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Reportage<br />

A Piz la Ila a 2100 metri ma anche a San Cassiano gente dalle nostri parti<br />

Ma quanto è piccolo il mondo!<br />

Nei chilometri e chilometri di piste dell’Alta Badia<br />

c’è, si direbbe, una moltitudine di rifugi, tanti da<br />

poter fare, un vero e proprio tour per buongustai.<br />

Alcuni sono raggiungibili solo con gli sci, gli altri con le<br />

pratiche ovovie e seggiovie di cui gli operatori vanno fi eri:<br />

sono pochi i paesi che possono vantare un simile collegamento<br />

tra le piste e quindi, specie all’ora di pranzo, i rifugi<br />

sono strapieni. Chi viene da queste parti ed è in grado di<br />

resistere ai ristoratori che nelle baite fanno a gara per offrire<br />

il meglio della cucina ladina a prezzi molto abbordabili?<br />

Abbiamo voluto vedere a quota 2100 metri, raggiungibile<br />

con l’ovovia, cosa si offre. Si scende dalla funivia e<br />

ci si presenta davanti il ‘Club Moritzino’, sempre affollato<br />

e dove, al pomeriggio, prima della chiusura degli impianti,<br />

di regola si ritrovano i giovani. Un po’ più in là un parco<br />

giochi per bambini, su oltre due metri di neve, e da qua<br />

si raggiunge la baita ‘Utie de Trausines’. La bella terrazza<br />

battuta dal sole è piena di gente. È ora di pranzo. Una fi la<br />

interminabile attende al banco delle bevande e a quello del<br />

cibo. E dietro il banco delle bevande chi si dà intensamente<br />

da fare? Željko Jovanov, connazionale fi umano, “Quanto<br />

è oiccolo il mondo” dice, riconoscendoci subito. Con la<br />

moglie Nena, addetta ai cibi, da undici anni lavora in questo<br />

rifugio aperto anche d’estate dato che da Piz la Ila partono<br />

le passeggiate estive nei boschi della regione. Non<br />

ha il tempo di fermarsi un momento solo, tra un servizio e<br />

l’altro ci racconta che quest’inverno c’è tanto lavoro, ma<br />

anche l’estate non scherza. “Siamo aperti fi no a quando lavorano<br />

gli impianti, ovvero fi no alle 16.30. Appena allora<br />

riusciamo a sederci, tirare il fi ato, per poi metterci a pulire<br />

e preparare tutto per il giorno dopo. Noi siamo soddisfatti,<br />

è bellissimo stare qua e la ‘civiltà’, per così dire, non ci<br />

manca. Io e mia moglie lavoriamo sodo e quando abbiamo<br />

deciso di venire qua facevamo già i camerieri. Oggi io gestisco<br />

la baita perché il proprietario ne ha ancora una raggiungibile<br />

solo con gli sci. Ma che vi devo dire, si lavora sì,<br />

ma almeno qui un lavoro l’abbiamo”. Ci salutiamo con un<br />

“ci vediamo a Fiume” e andiamo verso l’Armentarola per<br />

salire sulla slitta trainata dalla pariglia di cavalli. Lo sguardo<br />

viene attratto da una strana baita che sembra uscire da<br />

una roccia. Infatti è costruita nella roccia. Bella ed acco-<br />

Jasmin Hadžalić, di Albona, gestisce la baita<br />

gliente con tanti tavoli al sole. Arriva il gestore, che viene<br />

chiamato Gelsomino, e cominciamo a parlare. Quando gli<br />

diciamo che siamo venuti da Fiume per fare un servizio ci<br />

fa: “Ah, bene, io sono di Albona. Sono in Italia da diciotto<br />

anni e lavoro qui ogni inverno da quando ho aperto un<br />

ristorante a Rabac. In realtà mi chiamo Jasmin Hadžalić e<br />

mi reputo albonese anche se sono nato a Knin. I miei genitori<br />

sono venuti qua quando avevo tre anni e quindi sono<br />

cresciuto ad Albona che è la mia città. A Rabac d’estate assieme<br />

a mia moglie da qualche anno gestiamo il ristorante<br />

‘Marina’ e d’inverno sono qua e mi sento come a casa mia.<br />

La baita si chiama ‘Locia’ e fa parte dell’albergo dell’Armentarola<br />

che vanta 70 anni di tradizione”.<br />

Ma questo non è l’ultimo incontro con cittadini croati.<br />

Cercando una strada ci fermiamo a chiedere ad un<br />

cuoco che sta prendendo un po’ d’aria davanti ad un albergo<br />

di La Villa. Ci sta spiegando dove andare quando<br />

dalla cucina esce un uomo e in croato ci fa: “Avete capito<br />

cosa vi ha detto”. Io gli dico di sì, in italiano, e il suo<br />

collega gli fa: “Ma parlano in italiano”. E lui risponde:<br />

“Ho visto la targa, e mi son detto che questi sono di casa<br />

nostra, così ho voluto scambiare due parole”. Lui, non ci<br />

ha detto il nome, è di Pola e come tanta gente è venuto in<br />

cerca di lavoro in Alta Badia, Lo ha trovato in un albergo<br />

dove fa il cuoco, e d’estate anche lui torna a casa sua.<br />

Ma allora Željko aveva ragione nel dire quanto è piccolo<br />

il mondo! ●<br />

Il fi umano Željko Jovanov al lavoro nel suo rifugio Nena, la moglie di Željko, è addetta alla cucina<br />

<strong>Panorama</strong> 33

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