Riconquistiamo il paesaggio - ACCA software SpA
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CAPITOLO IV - Paesaggio, territorio e biodiversità<br />
a riconoscere la centralità della pianificazione e a sollecitarne le prestazioni, in forme diversificate<br />
nei diversi paesi e nei diversi contesti politici, istituzionali e legislativi. Anche nel nostro paese<br />
è possib<strong>il</strong>e riconoscere un percorso di progressivo consolidamento del ruolo della pianificazione,<br />
in risposta alle questioni ambientali: dalla L. 431/1985 (Galasso) che propone la prima svolta radicale<br />
nelle politiche del <strong>paesaggio</strong>, basandola sulla pianificazione paesistica in capo alle Regioni,<br />
alla L. 183/1989 che imprime non minore spinta innovativa alle politiche di difesa del suolo<br />
e di gestione delle acque, basandole sulla pianificazione di bacino in capo alle rispettive Autorità<br />
di bacino, alla L.394/1991 che r<strong>il</strong>ancia le politiche delle aree protette, anch’esse basate sull’apposita<br />
pianificazione, fino al Dlgs42/2004 (Codice) che ribadisce e precisa <strong>il</strong> ruolo centrale<br />
della pianificazione paesaggistica, e alle varie altre leggi chiamate e fronteggiare con strumenti<br />
separati o speciali le diverse problematiche ambientali (inquinamento, rifiuti, rumore, ecc.).<br />
Un’evoluzione legislativa di carattere prevalentemente “additivo”, fondata cioè più sulla previsione<br />
di nuovi appositi strumenti da affiancare a quelli già in vigore, che sull’organico rinnovamento<br />
del quadro normativo complessivo per <strong>il</strong> governo del territorio: rinnovamento che, come<br />
sappiamo, è tuttora in discussione a livello nazionale e che soltanto poche Regioni hanno già<br />
configurato nella propria legislazione. Se a questa constatazione si aggiunge quella del persistente<br />
divario delle pratiche applicative dai dettati normativi, è lecito chiedersi se la pianificazione<br />
– in particolare la pianificazione di “area vasta”, quale quella posta in atto dalle Regioni,<br />
dalle Province o dagli Enti Parco o dalle Autorità di bacino – possa rispondere alle sollecitazioni<br />
che l’hanno investita.<br />
Un primo dubbio sorge dalla constatazione dell’estrema incertezza degli esercizi previsionali<br />
che dovrebbero guidare la funzione di “regolazione” affidata ai piani. Incertezza a sua volta determinata<br />
da varie ragioni, fra cui la frag<strong>il</strong>ità e vulnerab<strong>il</strong>ità ecosistemica del mondo contemporaneo,<br />
la crescente complessità dei sistemi e dei processi economici e sociali da cui dipendono<br />
le trasformazioni del territorio, la rapidità dei cambiamenti e dei processi decisionali che li guidano,<br />
ecc. Altri dubbi nascono dalla natura stessa, intrinsecamente conflittuale, dei problemi e<br />
delle criticità che la pianificazione deve affrontare per svolgere la sua funzione di “composizione”<br />
dei differenti interessi, diritti e aspettative che si confrontano sul territorio. Questa funzione<br />
è resa particolarmente diffic<strong>il</strong>e dal crescente pluralismo dei processi decisionali (che può<br />
indebolire i referenti istituzionali e frantumare le tradizionali articolazioni delle responsab<strong>il</strong>ità),<br />
dalle interferenze e dalla confusione delle competenze, dalla delegittimazione delle pretese d’autorità,<br />
e dalle stesse istanze di democrazia, come l’affermazione di nuovi “diritti di cittadinanza”<br />
volti alla qualità, alla bellezza e alla sicurezza dell’ambiente di vita.<br />
Dubbi come quelli qui evocati bastano ad intendere come la domanda di pianificazione che nasce<br />
dalla questione ambientale e paesistica, lungi dal consolidarne gli statuti tradizionali, le pratiche<br />
e gli st<strong>il</strong>i, li metta piuttosto impietosamente in discussione, pretendendo radicali ripensamenti.<br />
In particolare questo vale per gli stringenti rapporti che si sono venuti delineando tra la domanda<br />
di <strong>paesaggio</strong> e la domanda di pianificazione. Non si può evitare di constatare che <strong>il</strong> fiorire<br />
di studi e iniziative e dichiarazioni politiche che ha caratterizzato negli ultimi due decenni<br />
l’enfasi sul <strong>paesaggio</strong> non ha ancora trovato adeguato riscontro nella maturazione del pensiero<br />
urbanistico, nell’evoluzione delle teorie e degli apparati concettuali con cui la cultura della<br />
pianificazione si accinge a guidare le politiche del <strong>paesaggio</strong>. La crescente attenzione per la dimensione<br />
strategica della pianificazione, se da un lato può rappresentare un tentativo di risposta<br />
ai dubbi sopra evocati (proponendo quadri strategici flessib<strong>il</strong>i e condivisi, dinamicamente<br />
aderenti alle previsioni di cambiamento, in un’ottica aperta ed inclusiva), evidenzia dall’altro difficoltà<br />
di conc<strong>il</strong>iazione con la funzione propriamente “regolativa” dei piani del <strong>paesaggio</strong>, funzione<br />
fortemente richiamata nel Codice del 2004. Analogamente l’introduzione delle procedure