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22 Panorama Cinema e dintorni Il tema sfaccettato in «The Reader» dell’inglese Stephen Daldry e ne «L’onda» Olocausto: non solo nazista ma dell’u di Gianfranco Sodomaco Dopo essere andato a vedere “The Reader”, dell’inglese Stephen Daldry, e “L’onda”, del tedesco Dennis Gansel, mi sono venute a mente, tra le tante, tre cose in particolare: 1) che il grande fi losofo tedesco Theodor Adorno, dopo aver visto Auschwitz dopo la guerra, ebbe a dire che non aveva più senso scrivere una parola, che dopo una simile ignominia non restava che il silenzio assoluto; 2) che, quello stesso giorno, avevo letto un articolo su un quotidiano in cui si diceva che Auschwitz “stava cadendo a pezzi” e che il premier polacco invitava il mondo “a salvare la memoria”; 3) che, in quei giorni, papa Benedetto XVI era stato costretto a dire che chi, all’interno della Chiesa cattolica, negava la realtà dell’Olocausto (un certo monsignor Williamson...), negava la Verità e si metteva automaticamente fuori della Chiesa... Andiamo prima a vedere da vicino i due fi lm. The Reader (premio Oscar per la migliore interpretazione femminile a Kate Winslet), il lettore o la lettrice, è strutturato in tre “blocchi”. Nel primo (siamo nella provincia tedesca durante gli anni ‘50) il giovane Micha- Hanna Schmitz (Kate Winslet) con il giovane Michael (David Kross) el (David Kross) conosce casualmente una donna più anziana di lui, appunto la Winslet, che lo inizia al sesso in modi non molto espansivi e gli chiede ogni volta di leggerle passi di qualche libro: fi no al giorno in cui lei scompare misteriosamente. Nel secondo blocco Michael, giovane studente di legge ad Heildelberg, portato dal suo insegnante ad un processo, riconosce in Hanna Schmitz, imputata per il suo passato di kapò (vigilante) nazista con altre colleghe, proprio la donna che aveva amato alcuni anni prima; Michael si accorge di avere la prova che non può essere stata lei (che non si discolpa) a scrivere quelle liste di mandati a morte per cui è incolpata (è analfabeta, per quello si faceva leggere i libri) ma non lo dice a nessuno. Nell’ultima parte, Michael adulto (Ralph Fiennes) trova la forza di inviare ad Hanna in prigione (è stata condannata all’ergastolo) le cassette dove ha inciso i testi che le aveva letto da ragazzo: grazie a queste lei impara a leggere e a scrivere fi nché un giorno, spinto dall’assistente sociale, lui va a trovarla prima che lei esca di prigione per una grazia. E durante questo incontro Michael, sempre più scosso da quella storia, cerca di capire quali sono i sentimenti che la donna sta vivendo, pietà?, colpa?, ma si trova invece davanti ad una “analfabeta morale”, una che spiega che ha soltanto obbedito agli ordini, come tantissimi nella Germania na- zista. Poco tempo dopo Hanna si toglie la vita. Perché? Perché ha capito fi nalmente il male che ha fatto? Assai improbabile, forse perché, segnata da quella esperienza esistenziale, semplicemente non riesce più a dare un senso alla sua vita. Spetterà a Michael, un’altra generazione, elaborare il lutto, farsi carico, in qualche modo, delle colpe del passato. L’onda: il fi lm è ambientato nella Germania di oggi, in una scuola superiore di una qualsiasi città. Durante una settimana “a tema” il professor Wenger deve gestire un seminario sull’autocrazia, su un “regime di un solo uomo o di un solo gruppo ristretto che usano un Paese a loro piacimento”. Vedendo la sua classe, dopo qualche lezione teorica, scettica e distratta, decide di passare alla dimostrazione pratica. Dopo che i ragazzi negano che in Germania possa risorgere il fascismo, Wenger li convince a cambiare, per quella settimana, i soliti comportamenti: rispetteranno alcune regole, chiederanno la parola, si alzeranno in piedi davanti all’insegnante, vestiranno tutti alla stessa maniera (una camicia bianca), si daranno un simbolo, un logo (un’onda, appunto), un saluto “paranazista”. Il gruppo si ingrossa velocemente, arrivano altri ragazzi da altre classi. Qualcuno, subito, più fragile, come il disadattato Tim, comincia ad identifi carsi ciecamente con il “movimento” emarginando chi non

del tedesco Dennis Gansel manità intera vi aderisce e scontrandosi con gruppi di “anarchici”. La disciplina produce anche risultati mai raggiunti nella squadra di pallanuoto, un tempo fi accata dall’individualismo dei giocatori. Fatte le debite proporzioni, le adunate si fanno “oceaniche” e lo stesso professore, all’inizio “alternativo e fricchettone”, fi nisce contagiato dal morbo fi no a rendersi irriconoscibile agli occhi della stessa moglie/collega. Solo due ragazze della classe originaria capiscono fi n dall’inizio che il gioco è pericoloso e che può fi nire malamente. Infatti ci casca il morto, anzi due, e il professore viene arrestato. Con quale accusa? Forse di plagio, forse di concorso in omicidio colposo se non volontario? Diffi cile dare una risposta al tema proposto (anche per- ché un fatto simile è accaduto veramente in una scuola di Palo Alto, California, nel 1967). Sicuramente non basta un “gioco di ruolo” per ottenere comportamenti nazisti in senso stretto, ma certamente nella nostra società postindustriale complessa di oggi, come dimostrato da infi niti fatti di cronaca, è molto facile indurre i giovani ad azione violente, razziste, aggressive, sopraffatrici, ecc, l’anticamera del nazismo. Sicché il fi lm, al di là di certo didascalismo, fa rifl ettere non poco. E fa rifl ettere anche il Cinema e dintorni Rainer Wenger (Jürgen Vogel), anticonformista docente di un liceo tedesco primo fi lm, sia rapportandosi a più di sessant’anni fa (ma come è stato possibile l’Olocausto?), sia rapportandosi all’oggi: ma come vivono, come possono vivere i fi gli, i nipoti, i pronipoti, ecc., di coloro (milioni di tedeschi) che commisero quel misfatto (quanto consapevolmente?, Hanna che non tenta di difendersi, convinta che “gli ordini erano ordini”) e di coloro che sapevano e tacquero (ma avrebbero potuto parlare)? Ecco perché, probabilmente, dopo aver visto i due fi lm un giorno dopo l’altro, ho fatto quelle pensate “iniziali”. Perché credo che, più o meno inconsciamente, tedeschi e non tedeschi, giovani e meno giovani, dopo sessant’anni, in un modo o nell’altro, cerchino di rimuovere, dimenticare, cancellare dalla mente e dalla faccia della terra questo enorme “bubbone”, tumore nella storia dell’umanità perché troppo insopportabile, ma anche troppo complicato, misterioso nella sua disumanità. Se è stato necessario istituire la giornata della Memoria (27 gennaio) è perché, evidentemente, si cominciava a perderne memoria. Comprendo bene che non si deve dimenticare, che è compito dei paesi democratici, delle istituzioni (scuole innanzitutto, appunto) di far conoscere perché mai più abbiano a ripetersi fatti del genere ma dobbiamo considerare anche almeno due, tre cosette: che se c’è ancora un neonazismo, più o meno fanatico, in Europa e in America, una qualche ragione ci sarà; che se anche i preti diventano negazionisti (e c’è tutto un fi lone “storico” negazionista) una qualche ragione ci sarà; che se è ancora diffuso nel mondo l’antiebraismo una qualche ragione ci sarà! E quali sono queste ragioni? Tutte le ragioni storiche, oggettive, “effettuali” che volete ma poi c’è una ragione “naturale”, maledizione, che le sottende tutte: l’uomo cambia poco e, se cambia, cambia molto lentamente. Non sono forse nuovi olocausti, perpetrati con modalità diverse e responsabilità diversifi cate certo, la tragedia del Darfur, la moria di bambini nel mondo, il traffi co di organi a livello mondiale, i venti milioni di africani che stanno morendo di AIDS, la situazione di schiavitù in cui vivono milioni di donne nei regimi islamici fondamentalisti, il “turismo” sessuale avente come protagoniste bambine meno che adolescenti, i milioni di ragazzi morti per droga nel mondo in questi ultimi quarant’anni, il genocidio nel Biafra, la tragedia “balcanica”, ecc. ecc.? Morale: l’uomo non solo cambia molto lentamente ma c’è in lui, come sosteneva il buon Freud, il meglio e il peggio, e il peggio è un “principio di morte” che, in determinate situazioni, viene fuori e non guarda in faccia nessuno: colpisce e basta! Altri potranno dare spiegazioni diverse ma accadono troppe cose “brutte” nel mondo per poter credere che basti “chiudere gli occhi”... No, l’Olocausto non è solo fi glio della Germania nazista, è fi glio dell’umanità intera, per quello ne abbiamo una paura fottuta, per quello cerchiamo di rimuovere, far fi nta di nulla... E allora, se così stanno le cose, si può fare qualcosa? Non so se c’è una risposta... Se l’avessi... ● Panorama 23

del tedesco Dennis Gansel<br />

manità intera<br />

vi aderisce e scontrandosi con gruppi<br />

di “anarchici”. La disciplina produce<br />

anche risultati mai raggiunti nella<br />

squadra di pallanuoto, un tempo fi accata<br />

dall’individualismo dei giocatori.<br />

Fatte le debite proporzioni, le adunate<br />

si fanno “oceaniche” e lo stesso<br />

professore, all’inizio “alternativo e<br />

fricchettone”, fi nisce contagiato dal<br />

morbo fi no a rendersi irriconoscibile<br />

agli occhi della stessa moglie/collega.<br />

Solo due ragazze della classe originaria<br />

capiscono fi n dall’inizio che<br />

il gioco è pericoloso e che può fi nire<br />

malamente. Infatti ci casca il morto,<br />

anzi due, e il professore viene arrestato.<br />

Con quale accusa? Forse di plagio,<br />

forse di concorso in omicidio colposo<br />

se non volontario? Diffi cile dare una<br />

risposta al tema proposto (anche per-<br />

ché un fatto simile è accaduto veramente<br />

in una scuola di Palo Alto, California,<br />

nel 1967). Sicuramente non<br />

basta un “gioco di ruolo” per ottenere<br />

comportamenti nazisti in senso stretto,<br />

ma certamente nella nostra società<br />

postindustriale complessa di oggi,<br />

come dimostrato da infi niti fatti di<br />

cronaca, è molto facile indurre i giovani<br />

ad azione violente, razziste, aggressive,<br />

sopraffatrici, ecc, l’anticamera<br />

del nazismo. Sicché il fi lm, al<br />

di là di certo didascalismo, fa rifl ettere<br />

non poco. E fa rifl ettere anche il<br />

Cinema e dintorni<br />

Rainer Wenger (Jürgen Vogel), anticonformista docente di un liceo tedesco<br />

primo fi lm, sia rapportandosi a più di<br />

sessant’anni fa (ma come è stato possibile<br />

l’Olocausto?), sia rapportandosi<br />

all’oggi: ma come vivono, come<br />

possono vivere i fi gli, i nipoti, i pronipoti,<br />

ecc., di coloro (milioni di tedeschi)<br />

che commisero quel misfatto<br />

(quanto consapevolmente?, Hanna<br />

che non tenta di difendersi, convinta<br />

che “gli ordini erano ordini”) e di<br />

coloro che sapevano e tacquero (ma<br />

avrebbero potuto parlare)?<br />

Ecco perché, probabilmente, dopo<br />

aver visto i due fi lm un giorno dopo<br />

l’altro, ho fatto quelle pensate “iniziali”.<br />

Perché credo che, più o meno<br />

inconsciamente, tedeschi e non tedeschi,<br />

giovani e meno giovani, dopo<br />

sessant’anni, in un modo o nell’altro,<br />

cerchino di rimuovere, dimenticare,<br />

cancellare dalla mente e dalla faccia<br />

della terra questo enorme “bubbone”,<br />

tumore nella storia dell’umanità perché<br />

troppo insopportabile, ma anche<br />

troppo complicato, misterioso nella<br />

sua disumanità.<br />

Se è stato necessario istituire la<br />

giornata della Memoria (27 gennaio)<br />

è perché, evidentemente, si cominciava<br />

a perderne memoria. Comprendo<br />

bene che non si deve dimenticare,<br />

che è compito dei paesi democratici,<br />

delle istituzioni (scuole innanzitutto,<br />

appunto) di far conoscere perché mai<br />

più abbiano a ripetersi fatti del genere<br />

ma dobbiamo considerare anche almeno<br />

due, tre cosette: che se c’è ancora<br />

un neonazismo, più o meno fanatico,<br />

in Europa e in America, una<br />

qualche ragione ci sarà; che se anche<br />

i preti diventano negazionisti (e c’è<br />

tutto un fi lone “storico” negazionista)<br />

una qualche ragione ci sarà; che<br />

se è ancora diffuso nel mondo l’antiebraismo<br />

una qualche ragione ci sarà!<br />

E quali sono queste ragioni? Tutte le<br />

ragioni storiche, oggettive, “effettuali”<br />

che volete ma poi c’è una ragione<br />

“naturale”, maledizione, che le sottende<br />

tutte: l’uomo cambia poco e,<br />

se cambia, cambia molto lentamente.<br />

Non sono forse nuovi olocausti,<br />

perpetrati con modalità diverse e responsabilità<br />

diversifi cate certo, la tragedia<br />

del Darfur, la moria di bambini<br />

nel mondo, il traffi co di organi a livello<br />

mondiale, i venti milioni di africani<br />

che stanno morendo di AIDS, la<br />

situazione di schiavitù in cui vivono<br />

milioni di donne nei regimi islamici<br />

fondamentalisti, il “turismo” sessuale<br />

avente come protagoniste bambine<br />

meno che adolescenti, i milioni di ragazzi<br />

morti per droga nel mondo in<br />

questi ultimi quarant’anni, il genocidio<br />

nel Biafra, la tragedia “balcanica”,<br />

ecc. ecc.?<br />

Morale: l’uomo non solo cambia<br />

molto lentamente ma c’è in lui, come<br />

sosteneva il buon Freud, il meglio e<br />

il peggio, e il peggio è un “principio<br />

di morte” che, in determinate situazioni,<br />

viene fuori e non guarda in<br />

faccia nessuno: colpisce e basta! Altri<br />

potranno dare spiegazioni diverse<br />

ma accadono troppe cose “brutte”<br />

nel mondo per poter credere che basti<br />

“chiudere gli occhi”... No, l’Olocausto<br />

non è solo fi glio della Germania<br />

nazista, è fi glio dell’umanità intera,<br />

per quello ne abbiamo una paura fottuta,<br />

per quello cerchiamo di rimuovere,<br />

far fi nta di nulla... E allora, se<br />

così stanno le cose, si può fare qualcosa?<br />

Non so se c’è una risposta... Se<br />

l’avessi... ●<br />

<strong>Panorama</strong> 23

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