 16<br />

mm. fissati quei motivi che profondamente sentivano dentro. Hanno cioè realizzato quel<br />

<strong>di</strong>scorso che volevano fare agli altri uomini e lo hanno fatto in 20, 40, 60. o in 80 minuti.<br />

Questo è un altro mito da sfatare: perché la palla dì piombo al piede del racconto<br />

racchiuso entro i 15-20 minuti? Non significa nulla. Potrà essere una regola <strong>di</strong> massima<br />

per i concorsi, ma il cineamatore quando presenta un'opera valida non troverà mai una<br />

giuria che gliela rifiuta solamente perché supera il tempo prefissato.<br />

Sono stati citati molti uomini <strong>di</strong> lettere, <strong>di</strong> scienza, <strong>di</strong> cultura, in questi tre giorni: da<br />

Lewis Manford e James Joyce, da Musil a Elemir Zolla. Tutti quanti, indubbiamente,<br />

hanno avuto una ragione d'essere in questa sede. Perché?<br />

Perché sono quegli uomini che (come <strong>di</strong>ceva Serravalli) hanno veramente intuito il<br />

senso del nostro tempo, ci hanno fatto capire che cos'è il nostro tempo. E nel 1961 se<br />

vogliamo inserirci nella cultura del nostro tempo noi dobbiamo legarci a questi uomini,<br />

dobbiamo correre nella loro scia, dobbiamo - per quanto è possibile - dare quel tanto <strong>di</strong><br />

fantasia che Serravalli chiedeva a noi nel momento in cui leggiamo Joyce. E’ da quello<br />

che noi possiamo andare oltre. Possiamo creare. Qualcuno ha detto che si è fatta<br />

dell'accademia. Per quel che ho detto ora ritengo superfluo ribattere. Parlare <strong>di</strong> Joyce o<br />

<strong>di</strong> Musil <strong>di</strong> Le Corbusier, <strong>di</strong> Wright o <strong>di</strong> Neutra, <strong>di</strong> Gau<strong>di</strong> o <strong>di</strong> Alvar Alto, non<br />

sottintende far dell'accademia, si cerca solamente <strong>di</strong> svolgere un <strong>di</strong>scorso che abbia<br />

una sua vali<strong>di</strong>tà culturale e non per nulla vorrei ricordare che a Bergamo non sono stati<br />

- 110 -


invitati gli esor<strong>di</strong>enti od i principianti, ma gli autori vincitori <strong>di</strong> 10 concorsi nazionali, la<br />

stampa specializzata più qualificata e la Fe<strong>di</strong>c.<br />

Inoltre alcuni autori che, pur non vincitori, con le loro opere avevano in<strong>di</strong>cato (rispondo<br />

a Guiotto) interessi non superficiali. Non è vero che le opere prime non vengano dalla<br />

critica tenuti in considerazione. Si tengono in considerazione, si cerca <strong>di</strong> non creare dei<br />

miti. Qualcuno ha detto (e mi sembra Turolla in particolare) che qui si doveva parlare <strong>di</strong><br />

altre cose o, comunque, si sarebbe dovuto parlare "anche" <strong>di</strong> altre cose. Non sono<br />

d'accordo. Questo Convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o sottintendeva un impegno culturale, non scopi<br />

pratici. Un termine, fra i tanti usati ripetutamente in questo incontro, mi è<br />

particolarmente caro: comunicare.<br />

Quel <strong>cinema</strong> "d'amatore" ha un suono falso soprattutto per le orecchie <strong>di</strong> chi non lo<br />

conosce. Prendendo una definizione a prestito anglosassone vorrei chiamarlo "free<strong>cinema</strong>",<br />

<strong>cinema</strong> libero.<br />

Il mio augurio è che il "<strong>cinema</strong> libero" italiano, riunito, nella Fe<strong>di</strong>c, possa in futuro<br />

portare una parola nuova, <strong>di</strong> rottura nell'ambito del <strong>cinema</strong> italiano.<br />

Con Cattivelli concludo affermando che “il <strong>cinema</strong> d'amatore, il libero <strong>cinema</strong>, non è<br />

il <strong>cinema</strong> "minore", è il <strong>cinema</strong> maggiore perché ha in sé le possibilità e le<br />

capacità <strong>di</strong> superare le remore e le limitazioni del <strong>cinema</strong> professionale”.<br />

- 111 -


15. Conclusione <strong>di</strong> Paolo Capoferri<br />

presidente del Cine <strong>Club</strong> Bergamo<br />

Mi è stato da più parti espresso il compiacimento per l’iniziativa avuta dal Cine <strong>Club</strong><br />

Bergamo per il Convegno indetto fra i cineamatori, sottolineandone l'opportunità e<br />

l'utilità, suggerendomi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rne un secondo a non lunga scadenza allo scopo <strong>di</strong><br />

proseguire il colloquio sugli orientamenti da dare al nostro Cinema.<br />

Queste testimonianze assai lusinghiere sono motivo <strong>di</strong> viva sod<strong>di</strong>sfazione per i miei<br />

collaboratori e per me e mi suggeriscono <strong>di</strong> partecipare questo invito ad altri Cine <strong>Club</strong><br />

perché si impegnino a loro volta ad in<strong>di</strong>re convegni per far sì che i colloqui proseguano<br />

con il vantaggio <strong>di</strong> creare fra il cineamatori un legame sempre più vivo <strong>di</strong> cor<strong>di</strong>alità e <strong>di</strong><br />

colleganza.<br />

Colgo gra<strong>di</strong>ta l'occasione per esprimere ai giornalisti ed ai corrispondenti <strong>di</strong> tutte le<br />

riviste, presenti al Convegno <strong>di</strong> Bergamo, l'espressione dell'animo grato dei miei<br />

collaboratori e mia in particolare, per il largo contributo offerto, che valse a dare<br />

notevole risonanza a questa iniziativa. Si deve alla larga partecipazione della stampa<br />

infatti, se l'eco del Convegno è andato oltre i confini della provincia e della regione, per<br />

assumere un carattere <strong>di</strong> avvenimento nazionale ed internazionale.<br />

Come pure si deve all'intervento dei partecipanti, se la <strong>di</strong>scussione sui temi sviluppati al<br />

Convegno, ha suscitato intorno ad essi tanto interesse ed utili polemiche.<br />

I commenti sono stati logicamente il ri<strong>sul</strong>tato del giu<strong>di</strong>zio critico che ogni partecipazione<br />

al Convegno ha dato sui singoli temi <strong>di</strong>scussi, giu<strong>di</strong>zi che, se sono stati unanimi nel<br />

riconoscere l'utilità dell'incontro e la bontà dell’organizzazione, sono stati evidentemente<br />

<strong>di</strong>scor<strong>di</strong> <strong>sul</strong>le idee, e sugli orientamenti esposti dai relatori e da coloro che sono<br />

intervenuti nelle <strong>di</strong>scussioni.<br />

Da questa <strong>di</strong>sparità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zi, traggo motivo <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione e <strong>di</strong> incoraggiamento, in<br />

quanto essi confermano l'utilità e l'opportunità dell'iniziativa presa dal Cine <strong>Club</strong><br />

Bergamo, e perché mi offrono l'occasione <strong>di</strong> precisare che le idee espresse dai relatori,<br />

i temi sostenuti e <strong>di</strong>scussi durante il Convegno, sugli orientamenti del cineamatorismo,<br />

impegnano solo ed esclusivamente le persone che le hanno esposte in quanto<br />

patrimonio <strong>di</strong> idee personali e soggettive: voglio precisare che non si deve attribuire al<br />

Cine <strong>Club</strong> promotore del Convegno, la paternità <strong>di</strong> singoli punti <strong>di</strong> vista.<br />

Un tema od una tesi possono essere giu<strong>di</strong>cate, secondo me, come atti impegnativi <strong>di</strong> un<br />

"convegno", quando vengano fatte sue e siano quin<strong>di</strong> sanzionate dalla maggioranza,<br />

se non dalla totalità dei convenuti.<br />

Il Convegno ha voluto essere una palestra che offrisse la possibilità <strong>di</strong> esprimere<br />

opinioni e idee da sottoporre al <strong>di</strong>battito dei competenti e degli appassionati per<br />

contribuire a trovare un orientamento sempre più aggiornato alle esigenze sociali del<br />

<strong>cinema</strong> amatoriale.<br />

E non potrebbe essere <strong>di</strong>versamente, se si vuole conservare al <strong>cinema</strong> del nostro<br />

cuore, le caratteristiche che gli sono proprie e che si identificano con la sua piena libertà<br />

<strong>di</strong> espressione.<br />

- 112 -


16. Recensioni <strong>sul</strong> Convegno<br />

16.1 Da “CINEMA RIDOTTO” - n°4 - Anno VIII - Aprile 1961<br />

MENSILE DEL CINEMA A FORMATO RIDOTTO<br />

(Direttore PIETRO DI MATTIA - Redattore Capo ALDO SERIO)<br />

Convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />

Non v'è alcun dubbio che il Convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o <strong>sul</strong> <strong>cinema</strong> d'amatore - organizzato<br />

ottimamente da Paolo Capoferri e dai suoi valenti collaboratori - abbia avuto l'ambizione<br />

<strong>di</strong> raggiungere un duplice scopo: quello <strong>di</strong> fare del Cine <strong>Club</strong> Bergamo un centro <strong>di</strong><br />

attrazione culturale (cosa lodevole), intorno al quale polarizzare l'attenzione dei<br />

Cineclub italiani prima e stranieri poi; e quello <strong>di</strong> sviluppare, all'interno dell’ attività<br />

organizzativa e produttiva della Fe<strong>di</strong>c, un movimento a in<strong>di</strong>rizzo unico, al <strong>di</strong> fuori del<br />

quale è negato il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza a quel <strong>cinema</strong> che non ne con<strong>di</strong>vide<br />

l'impostazione e la finalità.<br />

Anzi, ad essere più espliciti, si vuole persino mutare nome al <strong>cinema</strong> d'amatore, il<br />

quale, da oggi in poi, dovrà chiamarsi «<strong>cinema</strong> libero» ed essere solo ed unicamente<br />

un «occhio selvaggio che graffia», come ha affermato Clau<strong>di</strong>o Bertieri, presidente<br />

del Convegno, a chiusura dei lavori.<br />

Chi ha seguito questa rivista fin dalla sua nascita, sa benissimo come la pensiamo e<br />

qual'é il nostro atteggiamento nei confronti del movimento organizzalo nella Fe<strong>di</strong>c.<br />

Quin<strong>di</strong> nessuna meraviglia se pren<strong>di</strong>amo posizione netta e decisa contro simili pretese,<br />

convinti come siamo <strong>di</strong> operare per il bene e l'interesse del <strong>cinema</strong> d'amatore e della<br />

Fe<strong>di</strong>c.<br />

A Bergamo, si è voluto identificare - e non sappiamo fino a quel punto se è più per<br />

ambizioni personali che per convinzioni - il <strong>cinema</strong> d'amatore <strong>di</strong> oggi con la concezione<br />

personale che Spini ha del cineamatorismo, <strong>di</strong>menticando che non tutti i cineamatori<br />

partono dalle stesse premesse culturali proprio dell'arte architettonica e con<strong>di</strong>vidono le<br />

idee e gli in<strong>di</strong>rizzi politico-sociali, da cui trae ispirazioni ed atteggiamenti l'architetto<br />

bergamasco. Come abbiamo avuto già occasione <strong>di</strong> affermare al tempo <strong>di</strong> «Pensieri<br />

<strong>sul</strong>l'abisso», Tito Spini è libero <strong>di</strong> esprimere le sue idee e convinzioni sia attraverso la<br />

parola che i film, e continuare il colloquio che egli e i suoi sostenitori ritengono sia utile<br />

per loro e per gli altri.<br />

Ma liberi sono anche gli altri cineamatori che la pensano <strong>di</strong>versamente, <strong>di</strong> fare<br />

altrettanto.<br />

Infine è libera pure la Fe<strong>di</strong>c <strong>di</strong> respingere, in nome della libertà dei singoli e della<br />

collettività, dell'autonomia dei Cineclub e dell'unità organizzativa, qualsiasi tentativo <strong>di</strong><br />

imposizione e <strong>di</strong> interferenza politica, da qualunque parte esso provenga.<br />

- 113 -


16.2 “BERGAMO: STRANE CONCLUSIONI”<br />

a cura <strong>di</strong> PIETRO CORRADO<br />

Il convegno <strong>di</strong> Bergamo ha portato un po' tutti alle più strane, e sconcertanti conclusioni:<br />

strane perché impreve<strong>di</strong>bili; sconcertanti perché corollari <strong>di</strong> angosciosi problemi <strong>di</strong><br />

fondo della vita contemporanea.<br />

Si è voluto andare troppo oltre le normali esigenze <strong>di</strong> un primo convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o <strong>sul</strong><br />

<strong>cinema</strong> d'amatore; si è voluto entrare, con blasfema <strong>di</strong>sinvoltura, a pie<strong>di</strong> calzati nella<br />

moschea dell'arte; si è tentato <strong>di</strong> toccare il soffitto sollevandosi <strong>sul</strong>la punta dei pie<strong>di</strong>; si è<br />

preteso, soprattutto, <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> <strong>cinema</strong> ignorandone l'essenza.<br />

Tutto ciò si è fatto a Bergamo.<br />

E niente per il <strong>cinema</strong> <strong>di</strong> amatore.<br />

La commovente generosità con la quale alcuni relatori hanno tentato <strong>di</strong> impostare il<br />

<strong>di</strong>scorso su un piano più consone alle esigenze del momento, è stata letteralmente<br />

ban<strong>di</strong>ta dalla aggressiva relazione su; «II <strong>cinema</strong> d'amatore del nostro tempo»;<br />

sicché tutto quanto bastasse ad avviare un colloquio sano, costruttivo, sufficiente a<br />

creare una prima, graduale rottura del cineamatore con quella sua sorta <strong>di</strong> incallito<br />

intimismo, è stato sommerso da un <strong>di</strong>luvio <strong>di</strong> sproporzionati principi che sotto una<br />

recente <strong>di</strong>pintura celavano pur Platone ed il più recente Marx.<br />

Anche se quest'ultimo ha assunto il ruolo dell'amante: accettata negli amplessi sessuali<br />

e respinta nell'amore.<br />

Integrale applicazione del concetto dell'utile.<br />

Concetto ammesso come sistema nell'accettazione dell'arte e forse anche nella<br />

ideazione ed attuazione del convegno.<br />

E non certo nel senso che si aspettava il cineamatore.<br />

Si vive anche <strong>di</strong> sensazioni, e questa è una sensazione!<br />

Ma interessano soprattutto i fatti ed essi emergono dalla valutazione obbiettiva dei<br />

lavori del convegno.<br />

La relazione su «il <strong>cinema</strong> d'amatore del nostro tempo» si è totalmente esaurita nel<br />

<strong>di</strong>re, quando con sapore messianico, quando con energia assolutista, che cosa deve<br />

comunicare, partecipare, insegnare il cineamatore. Ha tentato <strong>di</strong> trasfondere globuli<br />

rossi in soggetti ingenuamente ritenuti anemici; si è pro<strong>di</strong>gata <strong>di</strong> collettivizzare, secondo<br />

i suaccennati presupposti utilitaristici, molte soggettive e non certo peregrine<br />

elaborazioni cerebrali.<br />

Una sorta <strong>di</strong> travaso <strong>di</strong> considerazioni terribilmente vere, forse giuste, ma sicuramente<br />

sproporzionate alla necessità più contingente del <strong>cinema</strong> d'amatore.<br />

Necessità <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne meno elevato e tuttavia più viva e palpitante <strong>di</strong> quanto non si<br />

immagini. Necessità <strong>di</strong> un linguaggio nuovo e vitale.<br />

Importanza del « come <strong>di</strong>re » attraverso il <strong>cinema</strong> e non del «che <strong>di</strong>re».<br />

Ogni in<strong>di</strong>viduo cosciente e sensibile sente i problemi del suo tempo per quella cultura<br />

che gli viene dall'esperienza della vita. Sente vibrare entro <strong>di</strong> sé qualcosa che non è<br />

- 114 -


certo effetto latente del già vissuto ma cosciente partecipazione alla problematica del<br />

presente.<br />

Eppure egli prova <strong>di</strong>fficoltà ad esprimersi.<br />

Forse perché è più complesso quanto si propone <strong>di</strong> rappresentare; forse perché il<br />

<strong>di</strong>namismo del nostro tempo esige un linguaggio più attuale ed accessibile.<br />

Un linguaggio allo stesso tempo ispiratore e razionale che arrivi parallelamente al cuore<br />

ed al cervello del proprio simile; una espressione che accetti la ragione senza rinnegare<br />

il sentimento.<br />

Una sorta <strong>di</strong> inconcepibile amalgama <strong>di</strong> musica e matematica.<br />

Ma fino a che punto inconcepibile? Questo è il problema più importante da risolvere.<br />

Questa la <strong>di</strong>fficoltà da superare se si vuole scongiurare il pericolo <strong>di</strong> sciupare i più<br />

sublimi propositi attraverso una sciatta ed impropria espressione. Ma il convegno <strong>di</strong><br />

Bergamo ha ignorato lutto ciò.<br />

Si sono evocate, molto spesso, le ombre <strong>di</strong> Gropius, Marx, De Stijl, Croce per avallare<br />

tesi o suggerire conclusioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne para-filosofico; ma sono rimasti inspiegabilmente<br />

ignorati Chaplin, Von Stroheim, Eisenstein, Clair, Fellini: gente che ha vissuto una<br />

vita per il <strong>cinema</strong>.<br />

Innovatori non meno importanti <strong>di</strong> quanto lo fosse Le Corbusier quarant'anni fa!<br />

Necessari punti <strong>di</strong> partenza per la e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> un <strong>cinema</strong> del nostro tempo.<br />

Un <strong>cinema</strong> fondato <strong>sul</strong>la sua più genuina essenza d'arte; avulso da quei mille<br />

ingre<strong>di</strong>enti che ne fanno una pietanza per palati grossolani; capace <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertire,<br />

commuovere, insegnare e comunque comunicare solo attraverso il suo vero linguaggio;<br />

liberato dalle ibride sovrastrutture che gli deturpano le sembianze d'arte.<br />

Il <strong>cinema</strong> dell'uomo moderno.<br />

L'uomo che vive, sente e partecipa alle istanze del nostro tempo portandosi nel petto un<br />

cuore sensibile alle sollecitazioni contingenti, ma ancora depositario <strong>di</strong> antichi<br />

sentimenti e tenero ai problemi nati con l'essere umano e non ancora risolti dalla<br />

società.<br />

Un retaggio <strong>di</strong> millenni <strong>di</strong> vita interiore che non può essere sacrificato, in un giorno, al<br />

<strong>di</strong>o dell'utile.<br />

Una fonte <strong>di</strong> meraviglioso calore che può convivere ed operare in uno con la fredda<br />

razionalità, ma non essere da essa spenta.<br />

La razionale problematica dei giorni trasfigurata dal sentimento. La commossa<br />

partecipazione <strong>di</strong> una istanza che arrivi al cuore prima che al cervello.<br />

Questo il <strong>cinema</strong> del nostro tempo. Eppure tutto ciò è stato inspiegabilmente ban<strong>di</strong>to dal<br />

convegno bergamasco.<br />

E' parso evidente che si volesse sfuggire a certe questioni che avrebbero<br />

inevitabilmente posto degli interrogativi ai quali non si poteva non rispondere.<br />

Interrogativi in apparenza semplici ma importanti e vitali come tutte le cose dalla<br />

parvenza semplice ed ovvia.<br />

Interrogativi per i quali ogni risposta avrebbe dovuto rivelare la personalità artistica,<br />

sociale e culturale <strong>di</strong> ciascuno più <strong>di</strong> quanto non abbia permesso la <strong>di</strong>ssertazione su<br />

correnti <strong>di</strong> pensiero ben localizzate nella storia.<br />

- 115 -


Un <strong>di</strong>scorso da uomini <strong>di</strong> cultura. Qualcuno ha tentato <strong>di</strong> farlo ma è stato ripreso con<br />

termini dal sapore <strong>di</strong>: «Ciascuno è libero <strong>di</strong> pensare come vuole, ma chi non la<br />

pensa come me è un cretino ».<br />

Strano modo <strong>di</strong> praticare la tanto decantata libertà!<br />

Se<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> recenti passati assolutisti, affatto contrastanti con una patina <strong>di</strong> struggente<br />

socialismo, affiorano dal subconscio e <strong>di</strong>struggono la fragile impalcatura delle deboli<br />

convinzioni <strong>di</strong> moda.<br />

E cade il monumento orpellato <strong>di</strong> brillanti lustrini ma debole <strong>di</strong> base.<br />

Il Convegno <strong>di</strong> Bergamo ha permesso, purtroppo, l'agitarsi <strong>di</strong> tante amare<br />

considerazioni nel cineamatore, mentre avrebbe dovuto tendere alla soluzione <strong>di</strong> altri e<br />

ben più importami problemi. Quelli che ho accennato in precedenza.<br />

Quelli che il cineamatore si pone ogni giorno senza saper risolvere da solo.<br />

Aiutarlo nella soluzione è anche un fatto sociale.<br />

Pietro Corrado<br />

- 116 -


In<strong>di</strong>ce<br />

1. Saluto <strong>di</strong> Paolo Capoferri - Presidente del Cine <strong>Club</strong> Bergamo 2<br />

2. Saluto <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Bertieri - Presidente del Convegno 4<br />

3. Dalla relazione n. 1 <strong>di</strong> Ezio Pecora<br />

«IL CINEMA D'AMATORE E LA CULTURA» 6<br />

4. Interventi <strong>sul</strong>la relazione n. 1 <strong>di</strong> Ezio Pecora 7<br />

4.1 Filippo Ferrazzano 7<br />

4.2 Gianni Rondolino 9<br />

4.3 Angelo Gorruso 12<br />

4.4 Pietro Corrado 13<br />

4.5 Luigi Turolla 14<br />

4.6 Luigi Serravalli 15<br />

4.7 Gabriele Can<strong>di</strong>olo 17<br />

4.8 Aldo Rizzi 19<br />

4.9 Elia Guiotto 20<br />

4.10 Piero Nava 23<br />

4.11 Aldo D'Angelo 24<br />

4.12 Pio Baldelli 25<br />

4.13 Gabriele Serraferro 29<br />

4.14 Gino Ascani 30<br />

4.15 Franco Iasiello 32<br />

4.16 Luigi Turolla 32<br />

4.17 Clau<strong>di</strong>o Bertieri 32<br />

5. Replica <strong>di</strong> Ezio Pecora 33<br />

6. Dalla relazione n. 2 <strong>di</strong> Tito Spini<br />

«CINEMA D'AMATORE DEL NOSTRO TEMPO» 36<br />

7. Interventi <strong>sul</strong>la relazione n. 2 <strong>di</strong> Tito Spini 37<br />

7.1 Angelo Gorruso 37<br />

7.2 Filippo Ferrazzano 40<br />

7.3 Elia Guiotto 43<br />

7.4 Luigi Serravalli 46<br />

7.5 Righi Parenti 48<br />

7.6 Aldo D'Angelo 50<br />

7.7 Pio Baldelli 51<br />

7.8 Gabriele Can<strong>di</strong>olo 54<br />

7.9 Vincenzo Siniscalchi 57<br />

7.10 Luigi Turolla 59<br />

7.11 Pietro Corrado 60<br />

7.12 Gianni Rondolino 61<br />

7.13 Alessio Baume 63<br />

7.14 Romeo Fontana 63<br />

7.15 Ezio Pecora 64<br />

- 117 -


7.16 Franco Jasiello 65<br />

7.17 Elia Guiotto 65<br />

7.18 Adriano Asti 66<br />

7.19 Vito A. Lacerenza 67<br />

7.20 Fabio Me<strong>di</strong>ni 68<br />

7.21 Luigi Nucci 70<br />

7.22 Piero Nava 70<br />

7.23 Ignazio Rossi 71<br />

7.24 Gianni De Tommasi 73<br />

7.25 Gigi De Santis 75<br />

7.26 Giuseppe Bertola 76<br />

7.27 Italo Carrone 78<br />

8. La replica <strong>di</strong> Tito Spini 79<br />

9. Dalla relazione n. 3 <strong>di</strong> Leonardo Autera<br />

«IL CINEMA D'AMATORE E LA CRITICA» 83<br />

10. Dalla relazione n. 4 <strong>di</strong> Aldo Serio<br />

«IL CINEMA D'AMATORE E LA CRITICA» 84<br />

11. Interventi <strong>sul</strong>le relazioni n. 3 e 4 <strong>di</strong> Serio e Autera 85<br />

11.1 Righi Parenti 85<br />

11.2 Giulio Cattivelli 87<br />

11.3 Angelo Gorruso 90<br />

11.4 Alberto Caldana 92<br />

11.5 Pietro Corrado 94<br />

11.6 Pio Baldelli 95<br />

11.7 Aldo D’Angelo 98<br />

11.8 Filippo Ferrazzano 99<br />

11.9 Vincenzo Siniscalchi 101<br />

11.10 Luigi Serravalli 102<br />

11.11 Elia Guiotto 105<br />

11.12 Salfatti 107<br />

11.13 Filippo Ferrazzano 107<br />

12. La replica <strong>di</strong> Leonardo Autera 107<br />

13. La replica <strong>di</strong> Aldo Serio 108<br />

14. Conclusione <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Bertieri - presidente del Convegno 109<br />

15. Conclusione <strong>di</strong> Paolo Capoferri - presidente del Cine <strong>Club</strong> Bergamo 112<br />

16. Recensioni <strong>sul</strong> Convegno 113<br />

16.1 Da “CINEMA RIDOTTO” - n°4 - Anno VIII - Aprile 1961<br />

Convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o 113<br />

16.2 “BERGAMO: STRANE CONCLUSIONI” <strong>di</strong> PIETRO CORRADO 114<br />

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