n. 2 marzo-aprile 2008 - inComunione
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MAR-APR <strong>2008</strong><br />
CITTADINANZA<br />
siderare 3 teorie di consumo:<br />
• quella secondo cui il consumo dipende dalla produzione e<br />
consiste nella distruzione di beni; ne consegue che il consumo<br />
stesso è considerato un vizio e perciò è ʻvirtuosoʼ soltanto<br />
lʼuomo parsimonioso e capace di risparmiare.<br />
• Quella secondo cui il consumo è una risorsa nel senso che è<br />
un fattore di crescita economica; questa, per svilupparsi, ha<br />
bisogno di alti livelli di consumo.<br />
• Quella secondo cui il consumatore è sovrano ed è collocato<br />
in una posizione di supremazia, sicché egli può utilizzare e<br />
spendere le sue risorse, scegliendo di comprare soltanto alcuni<br />
beni e di boicottarne altri; ne consegue che il consumatore<br />
può direzionare e influenzare - sulla base di presupposti<br />
valoriali - la gamma dei beni da produrre e il modo stesso di<br />
produrli.<br />
La finanza etica consiste nellʼerogazione del credito sulla<br />
base di scelte e finalità valoriali pre-determinate; un esempio<br />
di finanza etica è la cd. ʻmicrofinanzaʼ, la quale concentra le<br />
sue prestazioni in favore delle persone,<br />
che hanno scarse o nulle possibilità di<br />
accedere al credito, perché non dispongono<br />
di garanzie oppure sono considerate<br />
ʻnon bancabiliʼ (es.: lʼimmigrato).<br />
Alla luce di ciò si può affermare che<br />
povero mentre ieri era chi non raggiungeva<br />
livelli decenti di consumo,<br />
invece oggi è chi è lasciato fuori dai<br />
circuiti produttivi ed è costretto<br />
allʼirrilevanza economica.<br />
Tuttavia, la cd. ʻmicrofinanzaʼ<br />
presenta i seguenti 3 limiti:<br />
1- non si occupa delle cause della povertà,<br />
perché interviene soltanto<br />
sugli effetti della povertà con misure<br />
sostanzialmente assistenziali;<br />
2- si rivolge non ai ʻpoveri estremiʼ,<br />
bensì soltanto ai ʻmoderatamente<br />
poveriʼ, perché occorre rispettare<br />
almeno un simulacro minimale di<br />
mercato;<br />
3- favorisce soltanto chi ha un minimo<br />
di capacità di fare microimpresa<br />
e di auto-occuparsi, sicché<br />
ne sono esclusi i poveri affetti da<br />
limiti fisiologici e cognitivi; in altri<br />
termini tende a migliorare la capacità<br />
di vita delle persone e non già<br />
le condizioni di vita dei cc.dd. ʻpoveri<br />
estremiʼ.<br />
Il futuro della ʻmicrofinanzaʼ dipende<br />
dalla capacità di far prevalere -<br />
sullʼefficienza e sul profitto - lʼidentità<br />
essenzialmente relazionale, gratuita,<br />
reciproca e fraterna; ciò contribuisce<br />
a creare il cd. ʻmercato civileʼ, in cui<br />
la ʻmicrofinanzaʼ produce un valore<br />
aggiunto sociale (V.A.S.) e, cioè, non<br />
solo un valore strumentale (la ricchezza)<br />
come ogni soggetto che opera nel<br />
mondo finanziario, ma anche un valore espressivo in termini<br />
di fraternità e di bene comune.<br />
Attualmente il bene comune è oggetto di un duplice attacco;<br />
da un lato, quello dei neoliberisti che aiutano il povero<br />
con filantropia o con un certo conservatorismo compassionevole;<br />
dallʼaltro lato, quello dei neostatalisti che, avendo come<br />
obbiettivo la solidarietà sociale, negano ogni spazio pubblico<br />
alla fraternità e alla gratuità, le quali invece svolgono una funzione<br />
profetica e sono una benedizione nascosta.<br />
La sfida da raccogliere è quella di battersi per far sì che il<br />
principio del bene comune - fondato sulla fraternità e gratuità<br />
- occupi ogni sfera pubblica, sia la cifra di ogni attività umana<br />
e, soprattutto, della politica e dellʼeconomia.<br />
Paolo Andriano<br />
Giuseppe Mastropasqua<br />
Seconda parte. La prima parte è stata pubblicata su “In Comunione”,<br />
n. 1/<strong>2008</strong>, pp. 18-19.