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n. 2 marzo-aprile 2008 - inComunione

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Andrea Grillo<br />

OLTRE PIO V<br />

La riforma liturgica nel conflitto<br />

di interpretazioni<br />

Queriniana, Brescia 2007<br />

a pubblicazione del Motu Proprio<br />

L Summorum Pontificorum di<br />

Benedetto XVI, che ha esteso la validità<br />

dellʼindulto nellʼuso del Messale di Pio V<br />

nellʼultima revisione (1962) di Giovanni<br />

XXIII, ha scatenato reazioni opposte sollevando polemiche ma<br />

anche apprezzamenti.<br />

Lʼautore del libro, Andrea Grillo - professore ordinario di<br />

Teologia sacramentaria presso il Pontificio Ateneo ʻS. Anselmoʼ<br />

di Roma e docente di Introduzione alla liturgia e Spiritualità<br />

liturgica presso lʼIstituto di Liturgia pastorale ʻS. Giustinaʼ di<br />

Padova -, ha voluto collocarsi “oltre Pio V consapevolmente e<br />

responsabilmente” e ciò “costituisce un atto di fedeltà feconda alla<br />

grande tradizione ecclesiale. Né contro né senza Pio V, ma oltre,<br />

come accade nella logica vitale del succedersi delle generazioni”.<br />

Per il prof. Grillo esiste una netta differenza tra la liturgia<br />

preconciliare e quella del Concilio Vaticano II: egli afferma che<br />

“proprio il Concilio non fa altro che raccomandarci esplicitamente<br />

di coniugare e declinare ʻmisteroʼ non solo come enigma o segreto,<br />

e neppure soltanto come verità da conoscere, ma anzitutto come<br />

Parola da ascoltare e confessare, come sacramento da celebrare e<br />

cui partecipare, come chiesa da abitare e da amare”.<br />

Le vicende del cosiddetto Movimento liturgico e<br />

conseguentemente lʼopera di uomini come M. Festugière, O.<br />

Casel, P. Parsch, R. Guardini portarono alla riforma conciliare<br />

nelle sue diverse manifestazioni.<br />

Innanzitutto la liturgia intesa come “azione del popolo” (leitergòn):<br />

dunque una “teologia della seconda svolta antropologica”<br />

- come definita dallʼautore - che esalta la corporeità della persona<br />

umana: nel libro si parla di una prima svolta antropologica che<br />

“comporta una soluzione ancora essenzialmente intellettualistica”,<br />

e di una seconda svolta che “propone una soluzione essenzialmente<br />

simbolica, storica, fenomenologica e razionale”. Quindi la liturgia<br />

viene vista come “come azione di Dio e dellʼuomo e perciò come<br />

ʻfonteʼ della esperienza di fede e del lavoro teologico”.<br />

Una naturale conseguenza è considerata la partecipazione<br />

attiva (actuosa participatio) dei fedeli. Prima del Concilio essa<br />

era ritenuta di secondaria importanza, dato che dallo studio<br />

dellʼenciclica Mediator Dei (1947) risulta che la partecipazione<br />

dei fedeli era “compresa come ʻintimo contattoʼ dellʼanima con il<br />

senso della celebrazione”, mentre per la Costituzione conciliare<br />

Sacrosantum Concilium (1963) la “pienezza della partecipazione<br />

concentra lʼattenzione sullʼatto piuttosto che sul significato e ciò<br />

modifica profondamente anche il metodo della teologia eucaristica.<br />

Prevale il ʻpositivoʼ rispetto al ʻnegativoʼ, il ʻpropositivoʼ sul<br />

ʻdifensivoʼ”.<br />

Nonostante il rinnovamento generato dalla riforma, Grillo<br />

reputa che la stessa sia stata una svolta necessaria, ma non<br />

sufficiente per la causa della liturgia. Anzi, le istanze portate avanti<br />

dal Movimento liturgico non sono ancora esaurite.<br />

In altri termini, il Movimento liturgico non ha perduto la sua<br />

spinta propulsiva, anzi “la riforma liturgica è solo una parte della<br />

risposta alla questione liturgica” e questʼultima è “fondamento e<br />

motivo del Movimento liturgico”.<br />

A conclusione del volume lʼautore dichiara che non si può<br />

Gianni Di Santo<br />

A TAVOLA CON DIO<br />

Ave, Roma 2007<br />

pp 144 - e 10,00<br />

RECENSIONI<br />

“restaurare la ʻveraʼ liturgia uscendo dalla storia, rifugiandosi<br />

in riti ormai superati, dimenticando il dinamismo delle culture,<br />

il mutamento anche sempre benedetto delle forme di vita, delle<br />

esperienze storiche e delle espressioni simboliche”.<br />

Affermazioni su cui è doveroso riflettere per operare una<br />

concreta attualizzazione della liturgia.<br />

Vincenzo Lavarra<br />

iro gustoso per monasteri e<br />

G conventi d’Italia alla ricerca<br />

del senso vero della parola “cibo”.<br />

Questo è “A tavola con Dio”,<br />

agile volume di Gianni Di Santo<br />

giornalista vaticanista, sommelier iscritto all’Ais e<br />

aderente a Slow Food.<br />

Girando per l’Italia del silenzio e della meditazione<br />

l’autore scopre e racconta le meraviglie del palato e del<br />

cuore: liquori come la China di Monteoliveto, il miele<br />

con succo di frutta di Camaldoli, l’olio dell’Abbazia<br />

di Farfa e i biscotti delle Monache di Betlemme a<br />

Perugia.<br />

Si tratta di pagine intense e leggere che<br />

disegnano una pratica di comunione e di speranza<br />

ed hanno nel piatto e nel bicchiere l’immancabile<br />

segno di un Dio che sorride. Chi spezza il pane con<br />

l’altro non condivide solo lo sfamarsi, ma anche la<br />

fame e il desiderio di stare bene ed essere felice.<br />

Nulla di nuovo se si pensa che le sfogliatelle napoletane<br />

furono inventate in un convento - quello di Santa<br />

Rosa a Conca dei Marini, sul mare di Amalfi - e lo<br />

champagne nasce nell’Abbazia di Hautvillers-surmarne,<br />

grazie al monaco benedettino Dóm Perignon.<br />

Nei secoli passati, infatti, pellegrini, mercanti e cavalieri<br />

preferivano fermarsi nei conventi piuttosto che nelle<br />

locande - assai più insidiose - e i conventi affinavano<br />

l’arte della cucina, conservando e tramandando in<br />

segreto le loro ricette.<br />

Di Santo nel suo viaggio si accompagna a Enzo Bianchi,<br />

Giancarlo Bruni, Paolo Rumiz, Pedrag Matvejevic, Rubem<br />

Alves e Carlo Petrini.<br />

Ognuno di loro regala una perla di saggezza che<br />

illumina il rapporto profondo tra cibo e convivialità e<br />

mostra come cielo e terra si incontrino nel piatto più<br />

spesso di quanto si pensi.<br />

L’amore per la cucina di una volta è anche amore per<br />

una vita lenta - antidoto alla nevrosi e alla superficialità<br />

della società contemporanea - e cucinare bene significa<br />

dire in anticipo “ti voglio bene”.<br />

Paola de Benedictis<br />

33<br />

MAR-APR <strong>2008</strong>

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