Riconquistiamo il paesaggio - ACCA software SpA
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CAPITOLO III - Paesaggi d’Italia<br />
l’uomo, e sono distribuite sui terreni più fert<strong>il</strong>i di fondovalle e di mezza costa; fra le associazioni<br />
più diffuse, si ricordano le praterie ad Avena maggiore (Arrhenatherum elatius) con l’associazione<br />
Arrhenatheretum elatioris e le praterie ad Avena dorata (Trisetum flavescens) con l’associazione<br />
Trisetetum flavescentis. Esse caratterizzano tutte le vallate e gli altopiani delle Alpi, pensiamo alle<br />
praterie delle Viotte (con l’associazione Scorzonero aristatae-Agrostidetum) e dell’Alpe di Siusi che<br />
fanno da cornice, assieme alle foreste di Conifere, alle vette delle Dolomiti.<br />
A causa delle mutate condizioni socio-economiche rispetto ad appena 50-60 anni fa, in molte<br />
vallate delle Alpi per non dire in quasi tutte, l’uomo ha sostituito l’allevamento del bestiame con<br />
altre forme di economia, come <strong>il</strong> turismo, e le praterie non vengono più sfalciate, per cui vanno<br />
incontro ad un inevitab<strong>il</strong>e declino.<br />
Altrettanto dicasi per le praterie montane dell’Appennino centrale, ove si trovano estesissime<br />
praterie a bromo (Bromus erectus) che appartengono alla classe Festuco-Brometea; in tali praterie<br />
sono comuni numerose specie di Orchidee e la primavera le fioriture sono notevoli e di<br />
grande effetto, al pari di quelle delle Alpi. Tali praterie, fra l’altro, rientrano fra gli habitat prioritari<br />
della Comunità europea sotto la voce: «formazioni erbacee aride seminaturali e facies arbustive<br />
su substrato calcareo, siti importanti per le fioriture di Orchidee», ma ciò non può diventare<br />
un alibi per impedire la neoformazione del bosco e cioè la naturale evoluzione<br />
dell’ambiente.<br />
Queste praterie in passato erano regolarmente pascolate e in parte sfalciate, ma anche sugli<br />
Appennini <strong>il</strong> fenomeno dello spopolamento montano si è fatto sentire; molte e vaste zone sono<br />
oggi abbandonate, i v<strong>il</strong>laggi non sono più abitati e gli stessi edifici stanno crollando (Fig. 8). In questi<br />
casi, una tendenza abbastanza generalizzata incita ad un «ritorno alla montagna», più che auspicab<strong>il</strong>e<br />
da un punto di vista teorico, ma impossib<strong>il</strong>e da realizzare se non in misura molto limitata,<br />
perché la gente trova condizioni di vita migliori in pianura rispetto alla montagna.<br />
L’incespugliamento dei pascoli montani degli Appennini in molte zone è oggi molto spinto e dovrebbe<br />
essere visto come un’evoluzione in senso positivo del <strong>paesaggio</strong>, e non negativo.<br />
Di fronte a tale situazione, si pone tuttavia un problema di una certa r<strong>il</strong>evanza. Infatti c’è la possib<strong>il</strong>ità<br />
della scomparsa di paesaggi vegetali indubbiamente interessanti come quelli delle praterie<br />
secondarie; si può tentare di mantenere tali paesaggi ove le condizioni socio-economiche lo<br />
permettano (in funzione dell’allevamento del bestiame) e in qualche area protetta orientata, ma<br />
negli altri casi sono necessariamente destinati ad essere sostituiti dalla foresta, di cui ovunque<br />
nel nostro paese c’è estrema carenza e bisogno anche per questioni ecologiche generali come:<br />
difesa del suolo, assorbimento ed accumulazione dell’anidride carbonica, regolazione del ciclo<br />
dell’acqua, mitigazione del clima nei periodi caldi e secchi come è avvenuto nell’estate 2003, ecc.<br />
È noto che in alcuni biotopi protetti del Trentino le praterie umide e palustri, come i molinieti<br />
e i cariceti, vengono sfalciate in aree di limitata estensione all’interno dei biotopi ad opera degli<br />
enti gestori per impedire l’evoluzione alla foresta di Salice cenerognolo e di Ontano nero,<br />
come al Laghestel di Piné (Pedrotti, 2004a).<br />
Pensare di frenare le modificazioni vegetazionali oggi in atto, che porteranno in qualche decennio<br />
a grandi mutamenti del <strong>paesaggio</strong> vegetale e dovute al cambiamento del rapporto uomo/natura,<br />
è antistorico, lo ho già scritto varie volte, ma è anche e soprattutto antieconomico per la<br />
società.<br />
Non bisogna dimenticare che le associazioni secondarie che si sono formate a seguito dell’eliminazione<br />
della foresta, come le praterie, le brughiere e le macchie, sono associazioni soltanto<br />
temporaneamente stab<strong>il</strong>i purché l’uomo intervenga regolarmente con lo sfalcio e con altre pratiche<br />
agricole.