Riconquistiamo il paesaggio - ACCA software SpA
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CAPITOLO I1 - La percezione del Paesaggio<br />
11. Paesaggi cognitivi e progettazione<br />
Da molti anni gli psicologi ambientali e gli antropologi hanno cercato di far convergere processi<br />
non-ecologici all’interno di framework ambientali. Teorie come l’affordance di Gibson (1986),<br />
o la teoria del prospect and refuge di Jay Appleton (1975), approcci psicologici di Gould & White<br />
(1986), Kaplan & Kaplan (1989) e Lynch (1976), sono solo esempi di eccellenza in un settore<br />
caro anche ad antropologi tra cui Ingold (2000) e studiosi delle scienze estetiche come<br />
Bourassa (1991).<br />
Purtroppo è mancata una visione sintetica delle problematiche trattate, disperdendo importanti<br />
esperienze in molti settori che concorrono a costruire <strong>il</strong> <strong>paesaggio</strong> come entità complessa<br />
e a valenza universale sia che si tratti di animali o piante che di esseri umani.<br />
Se <strong>il</strong> <strong>paesaggio</strong> è l’espressione invariante di esseri umani e di tutte le altre specie, allora campi<br />
specifici di ricerca e progettazione della conservazione della diversità biologica e di quella ecologica<br />
più in generale devono necessariamente far i conti con i paesaggi cognitivi.<br />
Per esempio progettare un giardino in una città non significa solamente creare delle aree verdi,<br />
ma anche le condizioni perché alcune risorse possano essere raggiunte da esseri umani e<br />
non umani.<br />
Un’area giochi per i bambini non può coincidere con l’area di riposo o conversazione di persone<br />
anziane, allo stesso modo non è pensab<strong>il</strong>e che siffatti spazi verdi possano incontrare “i favori”<br />
della maggior parte degli animali che incontriamo in aree urbane. Quando l’ecologia del<br />
<strong>paesaggio</strong> descrive struttura e funzioni di corridoi ecologici tiene conto di molte variab<strong>il</strong>i ambientali<br />
specie-specifiche derivanti da una conoscenza empirica che appare indispensab<strong>il</strong>e per<br />
poter attuare concrete politiche di conservazione della natura (p.e. Hansen & Di Castri 1992,<br />
Gutzw<strong>il</strong>ler & Anderson 1992, With 2002). Se l’evidenza empirica ci consente di valutare le esigenze<br />
delle specie in ambienti relativamente indisturbati dall’uomo, appare problematico mantenere<br />
la diversità biologica nei luoghi come le città e le grandi conurbazioni dove l’uomo ha<br />
profondamente modificato <strong>il</strong> territorio, ha manomesso le risorse per la maggior parte delle specie<br />
ed alla fine anche per se stesso, amplificando <strong>il</strong> debito ecologico (T<strong>il</strong>man et al. 1994). Infatti<br />
in ambienti urbani la maggior parte delle risorse alimentari provengono da fuori ed anche molte<br />
risorse immateriali di tipo ricreativo non possono più essere incontrate in questi ambienti<br />
che peraltro sono produttori di denaro, che è una delle varie forme di energia derivante da<br />
convenzioni.<br />
La sfida che <strong>il</strong> mondo sv<strong>il</strong>uppato deve affrontare oggi per <strong>il</strong> domani, quale specie chiave della<br />
maggior parte degli ecosistemi terrestri ed acquatici (O’Ne<strong>il</strong>l & Kahn 2000), è proprio quella di<br />
poter costruire delle configurazioni spaziali capaci di intercettare <strong>il</strong> più alto numero di risorse<br />
possib<strong>il</strong>i.<br />
Questa idea è tra l’altro discussa ampiamente in senso ecologico ut<strong>il</strong>izzando <strong>il</strong> paradigma della<br />
niche-construction avanzato da Odling-Smee et al. (2003). In questo modo, assumendo che i<br />
comportamenti umani debbano rispondere ai requisiti dell’etica, ciò del rispetto degli altri esseri<br />
umani dell’ intorno “privato” di ogni persona, sarà possib<strong>il</strong>e costruire sistemi ambientali nuovi<br />
più rispondenti alle necessità di una società evoluta ma priva soprattutto di quelle risorse<br />
immateriali che derivano dai servizi ecosistemici.<br />
Si intravvede quindi una strada che porterà sicuramente a paesaggi così detti simbolici, perché<br />
capaci di sostituire vere risorse con risorse simboliche, in un processo di semiotica indefinita<br />
ma oltremodo importanti per alcuni aspetti della vita dell’uomo.<br />
Una interessante applicazione di questi paesaggi, in questo caso intesi come paesaggi terapeutici,<br />
è stata recentemente sperimentata in campo medico ed in particolare nel recupero post-