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Riconquistiamo il paesaggio - ACCA software SpA

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CAPITOLO IV - Paesaggio, territorio e biodiversità<br />

I nuovi strumenti urbanistici dei comuni montani contengono quasi di regola indicazioni sullo<br />

slittamento insediativo nei fondovalle e nelle pianure per intuib<strong>il</strong>i ragioni di miglioramento dell’accessib<strong>il</strong>ità<br />

verso la rete stradale primaria e di recupero di possib<strong>il</strong>ità di mercato per le proprie<br />

imprese (Romano & Tamburini 2006).<br />

In merito a questi aspetti sono certamente implementab<strong>il</strong>i metodologie urbanistico-tecniche finalizzate<br />

a risultati di compattazione spaziale dell’urbanizzato residenziale, produttivo e commerciale,<br />

con conservazione di superfici e volumi ut<strong>il</strong>i, compatib<strong>il</strong>i alla riduzione dello sprawl<br />

insediativo.<br />

La collettività nazionale si è pericolosamente abituata a considerare l’edificazione un diritto pieno,<br />

autorizzato in via preventiva, ma anche di frequente a consuntivo con i numerosi condoni.<br />

Non solo: la crescita edificatoria nei comuni viene guardata ancora come fatto essenzialmente<br />

positivo e virtuoso nell’ambito della logica dello “sv<strong>il</strong>uppismo” che caratterizza un po’ tutta la<br />

cultura occidentale. Infine è sempre incombente <strong>il</strong> ricatto occupazionale dell’industria delle costruzioni<br />

e la sua natura assolutamente assurda e fuorviante non viene colta dai più.<br />

La riforma urbanistica, vista pertanto sotto l’ottica della salvaguardia di suolo e <strong>paesaggio</strong>, è ben<br />

più che una “semplice” riattazione e attualizzazione dell’antiquariale testo di legge del 1942.<br />

Sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o che stiamo trattando non sono minimamente incoraggianti iniziative di revisione<br />

come quella di qualche anno fa, ad esempio, denominata Bossi-Lupi (Principi in materia di governo<br />

del territorio) nella quale si dichiara esplicitamente la indipendenza gerarchica tra i livelli<br />

di pianificazione, introducendo un principio di influenza bidirezionale. I piani urbanistici “possono<br />

proporre espressamente modificazioni ai piani territoriali o di settore, al fine di garantire la coerenza<br />

del sistema degli strumenti di pianificazione”. Si provi ad immaginare le conseguenze di ordine<br />

ambientale e paesaggistico della normalizzazione di una prassi per la quale i “piani urbanistici”<br />

potrebbero ignorare e modificare, attraverso opportune alleanze politiche trasversali agli enti<br />

territoriali coinvolti, non solo <strong>il</strong> quadro statutario del proprio piano strutturale, ma anche quelli<br />

dei piani provinciali e regionali, introducendo ulteriori elementi di disorganicità e di possib<strong>il</strong>e<br />

conflittualità territoriale.<br />

Viene lasciata alla discrezionalità dei comuni la possib<strong>il</strong>ità di attuare i piani con sistemi perequativi<br />

e compensativi, rimandando questi a criteri e modi stab<strong>il</strong>iti da norme regionali. Non è in tal<br />

senso convincente <strong>il</strong> punto della legge nel quale si precisa che “allo scopo di favorire <strong>il</strong> rinnovo urbano<br />

e la prevenzione dei rischi naturali e tecnologici, le regioni possono prevedere incentivi consistenti<br />

nella incrementab<strong>il</strong>ità dei diritti edificatori già attribuiti nei piani urbanistici vigenti”.<br />

La formulazione è ambigua e potrebbe condurre ad incrementi incresciosi delle dinamiche, peraltro<br />

già fin troppo riscontrab<strong>il</strong>i, di crescita insediativa ingiustificata (nel nome di ipotetici “rinnovi<br />

urbani”) in situazioni insediative nelle quali, stante i trend demografici e di ut<strong>il</strong>izzazione<br />

antropica, non sussistono ragioni di sorta per incrementi edificatori, certamente poi ove non si<br />

tratti esclusivamente di eventuali attrezzature ricettive rigorosamente a rotazione d’uso (es. territori<br />

montani o costieri) (Paolinelli & Romano 2006) . Non sono incoraggianti tanto meno alcune<br />

più recenti iniziative di revisione regionale apparentemente ammantate di riformismo, ma<br />

drammaticamente retrograde nei contenuti (De Lucia 2007).<br />

Una “vera” riforma urbanistica ha tutte le premesse per configurarsi come una revisione culturale,<br />

un superamento del baluardo psico-f<strong>il</strong>osofico della crescita fine a sé stessa, del rapporto<br />

tra la società residente e <strong>il</strong> suo territorio nel quale la mano pubblica dovrà rassegnarsi a confezionare<br />

regole più precise e, al contrario di quel che accade oggi, non aggirab<strong>il</strong>i o sistematicamente<br />

derogab<strong>il</strong>i. Autorevoli nomi delle scienze territoriali italiane hanno sollevato i problemi di<br />

cui si parla, declinati di volta in volta in chiavi diverse, ormai da molti anni: Edoardo Salzano, Alberto<br />

Magnaghi, Guido Ferrara, Roberto Gambino, Giulio Tamburini, Vezio De Lucia, solamente

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