Interazioni idrofobiche e assemblaggio di macromolecole
Interazioni idrofobiche e assemblaggio di macromolecole
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI ROMA TRE<br />
FACOLTA’ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI<br />
CORSO DI LAUREA IN FISICA<br />
Tesi <strong>di</strong> laurea triennale in Fisica<br />
INTERAZIONI IDROFOBICHE E<br />
ASSEMBLAGGIO DI MACROMOLECOLE.<br />
Relatore CANDIDATO<br />
Prof. M. A. ricci NICOLETTA LIGUORI<br />
ANNO ACCADEMICO 2008-2009
A Riccardo<br />
1
INTRODUZIONE.<br />
Più se ne stu<strong>di</strong>ano le peculiarità, più l’acqua si rivela un liquido sorprendentemente speciale.<br />
Basti pensare all’ingente quantità <strong>di</strong> pubblicazioni interessate ad esempio all’effetto idrofobico, per<br />
scoprire come stu<strong>di</strong>osi del calibro <strong>di</strong> Chandler [1,2], Pratt [3,4], Hummer [3,4,5] e via <strong>di</strong>cendo,<br />
siano da più <strong>di</strong> mezzo secolo interessati a carpire ogni singolo aspetto <strong>di</strong> tale fenomeno, uno dei più<br />
importanti riguardanti l’acqua.<br />
Comprenderne l’importanza non è <strong>di</strong>fficile dato che, tra le altre cose, l’effetto idrofobico è la causa<br />
principale dell’<strong>assemblaggio</strong> proteico, della formazione <strong>di</strong> micelle, bistrati e molte macrostrutture<br />
importanti per svariati settori <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina, biologia, chimica, nano strutture e altri ancora.<br />
È per questo motivo che ho deciso <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re nel mio lavoro <strong>di</strong> tesi i concetti fondamentali<br />
riportati nell’articolo pubblicato su Nature (vol.437, 29/09/2005) da David Chandler:<br />
“Interfaces and the driving force of hydrophobic assembly” [1].<br />
In particolare questo articolo illustra il processo <strong>di</strong> solvatazione <strong>di</strong> composti apolari e anfifilici al<br />
variare delle <strong>di</strong>mensioni e dello stato del sistema.<br />
Tale processo può comportare la formazione <strong>di</strong> interfacce in vicinanza delle quali si verificano delle<br />
fluttazioni <strong>di</strong> densità dell’acqua ( tipiche delle superfici liquido-vapore) e un insieme <strong>di</strong> fenomeni ad<br />
esse collegate, che costituiscono la base per l’<strong>assemblaggio</strong> <strong>di</strong> strutture <strong>idrofobiche</strong>.<br />
Presenterò una breve rassegna delle principali caratteristiche del processo <strong>di</strong> <strong>assemblaggio</strong><br />
idrofobico, dal punto <strong>di</strong> vista termo<strong>di</strong>namico, illustrando i concetti su cui si sono sviluppate le<br />
ricerche dell’ultima metà del secolo scorso e le simulazioni al computer e gli esperimenti che hanno<br />
permesso <strong>di</strong> dare una spiegazione al comportamento anomalo <strong>di</strong> composti idrofobici o anfifilici in<br />
acqua.<br />
2
SOSTANZE IDROFOBICHE, IDROFILICHE, ANFIFILICHE .<br />
Per poter capire l’effetto idrofobico e quin<strong>di</strong> perché la solvatazione in ambiente acquoso <strong>di</strong><br />
determinate sostanze comporti questo fenomeno, bisogna dapprima avere chiara una descrizione<br />
generale delle molecole d’acqua e del come i vari tipi <strong>di</strong> sostanze interagiscano con essa.<br />
Data una molecola d’acqua H2O, i legami covalenti polari tra i suoi atomi, orientati ad un angolo <strong>di</strong><br />
104,45° l’uno dall’altro, producono un momento <strong>di</strong> <strong>di</strong>polo elettrico risultante pari a 1,847 D =<br />
−30<br />
6 , 17 ⋅10<br />
C ⋅ m .<br />
Figura 1: rappresentazione grafica della<br />
<strong>di</strong>sposizione angolata degli atomi <strong>di</strong> una<br />
molecola d’acqua. Sono in<strong>di</strong>cati l’angolo tipico<br />
del legame intramolecolare H-O-H pari a<br />
±<br />
δ<br />
104,45°, le cariche parziali <strong>di</strong>slocate sugli<br />
atomi a causa della <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> elettronegatività<br />
e la lunghezza del legame covalente H-O, [6].<br />
Figura 2: configurazione elettronica<br />
tetraedrica della molecola d’acqua, [6].<br />
Nel liquido a temperatura ambiente, ciascuna molecola d’acqua può formare fino a un massimo <strong>di</strong> 4<br />
legami idrogeno, dando luogo a una rete estesa <strong>di</strong> legami del tipo mostrato in fig. 3.<br />
Figura 3: rappresentazione schematica dei 4 legami a<br />
idrogeno formati da una molecola d’acqua.<br />
Le sfere nere e grigie rappresentano rispettivamente gli atomi<br />
<strong>di</strong> ossigeno e d’idrogeno. Le molecole <strong>di</strong> tipo A e B<br />
costituiscono i vicini donatori rispettivamente <strong>di</strong> coppie<br />
solitarie <strong>di</strong> elettroni agli idrogeni dell’atomo centrale, e <strong>di</strong><br />
atomi <strong>di</strong> idrogeno all’ossigeno in posizione centrale.<br />
L’angolo γ è l’angolo H-O….O del legame a idrogeno<br />
intorno all’atomo <strong>di</strong> ossigeno della molecola centrale, mentre<br />
θ è l’angolo compreso tra le due molecole A e B vicine<br />
all’atomo centrale,[7].<br />
3
L’acqua date le caratteristiche polari delle sue molecole si classifica come solvente polare; quando<br />
in essa solvatiamo soluti polari, le interazioni tra i due sistemi porteranno le molecole d’acqua a<br />
circondare quelle del soluto.<br />
In figura il caso <strong>di</strong> un composto ionico <strong>di</strong>sciolto come NaCl.<br />
Figura 4: solvatazione <strong>di</strong><br />
NaCl. Sfera d’idratazione<br />
intorno allo ione Na, [6].<br />
Bisogna fare una <strong>di</strong>stinzione tra solvatazione e <strong>di</strong>spersione: in effetti, mentre la prima porta il<br />
soluto a interagire con il solvente nel modo sopra descritto, il che avrà per risultato una soluzione<br />
omogenea, la seconda in<strong>di</strong>ca la situazione in cui il sistema finale è costituito da più fasi eterogenee<br />
(se il <strong>di</strong>sperdente è liquido si ottengono le emulsioni, come nel caso dell’olio in acqua, oppure<br />
sospensioni e schiume nei casi <strong>di</strong> oggetti <strong>di</strong>spersi soli<strong>di</strong> o gassosi) .<br />
Nel caso <strong>di</strong> soluti apolari (o idrofobici) l’acqua è un cattivo solvente ma, come vedremo, dotato <strong>di</strong><br />
caratteristiche particolari.<br />
Per definizione una superficie è idrofobica se l’angolo <strong>di</strong> contatto α è superiore a 90°, definizione<br />
equivalente tra l’altro a quella <strong>di</strong> superficie non bagnabile.<br />
Molecole <strong>idrofobiche</strong> sono molecole pressocchè apolari come idrocarburi, olii e grassi in genere.<br />
Sono praticamente insolubili in acqua mentre lo sono in solventi apolari.<br />
Se α ≤ 90°<br />
allora la superficie in questione è per definizione idrofilica.<br />
Figura 5: in figura due esempi <strong>di</strong> goccia <strong>di</strong> liquido su un piano solido. L’angolo <strong>di</strong> contatto è α e nell’esempio<br />
rappresenta l’angolo formato tra l’interfaccia liquido-vapore della goccia e la superficie solida,[8].<br />
4
Le molecole anfifiliche sono composti formati da sia da gruppi idrofobici che idrofilici.<br />
La parte idrorepellente è generalmente formata da catene alchiliche contenenti atomi sia <strong>di</strong> carbonio<br />
che <strong>di</strong> idrogeno.<br />
La solvatazione <strong>di</strong> molecole <strong>di</strong> questo genere in acqua può portare alla formazione <strong>di</strong> aggregati<br />
supramolecolari una volta raggiunta la concentrazione micellare critica (1) (CMC).<br />
Questi aggregati possono strutturarsi in vario modo: bistrati, micelle, liposomi e via <strong>di</strong>cendo, ma in<br />
seguito si prenderà in considerazione solo la formazione <strong>di</strong> una micella in soluzione acquosa,<br />
ovvero una vescicola composta da molecole anfifiliche con le code <strong>idrofobiche</strong> orientate verso<br />
l’interno e le teste idrofiliche verso l’esterno.<br />
Figura 6: sezioni <strong>di</strong> strutture anfifiliche supramolecolari formate in fase acquosa da fosfolipi<strong>di</strong>, molecole organiche<br />
anfifiliche, [9].<br />
(1) Concentrazione micellare critica (CMC): valore della concentrazione <strong>di</strong> tensioattivi in soluzione per il quale i<br />
monomeri solvatati iniziano a formare una micella.<br />
5
IDRATAZIONE DI PICCOLI E GRANDI SOLUTI.<br />
In questa trattazione dell’effetto idrofobico, piccoli e gran<strong>di</strong> soluti saranno modellizzati con sfere<br />
ideali<br />
e con sfere rugose ideali e il potenziale generato da esse sarà quello <strong>di</strong> sfera dura, il cui<br />
andamento è riportato in figura:<br />
Figura 7: andamento del potenziale <strong>di</strong> sfera dura in funzione della <strong>di</strong>stanza r dal<br />
centro dell’atomo, [10].<br />
Possiamo immaginare che il processo <strong>di</strong> solvatazione <strong>di</strong> queste particelle in acqua avvenga<br />
in due<br />
fasi:<br />
la creazione <strong>di</strong> cavità dal cui volume verranno quin<strong>di</strong> escluse le molecole d’acqua, la<br />
riorganizzazione delle molecole sulla superficie della cavità, allo scopo <strong>di</strong> circondare conservando i<br />
legami a idrogeno il più possibile intatti.<br />
La peculiarità dell’effetto idrofobico è quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendere non dalla forma dei soluti idrofobici<br />
solvati in acqua, bensì dalla loro <strong>di</strong>mensione.<br />
Nei casi d’idratazione <strong>di</strong> piccoli e gran<strong>di</strong> soluti avremo quin<strong>di</strong> due <strong>di</strong>versi comportamenti<br />
<strong>di</strong>pendenti dal fatto che le molecole d’acqua,<br />
non potendo formare legami con le sostanze in<br />
questione poiché apolari, tenderanno a preservare al meglio l’integrità dei legami con le altre<br />
molecole d’acqua, circondando le cavità ed eventualmente formando delle interfacce.<br />
Ve<strong>di</strong>amo nella figura seguente cosa accade nei due <strong>di</strong>fferenti casi :<br />
Figura 8: i <strong>di</strong>schi rossi,blu e bianchi rappresentano rispettivamente le molecole <strong>idrofobiche</strong>, gli atomi <strong>di</strong> ossigeno e<br />
quelli<br />
<strong>di</strong> idrogeno. I due casi illustrati a sinistra e a destra sono quelli <strong>di</strong> un piccolo e <strong>di</strong> un grande soluto. Le linee<br />
tratteggiate raffigurano i legami a idrogeno, [1].<br />
6
Nelle due immagini precedenti possiamo riconoscere quello che avviene ad esempio<br />
rispettivamente nella solvatazione <strong>di</strong> una molecola <strong>di</strong> metano e in quella <strong>di</strong> un cluster idrofobico<br />
contenente 135 particelle dello stesso composto, aggregate a formare un’unità sferica rugosa <strong>di</strong><br />
raggio maggiore <strong>di</strong> 1 nm.<br />
È deducibile subito l’attitu<strong>di</strong>ne dell’acqua a minimizzare le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> legami a idrogeno<br />
allontanandosi dall’aggregato <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni maggiori.<br />
Nel primo caso invece non è <strong>di</strong>fficile risolvere<br />
il problema ed infatti il liquido si riorganizza<br />
circondando con i suoi legami le piccole particelle <strong>di</strong>sciolte, dove per piccole inten<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> raggio<br />
inferiore a 0,5 nm.<br />
Perché è importante la grandezza delle cavità nell’organizzazione della rete <strong>di</strong> legami?<br />
Ovviamente<br />
la risposta è che un soluto <strong>di</strong> grande volume supera la naturale elasticità dei legami a<br />
idrogeno e non permette<br />
alle molecole d’acqua <strong>di</strong> continuare a interagire tra <strong>di</strong> loro senza<br />
mo<strong>di</strong>ficare la loro organizzazione spaziale.<br />
Le <strong>di</strong>stanze su cui le molecole d’acqua si influenzano l’un l’altra sono facilmente desumibili<br />
dall’analisi delle funzioni <strong>di</strong> correlazione per atomi<br />
<strong>di</strong> idrogeno ed ossigeno appartenenti a due<br />
molecole d’acqua <strong>di</strong>stinte.<br />
Di seguito riportiamo gli andamenti delle funzioni <strong>di</strong> correlazione ra<strong>di</strong>ale, g(R), ottenuti<br />
sperimentalmente in con<strong>di</strong>zioni ambiente.<br />
Figura 9: andamento <strong>di</strong> G(R) in<br />
con<strong>di</strong>zioni ambiente (P=1 atm T= 298,15<br />
K) in funzione della <strong>di</strong>stanza R tra i due<br />
atomi appartenenti a molecole <strong>di</strong> H2O<br />
<strong>di</strong>stinte.<br />
Le linee continue sono il risultato <strong>di</strong><br />
misure sperimentali, quelle tratteggiate <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> simulazione.<br />
I due massimi in<strong>di</strong>cano per ciascuna<br />
funzione la posizione più probabile dei<br />
primi e secon<strong>di</strong> atomi vicini a quello<br />
posto nell’origine del sistema <strong>di</strong><br />
riferimento.<br />
Come centro da cui calcolare la <strong>di</strong>stanza<br />
R s’intenda il primo atomo in pe<strong>di</strong>ce alla<br />
G(R), [7].<br />
7
Queste funzioni possono essere interpretate come la probabilità <strong>di</strong> trovare ad una <strong>di</strong>stanza R dal<br />
centro <strong>di</strong> un atomo, un altro atomo (il secondo riportato in pe<strong>di</strong>ce).<br />
Per la definizione <strong>di</strong> funzione <strong>di</strong> correlazione rimando all’appen<strong>di</strong>ce.<br />
Guardando i massimi delle tre funzioni <strong>di</strong> correlazione si deduce che le <strong>di</strong>stanze su cui<br />
interagiscono gli atomi <strong>di</strong> molecole d’acqua <strong>di</strong>stinte siano tra<br />
gli 0,3 e gli 0,5 nm all’incirca.<br />
Dopo il secondo picco la g(R) tenderà a 1, avendo l’atomo sicuramente qualche altro atomo nel suo<br />
intorno sferico <strong>di</strong> raggio R >> 0,<br />
5nm<br />
.<br />
Per l’interpretazione dei due picchi <strong>di</strong> massimo, possiamo pensare che solo fino alle prime shell si<br />
può considerare ancora or<strong>di</strong>nata la struttura del liquido intorno alla molecola presa come origine;<br />
allontanandosi dal centro <strong>di</strong> quest’ultima le forze esercitate<br />
dalle molecole esterne saranno sempre<br />
più schermate da quelle appartenenti alle prime shell e quin<strong>di</strong><br />
si andrà verso una densità <strong>di</strong> particelle<br />
che tende a quella <strong>di</strong> un liquido ideale, ovvero costante.<br />
Trovate quin<strong>di</strong> le <strong>di</strong>stanze su cui si esercitano le interazioni tra molecole d’acqua vicine,<br />
possiamo dedurne che, cavità con raggi inferiori agli 0,5 nm, non costringono le molecole d’acqua<br />
<strong>di</strong> idratazione ad allontanarsi troppo l’una dall’altra, ma procurano solo<br />
una <strong>di</strong>storsione della rete <strong>di</strong><br />
legami idrogeno.<br />
Questo comporterà soprattutto un cambiamento d’entropia del sistema, come vedremo nella<br />
trattazione termo<strong>di</strong>namica, dal momento che aumenta il grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne della rete <strong>di</strong> legami<br />
idrogeno.<br />
Nel caso della solvatazione <strong>di</strong> un grande soluto è necessario creare nel liquido una cavità con una<br />
superficie con bassa curvatura che, come già detto, si estenda su un’area <strong>di</strong> raggio maggiore <strong>di</strong> 1<br />
nm: ciò comporta la necessità <strong>di</strong> spezzare sicuramente parte dei legami idrogeno nelle vicinanze<br />
della cavità.<br />
Per minimizzare tali per<strong>di</strong>te l’acqua si allontana dalla superficie della cavità, ovvero dal soluto.<br />
Questo allontanamento genera un’interfaccia tra la cavità ed il solvente dalle caratteristiche<br />
simili a<br />
quelle riscontrate per un’interfaccia tra liquido e vapore.<br />
Ricor<strong>di</strong>amo che, quando due fasi come quella liquida e <strong>di</strong> vapore sono in equilibrio, la pressione<br />
parziale <strong>di</strong> quest’ultimo raggiunge il valore della cosiddetta tensione <strong>di</strong> vapore γ per quella data<br />
temperatura.<br />
Questo parametro ci sarà utile per determinare l’energia libera <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssoluzione.<br />
8
In base al comportamento dell’acqua <strong>di</strong> fronte ai <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> soluti, possiamo definire le cavità<br />
bagnate o asciutte.<br />
L’accezione con cui inten<strong>di</strong>amo questi attributi è più descrittiva che puramente formale.<br />
In effetti la definizione <strong>di</strong> bagnabilità per superfici equivale a quella data precedentemente per<br />
superfici <strong>idrofobiche</strong> e idrofiliche, misurandosi anch’essa tramite l’angolo <strong>di</strong> contatto.<br />
Da un altro punto <strong>di</strong> vista possiamo dare un’ulteriore sfumatura<br />
a questi due attributi:<br />
Figura 10: funzioni <strong>di</strong> correlazione per molecole d’acqua (in blu nell’immagine superiore) e cavità sferiche a <strong>di</strong>stanza r<br />
+ R in acqua liquida in con<strong>di</strong>zioni standard. Le linee continue rappresentano il comportamento <strong>di</strong> un soluto idrofobico<br />
ideale con potenziale <strong>di</strong> sfera dura, quelle tratteggiate invece la situazione in cui il soluto sferico ideale esercita anche<br />
forze attrattive sulla molecola d’acqua quali quelle <strong>di</strong> van der Waals, come nel caso olio più acqua, [1].<br />
Guardando gli andamenti delle funzioni g(r+R) in fig. 10, equivalenti alla densità me<strong>di</strong>a d’equilibrio<br />
dell’acqua<br />
a <strong>di</strong>stanza r + R dalle cavità <strong>di</strong> raggio R (= ρg(r+R)), notiamo come solo nel<br />
caso R = 0,4 nm si verifichi un aumento della densità nelle vicinanze della cavità.<br />
Questo è intuitivo pensando che per poter mantenere sal<strong>di</strong> i legami le molecole si avvicinino<br />
maggiormente alla piccola cavità, come in un “abbraccio” sempre più forte.<br />
Nei casi R= 10 nm e R= 100 nm vi è invece un netto abbassamento nel valore della funzione mentre<br />
possiamo considerare R= 1 nm un caso interme<strong>di</strong>o.<br />
9
Questi grafici danno la riprova della tendenza dell’acqua ad allontanarsi da gran<strong>di</strong> soluti idrofobici,<br />
e quella contraria con i piccoli, possiamo quin<strong>di</strong> intendere i due casi estremi, in senso lato, come il<br />
fatto che le cavità <strong>di</strong>ventino rispettivamente bagnata e asciutta.<br />
Ovviamente nessun soluto <strong>di</strong>sciolto in acqua potrà mai essere letteralmente asciutto poiché il lavoro<br />
necessario per allontanare lo strato acquoso dalla superficie idrofobica sarebbe proibitivo date le<br />
forze attrive che si esercitano tra acqua e soluto. Considerando però l’estensione della superficie e la<br />
densità nelle sue vicinanze rispetto a quella riscontrata nel caso <strong>di</strong> 0,4 nm<br />
considerarla asciutta nel senso descrittivo.<br />
in poi possiamo<br />
10
TERMODINAMICA.<br />
La<br />
solvatazione <strong>di</strong> un composto idrofobico <strong>di</strong>fferisce da quella <strong>di</strong> un qualsiasi soluto polare poiché<br />
in essa non avvengono le classiche reazioni elettrostatiche o chimiche che regolano l’idratazione <strong>di</strong><br />
sostanze<br />
idrofiliche.<br />
Lo<br />
stu<strong>di</strong>o della <strong>di</strong>namica del processo va quin<strong>di</strong> condotto in maniera <strong>di</strong>fferente, partendo dal<br />
presupposto<br />
che questa solvatazione non <strong>di</strong>pende dal tipo o dalla forma del soluto idrofobico ma,<br />
come<br />
vedremo, solo dalle sue <strong>di</strong>mensioni.<br />
Possiamo<br />
quin<strong>di</strong> ricorrere al più semplice modello che ne rispecchi il comportamento:<br />
come<br />
già anticipato, i soluti idrofobici <strong>di</strong> qualsiasi forma saranno trattati come sfere rigide che<br />
escludano<br />
perfettamente, dal volume da loro stessi occupato, i centri delle molecole d’acqua<br />
identificati<br />
con gli atomi d’ossigeno.<br />
La<br />
meccanica statistica ci suggerisce un metodo adatto allo stu<strong>di</strong>o del problema:<br />
la solvatazione è una trasformazione del sistema dallo stato <strong>di</strong> solvente puro a quello <strong>di</strong> solvente +<br />
soluto, ad essa sarà quin<strong>di</strong> associato un cambiamento nell’ energia libera <strong>di</strong> Gibbs del sistema pari<br />
a Δ G = G fin − Gin<br />
, (i pe<strong>di</strong>ci in<strong>di</strong>cano gli stati<br />
finale ed iniziale).<br />
Questa variazione rappresenta il costo termo<strong>di</strong>namico necessario a solvatare il soluto.<br />
In figura un esempio <strong>di</strong> come possiamo ricostruire<br />
il processo:<br />
Figura 11: (sinistra) “snapshot” <strong>di</strong> una simulazione 3D per un ensemble canonico <strong>di</strong> 343 molecole d’ acqua (ne sono<br />
g<br />
rappresentati solo gli ossigeni) che rappresentano il sistema solvente a T=300K ρ = 1. 0 ; (destra) sfere rigide <strong>di</strong><br />
3<br />
cm<br />
raggio<br />
15 nm (rappresentanti il sistema soluto) inserite successivamente nella configurazione raffigurata sulla sinistra,<br />
[1].<br />
11
Possiamo collegare le variazioni <strong>di</strong> energia libera con la probabilità d’inserimento per le molecole<br />
<strong>di</strong> soluto all’interno del solvente [1,3,4,5].<br />
Durante il moto termico, il solvente presenterà dei volumi vuoti e valuteremo la probabilità che<br />
particelle <strong>di</strong> soluto possano occuparli.<br />
Nel modello a sfere rigide per soluti, la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> energia dei microstati ΔE è infinita quando il<br />
solvente occupa la cavità, 0 altrimenti.<br />
Potremo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>re che ΔGV è connessa alla probabilità (N ) <strong>di</strong> trovare in un volume V, pari a<br />
quello<br />
delle cavità, N particelle <strong>di</strong> solvente; se N=0, una volta formata la cavità durante il moto<br />
termico del solvente, pV(0) sarà la probabilità che il soluto occupi tale volume.<br />
La meccanica statistica suggerisce <strong>di</strong> calcolare l’energia libera <strong>di</strong> solvatazione <strong>di</strong> una particella<br />
idrofobica <strong>di</strong> volume V come:<br />
Δ GV = −KT<br />
ln( pV<br />
( 0))<br />
laddove K è la costante <strong>di</strong> Boltzmann e T la temperatura alla quale avviene il processo.<br />
Pratt, Chandler e i loro collaboratori hanno supposto che per piccoli soluti,<br />
quin<strong>di</strong> per piccoli V, pV(N) segua una <strong>di</strong>stribuzione<br />
quasi esattamente gaussiana:<br />
p<br />
V<br />
( N)<br />
=<br />
1<br />
2πχ<br />
V<br />
e<br />
1 ( ρV<br />
)<br />
−<br />
2 χ<br />
v<br />
v<br />
2<br />
dalla quale è possibile ricavare ΔGV in termini del volume V, del numero me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> molecole<br />
d’acqua che lo occupano = ρV (momento primo della gaussiana con ρ densità del solvente) e<br />
delle fluttuazioni χ V del numero me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> molecole (momento secondo o varianza).<br />
La sua espressione sarà quin<strong>di</strong><br />
2 ⎡(<br />
ρV<br />
) ⎤ ⎡1<br />
⎤<br />
Δ G ≅ KT ⎢ ⎥ + KT<br />
⎢<br />
ln( 2πχV<br />
) .<br />
2<br />
⎥<br />
⎣ χV<br />
⎦ ⎣2<br />
⎦<br />
p V<br />
12
L’utilità <strong>di</strong> aver potuto ricavare una formula del genere per l’energia libera, a partire dalla<br />
supposizione che per piccoli volumi le fluttuazioni nel numero <strong>di</strong> cavità seguano un andamento<br />
gaussiano, sta nel fatto che la varianza del numero <strong>di</strong> particelle è ricavabile sperimentalmente, o<br />
meglio<br />
tramite simulazioni, essendo nota la forma della χV dalla meccanica statistica applicata ai<br />
liqui<strong>di</strong>:<br />
2<br />
2<br />
χ V =< ( δN<br />
) >= ρV<br />
+ ρ ∫ dr∫<br />
dr'[<br />
g(|<br />
r − r'|)<br />
−1]<br />
V<br />
V<br />
(questa formula per le fluttuazioni del<br />
numero <strong>di</strong> particelle è legata all’equazione <strong>di</strong> compressibilità e la<br />
<strong>di</strong>mostrazione è riportata in appen<strong>di</strong>ce).<br />
Al secondo membro,l’integrando contiene la funzione <strong>di</strong> correlazione <strong>di</strong> coppia che come abbiamo<br />
già visto, tende ad 1 per r gran<strong>di</strong>, e <strong>di</strong> conseguenza l’energia libera <strong>di</strong> Gibbs avrà un andamento<br />
pressocchè<br />
lineare con il volume delle cavità.<br />
Questo approccio al calcolo delle energie libere ha tra i suoi fautori Pratt e Chandler (risultati simili<br />
erano comunque già stati raggiunti in precedenza) e permette <strong>di</strong> ricavare accuratamente i valori<br />
delle energia libera <strong>di</strong> solvatazione a partire da dati sperimentali, una volta specificato il volume<br />
delle cavità. Se i risultati non seguono l’andamento teorico previsto, vuol <strong>di</strong>re che il volume delle<br />
cavità è troppo grande e la probabilità non seguirà la <strong>di</strong>stribuzione Gaussiana proposta.<br />
Si<br />
dovrà quin<strong>di</strong> ricorrere ad un’altra teoria più generale.<br />
Ecco quin<strong>di</strong> spiegata la proporzionalità tra ΔG e V fintanto che i volumi dei soluti considerati siano<br />
al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> un valore critico (si noti che tale valore è prossimo a 1 nm):<br />
Figura 12: in figura è <strong>di</strong>segnato l’andamento <strong>di</strong><br />
ΔG<br />
4πR 2<br />
, in particolare del contributo <strong>di</strong> volume, in funzione <strong>di</strong> R (espresso in nm); le<br />
linee<br />
nere raffigurano gli andamenti teorici prima per piccoli e poi per gran<strong>di</strong> soluti, i pallini blu in<strong>di</strong>cano i risultati sperimentali, [1].<br />
13
Il cambiamento <strong>di</strong> tendenza nell’andamento del ΔG è dovuto alla formazione <strong>di</strong> un cluster con una<br />
superficie <strong>di</strong> raggio talmente grande rispetto alla lunghezza dei legami ad idrogeno, che la rottura <strong>di</strong><br />
questi<br />
ultimi crea una separazione e quin<strong>di</strong> un’interfaccia tra le due fasi, similmente a ciò che<br />
accade nella formazione <strong>di</strong> una superficie liquido-vapore:<br />
in effetti la tensione dell’acqua sull’interfaccia è pari a quella all’equilibrio <strong>di</strong> fase con il suo<br />
vapore, ovvero la tensione <strong>di</strong> vapore γ.<br />
Per R → ∞ si può approssimare l’andamento dell’energia libera <strong>di</strong> solvatazione come segue:<br />
4 3<br />
2<br />
Δ G ≈ πR<br />
p + 4πR<br />
γ , dove R è il raggio della cavità in esame, p è la pressione esterna al sistema<br />
3<br />
e γ è la tensione liquido-vapore.<br />
Il primo termine rappresenta il lavoro <strong>di</strong> volume che deve effettuare il sistema per ampliare la cavità<br />
contro la pressione esterna p, mentre il secondo è il lavoro <strong>di</strong> superficie.<br />
Poiché il sistema è stu<strong>di</strong>ato usualmente a temperatura ambiente, l’acqua si trova vicina al punto<br />
triplo, e perciò nelle simulazioni e negli esperimenti vengono applicate pressioni talmente basse<br />
che il contributo <strong>di</strong> volume del ΔG è trascurabile fintanto che il raggio R non sia troppo grande.<br />
Possiamo quin<strong>di</strong> permetterci la successiva approssimazione:<br />
π γ<br />
2<br />
Δ G ≈ 4 R valida per raggi superiori a 1 nm, corrispondente al valore critico da cui si passa da un<br />
regime all’altro.<br />
Dimostriamo la vali<strong>di</strong>tà dell’approssimazione per alcuni valori <strong>di</strong> R,<br />
2<br />
con T = 298 K, p= 1 atm, γ = 65,3 mJ/m :<br />
0,1<br />
1<br />
100<br />
R (nm)<br />
1 ⎛ J<br />
Rp ⎜<br />
3 ⎝ m<br />
(contributo <strong>di</strong> volume normalizzato alla<br />
superficie)<br />
3,<br />
3⋅<br />
10<br />
3,<br />
3⋅<br />
10<br />
3,<br />
3<br />
−6<br />
−5<br />
2<br />
⎞<br />
⎟<br />
⎠<br />
⎛ J ⎞<br />
γ ⎜ 2 ⎟<br />
⎝ m ⎠<br />
Tensione superficiale<br />
-3<br />
65,3⋅ 10<br />
-3<br />
65,3⋅ 10<br />
−3<br />
-3<br />
⋅ 10<br />
65,3⋅<br />
10<br />
È evidente come per piccoli raggi R del soluto, il contributo <strong>di</strong> volume sia trascurabile rispetto a<br />
quello<br />
<strong>di</strong> superficie e come invece, al crescere <strong>di</strong> R, il primo tenda esattamente a valori dell’or<strong>di</strong>ne<br />
<strong>di</strong> grandezza <strong>di</strong> γ (come illustra il grafico in figura 12) e quin<strong>di</strong> non più trascurabili.<br />
14
Dividendo il contributo <strong>di</strong> volume per l’area dell’aggregato, otteniamo la funzione <strong>di</strong>segnata nella<br />
figura precedente per valori <strong>di</strong> R gran<strong>di</strong>, ovvero<br />
quella convergente a γ come <strong>di</strong>mostrano anche i<br />
dati<br />
sperimentali.<br />
Il passaggio da un regime che cresce linearmente<br />
con il volume ad uno che cresce linearmente<br />
(nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> pressione e temperatura suddette)<br />
con la superficie dei soluti idrofobici, è<br />
dovuto al fatto che il termine <strong>di</strong> tensione <strong>di</strong> vapore è origin ato dalla creazione <strong>di</strong> un’interfaccia che<br />
l’acqua non forma<br />
nelle solvatazioni <strong>di</strong> piccoli soluti.<br />
Questo cambiamento <strong>di</strong> tendenza nel processo <strong>di</strong> solvatazione <strong>di</strong> soluti idrofobici può essere visto<br />
da<br />
un ulteriore punto <strong>di</strong> vista:<br />
-la rete <strong>di</strong> legami ad idrogeno si può considerare una struttura or<strong>di</strong>nata, almeno a breve raggio;<br />
-i legami a idrogeno rappresentano una configurazione d’equilibrio per le molecole<br />
d’acqua e,<br />
affinchè si spezzino, il sistema necessita <strong>di</strong> un apporto <strong>di</strong> energia.<br />
Queste due proprietà<br />
in<strong>di</strong>cano che il sistema solvente più soluto potrà evolvere verso una situazione<br />
in cui cambieranno i rapporti energetici oppure varierà l’or<strong>di</strong>ne della configurazione del liquido<br />
puro.<br />
Quando il soluto ha un volume piccolo (R
La variazione <strong>di</strong> energia libera sarà determinata in maniera <strong>di</strong>fferente nei due casi (piccoli o gran<strong>di</strong><br />
soluti): in uno il contributo prevalente sarà dato dalla variazione dell’entropia, nell’altro<br />
dell’entalpia e il processo finale <strong>di</strong> <strong>assemblaggio</strong> sarà determinato dalla <strong>di</strong>fferenza tra i due nel<br />
processo in esame.<br />
Rive<strong>di</strong>amo adesso sotto questa luce l’andamento dell’energia libera:<br />
Δ G<br />
V<br />
Figura 13: sul grafico è rappresentato l’andamento <strong>di</strong> in funzione <strong>di</strong> , dove V ed S sono il volume e la<br />
S<br />
S<br />
superficie della cavità. Le linee in rosso e in blu in<strong>di</strong>cano che il processo è stato ottenuto a temperature rispettivamente<br />
più alte e più basse, [1].<br />
In figura è descritto quello che avviene nel caso in cui nel solvente acquoso si vogliano <strong>di</strong>sciogliere<br />
N piccoli composti idrofobici, con N che cresce via via.<br />
La natura vuole che particelle <strong>idrofobiche</strong> solvatate, tendano a riorganizzarsi a formare aggregati,<br />
ovviamente laddove convenga anche all’acqua, e questo lo possiamo vedere proprio dall’andamento<br />
delle variazioni <strong>di</strong> energia libera.<br />
Per concentrazioni molto basse quest’ultima è ad<strong>di</strong>tiva, ovvero si ha 0 G n G Δ tot = Δ , con ΔG0 riferito<br />
al singolo soluto, e quin<strong>di</strong>, al variare <strong>di</strong> N, tot G Δ cresce proporzionalmente al volume <strong>di</strong> soluto<br />
<strong>di</strong>sciolto.<br />
Quando però aumenta la densità del soluto, le particelle iniziano a formare<br />
un aggregato e il<br />
ΔGtot<br />
<strong>di</strong>venta proporzionale alla superficie <strong>di</strong> quest’ultimo. In tal caso l’energia libera <strong>di</strong> Gibbs<br />
cesserà <strong>di</strong> essere ad<strong>di</strong>tiva e consisterà <strong>di</strong> una parte <strong>di</strong>pendente dal volume ed una dalla superficie<br />
dell’aggregato.<br />
16
Ciò avviene quando il rapporto V è abbastanza grande da far si che, come evidenzia l’ampiezza<br />
S<br />
della parentesi graffa in figura 13, la variazione <strong>di</strong> energia libera sia favorevole all’aggregarsi delle<br />
particelle piuttosto che alla riorganizzazione del liquido.<br />
Proprio quest’ampiezza in<strong>di</strong>ca quanto possa essere più favorevole per il sistema avere i soluti<br />
aggregati invece che solvatati singolarmente.<br />
Questo d’altronde è ciò che avviene per i tensioattivi<br />
quando, superata una certa concentrazione<br />
critica, trovano vantaggioso formare una micella piuttosto che rimanere <strong>di</strong>spersi nel liquido.<br />
Si è <strong>di</strong>mostrato tramite simulazioni che utilizzano solventi<br />
<strong>di</strong> volume finito, che affinché si formi un<br />
aggregato stabile il valore critico che il suo raggio deve superare è proprio 1 nm, altrimenti<br />
l’entropia del sistema, la quale è maggiore nella situazione in cui il soluto è mischiato al solvente in<br />
maniera<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata piuttosto che riunito a formare un composto, guiderà il soluto alla <strong>di</strong>spersione<br />
nel liquido.<br />
Tramite simulazioni, Chandler e TenWolde [2] hanno <strong>di</strong>mostrato che la formazione <strong>di</strong> globuli da<br />
catene <strong>di</strong> polimeri non è guidata dalla <strong>di</strong>namica della catena stessa tramite le interazioni tra coppie<br />
<strong>di</strong> segmenti appartenenti ad essa, bensì dalle fluttuazioni <strong>di</strong> densità dell’acqua nelle vicinanze della<br />
superficie della macromolecola. Queste infatti determinano la forza<br />
motrice del collasso della<br />
catena e della formazione <strong>di</strong> una bolla nell’acqua abbastanza grande da poter permettere<br />
l’inserimento del globulo.<br />
Per misurare sperimentalmente, e quin<strong>di</strong> non tramite simulazioni, la variazione <strong>di</strong> energia libera<br />
nella solvatazione in acqua <strong>di</strong> specie <strong>idrofobiche</strong> bisogna misurare i cambiamenti <strong>di</strong> energia<br />
nel<br />
trasferire le specie dal loro ambiente naturale ( liquido apolare) all’acqua.<br />
In letteratura si ha un esempio <strong>di</strong> come prevedere la configurazione che si raggiungerà in soluzione<br />
a partire dal ΔG stimato, con solvatazione <strong>di</strong> n-alcani con 21 o meno atomi <strong>di</strong> carbonio ciascuno (nel<br />
seguente esperimento sono stati utilizzati aci<strong>di</strong> carbossilici con coda alchilica <strong>di</strong> 21 carboni al<br />
massimo).<br />
Smith<br />
e Tanford nel 1972 pubblicarono i risultati <strong>di</strong> una loro ricerca sugli aci<strong>di</strong> carbossilici e sul<br />
loro comportamento in soluzioni acquose al variare del numero <strong>di</strong> carboni appartenenti alla catena<br />
Alchilica [11].<br />
17
Figura 14: andamento <strong>di</strong> log(Kp) e ΔG al<br />
variare del numero <strong>di</strong> carboni<br />
della coda<br />
alchilica degli aci<strong>di</strong>.<br />
I pallini bianchi e neri rappresentano<br />
rispettivamente i risultati dei due scienziati e<br />
quelli precedenti <strong>di</strong> Goodman.<br />
ΔG<br />
log(Kp) = − , con Kp<br />
KT<br />
(2) costante <strong>di</strong><br />
equilibrio, [11].<br />
L’esperimento condotto dai due scienziati mirava a riesaminare i risultati ottenuti anni prima da<br />
Goodman il quale, come evidenziano le sue misure nella figura precedente, aveva stabilito<br />
che,<br />
l’energia libera <strong>di</strong> trasferimento <strong>di</strong> aci<strong>di</strong> carbossilici da una soluzione acquosa all’eptano<br />
liquido<br />
(sostanza apolare e quasi completamente insolubile in acqua), variasse linearmente con il numero <strong>di</strong><br />
carboni della catena degli aci<strong>di</strong> solo fino al quin<strong>di</strong>cesimo<br />
elemento.<br />
Smith e Tanford hanno poi trovato che tali risultati erano dovut i al fatto che si era trascurata<br />
l’influenza del PH del solvente acquoso sui risultati sperimentali.<br />
Ripetendo l’esperimento in con<strong>di</strong>zioni controllate, <strong>di</strong>mostrarono dunque che l’energia libera <strong>di</strong><br />
trasferimento era una funzione lineare del numero <strong>di</strong> particelle almeno fino al C21COOH, ovvero<br />
che questi aci<strong>di</strong> tendevano <strong>di</strong>fficilmente a formare micelle.<br />
(2) Costante <strong>di</strong> equilibrio KP: grandezza associata ad una reazione chimica all’equilibrio; si esprime come il rapporto tra<br />
il prodotto delle concentrazioni dei prodotti e quello delle concentrazioni dei reagenti, ciascuna elevata al suo<br />
coefficiente stechiometrico.<br />
0<br />
Q uesta quantità chimica si collega alla termo<strong>di</strong>namica tramite l’equazione ΔG<br />
= −KT<br />
log( K ) , laddove<br />
l’ energia libera standard <strong>di</strong> reazione, ovvero quella calcolata in con<strong>di</strong>zioni standard (T=273,15 K, P=100 kPa ≅ 1atm).<br />
P<br />
0<br />
ΔG è<br />
18
• INTERAZIONI DEBOLI ED INTERAZIONI FORTI.<br />
Fino<br />
ad ora abbiamo analizzato solo il ruolo giocato dalle cosiddette interazioni <strong>idrofobiche</strong> nella<br />
solvatazione<br />
<strong>di</strong> piccole particelle lipofiliche o nella formazione <strong>di</strong> interfacce come conseguenza<br />
della<br />
solvatazione <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> soluti idrofobici.<br />
In realtà, soprattutto nel caso in cui i soluti siano <strong>di</strong> tipo anfifilico, danno un contributo alla<br />
soluzione o emulsione risultante anche altri tipi <strong>di</strong> interazione, che siano esse deboli o forti.<br />
È importante notare che nell’<strong>assemblaggio</strong> <strong>di</strong> strutture <strong>idrofobiche</strong>, nella formazione <strong>di</strong> interfacce o<br />
nella solvatazione <strong>di</strong> piccoli<br />
soluti in solvente acquoso, l’unica forza motrice è proprio quella<br />
idrofobica.<br />
Le interazioni <strong>di</strong> cui parlerò in questo paragrafo contribuiscono in maniera <strong>di</strong>fferente alla<br />
solvatazione, intervenendo nella <strong>di</strong>slocazione delle interfacce o nella forma che l’aggregato<br />
prenderà.<br />
In un liquido praticamente incompressibile come l’acqua in cui solo forti interazioni come quelle<br />
dei legami ad idrogeno possono influenzare la struttura<br />
del liquido, è <strong>di</strong>fficile immaginare che<br />
interazioni deboli come quelle <strong>di</strong> van der Waals possano avere effetti.<br />
Dei cambiamenti invece li apportano, ed uno <strong>di</strong> questi è visibile in figura 10, laddove la funzione<br />
g(r+R) cambia il suo andamento da quello teorico in linea continua a quello in linea tratteggiata<br />
proprio a causa della presenza <strong>di</strong> interazioni deboli attrattive.<br />
Le interazioni<br />
<strong>di</strong> van der Waals che si esercitano tra soluti idrofobici e solvente sono importanti nei<br />
casi in cui i soluti siano gran<strong>di</strong>, mentre sono trascurabili nei casi in cui siano piccoli.<br />
Le correzioni da apportare alla variazione<br />
<strong>di</strong> energia libera sono:<br />
ΔG = ΔG<br />
+ ρ drgV<br />
( r)<br />
u(<br />
r)<br />
V ∫<br />
Dove ρ è la densità del soluto, gV (r)<br />
la densità me<strong>di</strong>a relativa del solvente in presenza ed in assenza<br />
della cavità, e u(r) il potenziale <strong>di</strong> van der Waals agente sul solvente nella<br />
posizione r.<br />
Poiché il potenziale è negativo, il contributo <strong>di</strong> queste interazioni alla solvatazione è favorevole alla<br />
solvatazione.<br />
Rimane comunque un contributo trascurabile e perciò anche se<br />
l’ultimo termine al secondo membro<br />
scala con la superficie del soluto, l’energia libera totale continua ad essere lineare con il volume<br />
(per piccoli soluti).<br />
19
Nel caso <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> cavità si è già notato come la presenza <strong>di</strong> forze attrattive tra l’aggregato<br />
idrofobico e l’acqua determini un incremento<br />
della densità del solvente nei pressi della superficie<br />
del soluto.<br />
Si potrebbe quin<strong>di</strong> definire bagnato l’aggregato in questione, secondo il linguaggio descrittivo<br />
utilizzato in precedenza, ma bisogna notare un altro particolare:<br />
le forze attrattive deboli tra i due sistemi, avvicinando l’interfaccia all’aggregato, aumentano non<br />
solo la densità dell’acqua nei pressi del soluto, bensì anche l’entità delle fluttuazioni del numero <strong>di</strong><br />
particelle <strong>di</strong> solvente.<br />
Maggiore l’attrazione tra aggregato e acqua, maggiore il numero <strong>di</strong> fluttuazioni.<br />
Un soluto che possa definirsi bagnato non prevede un valore notevole <strong>di</strong> fluttuazioni ed è per questo<br />
motivo che continueremo a immaginare<br />
asciutta una grande cavità.<br />
Quando si considera la tensione superficiale γ non si deve trascurare la componente attrattiva, ed in<br />
effetti per l’acqua la superficie olio-acqua è minore <strong>di</strong> quella liquido-vapore del 20%.<br />
Le interazioni forti danno un contributo importante all’auto-assembaggio <strong>di</strong> molecole anfifiliche.<br />
L’effetto principale <strong>di</strong> tali forze è una localizzazione delle molecole d’acqua e conseguentemente<br />
una limitazione delle fluttuazioni del numero <strong>di</strong> queste ultime.<br />
Si formerà un’aggregato mesoscopico nel quale le repulsioni tra le parti polari collocate sulla<br />
superficie esterna del cluster saranno parzialmente<br />
stabilizzate dalle interazioni <strong>idrofobiche</strong>.<br />
Per affrontare il calcolo della variazione <strong>di</strong> energia libera <strong>di</strong> Gibbs ΔG, si può ricorrere agli stessi<br />
ragionamenti fatti in precedenza per molecole <strong>idrofobiche</strong>, aggiungendo il contributo<br />
dato dalle<br />
componenti idrofiliche.<br />
Considerando che l’ambiente naturale per composti idrofilici è ovviamente l’acqua, la variazione<br />
totale<br />
<strong>di</strong> energia libera nel processo <strong>di</strong> solvatazione <strong>di</strong> molecole anfifiliche sarà praticamente<br />
equivalente a l’energia libera <strong>di</strong> trasferimento gtrans delle parti <strong>idrofobiche</strong> da un solvente oleoso<br />
all’acqua.<br />
Il ΔG totale <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong> una micella costituita da n molecole<br />
anfifiliche conterrà quin<strong>di</strong> il<br />
n<br />
contributo -ngtrans.<br />
Alle forze motrici dell’<strong>assemblaggio</strong> della micella, quali quella idrofobica che porta le code<br />
<strong>idrofobiche</strong> a minimizzare il contatto con il solvente o le interazioni forti tra teste idrofiliche e<br />
acqua, si contrappongono due contributi negativi:<br />
20
uno <strong>di</strong> tipo entropico dovuto alla riduzione <strong>di</strong> configurazioni <strong>di</strong>sponibili per le molecole anfifiliche<br />
a causa della localizzazione delle code <strong>idrofobiche</strong> all’interno della micella e viceversa per le teste<br />
idrofiliche; il secondo invece è dovuto lavoro necessario per la formazione dell’interfaccia<br />
conseguente alla nascita dell’aggregato (contributo <strong>di</strong> tipo entalpico).<br />
Guar<strong>di</strong>amo un esempio<br />
<strong>di</strong> aggregato anfifilico e <strong>di</strong> molecole dello stesso tipo solvatati in acqua:<br />
Figura 15: rappresentazione <strong>di</strong> molecole<br />
anfifiliche le cui teste idrofiliche sono colorate in<br />
blu, e le code <strong>idrofobiche</strong> in rosso.<br />
I parametri δ, α, L in<strong>di</strong>cano rispettivamente:<br />
la lunghezza e la larghezza della molecola, e il<br />
raggio dell’aggregato supponendo che abbia una<br />
forma <strong>di</strong> sfera rugosa,<br />
[1].<br />
Considerando gli aggregati anfifilici delle sfere rugose come in figura, il raggio della micella è <strong>di</strong><br />
1<br />
3<br />
2<br />
conseguenza L ( α δ ) ( n)3<br />
1<br />
≅ , laddove n in<strong>di</strong>ca il numero<br />
<strong>di</strong> molecole che costituiscono la micella.<br />
La crescità della micella è però limitata dall’entropi a del sistema soluto che sfavorisce il processo <strong>di</strong><br />
<strong>assemblaggio</strong> come detto in precedenza; per n gran<strong>di</strong><br />
si continueranno a formare tante micelle<br />
mentre in soluzione rimarrà costante la concentrazione <strong>di</strong> molecole anfifiliche<br />
solvatate al valore<br />
della concentrazione micellare critica.<br />
21
CONCLUSIONI.<br />
Le caratteristiche dell’effetto idrofobico descritte in questo lavoro <strong>di</strong> tesi, riguardano i modelli e i<br />
meto<strong>di</strong><br />
utilizzati per l’analisi <strong>di</strong> tale fenomeno.<br />
L’importanza<br />
del ruolo che l’acqua riveste nei processi <strong>di</strong> interazione con molecole <strong>idrofobiche</strong> o<br />
anfifiliche<br />
risulta forse ancor più evidente dallo stu<strong>di</strong>o delle applicazioni dell’effetto idrofobico.<br />
La<br />
teoria riportata in questa tesi è la più semplice tra tutte quelle formulate e non tiene conto <strong>di</strong><br />
ulteriori<br />
tipi <strong>di</strong> interazione tra soluto e solvente oltre al potenziale <strong>di</strong> sfera dura.<br />
Nella<br />
biofisica ad esempio sarebbe utile trovare un modello applicabile all’interazione proteina-<br />
proteina:<br />
quelli utilizzati fino ad ora da una parte non sono applicabili a soluti <strong>di</strong> forma complicata,<br />
dall’altra non tengono conto della presenza <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>cali idrofilici sulla superficie delle proteine.<br />
Queste<br />
<strong>di</strong>fferenze probabilmente porteranno l’aggregato ad avere una forma finale <strong>di</strong>versa da quella<br />
prevista<br />
e a non potersi considerare completamente asciutto come avviene per gran<strong>di</strong> cluster<br />
idrofobici.<br />
Un altro campo d’applicazione interessante per<br />
l’effetto idrofobico è certamente la scienza dei<br />
materiali.<br />
Nella crescita <strong>di</strong> nanostrutture su substrati tramite evaporazione del solvente ad esempio, si ha la<br />
necessità <strong>di</strong> considerare la variabile tempo che ancora la teoria dell’effetto idrofobico non<br />
comprende.<br />
Le problematiche nascono dalla competizione tra le scale <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> evaporazione del soluto e <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ffusione sul substrato delle nanoparticelle solvatate.<br />
Gli articoli stu<strong>di</strong>ati per questa tesi arrivano fino al 2006 ma la ricerca in questo campo non accenna<br />
a fermarsi, favorita dalla grande quantità, varietà e complessità <strong>di</strong> soluzioni acquose esistenti in<br />
natura dove sia possibile riconoscere e stu<strong>di</strong>are le peculiarità dell’effetto idrofobico.<br />
22
APPENDICE<br />
LA FUNZIONE DI DISTRIBUZIONE RADIALE A COPPIE g(r) E L’EQUAZIONE DI<br />
COMPRESSIBILITA’ [12].<br />
Vogliamo<br />
adesso <strong>di</strong>mostrare com’è possibile ricavare l’equazione trovata in precedenza:<br />
2<br />
2<br />
χ V =< ( δN<br />
) >= ρV<br />
+ ρ ∫ dr∫<br />
dr'[<br />
g(|<br />
r − r'|)<br />
−1]<br />
V<br />
V<br />
equivalente<br />
alle fluttuazioni del numero <strong>di</strong> particelle del solvente.<br />
Bisogna<br />
ricorrere alla meccanica statistica ed in particolare stu<strong>di</strong>are il sistema nell’ensemble gran canonico.<br />
Ricor<strong>di</strong>amo che l’ensemble<br />
gran canonico è l’unico insieme che prevede che il sistema possa scambiare<br />
particelle con l’ambiente ( reservoir) e che quin<strong>di</strong><br />
possano verificarsi fluttuazioni nel loro numero.<br />
Per<br />
introdurre l’ensemble gran-canonico partiamo dalla situazione in cui il sistema e il suo reservoir siano<br />
descritti da un ensemble canonico e si trovino ad una determinata temperatura T.<br />
Avremo che il volume totale sarà V = VS + VR e il numero <strong>di</strong> particelle totali N = NS + NR ,<br />
( NR>> NS) , laddove i pe<strong>di</strong>ci S e R in<strong>di</strong>cano rispettivamente Sistema e Reservoir.<br />
Il sistema può scambiare particelle con il reservoir.<br />
Nell’ensemble<br />
gran canonico la densità <strong>di</strong> n-particelle è espressa dalla seguente funzione:<br />
ρ<br />
∞ N<br />
N<br />
( n)<br />
1 Z −βU ( r )<br />
( r1 ... rN<br />
) = ∑ ∫ drn+<br />
1...<br />
drN<br />
e , con Z funzione <strong>di</strong> partizione.<br />
Z GC N ≥n ( N − n)!<br />
La densità è normalizzata in modo tale che:<br />
∫<br />
ρ<br />
( )<br />
dr n n<br />
=<br />
Di conseguenza:<br />
N!<br />
( N − n)!<br />
n = 1 ∫ dr = N<br />
1 ) 1 (<br />
ρ (1)<br />
( 2)<br />
2<br />
n = 2 ∫ ρ ( r1<br />
, r2<br />
) dr1dr2<br />
= N(<br />
N −1)<br />
= N − N (2)<br />
23
Si definisce funzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione ra<strong>di</strong>ale a coppie, o funzione <strong>di</strong> correlazione, g 2 (1,2):<br />
2<br />
2 ρ ( r1<br />
, r2<br />
)<br />
g (r1,<br />
r2<br />
) = .<br />
1 1<br />
ρ ( r ) ρ ( r )<br />
1<br />
2<br />
Considerando che:<br />
-in un sistema omogeneo la densità<br />
non <strong>di</strong>pende da r e per n=1<br />
N<br />
ρ ( r) = = ρ<br />
V<br />
1 (ρ è la densità del sistema) (3)<br />
-in un sistema isotropico, poiché la densità calcolata non deve <strong>di</strong>pendere dalla particella presa in<br />
considerazione si ha:<br />
1<br />
1<br />
ρ r ) = ρ ( r ) = ρ<br />
( 1<br />
2<br />
(4)<br />
La g(r) <strong>di</strong>venta funzione solo del modulo della <strong>di</strong>stanza tra le<br />
ra<strong>di</strong>ale):<br />
g(r) = g(|<br />
r<br />
2<br />
− r<br />
Si<br />
<strong>di</strong>mostra che<br />
ρ (| r − r1<br />
|)<br />
ρ<br />
2<br />
2<br />
1 |) =<br />
2<br />
2<br />
1 1 1<br />
lim r −r<br />
→∞<br />
ρ ( r2<br />
, r1<br />
) = ρ ( r2<br />
) ρ ( r1<br />
) + O(<br />
)<br />
2 1<br />
N<br />
e <strong>di</strong> conseguenza:<br />
lim<br />
r → ∞<br />
1<br />
g(<br />
r)<br />
= 1 + O(<br />
)<br />
N<br />
due particelle (per questo è una funzione<br />
24
Se volessimo invece definire intuitivamente la funzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione ra<strong>di</strong>ale g(r), potremmo dedurre le<br />
sue caratteristiche guardando il seguente grafico:<br />
Figura 16: andamento della funzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> coppia g(r) in funzione della <strong>di</strong>stanza dal centro <strong>di</strong><br />
una particella circondata da un sistema <strong>di</strong> altre particelle <strong>di</strong> pari <strong>di</strong>ametro. Prima e seconda shell in<strong>di</strong>viduano<br />
la posizione più probabile dei primi e secon<strong>di</strong> vicini, [13].<br />
Nella figura precedente è illustrato l’andamento della g(r) per un sistema <strong>di</strong> particelle materiali, ad esempio<br />
<strong>di</strong> molecole d’acqua.<br />
Potenziali duri come quello considerato impongono che sia nulla la probabilità <strong>di</strong> trovare una particella entro<br />
il volume <strong>di</strong> quella presa come origine e quin<strong>di</strong> la g(r) è <strong>di</strong>versa da zero solo per r maggiori del raggio della<br />
sfera centrale.<br />
La prima informazione che la funzione g(r) reca, una volta fissata una particella come origine del sistema <strong>di</strong><br />
riferimento, è dunque la <strong>di</strong>stribuzione delle particelle nello spazio circostante l’origine poiché i picchi<br />
in<strong>di</strong>cano le posizioni in cui si trovano con maggiore probabilità le molecole vicine.<br />
Si <strong>di</strong>mostra inoltre che la funzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione si può esprimere<br />
come:<br />
(1)<br />
g(<br />
r)<br />
= e<br />
−βφ<br />
( r)<br />
con Φ(r) potenziale <strong>di</strong> forza me<strong>di</strong>a tale che F = −∇ ( φ(<br />
r))<br />
è la forza me<strong>di</strong>a esercitata dal sistema sulla<br />
1<br />
particella presa come origine (allontanandosi dal centro, tale forza sarà schermata sempre più dai gusci<br />
(shell) concentrici all’origine formati dalle particelle).<br />
1<br />
25
Stu<strong>di</strong>ando l’andamento della g(r) traiamo dunque informazioni anche sulle interazioni tra la molecola presa<br />
in considerazione e quelle circostanti:<br />
poichè<br />
il potenziale che descrive il campo <strong>di</strong> forze tende a zero per r gran<strong>di</strong>, l’esponenziale della (1) tende ad<br />
1 e abbiamo<br />
trovato un’altra spiegazione per l’andamento della g(r).<br />
Nello stesso tempo<br />
sappiamo che, annullandosi il potenziale a gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanze, il liquido in quelle regioni il<br />
solvente avrà le caratteristiche <strong>di</strong> un liquido ideale e la sua densità tenderà a ρ:<br />
è questa una nuova <strong>di</strong>mostrazione che g(r), in<strong>di</strong>ce delle deviazioni della densità del sistema dalla ρ del<br />
liquido ideale, dovrà tendere a 1.<br />
Adesso<br />
che abbiamo introdotto la funzione g(r) ve<strong>di</strong>amo com’è possibile ricavare l’espressione trovata in<br />
precedenza per la varianza χV del numero <strong>di</strong> particelle <strong>di</strong> solvente (nell’approssimazione <strong>di</strong> piccolo soluto).<br />
Definiamo scarto quadratico me<strong>di</strong>o o varianza del numero <strong>di</strong> particelle:<br />
χ V<br />
=<br />
ΔN<br />
2<br />
=<br />
N<br />
2<br />
−<br />
N<br />
2<br />
=<br />
N<br />
+<br />
N(<br />
N −1)<br />
− N<br />
(ricordando le formule (1), (2), (3) introdotte in precedenza)<br />
12<br />
1 1<br />
∫dr1∫ dr2<br />
( ρ ( r1<br />
, r2<br />
) − ρ ( r1<br />
) ρ ( r2<br />
) =<br />
= ρ V +<br />
)<br />
V V<br />
(dalla definizione <strong>di</strong> g(r) della (4) )<br />
∫dr1∫dr2 [ g(|<br />
r2<br />
− r1<br />
|) − ]<br />
2<br />
= ρ V + ρ<br />
1<br />
V V<br />
2<br />
=<br />
26
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI.<br />
1. Chandler, D. Interfaces and the driving force of hydrophobic assembly, Nature,2005<br />
2. TenWolde, P.R. & Chandler, D. Drying induced hydrophobic polymer collapse, PNAS, 2002<br />
3. Hummer, G. Garde, S. Garcia, A.E., Pohorille, A.&Pratt, L.R. An information theory model of<br />
hydrophobic interactions, Procee<strong>di</strong>ngs of the National Academy of Sciences (PNAS), USA 93, 8951-8955<br />
(1996)<br />
4. Pratt, L.R., Hummer, G. Garcia, A.E. Molecular theory of hydrophobic effects, Procee<strong>di</strong>ngs of the<br />
National Academy of Sciences (PNAS), 1996<br />
5. Garde, S. Hummer, G. Garcia, A.E. Paulaitis, M. E. & Pratt, L. R. Origin of entropy convergence in<br />
hydrophobic hydration<br />
and protein fol<strong>di</strong>ng, Physical review letters, 1996<br />
6. http://it.wikipe<strong>di</strong>a.org/wiki/File:Watermolecule.png#filelinks<br />
7. Jedlovszky, P. Brodholt, J.P. Bruni, F. Ricci, M.A. Analysis of the hydrogen-bonded structure of water<br />
from ambient to supercritical con<strong>di</strong>tions, The Journal of Chemical Physics, 1998<br />
8. http://www.funsci.com/fun3_it/esper2/esper2_10.gif<br />
9. http://www.bio.miami.edu/.../mcb2.20.micelle.jpg<br />
10. http://www.labsuprman.com/suprman/attivita-<strong>di</strong>-formazione/formazione-system/modulo-a-1.1/valeriobellini/Lezione%20II.pdf<br />
11. Smith, R. &Tanford, C. Hydrophobicity of long chain n-alkyl carboxylic acids, as measured by their<br />
<strong>di</strong>stribution between heptane and aqueous solutions,<br />
PNAS, 1973<br />
12. Rovere, M. Appunti delle lezioni <strong>di</strong> fisica dei liqui<strong>di</strong>, Università <strong>di</strong> Roma Tre<br />
13. http://mc2tar.phys.uniroma1.it/~fs/liqui<strong>di</strong>/g<strong>di</strong>r.pdf<br />
27
Ringraziamenti<br />
In questo spazio desidero ringraziare tutti Voi che avete contribuito e partecipato non solo in questi<br />
ultimi mesi, ma in tutti questi anni, al mio accrescimento culturale e personale<br />
e de<strong>di</strong>carVi questo piccolo lavoro.<br />
Alla<br />
Prof.ssa Maria Antonietta Ricci e a tutto il Liquids Group, per avermi supportato e sopportato<br />
durante<br />
l’intera preparazione della tesi.<br />
Alla<br />
mia amata famiglia, a tutti i miei cari amici, vicini e lontani, a tutti i miei compagni con i quali<br />
è stato un piacere trascorrere insieme questi tre anni, e a tutti coloro che <strong>di</strong>rettamente o anche solo<br />
con il cuore sono riusciti a starmi accanto.<br />
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