Fieno, alimento sano e sicuro per le vacche da latte - Centro ...

RICERCA DEL CRPA SU AFLATOSSINE, CENERI, CLOSTRIDI E NITRATI NEI FIENI
Fieno, alimento sano
e sicuro per le vacche da latte
•
L’analisi di 2.500 campioni in tre anni ha evidenziato la buona qualità
dei fi eni nella zona del comprensorio del Parmiggiano-Reggiano
indipendentemente dalla tecnica colturale impiegata. Attenzione
va riposta soprattutto alla presenza di clostridi e ceneri nei fi eni
provenienti da medicai di primo impianto
•
Fieno e foraggi S
di M. Ligabue, E. Bortolazzo,
M. Davoli, P. Vecchia
I
principi generali per il razionamento
espressi dal regolamento
per l’alimentazione delle vacche
da latte del Consorzio del formaggio
Parmigiano-Reggiano individuano
nell’impiego di foraggi locali la base del
razionamento delle bovine. Inoltre, lo
stesso regolamento assegna ai fi eni una
quota di almeno il 50% della sostanza
secca assunta dalla bovina attraverso i
foraggi, sostanza secca che deve essere
almeno pari a quella fornita attraverso
l’integrazione con mangimi.
I foraggi, in aggiunta, devono essere
almeno per il 50%, di produzione
aziendale, mentre almeno il 75% della
32
sostanza secca dei foraggi deve provenire
dal comprensorio del Parmigiano-
Reggiano.
Sono questi i presupposti che consentono
di mantenere vivo il rapporto che
lega il prodotto al territorio e che fanno
sì che debba essere posta particolare cura
nella produzione
e conservazione dei
foraggi. Ciò porta a
considerare di importanza
vitale la
garanzia della loro
salubrità e igienicità,
sia con riferimento
al formaggio
prodotto (assenza di contaminazioni
indesiderate e riduzione dei difetti), sia
nei riguardi della salute delle bovine da
La conservazione tramite fi enagione inibisce la presenza di micotossine nel foraggio
L’Informatore Agrario •
17/2007
SPECIALE
La presenza di spore di clostridi
nel foraggio è legata a quella
di terra: il foraggio prodotto
nel primo anno ne evidenzia
le concentrazioni maggiori
latte (per esempio, assenza di nitrati).
Vista l’attenzione crescente per la tematica
relativa alla sicurezza igienicosanitaria
degli alimenti, il Centro ricerche
produzioni animali di Reggio Emilia
nel triennio 2003-2005 ha condotto,
grazie a un fi nanziamento della Regione
Emilia-Romagna e al contributo del
Consorzio del formaggio Parmigiano-
Reggiano, un progetto di ricerca denominato
«Salubrità e caratteristiche di
qualità degli alimenti zootecnici per la
produzione di latte destinato a Parmigiano-Reggiano».
L’obiettivo era quello di approfondire
le conoscenze su aspetti particolari relativi
a salubrità, igiene e qualità microbiologica
e compo-
sitiva degli alimenti
zootecnici, con particolareriferimento
ai foraggi di prato
affi enati, per l’alimentazione
delle
bovine che producono
latte destinato
a Parmigiano-Reggiano.
Da sottolineare il fatto che, in un’ottica
di eff ettiva introduzione e applicazione
di sistemi di autocontrollo e di rintracciabilità
(regolamento Ce 178/2002)
anche nelle aziende agricole e zootecniche,
nella ricerca non è stata valutata
la salubrità e l’igienicità del latte, ma al
contrario si è teso a conoscere meglio
eventuali aspetti problematici legati a
quanto sta a monte della sua produzione,
e soprattutto quali siano le possibilità
di intervento e di controllo da parte
dell’allevatore.
Queste fi nalità sono state raggiunte:
• analizzando il rischio eff ettivo di contaminazione
da sostanze indesiderate
(micotossine) dei fi eni utilizzati per
l’alimentazione delle bovine, focalizzando
l’attenzione su quelli di produzione
aziendale, senza tuttavia escludere i fi eni
acquistati nel comprensorio e nelle aree
limitrofe;
• caratterizzando dal punto di vista microbiologico
i fi eni in funzione del lo-

o legame con il territorio di
produzione e dell’ambiente di
allevamento delle bovine, soprattutto
per quanto riguarda
le possibili implicazioni negative
(presenza di clostridi);
• verifi cando la presenza di nitrati
nei fi eni, in relazione alle
condizioni di produzione.
Le micotossine
Tra le micotossine, la ricerca
ha privilegiato l’analisi dell’afl
atossina B1 (AFB1), per la
sua peculiarità di essere un potente
carcinogenico e mutagenico,
il cui organo bersaglio è
il fegato.
L’afl atossina B1 fa parte del
gruppo di tossine prodotte da ceppi di
Aspergillus fl avus e Aspergillus parasiticus
e una volta ingerita dall’animale
viene in parte trasformata nel fegato ed
eliminata nel latte come afl atossina M1
(AFM1), meno tossica rispetto al suo precursore.
Le afl atossine, e in modo particolare
la AFB1, rappresentano indubbiamente
il problema più grave per quanto riguarda
la contaminazione indiretta delle
produzioni animali, latte e derivati nello
specifi co, nei quali viene rilevata la forma
M1, metabolita dell’AFB1.
Per l’Italia, la presenza di AF è soprattutto
legata all’importazione e utilizzazione
di materie prime provenienti
da Paesi a clima caldo-umido. Mais
e relativi sottoprodotti di origine nazionale
in annate particolari, come è
avvenuto nell’estate del 2003, possono
però essere contaminati in modo signifi
cativo.
I foraggi aziendali, quali trinciato e
pastone di mais, ma talvolta pure i fi eni
(seppure a livelli più bassi), possono venire
contaminati, generalmente a causa
di modalità di conservazione non sempre
adeguate.
Al fi ne di limitare la contaminazione
da AFM1 del latte, per il quale il limite
massimo è di 50 ng/kg, l’Unione Europea
con direttiva 2003/100/Cee ha introdotto
per i mangimi completi per bovine
in lattazione il limite di 5 μg/kg. Il Consorzio
del Formaggio Parmigiano-Reggiano
consiglia un limite più restrittivo,
pari a 3 μg/kg.
Per quanto detto sopra si è ritenuto
fondamentale cercare di determinare,
attraverso un’ampia indagine territoriale,
il rischio eff ettivo di contaminazione
SPECIALE
TABELLA 1 - Distribuzione del campione aziendale
per fascia altimetrica e classe dimensionale
Altimetria
1-49 50-99
Capi (n.)
100-499 500-999 >999
Totale
aziende (n.)
Pianura 45 39 28 2 1 115
Montagna 45 17 5 – – 67
Totale 90 56 33 2 1 182
TABELLA 2 - Distribuzione dei campioni per tipologia
foraggera
Coltura 2003 2004 2005
del latte destinato a Parmigiano-Reggiano
da parte delle afl atossine.
I clostridi
Totale del
triennio
Erba medica (n.) 597 744 774 2.115 84,4
Prato stabile (n.) 84 90 91 265 10,6
Erbai (n.) 28 26 31 85 3,4
Non identifi cata (n.) 25 12 4 41 1,6
Totale campioni (n.) 734 872 900 2.506 100
La microfl ora legata agli ambienti
di produzione del latte contribuisce
in modo concreto a caratterizzare il
patrimonio enzimatico degli innesti
e del formaggio, ma altrettanto signifi
cativamente può infl uenzare in modo
negativo gli andamenti maturativi
e quindi la qualità del formaggio e del
Parmigiano-Reggiano in particolare,
in quanto prodotto senza l’ausilio di
additivi per il controllo dello sviluppo
microbico.
Tra le varie componenti della microfl
ora, la ricerca ha preso in esame i clo-
stridi, che sono fra i principali
responsabili della comparsa
di difetti, anche gravi, nei formaggi
a lunga stagionatura.
I clostridi hanno il loro habitat
naturale nel terreno; l’entità
della loro presenza varia in
funzione della tessitura dello
stesso (i suoli ricchi di schele-
tro contengono meno spore)
e della quantità e qualità del-
Incidenza sul le concimazioni organiche da
totale (%) deiezioni zootecniche.
La diff usione dei clostridi segue
uno schema preciso:
• le spore presenti nelle produzioni
vegetali imbrattate di terra
infl uenzano la quantità di quelle
degli alimenti conservati;
• il numero di spore negli alimenti
condiziona quello nelle feci, che
inevitabilmente contaminano l’ambiente
di allevamento, gli animali, gli impianti
di mungitura e di conseguenza
il latte;
• le feci, a loro volta, tornando come concimi
organici al terreno, le restituiscono
al terreno e possono indurre fenomeni
di arricchimento di spore nel suolo.
La presenza di terra nei foraggi è
quindi un fattore negativo in quanto
tale, poiché può condizionare negativamente
la funzionalità dell’apparato
digerente, e in quanto veicolo delle spore
per i rifl essi caseari che comporta,
e diviene particolarmente importante
quando si adottano tecniche di alimentazione
che non consentono alle bovine
di operare una selezione in mangiatoia
La salubrità del fi eno è un elemento determinante nell’allevamento bovino da latte
17/2007 • L’Informatore Agrario
S
33
Fieno e foraggi

TABELLA 3 - Livello di afl atossina
B1 rilevato con metodo ELISA
e con HPLC (*)
Elisa HPLC
Livello AFBI μg/kg campioni campioni
n. % n. %
< 2 μg/kg 1.521 61 456 99,78
2-3 μg/kg 582 23 1 0,22
3-5 μg/kg 351 14 0 0
> 5 μg/kg 24 1 0 0
Totale campioni 2.478 100 457 100
(*) Valori rilevati nel triennio 2003-2005.
Fieno e foraggi S
La quasi totalità dei campioni ha
evidenziato un contenuto di afl atossina
B1 inferiore a 2 μg/kg: il limite di legge
nei mangimi è di 5 μg/kg.
TABELLA 4 - Livello di spore
di Clostridium spp.
Livello spore Clostridium Campioni
spp. (MPN/kg s.s.) n. %
< 1.500 229 15
1.500-10.000 516 33
10.000-100.000 650 42
> 100.000 167 11
Totale 1.562 100
MPN/kg = numero più probabile.
(unifeed o piatto unico). Per valutare
la quantità di terra presente nei foraggi,
può essere utilizzato come indice il
contenuto di ceneri.
I nitrati
Il problema della presenza di nitrati,
ben noto per le sue implicazioni di ordine
sanitario, viene riportato d’attualità
dalle numerose segnalazioni che giungono
dai tecnici di settore, in riferimento
non solo ai foraggi di graminacee, ma
anche al foraggio di erba medica, e sono
presumibilmente da
mettere in relazione agli
andamenti siccitosi che
hanno caratterizzato le
ultime annate e alla disponibilità
di azoto nitrico
nel terreno, derivante
da apporti recenti o meno recenti
di refl ui zootecnici.
Con l’obiettivo di puntare alla massima
utilizzazione dei foraggi, occorre prestare
quindi grande attenzione anche alle problematiche
che possono danneggiare la
salute delle bovine.
I nitrati non sono sempre tossici per
gli animali: essi vengono generalmente
34
Il livello di spore nei fi eni è ridotto
rispetto agli insilati.
L’Informatore Agrario •
17/2007
trasformati in ammoniaca che viene captata
dai batteri ruminali e trasformata in
proteine microbiche.
I nitriti, prodotti intermedi della trasformazione
dei nitrati, risultano tossici
per gli animali e sono la causa dell’avvelenamento
da nitrati.
La presenza eccessiva di nitrati negli
alimenti zootecnici può causare nelle
bovine intossicazione, che si manifesta
attraverso ipofertilità, immunodepressione
(che favorisce la comparsa di
mastiti, metriti, malattie infettive), alterazioni
della qualità del latte e, nei casi
di intossicazioni acute, la morte dell’animale.
La concentrazione dei nitrati negli alimenti
zootecnici dipende principalmente
dalle tipologie foraggere e, come accennato
prima, dalle condizioni ambientali
pre-raccolta, meno dal livello di azoto
disponibile nel suolo.
In particolare, l’analisi della letteratura
evidenzia, fra le condizioni che
infl uenzano l’accumulo di nitrati nella
pianta, l’ombreggiamento o bassa intensità
luminosa, condizioni climatiche
avverse come siccità, gelo, grandine, o
basse temperature, l’applicazione di erbicidi,
malattie delle piante, lo stadio di
maturità (la concentrazione dei nitrati
nelle piante normalmente decresce
con l’avanzare della maturità) e le concimazioni
azotate, anche se l’eff etto di
queste ultime appare meno signifi cativo
rispetto alle cause elencate precedentemente.
I risultati
Il contenuto di nitrati
nel fi eno diminuisce con
l’avanzare della maturità
SPECIALE
L’attività di monitoraggio
Il lavoro di monitoraggio è stato svolto
sui fi eni prodotti nelle campagne di
fi enagione 2003, 2004 e 2005 su un rilevante
numero di azien-
de, circa 200, distribuite
per provincia, per fascia
altimetrica e per classe
dimensionale (tabella 1),
in modo di formare un
campione rappresentativo
dell’universo delle aziende che producono
latte destinato a Parmigiano-Reggiano.
Sono inoltre state aggiunte al campione
19 aziende non zootecniche situate
nella provincia di Bologna (all’esterno del
comprensorio), in considerazione del fatto
che la quasi totalità del foraggio prodotto
in questa zona viene commercializzata
all’interno del comprensorio.
Il campionamento ha riguardato le
tipologie foraggere più caratteristiche
presenti nella zona, con prevalenza assoluta
dei foraggi di erba medica, pari
all’84,4% del totale dei campioni (tabella
2).
Afl atossina B1 entro i limiti
Complessivamente sono state eff ettuate
nell’arco del triennio 2.478 determinazioni
di afl atossina B1 sui fi eni
utilizzando il metodo speditivo ELISA;
poco meno del 20% di questi campioni
è stato successivamente analizzato per
verifi ca utilizzando la metodica HPLC,
più onerosa e meno rapida della precedente
ma, limitatamente al fi eno, più
accurata.
Per questo approfondimento sono stati
scelti tutti i campioni risultati positivi,
Presenza di Clostridium spp.
(log MPN/kg)
4,6
4,4
4,2
4,0
3,8
4,04
3,95
3,92
3,99
4,50
3,6
1° 2° 3° Altro Prato
stabile
Anno d’impianto
GRAFICO 1 - Spore di Clostridium
spp. in funzione dell’anno
d’impianto e della tipologia prativa
Presenza di Clostridium spp.
(log MPN/kg)
I prati stabili e i medicai al primo anno
evidenziano la quantità più elevata
di spore di clostridi.
4,6
4,4
4,2
4,0
3,8
3,6
4,01
4,07
4,08
4,48
3
Carico zootecnico
(*) L’intensità zootecnica è espressa in termini di n. capi
in lattazione/ha sau.
GRAFICO 2 - Contenuto di spore
di Clostridium spp in funzione
dell’intensità zootecnica (*)
Passando da 2-3 a più di 3 capi
in lattazione/ha di sau si ha un
aumento importante della presenza
di clostridi, dovuti alle abbondanti
distribuzioni di refl ui zootecnici.

oltre a un certo numero di negativi.
Sono stati considerati positivi tutti i valori
superiori al limite di rilevabilità della
metodica, che corrisponde a 2 μg/kg
(2 ppb).
In tabella 3 è riportata la distribuzione
dei risultati ottenuti con le due metodiche.
Ciò che emerge dallo screening
eff ettuato può essere sintetizzato come
segue:
• utilizzando il metodo speditivo più
del 60% dei campioni si posiziona al di
sotto del limite di rilevabilità della metodica,
l’84% al di sotto del limite indicato
dal Consorzio del formaggio Parmigiano–Reggiano
di 3 μg/kg e il 99%
si colloca entro il limite di 5 μg/kg della
direttiva Ce;
• il controllo effettuato in HPLC sul
18,4% dei fi eni precedentemente analizzati
con la metodica ELISA ha dato esito
negativo, poiché solo
un campione ha fatto
segnare una presenza
della tossina compresa
tra 2 e 3 μ/kg.
Una prima conclusione
che se ne può
trarre è che, indipendentemente
dalle tecniche di coltivazione
e di raccolta-conservazione utilizzate,
i fi eni campionati sono risultati indenni
dalla presenza di afl atossina B1.
Una seconda considerazione, che riguarda
l’aspetto analitico, è che la metodica
speditiva ELISA si è rivelata uno
strumento essenziale nell’attività di
screening dei fi eni. Il metodo fornisce
certezze laddove rileva l’assenza della
Più del 90% dei fi eni analizzati
nello studio è risultato innocuo
in termini di contenuto di nitrati
La presenza di clostridi
è legata alle pratiche
agronomiche e in particolare
all’entità dei refl ui distribuiti
SPECIALE
tossina ma, presumibilmente a causa
di interferenze con composti di diversa
natura quali sono probabilmente alcuni
pigmenti, fornisce numerose false
positività, per le quali si conferma la
necessità di una verifi ca strumentale
in HPLC.
La presenza di Clostridium
e ceneri
Nel corso del progetto sono state eff ettuate
1.562 determinazioni di clostridi
sui fi eni. La tabella 4 mostra la distribuzione
dei campioni per classi di frequenza,
i cui limiti sono stati individuati in
1.500, 10.000 e 100.000 spore/kg di sostanza
secca.
La distribuzione dei campioni indica
che poco meno del 50% dei campioni si
trova sotto le 10.000
spore, mentre circa il
40% è compreso tra
10.000 e 100.000; solo
l’11% è situato sopra il
limite maggiore.
Una certa attenzione
va posta al tema
clostridi in rapporto all’utilizzazione di
fi eni provenienti da medicai di nuovo
impianto (grafi co 1): in questi prati la vicinanza
temporale con la distribuzione
di letame e la presenza di terra che talora
si riscontra a causa della soffi cità del
terreno determina livelli di spore tutt’altro
che trascurabili. Una considerazione
analoga e più evidente può essere fatta
per il prato stabile, per il quale le frequenti
distribuzioni di refl ui aziendali e
l’esecuzione degli sfalci molto ravvicinati
al suolo possono determinare situazioni
di rischio per quanto riguarda la presenza
di terra e, quindi, per il livello di
spore nel foraggio.
Una seconda considerazione di rilievo
che emerge dall’analisi dei dati è quella
relativa al rapporto esistente tra l’intensità
zootecnica delle aziende e il numero
di spore riscontrato nei fi eni. Il numero
di spore aumenta in maniera esponenziale
(grafi co 2) in rapporto al crescere
del carico di bestiame; inoltre l’innalzamento
del numero di spore appare particolarmente
marcato per la classe corrispondente
al carico più elevato e tale
aumento è confermato dall’analisi statistica
che separa nettamente tale gruppo
dai rimanenti.
Naturalmente questa indicazione è da
mettere in relazione con i ricorrenti apporti
organici che necessariamente av-
Ceneri (% s.s.)
12,5
12,0
11,5
11,0
10,5
10,0
9,5
9,82 10,34
R 2 = 0,983
10,61
11,12
11,52
12,26
5,5
Spore (log MPN/kg)
GRAFICO 3 - Rapporto tra il contenuto
di ceneri e il contenuto di spore
Ceneri (% s.s.)
Ceneri e spore evidenziano andamento
analogo; le ceneri infatti sono
un indicatore della presenza di terra
e polvere nel fi eno.
11,5
11,0
10,5
10,0
9,5
11,01
10,53
10,15
10,05
10,51
1° 2° 3° Altro Prato
Anno d’impianto
stabile
GRAFICO 4 - Contenuto medio
di ceneri in funzione dell’anno
d’impianto e della tipologia prativa
Il contenuto in ceneri dei fi eni diminuisce
con gli anni e con il progressivo
compattamento del terreno.
vengono in aziende caratterizzate da un
elevato carico di bestiame.
Gli andamenti appena descritti indicano
una stretta relazione tra il livello
di spore presenti nel foraggio e la distribuzione
di refl ui in azienda, da un lato,
e la presenza di terra nel fi eno dall’altro.
Quest’ultimo legame trova una maggiore
evidenza nel grafi co 3, che mette in luce
un rapporto lineare molto stretto tra il
contenuto di ceneri e il numero di spore,
e conferma come lo strumento più effi -
cace per contenere il livello di spore sia
quello di prevenire la presenza di terra
o polvere nel foraggio.
Il grafi co 4 sottolinea per le ceneri, in
funzione dell’anno di impianto del prato,
lo stesso andamento precedentemente
commentato a proposito del contenuto di
Clostridium, poiché evidenzia una diminuzione
del livello di ceneri all’aumentare
dell’età del prato. Nel primo anno
il cotico è formato da una vegetazione
caratterizzata da una taglia meno ele-
17/2007 • L’Informatore Agrario
S
35
Fieno e foraggi

Ceneri (% s.s.)
Fieno e foraggi S
11,5
11,0
10,5
10,0
9,5
R 2 = 0,944
10,05
10,24
10,85
10,91
11,21
1° 2° 3°
Sfalcio
4° Altro
GRAFICO 5 - Contenuto medio
di ceneri in funzione dell’ordine
di taglio
Le ceneri aumentano nel 3° e 4° sfalcio
perché aumenta la polverosità
che si deposita nel foraggio.
vata e il suolo, in seguito alle lavorazioni,
si presenta più soffi ce e meno consolidato;
successivamente, negli anni di
piena produzione, la taglia delle piante
è maggiore e il terreno più compatto, il
che rende l’inquinamento da terra meno
frequente. Questa constatazione, oltre
che dall’andamento dei valori medi,
è confermata anche dai valori massimi,
non evidenziati dal grafi co, decrescenti
dal primo all’ultimo sfalcio.
Per il prato stabile i valori di ceneri tornano
a innalzarsi come per la presenza di
clostridi, presumibilmente a causa della
pratica usuale di eff ettuare gli sfalci molto
ravvicinati al piano di campagna.
Anche per quanto riguarda l’evolversi
della stagione vegetativa, l’andamento del
contenuto delle ceneri spiega e costituisce
una conferma di quanto emerso nei
tre anni di lavoro a proposito delle spore
(grafi co 5): con l’avanzare della stagione
di utilizzazione, passando dal maggengo
agli sfalci autunnali, si nota un progressivo
arricchimento del foraggio in ceneri,
confermato dall’analisi statistica. Tale
aumento è da attribuire in larga misura
all’andamento stagionale del periodo
estivo, che agevola il fenomeno dell’impolveramento
del foraggio per eff etto del
prosciugamento del terreno e della progressiva
diminuzione della taglia e della
quantità della vegetazione.
Nitrati
Anche se non esiste un limite di legge
per il contenuto di nitrati negli alimenti
zootecnici, si riportano in tabella 5
i limiti indicativi, desunti dalla bibliografi
a, che possono essere utilizzati come
valori guida nel valutare gli alimenti
zootecnici.
36
L’Informatore Agrario •
17/2007
SPECIALE
Durante il triennio è stato determinato
il contenuto di nitrati su 1.261 campioni,
che rappresentano il 50% dei campioni
complessivamente prelevati. Il 93% dei
fi eni è risultato innocuo, mentre circa il
2% si pone al disopra del limite di tossicità
per le bovine.
Conclusioni
La conclusione che si può trarre dai
dati relativi alla presenza di afl atossine,
tanto scontata quanto di assoluto rilievo
dal punto di vista della salubrità
dell’alimento fi eno, è che, indipendentemente
dalle tecniche di coltivazione
e di raccolta-conservazione utilizzate, i
fi eni sono risultati praticamente incontaminati:
l’elevato numero di campioni
analizzati e il fatto che essi provengano
da sfalci, tipologie foraggere e ambienti
diversi sono tutti elementi che concorrono
a fornire una buona garanzia della
validità del risultato e del fatto che esso
possa essere esteso anche ad aziende diverse
rispetto a quelle prese in esame dal
monitoraggio.
La presenza di spore di clostridi è in
stretta relazione con le pratiche agronomiche.
In particolare, gli apporti di
refl ui aziendali abbondanti e ripetuti
rimettono in circolo le spore, che sono
veicolate sul foraggio dalla terra e dalla
polvere.
Una certa attenzione va posta al tema
clostridi in rapporto all’utilizzazione
di fi eni provenienti da medicai di nuo-
Un’accorta tecnica di raccolta limita
la presenza di terra e spore nel foraggio
TABELLA 5 - Effetti sugli animali
di vari livelli di nitrati negli
alimenti di uso zootecnico
Contenuto di nitrati Effetti
< 3.000 mg/kg s.s. Innocui
3.000-6.000 Sicuri (se inseriti in diete
mg/kg s.s. bilanciate con altri alimenti)
6.000-9.000
mg/kg s.s.
Potenzialmente tossici
> 9.000 mg/kg s.s. Tossici
vo impianto: in questi prati la vicinanza
temporale con la distribuzione di letame
e la presenza di terra che talora si
riscontra a causa della soffi cità del suolo
determina livelli di spore tutt’altro che
trascurabili. I risultati del monitoraggio
confermano che il fi eno è potenzialmente
meno inquinante e, come tale, meno
a rischio rispetto ad altri foraggi, quali
ad esempio gli insilati. Esistono tuttavia
ampi spazi di miglioramento, in fase di
coltivazione e raccolta, per limitare in
misura sostanziale l’ingresso di clostridi
in stalla.
Per quanto riguarda la presenza di azoto
sotto forma di nitrato nel foraggio, più
del 90% dei fi eni è risultato innocuo, il
5% con un contenuto tale da richiedere
la miscelazione con altri foraggi, mentre
soltanto il 2% circa si è posto al di
sopra del limite di tossicità per le bovine.
Si può pertanto dedurre che, pur
non essendo la situazione preoccupante,
esiste la possibilità che il foraggio, in
particolari condizioni di elevata fertilità
del terreno e di andamenti climatici
anomali, contenga livelli elevati di azoto
in forma nitrica.
In questo caso il problema, anche se
limitato a pochi eventi isolati, deve essere
trattato tempestivamente e con attenzione
dall’allevatore che, conoscendo il
livello di nitrati nelle partite sospette, è
in grado di scartare o miscelare i foraggi,
utilizzandoli nel modo più corretto.
Una certa attenzione deve inoltre essere
posta al contenuto di nitrati nell’acqua
di abbeverata che, talvolta (aree a forte
concentrazione zootecnica, acqua proveniente
da pozzi poco profondi, stagione
primaverile-estiva), può destare qualche
preoccupazione, considerando l’aumento
del livello complessivo di nitrati assunti
dal bovino che ne può derivare. •
Marco Ligabue
Elena Bortolazzo,
Marco Davoli
Paola Vecchia
Crpa - Reggio Emilia
m.ligabue@crpa.it