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Riconquistiamo il paesaggio - ACCA software SpA

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Riconquistare <strong>il</strong> <strong>paesaggio</strong><br />

materiali che ci provengono dal passato assumono lo statuto di risorse, in quanto tali identificab<strong>il</strong>i<br />

e gestib<strong>il</strong>i dalle popolazioni e dagli attori locali.<br />

Di qui <strong>il</strong> ruolo cruciale dell’Herkunft, della “provenienza”: non solo perché per gestire adeguatamente<br />

le risorse di cui disponiamo e gli ecosistemi su cui agiamo abbiamo bisogno di sapere<br />

“da dove vengono”, quale storia hanno alle spalle, ma anche perché “<strong>il</strong> nuovo non è possib<strong>il</strong>e<br />

senza <strong>il</strong> passato” e “per creare <strong>il</strong> nuovo è necessario ricordare” (von Petz, 2004). Questa esigenza<br />

si impone con la forza dell’evidenza alla luce della generale, insondab<strong>il</strong>e “perdita di memoria”<br />

che sembra caratterizzare gli attuali processi di trasformazione territoriale. Ma non deve<br />

indurci a sottovalutare <strong>il</strong> fatto che ogni atto di memoria è atto di progetto, e che la cancellazione<br />

dei ricordi e l’esercizio dell’oblio fan parte integrante di ogni autentica innovazione (Eco,<br />

2004, 2007). O che, in altri termini, <strong>il</strong> rapporto col passato non è mai “dato”, implica sempre<br />

una rielaborazione intenzionale. Il che equivale a dire che la conservazione non è separab<strong>il</strong>e<br />

dall’innovazione: la conservazione autentica del patrimonio di valori non può prescindere dalla<br />

produzione di nuovi valori, la rielaborazione incessante di tale patrimonio è oggi e sempre<br />

più <strong>il</strong> luogo priv<strong>il</strong>egiato di ogni autentica innovazione (ANCSA, 1990).<br />

Nel tentativo di cogliere l’essenza dei condizionamenti che l’eredità storica e naturale esercita<br />

nei confronti del disegno innovativo, la pianificazione d’area vasta (territoriale, urbanistica, paesaggistica,<br />

ambientale) negli ultimi decenni ha proposto e sperimentato approcci in vario modo<br />

riferib<strong>il</strong>i all’interpretazione “strutturale” del territorio. Approcci volti cioè a “riconoscere”<br />

nella realtà territoriale e nei suoi processi evolutivi quegli elementi e quelle relazioni la cui r<strong>il</strong>evanza<br />

e la cui permanenza di lunga durata assicurano <strong>il</strong> mantenimento e la riconoscib<strong>il</strong>ità delle<br />

identità territoriali, la stab<strong>il</strong>ità della struttura ecosistemica, la continuità e la coerenza dei processi<br />

di adattamento e trasformazione. Elementi e relazioni che si distinguono da altri che, pur<br />

importanti, svolgono tuttavia un ruolo subordinato di caratterizzazione (che può diversificare<br />

luoghi o contesti strutturalmente omogenei) o di semplice ulteriore qualificazione. Concetti diversi<br />

- da quello di “Statuto dei luoghi” che esplicitamente richiama regole morfogenetiche e<br />

gestionali condivise da comunità storiche, a quello dei “racconti identitari”, a quello, più frequentemente<br />

e incisivamente ut<strong>il</strong>izzato nel discorso politico, ancorchè più contestato (nulla è<br />

realmente invariab<strong>il</strong>e nel tempo) di “invariante”- hanno ispirato e variamente orientato riflessioni<br />

e sperimentazioni da un paio di decenni. In alcune regioni, come la Toscana e l’Em<strong>il</strong>ia Romagna,<br />

l’inquadramento strutturale è entrato a far parte della strumentazione istituzionale della<br />

pianificazione, contribuendo ad identificare la “parte rigida” e meno negoziab<strong>il</strong>e delle scelte di<br />

piano. Questa funzione, di presidio rigido dei caratteri strutturali del territorio, va in particolare<br />

a regolare i rapporti tra i piani di diverso ordine (regionali, provinciali, comunali) o tra quelli<br />

“generali” e quelli speciali o di settore. Sebbene sorretta da solidi riconoscimenti scientifici e<br />

culturali che possono giustificare la suddetta rigidità, l’identificazione dei caratteri strutturali del<br />

territorio non è tuttavia un’operazione neutrale e pienamente oggettiva: <strong>il</strong> <strong>paesaggio</strong> e <strong>il</strong> territorio<br />

non sono mai riducib<strong>il</strong>i a un “dato”. Essa è piuttosto un’“interpretazione”, che sconta la irriducib<strong>il</strong>e<br />

intenzionalità delle opzioni di fondo che ispirano ogni atto di pianificazione, la lab<strong>il</strong>ità<br />

e l’incertezza degli scenari evolutivi. In quanto tale, essa costituisce un ponte tra ricognizione e<br />

progetto, che, nelle diverse esperienze di pianificazione, assume diversa cogenza od efficacia<br />

normativa.<br />

All’interpretazione strutturale si è affiancata sempre più spesso, nella pianificazione d’area vasta,<br />

la definizione di quadri strategici più o meno organici e comprensivi: talora come parte integrante<br />

dei piani “statutari”, talaltra in forma di piani strategici veri e propri, separati ed autonomi<br />

rispetto a tali piani. Un affiancamento che ha preso forme diversificate (Curti, Gibelli, 1996),<br />

sempre più diverse da quelle inizialmente mutuate dalla pianificazione strategica d’impresa. Di<br />

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