Riconquistiamo il paesaggio - ACCA software SpA
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CAPITOLO I1 - La percezione del Paesaggio<br />
vive, l’umore, la necessità, <strong>il</strong> suo stato fisico, ecc. e interpreterà diversamente i segni che <strong>il</strong> territorio<br />
mette a disposizione.<br />
La bibliografia inerente la semiologia e la percezione dei segni da parte dell’uomo è già ricca,<br />
ricordiamo a questo proposito gli apporti importanti, tra tanti, di R. Arnheim (1954), K. Lynch<br />
(1961, 1976) e, in Italia, V. Romani (1994) i quali, forse più di altri, hanno sempre cercato <strong>il</strong> legame<br />
tra le forme (inteso in senso gestaltico come la risultante tra forma e funzione) che costituiscono<br />
<strong>il</strong> territorio e l’interpretazione che l’uomo ne può dare. In particolare, sono interessanti<br />
le ricerche di K. Lynch degli anni ’70 (Lynch, 1976), che chiedeva ai cittadini di disegnare la città<br />
in cui vivevano, così come era da loro percepita. I risultati sono sorprendenti: <strong>il</strong> mosaico urbano<br />
disegnato, varia in complessità proprio a seconda del livello culturale e sociale del disegnatore.<br />
È chiarissima la capacità più o meno spinta di conoscere e appropriarsi del proprio territorio,<br />
di capirlo, decodificarlo e, conseguentemente, ut<strong>il</strong>izzarlo. Alcuni non erano in grado di riconoscere<br />
e rappresentare che pochi segni del loro territorio. Altri potevano riportare una notevole<br />
quantità di elementi. Le stesse risorse, evidentemente, sono rese disponib<strong>il</strong>i in maniera<br />
molto diversa a seconda della capacità di decodificazione.<br />
Questi sono concetti abbastanza noti per quanto riguarda l’uomo. È invece una novità recente,<br />
la teoria dell’“Ecofield”, introdotta da Almo Farina (2001, 2004), secondo la quale uno stesso<br />
mosaico viene decodificato ed usato in maniera diversa anche dalle specie animali rispetto<br />
alle funzioni che questi devono svolgere nel loro territorio. In base al concetto di ecofield possiamo<br />
costruire mappe diverse, riferib<strong>il</strong>i all’ut<strong>il</strong>izzo possib<strong>il</strong>e da parte delle diverse specie, aggiungendo<br />
complessità e completezza alle rappresentazioni possib<strong>il</strong>i del <strong>paesaggio</strong>.<br />
8. Dalla teoria alla pratica<br />
Il punto di partenza è l’acquisizione del fatto che <strong>il</strong> <strong>paesaggio</strong> non è una risorsa rinnovab<strong>il</strong>e. Il<br />
<strong>paesaggio</strong> si consuma ogni volta che viene attuata una trasformazione che non tiene conto delle<br />
“regole” sottese a quel <strong>paesaggio</strong>; regole non scritte (i processi fisico-biologici e cognitivi) e<br />
scritte (le leggi e le norme della società moderna) che ne hanno guidato l’evoluzione fino ad<br />
oggi e che continuano a guidarla, contrastandosi piuttosto che agendo in sinergia.<br />
Il <strong>paesaggio</strong> va quindi conservato, in quanto risorsa non rinnovab<strong>il</strong>e, se si intende continuare a<br />
goderne. Ma conservare una risorsa non significa mantenerla immutab<strong>il</strong>e come un oggetto in<br />
un museo. Significa piuttosto attuare politiche e strategie gestionali mirate al mantenimento di<br />
quelle strutture fisiche e di quei processi che possano continuare a garantirne un’evoluzione in<br />
linea con le regole non scritte. Significa quindi imparare a “leggere” e interpretare quelle regole,<br />
per poi indicare scelte coerenti con quelle regole.<br />
Facciamo un esempio semplice: se traccio una strada su un versante senza preoccuparmi di<br />
quali siano le “regole” che ne hanno determinato la forma, la pendenza, <strong>il</strong> drenaggio, ecc., molto<br />
probab<strong>il</strong>mente la realizzazione di quella strada innescherà un degrado (nel migliore dei casi)<br />
piuttosto che fenomeni di dissesto più o meno improvvisi e pericolosi. Allo stesso modo, se<br />
non sono in grado di riconoscere le regole che hanno costruito un <strong>paesaggio</strong> di pianura, la tessitura<br />
dei suoi campi, <strong>il</strong> reticolo idrografico, le dinamiche faunistiche ad essi correlate, ecc., ogni<br />
volta che in quel <strong>paesaggio</strong> inserisco un nuovo edificio, posso innescare processi di degrado meno<br />
visib<strong>il</strong>i, ma altrettanto dannosi in quanto agisco negativamente sul sistema di relazioni.<br />
L’insieme di azioni “ignoranti” conduce ad una perdita, anche sostanziale, della capacità di autorigenerazione<br />
dei paesaggi, aumentandone in modo incontrollato la vulnerab<strong>il</strong>ità. A questo punto<br />
la risorsa è in pericolo. La vulnerab<strong>il</strong>ità è una caratteristica del <strong>paesaggio</strong>, fortemente legata<br />
alla sua capacità di resistere nel tempo.