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LA TIGRE E IL DRAGONE - Lombardia Spettacolo

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ETÀ CONSIGLIATA:<br />

DAI 10 ANNI<br />

WO HU ZANG LONG/<br />

CROUCHING TIGER, HIDDEN<br />

DRAGON<br />

Cina/Usa/Hong Kong/Taiwan, 2000<br />

di Ang Lee<br />

<strong>LA</strong> <strong>TIGRE</strong><br />

E <strong>IL</strong> <strong>DRAGONE</strong><br />

Prodotto: Ang Lee,William Kong, Hsu Li-kong,<br />

Zheng Quan-gang, Dong Ping, Chui Po-chu, Phillip<br />

Lee, per Columbia Pictures Film Production Asia/<br />

Asia Union Film & Entertainment/China Film<br />

Co-Production Corporation/United China Vision/<br />

Edko Films/Sony Pictures Classics/Zoom Hunt<br />

International Productions Company/Good Machine<br />

Soggetto: dal romanzo “Wo hu zang long/<br />

Crouching Tiger, Hidden Dragon” di Wang Du-lu<br />

Sceneggiatura: James Schamus,Wang Hui-ling,<br />

Tsai Kuo-jung<br />

Fotografia: Peter Pau<br />

Montaggio: Tim Squyres<br />

Scenografia e costumi: Tim Yip<br />

Musica: Tai Dun (violoncello solista:Yo-Yo Ma)<br />

Trucco: Yun Ling-Man<br />

Effetti speciali: Cfc/Mvfx/Blue Sky Studios<br />

Coreografie dei combattimenti: Yuen Woo-ping<br />

Interpreti: Chow Yun-fat (Li Mu-bai), Michelle Yeoh<br />

(Yu Shu-lien), Zhang Ziyi (Jen), Chang Chen (Lo), Lung<br />

Sihung (il signor Te), Chang Pei-pei (Volpe di Giada)<br />

Durata: 120 min.<br />

Distribuzione: Bim/2001 Distribuzione<br />

<strong>LA</strong> <strong>TIGRE</strong> E <strong>IL</strong> <strong>DRAGONE</strong>


SINOPSI<br />

Cina, fra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo: il celebre guerriero errante Li Mu-bai si<br />

risolve ad abbandonare le battaglie e a ritirarsi nel monastero del monte Wudang, alla cui<br />

scuola si era formato, nell’auspicio di conquistare – attraverso il distacco dalle cose del<br />

mondo – la pace interiore alla quale anela da sempre (malgrado nel suo cuore permanga<br />

l’intenzione di vendicare il proprio maestro, ucciso dalla spietata criminale Volpe di Giada).<br />

A suggello dei suoi propositi si reca in visita dall’amica e collega Yu Shu-lien – per la quale<br />

nutre da anni un sentimento mai confessato – al fine di affidarle la sua antica e preziosa<br />

spada, il “Destino Verde”, con la preghiera di consegnarla a Pechino nelle mani del signor Te,<br />

uomo di specchiata moralità e a suo tempo amico del padre della donna. Shu-lien tenta<br />

invano di far cambiare idea a Mu-bai e assolve il compito assegnatole, ma il signor Te dichiara<br />

di poter tutt’al più custodire l’arma fintantoché il suo legittimo proprietario non riterrà<br />

di porre termine al suo volontario esilio.<br />

Nel palazzo del signor Te, Shu-lien fa la conoscenza della giovane Jen, alla quale il padre – il<br />

potente governatore Yu – ha imposto un matrimonio di convenienza con un notabile locale.<br />

La ragazza, avida lettrice di romanzi avventurosi, rimane affascinata da Shu-lien e conquista<br />

la sua amicizia, confidandole la propria infelicità per il destino che la attende e che le<br />

impedisce di unirsi all’amato Lo, un predone mongolo che vive nel deserto e con cui aveva<br />

vissuto una storia romantica e passionale. Durante la notte, una figura nerovestita si introduce<br />

nel palazzo e sottrae il Destino Verde, dileguandosi poi nel buio: Shu-lien insegue la<br />

sagoma senza riuscire a catturarla, ma alcuni dettagli insinuano in lei il sospetto che Jen non<br />

sia estranea al furto. Dal canto suo il poliziotto Tsai, che indaga sul posto con la figlia Mei,<br />

ritiene che la stessa Volpe di Giada – le cui tracce sta seguendo da tempo – si aggiri nei<br />

paraggi. Intanto anche Mu-bai è arrivato a Pechino, e la notte successiva si trova di fronte al<br />

misterioso ladro; lo sfidante, che brandisce il Destino Verde e si proclama allievo di Volpe di<br />

Giada, combatte con un metodo che a Mu-bai appare chiaramente derivato dal manuale<br />

del Wudang: ciò si spiegherebbe col fatto che Volpe di Giada aveva trafugato il prezioso<br />

libro dopo aver assassinato il maestro di Mu-bai, accusato di voler escludere le donne dai<br />

segreti delle arti marziali. Mu-bai riesce comunque a recuperare la sua spada e, intuendo<br />

che la malvagità non si è ancora impadronita dell’animo dell’avversario, gli propone di<br />

accompagnarlo a Wudang, ma ottiene solamente uno sdegnato rifiuto.<br />

In realtà sotto le spoglie dello spadaccino si cela veramente Jen, e l’ancella che la assiste<br />

nella casa del governatore non è altri che la temibile Volpe di Giada. Nel frattempo il matrimonio<br />

di Jen sta per celebrarsi e Lo giunge in città tentando di bloccare la cerimonia, ma il<br />

suo disperato atto muove contro di lui le autorità, che mettono una taglia sul suo capo. Lo<br />

è perciò costretto a scappare, protetto da Shu-lien e Mu-bai che gli ordinano di rifugiarsi a<br />

Wudang. Subito dopo, però, Jen scompare e intraprende un cammino da guerriero errante:<br />

di lì a poco si imbatte in Shu-lien e ingaggia con lei un furioso duello, ma Volpe di Giada<br />

interviene e rapisce la giovane allieva.A questo punto Mu-bai è più che mai determinato a<br />

eliminare una volta per tutte la mortale nemica, e alla fine il suo intento viene premiato dal<br />

successo; tuttavia il prezzo da pagare è altissimo, dal momento che prima di soccombere<br />

Volpe di Giada lo colpisce con un ago intriso in un potentissimo veleno. Jen, pentita, corre<br />

alla ricerca di un antidoto, ma è troppo tardi: Mu-bai muore fra le braccia di Shu-lien, e nell’istante<br />

estremo le svela l’amore che per tutta la vita ha nutrito per lei. Affranta dal dolo-<br />

ARRIVANO I F<strong>IL</strong>M<br />

A CURA DI MARCO BORRONI


e, Shu-lien implora Jen di non ripetere i suoi errori (l’amore di Mu-bai era ricambiato, ma<br />

un voto lo rendeva impossibile) e di non negare mai i propri sentimenti, pregandola di raggiungere<br />

Lo a Wudang. La ragazza corre al monastero e, nelle immagini finali, decide di mettere<br />

alla prova la veridicità di un’antica leggenda secondo cui, se si è sorretti da una volontà<br />

abbastanza salda, saltando dalla sommità di un monte non solo si rimane illesi, ma si realizzano<br />

anche i desideri più profondi (in questo caso, il futuro che lei e Lo vogliono trascorrere<br />

insieme).<br />

ANALISI DEL<strong>LA</strong> STRUTTURA<br />

Originario di Taiwan ma trapiantato già a partire dalla fine degli anni Settanta negli Stati<br />

Uniti (dove si è conquistato una certa notorietà firmando film noti anche in Italia come le<br />

commedie Il banchetto di nozze e Mangiare bere uomo donna, i drammatici Tempesta di ghiaccio<br />

e Ragione e sentimento – quest’ultimo tratto dall’omonimo romanzo ottocentesco di<br />

Jane Austen – e il western Cavalcando col diavolo),Ang Lee ha compiuto con La tigre e il dragone<br />

una sorta di “ritorno alle origini”, rivisitando e riattualizzando una tradizione – letteraria<br />

ancor prima che cinematografica – saldamente radicata nella cultura cinese: quella del<br />

cosiddetto wuxiapian, che con una certa approssimazione potremmo definire un equivalente<br />

orientale del nostro “cappa e spada”. Si tratta peraltro di un’operazione piuttosto sofisticata,<br />

che a un occhio esperto – qual è quello degli appassionati, sempre più numerosi anche<br />

qui da noi, delle produzioni provenienti dall’area cinese e in particolare da Hong Kong –<br />

rivela sì l’assunzione degli schemi figurativi e narrativi “classici” di un genere assai codificato<br />

e ricco di esempi eminenti (un titolo per tutti: A Touch of Zen-La fanciulla cavaliere errante di<br />

King Hu, 1969, esplicitamente citato nella scena del combattimento fra le cime degli alberi<br />

di bambù), ibridati però con stilemi di derivazione occidentale e soprattutto con un apparato<br />

tecnologico avanzatissimo, capace di generare effetti mirabolanti e sorprendenti. Una<br />

delle tendenze della Hollywood contemporanea,<br />

infatti, risiede nell’assorbimento<br />

dell’acrobatica spettacolarità, dei ritmi<br />

forsennati e della vocazione “popolare”<br />

del cinema cino-hongkonghese, effettuata<br />

assoldando buona parte dei suoi esponenti<br />

di punta (John Woo, Jackie Chan,<br />

Ringo Lam e molti altri) nel tentativo di<br />

rivitalizzare un immaginario che negli ultimi<br />

tempi ha mostrato a più riprese sintomi<br />

di involuzione. In tal senso, nonostante<br />

possa presentarsi dotato di tutti i crismi<br />

propri di una cultura “altra”, un film come<br />

La tigre e il dragone (che ha mietuto successi<br />

in ogni parte del globo, aggiudicandosi<br />

anche ben quattro Oscar) è in realtà<br />

il frutto di una contaminazione che lo<br />

<strong>LA</strong> <strong>TIGRE</strong> E <strong>IL</strong> <strong>DRAGONE</strong>


avvicina alla corrente sensibilità “postmoderna” in maniera molto più marcata di quanto<br />

non appaia a prima vista.<br />

Girato in diverse località della Cina continentale (fra le quali il deserto di Gobi e le “Montagne<br />

di Fuoco” dello Xin Jiang) e negli studi di Pechino e Shanghai, e recitato con maestria<br />

da un ottimo cast in cui spiccano i “divi” Chow Yun-fat e Michelle Yeoh, il film alterna<br />

sapientemente un intreccio avventuroso a uno di marca più melodrammatica, avvalendosi<br />

sotto il profilo visivo del talento di Lee, dello scenografo-costumista Tim Yip e del coreografo<br />

Yuen Woo-ping (che in America aveva già lavorato coi fratelli Wachowski in Matrix e al<br />

quale si devono le continue sfide giocate dai corpi degli interpreti alle leggi gravitazionali). Il<br />

risultato è un omaggio al fantastico puro, in cui il blocco centrale che racconta, in flashback,<br />

l’incontro e lo sbocciare dell’amore fra Jen e Lo separa i due “atti” di una vicenda che<br />

ruota attorno alla progressiva scoperta, da parte di ciascun protagonista, delle proprie inclinazioni<br />

e potenzialità latenti. Come afferma lo stesso regista, in riferimento al titolo (che è<br />

il medesimo di un romanzo di Wang Du-lu risalente agli anni Trenta, dal quale il film ha<br />

preso spunto): «È il lato selvaggio di ogni individuo, persino del più controllato. Aspetti particolarmente<br />

evidenti in una società repressa come quella cinese: alla luce del sole tutto e tutti stanno al<br />

loro posto, di notte invece si scatenano le lotte. Non è detto che le persone abbiano un rapporto<br />

sereno con le loro personali “tigri” o i loro “draghi” nascosti, ma certo è che devono farci i conti».<br />

In filigrana, dunque, al di là della superficie levigata e depurata di quel sangue e di quella violenza<br />

che costituiscono invece gli elementi fondativi del wuxiapian originale e “canonico”,<br />

basato sul contrasto cruento fra l’eroe (che ha saputo educare alla luce della meditazione<br />

le micidiali doti marziali di cui dispone) e i suoi nemici, Lee punta a sviluppare un discorso<br />

di tipo metaforico sulla dimensione più riposta dell’essere umano: «Ogni personaggio del<br />

film, in effetti, ha un suo aspetto nascosto (talvolta persino a se stesso), un segreto inconfessabile,<br />

una linea di tensione irrisolta. Il sapiente e spericolato maestro Li Mu-bai per tutta la vita non ha il<br />

coraggio di dichiarare il suo amore; la pacata Yu Shu-lien può scatenarsi come una furia; Jen, la<br />

ragazza, è combattuta fra l’agio della sua condizione sociale, la passione amorosa, il desiderio di<br />

conoscenza e la brama di potere, sia pur esoterico; Lo è un bandito scapestrato che scopre dentro<br />

di sé l’umiltà dello straccione; perfino la ferocia di Volpe di Giada deve fare i conti col suo istinto<br />

materno.Tutti, comunque, sono costretti a reprimere i propri desideri, e possono esprimersi liberamente<br />

solo nella lotta: i combattimenti diventano così – assecondando in qualche modo la filosofia<br />

Tao delle arti marziali – occasioni per rivelare l’interiorità segreta dei personaggi, per permettere<br />

loro di acquisire un’armonia basata sulla soluzione dei conflitti». (Loffreda) La gestione della<br />

forza e degli istinti attraverso l’adesione a un codice morale, la risoluzione delle contraddizioni<br />

insite in ogni personalità, i veli squarciati sulla dimensione interiore: anche dietro un<br />

meccanismo spettacolare perfettamente oliato come quello di La tigre e il dragone è possibile<br />

ritrovare, aguzzando un po’ la vista e il cuore, briciole di verità universale.<br />

ARRIVANO I F<strong>IL</strong>M


ITINERARI DIDATTICI<br />

Una Cina, tante Cine<br />

1) Un Paese dai numeri giganteschi: l’ubicazione<br />

geopolitica, la vastità del<br />

territorio e della popolazione, le differenze<br />

etniche e linguistiche.<br />

2) Dagli imperatori delle dinastie alla<br />

Rivoluzione Culturale, da Marco Polo<br />

a Tienanmen, dalla Via della Seta alla<br />

rottura con Taiwan, dalla questione<br />

tibetana al ritorno di Hong Kong alla<br />

madrepatria: tappe remote e contemporanee<br />

di un processo storico<br />

le cui radici si perdono nella notte<br />

dei tempi e che ha condizionato da<br />

sempre gli equilibri mondiali.<br />

3) I mutamenti politici del dopo-Mao, la<br />

modernizzazione e le spinte verso<br />

l’Occidente, la prossima apertura di<br />

un mercato di proporzioni enormi e le sue prevedibili ripercussioni sull’economia globale<br />

degli anni a venire.<br />

4) “La Cina è (più) vicina”: l’emigrazione, le diverse “Chinatown” sparse per il mondo, l’integrazione<br />

nella nostra società e nelle nostre città, i… ristoranti cinesi.<br />

5) “Cine/cinema”: autori e attori provenienti da Pechino, Shanghai, Taipei, Hong Kong (da<br />

Bruce Lee a Gong Li, da Zhang Yimou a John Woo, da Tsui Hark a Hou Hsiao-hsien, da<br />

Edward Yang a Jackie Chan, da Chen Kaige a Tsai Ming-liang), punte di diamante di cinematografie<br />

straordinariamente ricche e complesse che da qualche anno a questa parte<br />

approdano con maggior frequenza anche sugli schermi occidentali.<br />

ELEMENTI<br />

PER <strong>LA</strong> DISCUSSIONE<br />

– La decisione di Li Mu-bai: l’allontanamento dalla realtà materiale e la meditazione come<br />

veicolo per ritrovare se stessi.<br />

– Il controllo e la calma di Yu Shu-lien: uno schermo al di là del quale si agita un temperamento<br />

segnato da una passione che non può manifestarsi.<br />

– La ribellione di Jen (e, su un altro piano, le malefatte di Volpe di Giada): la rivendicazione<br />

di un ruolo attivo e non convenzionale dei personaggi femminili.<br />

– La vicenda di Jen e Lo: un intermezzo “romantico” che si stacca, sia figurativamente che<br />

narrativamente, dal corpo del film.<br />

– Il progressivo emergere dei risvolti che stanno dietro le apparenze di ognuno: un percorso<br />

verso la consapevolezza di sé che può dipanarsi in modi e forme assai differenti.<br />

<strong>LA</strong> <strong>TIGRE</strong> E <strong>IL</strong> <strong>DRAGONE</strong>


– Il ritmo sostenuto, le invenzioni visive, il rapido succedersi dei toni e dei registri del racconto,<br />

l’armonia dei movimenti “coreografati”: ingredienti di un cocktail dal sapore insolito<br />

per il palato degli spettatori occidentali.<br />

IDEE<br />

– Analisi e approfondimento del concetto di forza, nelle sue diverse accezioni:<br />

– individuare una serie di personaggi (reali o immaginari: conosciuti personalmente<br />

oppure desunti dal mito, dalla storia antica e recente, dall’attualità, dal mondo dello<br />

sport, della letteratura, del cinema, della televisione, dei fumetti, ecc. ) portatori di una<br />

particolare forza fisica, mentale o morale, e per ognuno di essi indicare: a) l’origine di<br />

questa forza (dono innato, facoltà sviluppata col tempo, la disciplina e l’esercizio, ecc.);<br />

b) i fini per i quali viene utilizzata (individuali o collettivi, positivi o negativi, ecc. ); c)<br />

l’eventuale tendenza a una sua condivisione o, al contrario, al mantenimento del<br />

segreto sulle sue manifestazioni; d) la prevalenza dell’attitudine ad accrescerla, accumularla<br />

o dissiparla<br />

– interrogare i partecipanti su quale tipo di forza desiderino per sé<br />

– mettere in relazione l’idea di forza col suo contrario: a) nominare esempi di personaggi<br />

(ancora una volta sia reali che immaginari) per i quali un punto di debolezza si<br />

sia trasformato in un punto di forza, e viceversa; b) identificare i rapporti speculari fra<br />

forza e debolezza; c) valutare l’efficacia dell’equilibrio interiore come risorsa per<br />

prendere coscienza dei propri punti di forza (e quindi mantenerli o incrementarli) e<br />

di debolezza (e quindi ridurli o annullarli).<br />

ARRIVANO I F<strong>IL</strong>M

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