verifica SOMMaTiva NarraTiva 1.2 cONOSceNze - Capitello
verifica SOMMaTiva NarraTiva 1.2 cONOSceNze - Capitello
verifica SOMMaTiva NarraTiva 1.2 cONOSceNze - Capitello
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Narrativa e testi non letterari 1 volume A sezione 1 unità 2<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> <strong>1.2</strong> <strong>cONOSceNze</strong><br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
a Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false e sottolinea le parole che rendono falsa l’affermazione.<br />
1. La narrazione di storie ha origine con la scrittura. V F<br />
2. Nella tradizione orale i confini fra storie inventate, memorie, leggende,<br />
cronache e rielaborazioni personali di vicende storiche erano spesso incerti. V F<br />
3. Alcuni scrittori prendono spunto dalla realtà per costruire storie di invenzione:<br />
una persona o una vicenda li colpisce in modo particolare e attorno a loro<br />
l’immaginazione comincia a indagare, a sviluppare, a costruire una trama. V F<br />
4. Con la parola inglese fiction si indicano sia le storie inventate,<br />
sia quelle realmente accadute. V F<br />
5. Le storie nascono sempre dalla biografia dello scrittore, dai suoi incontri,<br />
dalle sue esperienze di vita. V F<br />
6. Gli scrittori sono persone che si rifugiano nella scrittura per sfuggire alla realtà.<br />
7. Per diventare scrittori è importante saper ascoltare sia le voci<br />
V F<br />
che vengono dalla realtà esterna, dagli altri, sia la voce del proprio mondo interiore. V F<br />
8. La scrittura è un’esperienza attiva, mentre la lettura è un’esperienza passiva. V F<br />
9. Chi legge romanzi vuole sempre evadere dalla realtà. V F<br />
10. Il patto narrativo fra scrittori e lettori riguarda l’aspetto della finzione nella narrativa. V F<br />
B Rispondi alle seguenti domande, facendo riferimento ai testi che hai letto in questa Unità.<br />
11. Che cosa spinge uno scrittore o una scrittrice a scrivere storie, romanzi, racconti?<br />
12. Uno scrittore può descrivere con precisione in che cosa consista il processo creativo che<br />
porta all’ideazione di un romanzo?<br />
13. Che cosa può significare leggere romanzi, leggere fiction?<br />
14. Che cosa si impegnano implicitamente a fare scrittore e lettore nel patto narrativo?<br />
15. Che cosa si intende per lettore competente?<br />
Totale punti<br />
. . . . . . / 10<br />
. . . . . . / 5<br />
. . . . . . / 15
Narrativa e testi non letterari 2 volume A sezione 1 unità 2<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> <strong>1.2</strong> cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
Amos Oz<br />
UN PASSATEMPO UTILE<br />
1. indigenza: povertà.<br />
2. Gerusalemme: città antichissima, capitale<br />
dello Stato di Israele al centro delle complesse<br />
controversie fra Israeliani e Palestinesi: la sovranità<br />
territoriale di Gerusalemme è attualmente<br />
rivendicata sia da Israele che dal popolo<br />
palestinese in modalità finora inconciliabili.<br />
È la città natale dell’autore.<br />
3. sporadiche: molto rare.<br />
4. tomi: volumi; propriamente, volumi come<br />
parti in cui è divisa un’opera.<br />
5. più raro… di oggi: paragone al tempo stesso<br />
scherzoso e serio. Vuole dire che il gelato era<br />
Contro il fanatismo, 2002 Lingua originale inglese<br />
Lo scrittore israeliano Amos Oz, in un volumetto che raccoglie alcune sue conferenze sui temi della pace<br />
e dell’importanza del dialogo fra le persone e fra i popoli, espone anche le sue idee sul valore della letteratura.<br />
In questa pagina racconta in quali circostanze imparò a sviluppare un «passatempo» importante<br />
per un romanziere.<br />
10<br />
20<br />
Io sono diventato scrittore per colpa dell’indigenza 1 , della solitudine e del<br />
gelato. Ero figlio unico di una assai modesta famiglia della classe media, – di<br />
fatto, una famiglia povera di Gerusalemme 2 . Mio padre faceva il bibliotecario<br />
e mia madre dava sporadiche 3 lezioni private di storia e letteratura. Abitavamo<br />
in un minuscolo appartamento che pareva l’abitacolo di un sommergibile,<br />
zeppo di libri in diverse lingue. Ma a parte i tomi 4 , c’era ben poco. I miei<br />
genitori si ritrovavano con i loro amici nei caffè. E mi portavano con loro,<br />
dal momento che ero figlio unico e non c’era nessuno con cui lasciarmi, a<br />
casa. Mi dicevano che dovevano conversare con i loro amici e che io dovevo<br />
comportarmi bene e che se mi fossi comportato bene, alla fine avrei avuto il<br />
gelato. Insomma, il gelato nella Gerusalemme di quell’epoca era più raro che<br />
la pace nel Medio Oriente di oggi 5 . Era un sentito dire, una leggenda: solo chi<br />
era molto fortunato lo conquistava. Io andavo matto per il gelato, se non che i<br />
miei avevano l’abitudine di trascinare quelle loro conversazioni con gli amici<br />
ininterrottamente per sette giorni e sette notti 6 . O almeno così sembrava a<br />
me. Allora dovevo pur far qualcosa di me stesso, per non urlare o dar fuori<br />
di matto: così me stavo lì seduto, come un piccolo detective, a osservare il<br />
viavai nel locale – gente che entrava, gente che usciva… e come uno Sherlock<br />
Holmes in erba 7 , ne studiavo gli abiti, le facce, i gesti, le scarpe, rimiravo 8 le<br />
borsette e ingannavo l’attesa inventando delle piccole storie su questa gente,<br />
fantasticando sulla loro provenienza o sui rapporti fra quelle due donne e<br />
quell’uomo seduti al tavolino d’angolo, le due che fumavano e lui no, una con<br />
l’aria davvero triste, lui che a stento apriva bocca, e l’altra donna che parlava<br />
quasi sempre lei. Dovevo inventare una trama. O quell’altro – un giovanotto<br />
molto raro, come purtroppo è la pace in Medio<br />
Oriente, cioè la zona dell’Asia occidentale<br />
compresa fra il Mediterraneo e il mar Rosso.<br />
6. sette giorni e sette notti: espressione fiabesca<br />
qui usata in senso scherzoso, per significare<br />
«per un tempo lunghissimo».<br />
7. come uno Sherlock Holmes in erba: come un<br />
piccolo investigatore. Sherlock Holmes è un<br />
celeberrimo personaggio di Conan Doyle.<br />
8. rimiravo: guardavo e riguardavo.
30<br />
40<br />
Narrativa e testi non letterari 3 volume A sezione 1 unità 2<br />
alto, strano, dall’aria timida, seduto accanto alla porta con un giornale davanti,<br />
che peraltro non stava leggendo. Teneva lo sguardo fisso sulla porta, stava<br />
aspettando. Un’ora, due, insomma, non era possibile che stesse aspettando il<br />
mio gelato, evidentemente si trattava di una persona. Allora mi figuravo chi<br />
e perché stava aspettando. Dunque, imparai ad alleviare la mia solitudine<br />
osservando la gente, immaginando, inventando, a tratti captando 9 brandelli<br />
di conversazione per poi ricomporli e, come un ufficiale della Stasi 10 , ricavare<br />
da trascurabili frammenti di informazioni una storia intrigante 11 . Ora,<br />
debbo ammettere che continuo a comportarmi così quando mi capitano i<br />
cosiddetti “tempi morti”, in aeroporto, o quando mi trovo in sala d’attesa dal<br />
dentista, o in coda da qualche parte – invece di sfogliare qualcosa o grattarmi<br />
la testa, mi do al fantasticare. Certo, le mie fantasie di oggi non sono sempre<br />
così innocenti come quelle di allora, quando, bambino, sognavo il mio gelato.<br />
Ma ancora fantastico. E credetemi, è un passatempo utile, non solo per un<br />
romanziere, non solo per uno scrittore: per chiunque di noi. Accadono davvero<br />
tante cose, a ogni angolo di strada, in ogni coda in attesa dell’autobus, in<br />
qualunque sala d’aspetto di un ambulatorio, o in un caffè… Tanta di quella<br />
umanità attraversa ogni giorno il nostro campo visivo, mentre per gran parte<br />
del tempo noi restiamo indifferenti, non ce ne accorgiamo neppure, vediamo<br />
ombre invece di persone in carne e ossa. Perciò, con l’abitudine di osservare<br />
gli estranei, e con un pizzico di fortuna, finirete presumibilmente per scrivere<br />
dei racconti congetturando 12 intorno a quello che la gente si fa a vicenda, a<br />
come ci si appartiene a vicenda. Altrimenti, sarà comunque un buon passatempo<br />
con tanto di gelato alla fine, un gioco dove non ci sono perdenti.<br />
9. captando: cogliendo quasi di nascosto, come<br />
si captano dei segnali.<br />
10. come un ufficiale della Stasi: come un agente<br />
di spionaggio, o di una polizia segreta. Un<br />
altro paragone che utilizza in modo autoironico<br />
un riferimento alla storia politica contemporanea:<br />
la Stasi era la temibile polizia<br />
A. Oz, Contro il fanatismo, Feltrinelli, Milano 2004<br />
segreta della Repubblica Democratica Tedesca,<br />
prima della caduta del muro di Berlino<br />
che pose fine nel 1989 alla divisione della<br />
Germania.<br />
11. intrigante: interessante e coinvolgente.<br />
12. congetturando: facendo congetture, ipotesi.
Narrativa e testi non letterari 4 volume A sezione 1 unità 2<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. Che cosa racconta l’autore della propria famiglia?<br />
2. In quali circostanze l’autore cominciò a sviluppare la sua abilità nell’inventare delle storie?<br />
3. Spiega la frase iniziale del testo: Io sono diventato scrittore per colpa dell’indigenza, della solitudine e del<br />
gelato.<br />
4. Qual è il passatempo utile di cui parla l’autore?<br />
riflettere<br />
5. Oz ricorda che nella sua infanzia non aveva molte occasioni o oggetti per intrattenersi, per divertirsi, per<br />
passare il tempo. Ti sembra che questo si sia rivelato uno svantaggio per lui?<br />
6. Quali abitudini e atteggiamenti sviluppa Oz da bambino? (Più risposte sono corrette)<br />
l’obbedienza<br />
la curiosità<br />
il saper stare da solo<br />
l’interesse per le persone<br />
l’abitudine a frequentare i caffè<br />
l’incapacità di stare con altri bambini<br />
l’incapacità di stare con gli altri<br />
la capacità di osservare<br />
la fantasia<br />
• Quali delle abitudini o degli atteggiamenti che hai individuato pensi che siano più importanti per un<br />
romanziere, per un autore di storie? Motiva la tua risposta.<br />
7. Pensi che oggi, nella nostra società, sia frequente per un bambino trovarsi nella situazione nella quale si<br />
trovava Amos Oz nei caffè dove i grandi parlavano fra loro?<br />
8. Ti è mai capitato di dedicarti al passatempo utile di cui parla il testo?<br />
• Pensi che saresti in grado di occupare dei tempi morti nel modo descritto da Oz?<br />
• Oz scrive: E credetemi, è un passatempo utile, non solo per un romanziere, non solo per uno scrittore:<br />
per chiunque di noi. Che cosa pensi di questa affermazione?<br />
Scrivere<br />
9. Scrivi un testo espositivo-argomentativo di circa 150 parole dal titolo: «Le storie nascono anche dall’osservazione<br />
della vita di ogni giorno».
Narrativa e testi non letterari 5 volume A sezione 1 unità 3<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 1.3 <strong>cONOSceNze</strong><br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
a Facendo riferimento a quanto hai imparato in questa Unità, indica se le seguenti affermazioni sono<br />
vere o false e sottolinea le parole che rendono falsa l’affermazione.<br />
1. Un testo divulgativo si rivolge a lettori interessati all’argomento. V F<br />
2. Gli elementi costitutivi e qualitativi indicano come è l’oggetto della descrizione. V F<br />
3. Senza lo scorrere del tempo non ci potrebbe essere alcuna narrazione. V F<br />
4. In una narrazione i fatti si succedono nell’ordine in cui sono avvenuti. V F<br />
5. La conoscenza del destinatario è poco importante<br />
nell’elaborazione di un testo argomentativo. V F<br />
6. In un testo argomentativo una tesi è una verità certa. V F<br />
7. Chi scrive un testo espositivo prima di tutto si documenta sull’argomento. V F<br />
8. I sottocodici sono insiemi di parole che fanno parte del codice-lingua,<br />
usate prevalentemente in settori specifici. V F<br />
9. Esempi e citazioni sono tipi di informazione. V F<br />
10. Una confutazione è un testo argomentativo che esprime una tesi contraria a un’altra. V F<br />
B Scegli il completamento corretto.<br />
11. Una storia è sempre<br />
una sequenza di eventi o azioni<br />
un racconto immaginario<br />
una narrazione<br />
riferita alla realtà<br />
12. Una parola è denotativa quando<br />
il suo significato è univoco e condiviso da tutti<br />
esprime un giudizio<br />
si trova in una cronaca<br />
è precisa<br />
13. Una cronaca giornalistica<br />
non è un vero testo narrativo<br />
racconta i fatti in maniera oggettiva<br />
deve colpire l’attenzione del lettore<br />
14. Un’esposizione<br />
in genere contiene informazioni oggettive<br />
ha lo scopo di informare<br />
si rivolge a un pubblico di specialisti<br />
spesso è caratterizzata da un linguaggio denotativo<br />
15. In un testo argomentativo il lessico<br />
è sempre denotativo<br />
è sempre connotativo<br />
può essere sia denotativo sia connotativo<br />
è sempre di registro alto<br />
Totale punti<br />
. . . . . . / 10<br />
. . . . . . / 5<br />
. . . . . . / 15
Narrativa e testi non letterari 6 volume A sezione 1 unità 3<br />
Maurizio Maggiani<br />
CON LA TOPOLINO, SULLA STRADA DEI MIRACOLI<br />
«Specchio - La Stampa», 11 novembre 1999<br />
Attraverso gli occhi di un bambino il mondo spesso si trasforma. Il breve viaggio su una Topolino 1 dalla<br />
Toscana a Genova, dove si trova l’ospedale dei bambini, è vissuto dal protagonista come un percorso verso<br />
un luogo ignoto e misterioso, ma ricco di fascino. E tutto rimane intatto nella memoria.<br />
Il testo dello scrittore Maurizio Maggiani è stato pubblicato sul magazine di un quotidiano e poi è confluito<br />
nel libro Mi sono perso a Genova. Una guida, pubblicato nel 2007.<br />
10<br />
20<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 1.3 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
Avevo cinque anni quando una sera a cena, tenendo il suo pezzo di pane<br />
in mano come se gli dovesse infondere chissà quale forza, mio padre ha bisbigliato<br />
con la testa protesa verso il piatto di mia madre: «Portiamolo a Genova».<br />
Ho sentito distintamente quelle due parole, anche se non avrei dovuto<br />
ascoltarle, e naturalmente ricordo ancora il loro suono preciso: i bambini<br />
hanno una speciale attitudine 2 a captare i bisbigli che non li riguardano.<br />
Quella sera comunque ho capito che ero molto malato, visto che sarei stato<br />
portato a Genova, città lontana, ignota, miracolosa.<br />
Dell’ospedale dei bambini ricordo solo che a mezzogiorno aveva un buon<br />
odore di minestrone con le farfalline 3 , ma del viaggio invece… Del viaggio<br />
ricordo la giardinetta Topolino, che non era nostra, e il Bracco 4 : il Passo, il<br />
Valico, il Confine.<br />
Siamo partiti dal paese che era notte: io che ancora dormivo tutto infagottato<br />
in un cappottone con la martingala 5 che strusciava per terra, le borse con<br />
la merenda da mangiare lungo la strada, il fascio delle lastre dei raggi 6 , quei<br />
fogli di celluloide dove si vedeva bene che c’era qualcosa che non andava. E<br />
i bottiglioni: tre bottiglioni d’acqua per il Bracco. Non l’abbiamo bevuta noi<br />
quell’acqua, ma la Topolino. Il primo bottiglione a Roverano 7 , il Bracchetto. E<br />
mia madre, mentre il radiatore 8 sbolliva, ha raccolto fiori selvatici dalle ripe 9<br />
e li ha offerti alla Madonna del Viaggiatore. Gli altri due alla sommità del<br />
Passo, dopo gli Otto Tornanti. E i camion fermi ai bordi della strada, e le tremende<br />
bestemmie dei camionisti che esalavano 10 dall’oscurità delle cabine.<br />
1. Topolino: piccola automobile della Fiat costruita nel 1936 e<br />
prodotta sino agli anni Cinquanta; la versione giardinetta è<br />
paragonabile a quella che è oggi la versione familiare di un<br />
certo modello.<br />
2. attitudine: capacità naturale, propensione; captare significa<br />
intuire.<br />
3. farfalline: tipo di pasta per minestre.<br />
4. Bracco : passo a 615 m che separa la provincia di Genova da<br />
quella di La Spezia; è stato a lungo la via più breve che collegava<br />
Sestri Levante con La Spezia, sino alla costruzione della<br />
galleria tra le due località.<br />
5. martingala: piccola striscia di stoffa, a volte fermata da due<br />
bottoni, posta sul retro del cappotto all’altezza della vita.<br />
6. lastre dei raggi: le lastre delle radiografie; celluloide: una<br />
materia plastica incolore e trasparente che veniva usata una<br />
volta per le pellicole e le lastre fotografiche; oggi non viene<br />
più adoperata perché altamente infiammabile.<br />
7. Roverano: località lungo la via Aurelia, tra Sestri levante e<br />
La Spezia, dove sorge un antico santuario; Bracchetto è un<br />
passo intermedio tra il passo del Bracco e il passo Termine.<br />
8. radiatore: dispositivo che serve a raffreddare il motore delle<br />
automobili.<br />
9. ripe: i bordi della strada.<br />
10. esalavano: uscivano.
30<br />
Narrativa e testi non letterari 7 volume A sezione 1 unità 3<br />
E i pellegrini, bicicletta alla mano, carichi di zaini da soldato 11 e cartelli «arroto<br />
coltelli», «stagno e riparo» «per grazia ricevuta»; già a cantare di prima<br />
mattina le loro canzoni romee 12 . E la nausea e i vomitini: «Fermati Dino che<br />
il bimbo sta male», «Non posso che se no non ripartiamo più».<br />
Al Passo sono stato messo a sedere sono il cartello del confine e mio padre<br />
mi ha fatto la foto ricordo. Alle mie spalle, nella lattìgine 13 del mattino<br />
invernale la serpe dell’Aurelia 14 scivolava giù verso le pianure e i golfi della<br />
Grande Genova, la terra dove si guarivano i bambini, mai prima di allora<br />
toccata da uno sguardo dei Maggiani 15 . Col tempo quella foto si è persa. Così<br />
sono tornato a rivedere me stesso, il Passo e il Confine. Mi sembra che tutto<br />
sia rimasto come allora, anche lo sgomento 16 che sento a rivedere laggiù i<br />
golfi 17 di Tigullio e Paradiso… Tranne il fatto che non ho visto camion, non<br />
ho visto pellegrini.<br />
M. Maggiani, in «Specchio», 11 settembre 1999<br />
11. zaini da soldato: molti utilizzavano gli zaini usati da soldati<br />
durante la guerra; arroto: affilo: è il cartello di un arrotino,<br />
un lavoratore ambulante che faceva il suo lavoro di affilacoltelli<br />
girando di casa in casa; il cartello stagno e riparo<br />
è invece di uno stagnino, che riparava le pentole rotte; per<br />
grazia ricevuta è la formula con cui sono accompagnate le<br />
offerte di coloro i quali hanno visto esaudita da un santo o<br />
dalla Madonna una loro richiesta.<br />
12. romee: tipiche dei pellegrini; i romei erano i pellegrini che<br />
durante il Medioevo andavano a Roma.<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
comprendere<br />
1. Chi racconta i fatti?<br />
2. Quali elementi propri di un testo narrativo sono presenti nel testo?<br />
13. lattìgine: aria nebbiosa, biancastra come il latte, in cui il paesaggio<br />
perde i suoi contorni.<br />
14. serpe… Aurelia: la via Aurelia, che percorre la Liguria, è tortuosa<br />
come una serpe.<br />
15. Maggiani: la famiglia dello scrittore.<br />
16. sgomento: turbamento, senso di inquietudine.<br />
17. i golfi… Paradiso: golfi della riviera di Levante.<br />
3. La città di Genova assume nella narrazione l’aspetto di una città lontana e misteriosa. Individua tutte le<br />
parole e le espressioni che costruiscono questa immagine.<br />
4. Quali sono le sensazioni che prova il protagonista rivedendo da adulto i medesimi luoghi?<br />
riflettere<br />
5. Il viaggio compiuto dal protagonista è piuttosto breve. Quali elementi lo rendono affascinante e quindi<br />
indimenticabile ai suoi occhi?<br />
6. Sono presenti nel testo informazioni non reali, che appartengono all’immaginazione dell’autore?<br />
7. Attraverso quali elementi l’autore è riuscito a rendere interessante questa piccola storia?<br />
8. A quale genere di testo rimanda la narrazione?<br />
un racconto<br />
Spiega la tua risposta.<br />
una cronaca un testo autobiografico una guida turistica<br />
Scrivere<br />
9. Individua e utilizza le informazioni contenute nel testo di Maggiani per scrivere un breve articolo espositivo<br />
(100 parole circa), da pubblicare in una rubrica di viaggi, sul seguente argomento: «Anni Cinquanta:<br />
in viaggio da Viareggio a Genova».
Narrativa e testi non letterari 8 volume A sezione 2 unità 1<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 2.1 <strong>cONOSceNze</strong><br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
a Facendo riferimento a quanto hai imparato in questa Unità, indica se le seguenti affermazioni sono<br />
vere o false e sottolinea le parole che rendono falsa l’affermazione.<br />
1. Il lavoro dello scrittore è fatto sia di libertà sia di disciplina. V F<br />
2. Ideazione di una storia e scrittura sono naturalmente collegate:<br />
la scrittura sorge spontanea dall’ideazione. V F<br />
3. Nel momento della scrittura lo scrittore tende ad astrarsi<br />
dalla realtà che lo circonda per immergersi nel mondo che sta creando. V F<br />
4. Un vero scrittore trova subito la soluzione migliore per la storia<br />
che sta scrivendo e quasi mai riscrive una pagina di un romanzo o di un racconto. V F<br />
5. Scrivere è un’attività creativa che assorbe molta energia. V F<br />
6. Leggere consapevolmente significa essere uno specialista<br />
della lettura e della letteratura. V F<br />
7. Scrivere è un’esperienza attiva, leggere è un’esperienza passiva. V F<br />
8. Ci sono posizioni che migliorano l’esperienza e il lavoro della lettura. V F<br />
9. Essere lettori è un dovere, perché leggere aiuta a scrivere bene. V F<br />
10. Partecipare, attraverso la lettura, al lavoro creativo dello scrittore<br />
può essere faticoso anche quando risulta interessante e piacevole. V F<br />
B Rispondi alle seguenti domande, facendo riferimento ai testi che hai letto in questa Unità.<br />
11. Quali scelte deve compiere lo scrittore mentre scrive un racconto o un romanzo?<br />
12. In che senso si può parlare di «lavoro del lettore»?<br />
13. Le letture obbligate e gli esercizi scolastici allontanano necessariamente dalla lettura?<br />
14. Che cosa è necessario per essere lettori consapevoli?<br />
15. Gli scrittori hanno familiarità con l’esperienza della lettura? Gli scrittori, cioè, sono anche<br />
lettori?<br />
Totale punti<br />
. . . . . . / 10<br />
. . . . . . / 15<br />
. . . . . . / 25
Narrativa e testi non letterari 9 volume A sezione 2 unità 1<br />
Albert Camus<br />
LA BIBLIOTECA<br />
1. parecchio ingrato: sgradevole.<br />
2. Jacques e Pierre: Jacques è il nome del protagonista, Pierre è<br />
un suo amico; più avanti sono nominati solo con le iniziali.<br />
3. canone: quota di iscri zione; la ricevuta dell’affitto serviva a<br />
Il primo uomo, 1974 Lingua originale francese<br />
Nel romanzo postumo Il primo uomo lo scrittore francese Albert Camus rievoca nel personaggio di Jacques<br />
la propria infanzia trascorsa ad Algeri nei primi decenni del Novecento. Uno dei ricordi più intensi è quello<br />
della biblioteca cittadina, dove andava o prendere i libri delle sue prime letture.<br />
La biblioteca riemerge nella sua memoria come un luogo carico di magia e di sogni.<br />
10<br />
20<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 2.1 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
La biblioteca apriva tre sere la settimana, compreso il giovedì, dopo l’orario<br />
di lavoro e tutto il giovedì mattina. Una giovane maestra, dal fisico parecchio<br />
ingrato 1 , che dedicava gratuitamente alla biblioteca alcune ore del proprio<br />
tempo, sedeva a un tavolo di legno bianco piuttosto grande e si occupava dei<br />
libri destinati al prestito. Era una stanza quadrata, con le pareti interamente<br />
coperte di scaffali di legno bianco e di volumi rilegati in tela nera. C’erano<br />
anche un tavolino con qualche sedia per chi voleva consultare rapidamente<br />
un dizionario, dato che la biblioteca svolgeva soltanto il servizio prestiti, e<br />
uno schedario alfabetico che Jacques e Pierre 2 non consultavano mai, poiché<br />
il loro metodo consisteva nel gironzolare fra gli scaffali, scegliendo un libro<br />
in base al titolo o, più raramente, al nome dell’autore, annotandone il numero<br />
e riportandolo sulla scheda blu per la richiesta. Per aver diritto al prestito,<br />
bastava portare una ricevuta dell’affitto e pagare un piccolo canone 3 . Si otteneva<br />
allora una tessera pieghevole sulla quale, oltre che sul registro della<br />
giovane maestra, venivano trascritti i titoli dei libri prestati.<br />
La biblioteca conteneva in maggioranza romanzi, molti dei quali erano<br />
però vietati ai minori di quindici anni e collocati a parte. E il metodo puramente<br />
intuitivo dei due ragazzi non bastava per fare una vera scelta fra i<br />
rimanenti. Ma, nelle faccende di cultura, il caso non è il sistema peggiore e,<br />
divorando tutto alla rinfusa, i due ingordi 4 mandavano giù il meglio insieme<br />
al peggio, senza preoccuparsi d’altronde di tenere a mente qualcosa, e in effetti<br />
non tenendo a mente quasi nulla, a parte una strana emozione che, col<br />
trascorrere delle settimane, dei mesi e degli anni, faceva nascere e crescere in<br />
loro tutto un mondo d’immagini e di ricordi che non avevano alcun rapporto<br />
con la realtà quotidiana in cui vivevano, ma non per questo erano meno<br />
nitidi 5 per questi ardenti ragazzi che vivevano altrettanto intensamente i loro<br />
sogni e la propria vita. Il contenuto dei libri era, in fondo, poco importante.<br />
Importante era ciò che sentivano entrando nella biblioteca, dove non vedevano<br />
pareti di libri neri, ma uno spazio e una molteplicità di orizzonti che, sin<br />
garantire che la persona abitava in città e a conoscerne l’indirizzo.<br />
4. ingordi: che vogliono mangiare troppo e troppo in fretta.<br />
5. nitidi: chiari.
30<br />
40<br />
50<br />
60<br />
Narrativa e testi non letterari 10 volume A sezione 2 unità 1<br />
dalla soglia, li portavano lontano dalla vita limitata del quartiere. Veniva poi<br />
il momento in cui, muniti entrambi dei due volumi ai quali avevano diritto,<br />
e stringendoseli forte al fianco con il gomito, percorrevano il boulevard 6 , a<br />
quell’ora ormai buio, schiacciando sotto i piedi i frutti dei platani 7 , pregustando<br />
le delizie che avrebbero cavato dai nuovi libri e paragonandoli a quelli<br />
della settimana precedente, finché, arrivati sulla strada principale, cominciavano<br />
ad aprirli alla luce incerta del primo lampione, spigolandone qualche<br />
frase 8 (per esempio: «Era di un vigore poco comune») che rafforzava la loro<br />
avida e gioiosa aspettativa. Si lasciavano in fretta e correvano nelle rispettive<br />
sale da pranzo per aprire il libro sulla tela cerata 9 , sotto la lampada a petrolio.<br />
Un forte odore di colla si levava dalla rozza rilegatura che raspava loro le dita.<br />
Il modo in cui era stampato il libro diceva già al lettore quale piacere ne<br />
avrebbe tratto. P. e J. non amavano le composizioni larghe con ampi margini,<br />
di cui si compiacciono gli autori e i lettori raffinati, ma le pagine fitte di caratteri<br />
piccoli che si susseguivano in righe compatte, piene sino all’orlo di parole<br />
e di frasi, come quegli enormi piatti campagnoli in cui si può mangiare molto<br />
e a lungo senza arrivare mai alla fine, i soli in grado di soddisfare certi enormi<br />
appetiti. Non sapevano che farsene delle raffinatezze, non sapevano nulla<br />
e volevano conoscere tutto. Importava poco che il libro fosse scritto male e<br />
composto in modo grossolano 10 , purché fosse chiaro e pieno di vita violenta;<br />
erano quelli i soli che fornissero loro dei pâté di sogni 11 , sui quali avrebbero<br />
poi potuto dormire sonni pesanti.<br />
Ogni volume, inoltre, aveva un suo odore che dipendeva dalla carta su cui<br />
era stampato, un odore sottile, segreto, ma così particolare che J. sarebbe stato<br />
in grado di distinguere a occhi chiusi un volume della collezione Nelson<br />
dalle edizioni andanti 12 che pubblicava allora Fasquelle.<br />
E ognuno di questi odori, ancor prima che cominciasse la lettura, trasportava<br />
Jacques in un altro universo pieno di promesse già [mantenute] 13 che cominciava<br />
a oscurare la stanza in cui lui si trovava, a cancellare l’intero quartiere<br />
con i suoi rumori e la città e il mondo, destinati a sparire del tutto non<br />
appena si fosse messo a leggere con un’avidità folle, raggiungendo un’ebbrezza<br />
14 totale dalla quale neanche ordini ripetuti sarebbero riusciti a scuoterlo.<br />
«Jacques, prepara la tavola, te lo dico per la terza volta.» Preparava allora la<br />
tavola, con uno sguardo vuoto e spento, un po’ stravolto, come intossicato 15<br />
dalla lettura, e tornava poi al libro come se non se ne fosse mai distaccato.<br />
«Jacques, mangia», e lui si decideva finalmente a mangiare un cibo che, per<br />
quanto robusto, gli sembrava meno reale e meno solido di quello che trovava<br />
nei libri, poi sparecchiava e riprendeva a leggere. A volte gli si avvicinava la<br />
madre, prima di andare a sedersi nel suo angolo. «È la biblioteca» diceva.<br />
6. boulevard: viale; il termine è francese, in quanto l’Algeria è<br />
stata colonia francese sino al 1962.<br />
7. platani: alti alberi dall’ampia chioma, tipici dei viali cittadini.<br />
8. spigolandone qualche frase: leggendo qualche frase a caso<br />
qua e là; spigolare significa raccogliere le spighe che sono rimaste<br />
qua e là sul campo dopo lo mietitura.<br />
9. tela cerata: tela plastificata che ricopriva il tavolo.<br />
10. in modo grossolano: con uno stile poco raffinato, non elegante.<br />
11. pâté di sogni: insieme confuso di molti sogni; il pâté in Francia<br />
è in genere un pasticcio di carni diverse.<br />
A. Camus, Il primo uomo, trad. E. Capriolo, Bompiani, Milano 1994<br />
12. andanti: di poco valore e di poco prezzo; Nelson e Fasquelle<br />
sono due case editrici.<br />
13. [mantenute]: la parentesi quadrata indica un intervento del<br />
curatore dell’opera, che ha inserito questa parola non presente<br />
o forse indecifrabile nel testo; il romanzo infatti è tratto<br />
da un manoscritto incompiuto dell’autore, che è morto in un<br />
incidente d’auto, ed è stato pubblicato postumo.<br />
14. ebbrezza: esaltazione simile a quella provocata da un’ubriacatura.<br />
15. intossicato: avvelenato, ma anche dipendente, come se il libro<br />
fosse una specie di droga.
Narrativa e testi non letterari 11 volume A sezione 2 unità 1<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. In che modo Jacques e Pierre scelgono i libri?<br />
2. Che cosa rappresenta la biblioteca per i due ragazzi?<br />
3. I libri sono per Jacques un vero e proprio cibo, un cibo per la fantasia quasi in grado di sostituire il cibo<br />
reale. Individua nel testo le espressioni che sottolineano questo concetto.<br />
4. Jacques ha con i libri anche un rapporto di tipo fisico; essi sono cioè degli oggetti con caratteristiche fisiche<br />
che colpiscono i sensi del ragazzo. Individua quali sensi sono coinvolti nel rapporto di Jacques con i<br />
libri.<br />
5. Quali sono gli effetti della lettura su Jacques?<br />
• Sottolinea le espressioni del testo che confermano la tua risposta.<br />
6. Che cosa vuol dire la madre di Jacques con le parole «È la biblioteca»?<br />
riflettere<br />
7. Secondo te perché i due ragazzi amavano non le pagine stampate in modo chiaro ed elegante ma «le<br />
pagine fitte di caratteri piccoli che si susseguivano in righe compatte»?<br />
8. Perché secondo te i romanzi hanno un effetto così forte su Jacques?<br />
9. Questa pagina ha un valore autobiografico: nel personaggio di Jacques lo scrittore Albert Camus ritrae se<br />
stesso da adolescente. Quale significato può aver avuto l’esperienza descritta nel testo per la successiva<br />
attività di scrittore di Camus?<br />
• Conosci un altro testo in cui l’esperienza della lettura si riveli importante per uno scrittore?<br />
Scrivere<br />
10. Scrivi un testo di almeno 150 parole sul seguente argomento: «I libri, luogo di incontro fra scrittori. E<br />
lettori». Cita nel testo almeno un altro autore fra quelli di cui hai letto un brano.
Narrativa e testi non letterari 12 volume A sezione 2 unità 3<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 2.3 <strong>cONOSceNze</strong><br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
a Facendo riferimento a quanto hai imparato in questa Unità, indica se le seguenti affermazioni sono<br />
vere o false e sottolinea le parole che rendono falsa l’affermazione.<br />
1. In narratologia il termine discorso indica il modo in cui una storia è narrata. V F<br />
2. In narratologia il termine storia indica come una vicenda è narrata. V F<br />
3. La serie degli eventi e delle azioni, quello che succede nella storia, si chiama intreccio. V F<br />
4. L’invenzione dei fatti appartiene al livello della storia. V F<br />
5. Al livello del discorso appartiene, per esempio, la scelta di come ordinare i fatti. V F<br />
6. Le scelte relative alla rappresentazione dei fatti nel tempo<br />
appartengono al livello del discorso. V F<br />
7. La concatenazione dei fatti in un romanzo o in un racconto<br />
segue necessariamente la fabula. V F<br />
8. L’utilizzo di alcune tecniche narrative permette all’autore<br />
di creare effetti diversi nella presentazione dello scorrere del tempo. V F<br />
B Inserisci in ognuna delle affermazioni seguenti il termine corretto, scegliendolo tra quelli elencati<br />
sotto.<br />
9. La successione lineare, cronologica, dei fatti narrati in una storia si chiama .........................<br />
10. Ogni scrittore può raccontare una medesima fabula, con un diverso ......................................<br />
11. La tecnica narrativa per cui il narratore interrompe la narrazione dei fatti per tornare indietro<br />
nel tempo, a vicende avvenute in un passato più o meno lontano dal presente narrato, si chiama<br />
......................................<br />
12. Con la tecnica narrativa chiamata ...................................... vengono presentati nella narrazione<br />
fatti che riguardano sviluppi della vicenda che non sono ancora accaduti.<br />
13. Quando il narratore «salta» un periodo di tempo della storia, si dice che nel testo c’è una .....<br />
.............................................<br />
14. In una narrazione, rispetto alla presentazione del tempo una descrizione costituisce una .......<br />
...........................................<br />
15. In una ...................................... il tempo della storia e il tempo del racconto coincidono.<br />
retrospezione • fabula • scena • ellissi • pausa • intreccio • anticipazione<br />
Totale punti<br />
. . . . . . / 8<br />
. . . . . . / 7<br />
. . . . . . / 15
Narrativa e testi non letterari 13 volume A sezione 2 unità 3<br />
Niccolò Ammaniti<br />
LA PENTOLA CON LE MELE ROSSE<br />
Io non ho paura, 2001<br />
Questo brano è tratto dal romanzo più noto di Niccolò Ammaniti. Il protagonista è Michele Amitrano, un<br />
ragazzino di nove anni che vive in un paesino di campagna, in una zona non precisata del Sud dell’Italia.<br />
Nell’estate torrida del 1978, mentre gira con gli amici per i campi bruciati dal sole, Michele scopre un<br />
segreto terribile: in una casa diroccata, in fondo a un buco, è nascosto un bambino. Michele si trova ad<br />
affrontare la paura, il rischio e la scoperta della brutalità del mondo degli adulti. La storia è narrata in<br />
prima persona: il narratore interno è Michele, adulto, che ricorda l’esperienza vissuta da bambino.<br />
Dal romanzo è stato tratto un film che ha ottenuto un notevole successo di critica e di pubblico.<br />
10<br />
20<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 2.3 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
La mattina mi sono svegliato tranquillo, non avevo fatto sogni brutti. Sono<br />
rimasto un po’ a letto, a occhi chiusi, ad ascoltare gli uccelli. Poi ho cominciato<br />
a rivedere il bambino 1 che si sollevava e allungava le braccia.<br />
– Aiuto! – ho detto.<br />
Che stupido! Per quello si era alzato. Mi chiedeva aiuto e io ero scappato<br />
via.<br />
Sono uscito in mutande dalla stanza. Papà stava avvitando la macchinetta<br />
del caffè. Il padre di Barbara 2 era seduto a tavola.<br />
– Buon giorno, – ha detto papà. Non era più arrabbiato.<br />
– Ciao, Michele, – ha detto il padre di Barbara. – Come stai?<br />
– Bene.<br />
Pietro Mura era un uomo basso e tozzo, con un paio di baffoni neri che gli<br />
coprivano la bocca e un testone quadrato. Indossava un completo nero con<br />
le righine bianche e sotto la canottiera. Per tanti anni aveva fatto il barbiere a<br />
Lucignano 3 , ma gli affari non erano mai andati bene e quando avevano aperto<br />
un nuovo salone con la manicure e i tagli moderni aveva chiuso bottega e<br />
ora faceva il contadino. Ma ad Acqua Traverse lo continuavano a chiamare<br />
il barbiere.<br />
Se ti dovevi tagliare i capelli andavi a casa sua.<br />
Ti faceva sedere in cucina, al sole, accanto alla gabbia con i cardellini, apriva<br />
un cassetto e tirava fuori un panno arrotolato, dentro ci teneva i pettini e<br />
le forbici ben oliate.<br />
Pietro Mura aveva le dita grosse e corte come sigari toscani che entravano<br />
appena nelle forbici, e prima di cominciare a tagliare allargava le lame e te le<br />
1. il bambino: il giorno prima Michele aveva<br />
scoperto che in una casa diroccata, in campagna,<br />
era nascosto un bambino. In casa non<br />
aveva parlato di questa inquietante scoperta.<br />
2. Barbara: una bambina del gruppo dei compagni<br />
di giochi di Michele. Pietro Mura è suo<br />
padre.<br />
3. Lucignano: piccolo paese in una zona indefinita<br />
del Sud dove è ambientata la storia. Acqua<br />
Traverse è la frazione dove abita Michele. In<br />
Italia esiste un paese di nome Lucignano, ma è<br />
in provincia di Arezzo, in Toscana. Esiste anche<br />
una via Acqua Traverse, a Roma. I paesi del<br />
Sud indicati nel romanzo sono immaginari.
30<br />
40<br />
50<br />
60<br />
Narrativa e testi non letterari 14 volume A sezione 2 unità 3<br />
passava sulla testa, avanti e indietro, come un rabdomante 4 . Diceva che in<br />
quel modo poteva sentirti i pensieri, se erano buoni o cattivi.<br />
E io, quando faceva cosi, cercavo di pensare solo a cose belle come i gelati,<br />
le stelle cadenti o a quanto volevo bene a mamma.<br />
Mi ha guardato e ha detto: – Che vuoi fare, il capellone?<br />
Ho fatto segno di no con la testa.<br />
Papà ha versato il caffè nelle tazzine buone 5 .<br />
– Ieri mi ha fatto arrabbiare. Se continua cosi lo mando dai frati.<br />
Il barbiere mi ha chiesto: – Lo sai come si tagliano i capelli ai frati?<br />
– Con il buco al centro 6 .<br />
– Bravo. Ti conviene ubbidire, quindi.<br />
– Forza, vestiti e fai colazione, – mi ha detto papà. Mamma ti ha lasciato il<br />
pane e il latte.<br />
– Dov’è andata?<br />
– A Lucignano. Al mercato.<br />
– Papà, ti devo dire una cosa. Una cosa importante.<br />
Si è messo la giacca. – Me la dici stasera. Adesso sto uscendo. Sveglia tua<br />
sorella e scalda il latte. Con un sorso si è finito il caffè.<br />
Il barbiere si è bevuto il suo e sono usciti tutti e due di casa.<br />
Dopo aver preparato la colazione a Maria 7 sono sceso in strada.<br />
Il Teschio 8 e gli altri giocavano a calcio sotto il sole.<br />
Togo, un bastardino bianco e nero, rincorreva la palla e finiva tra le gambe<br />
di tutti.<br />
Togo era apparso ad Acqua Traverse all’inizio dell’estate ed era stato adottato<br />
da tutto il paese. Si era fatto la cuccia nel capannone del padre del Teschio.<br />
Tutti gli davano resti ed era diventato un grassone con una pancia gonfia<br />
come un tamburo. Era un cagnolino buono, quando gli facevi le carezze o<br />
lo portavi dentro casa si emozionava e si accucciava e faceva pipì.<br />
– Vai in porta, – mi ha urlato Salvatore.<br />
Mi ci sono messo. A nessuno piaceva fare il portiere. A me sì. Forse perché<br />
con le mani ero più bravo che con i piedi. Mi piaceva saltare, tuffarmi, rotolarmi<br />
nella polvere. Parare i rigori.<br />
Gli altri invece volevano solo fare gol.<br />
Quella mattina ne ho presi tanti. La palla mi sfuggiva o arrivavo tardi. Ero<br />
distratto.<br />
Salvatore mi si è avvicinato. – Michele, che hai? – Che ho?<br />
– Stai giocando malissimo.<br />
Mi sono sputato nelle mani, ho allargato le braccia e le gambe e ho stretto<br />
gli occhi come Zoff 9 . – Adesso paro. Paro tutto.<br />
Il Teschio ha smarcato Remo, ha sparato una bordata 10 tesa e centrale. Una<br />
palla forte, ma facile, di quelle che si possono respingere con un pugno, oppure<br />
stringere contro la pancia. Ho provato ad afferrarla ma mi è schizzata<br />
dalle mani.<br />
4. rabdomante: chi cerca acqua, metalli o oggetti<br />
nascosti sotto terra usando una bacchetta<br />
biforcuta.<br />
5. tazzine buone: il servizio da tazzine di caffè<br />
che si usava solo quando c’era un ospite.<br />
6. Con il buco al centro: rasatura circolare in<br />
cima alla testa che avevano i sacerdoti e i frati.<br />
Oggi non è più richiesta dalle regole ecclesiastiche.<br />
7. Maria: la sorellina di Michele.<br />
8. Il Teschio: uno degli amici di Michele, come<br />
Salvatore e Remo.<br />
9. Zoff: il famoso portiere della Nazionale di<br />
calcio fra gli anni Settanta e gli anni Ottanta.<br />
10. smarcato… bordata: termini del linguaggio<br />
calcistico: smarcarsi significa sfuggire al<br />
«marcamento» di un avversario che cerca di<br />
ostacolare un attaccante; una bordata è un<br />
tiro molto forte, come un colpo sparato da<br />
tutti i cannoni del fianco (bordo) di una nave.
70<br />
80<br />
90<br />
100<br />
110<br />
Narrativa e testi non letterari 15 volume A sezione 2 unità 3<br />
Gol! – ha urlato il Teschio, e ha sollevato un pugno in aria come se avesse<br />
segnato contro la Juventus.<br />
La collina 11 mi chiamava. Potevo andare. Papà e mamma non c’erano. Bastava<br />
tornare prima di pranzo.<br />
– Non ho voglia di giocare, – ho detto e me ne sono andato.<br />
Salvatore mi ha rincorso. – Dove vai? – Da nessuna parte.<br />
– Andiamo a fare un giro?<br />
– Dopo. Adesso ho da fare una cosa.<br />
Ero scappato e avevo lasciato tutto così.<br />
La lastra buttata da una parte insieme al materasso, il buco scoperto e la<br />
corda che ci pendeva dentro.<br />
Se i guardiani del buco erano venuti, avevano visto che il loro segreto era<br />
stato scoperto e me l’avrebbero fatta pagare.<br />
E se non c’era più?<br />
Dovevo farmi coraggio e guardare. Mi sono affacciato.<br />
Era arrotolato nella coperta.<br />
Mi sono schiarito la voce. – Ciao… Ciao… Ciao… Sono quello di ieri. Sono<br />
sceso, ti ricordi?<br />
Nessuna risposta.<br />
– Mi senti? Sei sordo? – Era una domanda stupida. – Stai male? Sei vivo?<br />
Ha piegato il braccio, ha sollevato una mano e ha bisbigliato qualche cosa.<br />
– Come? Non ho capito.<br />
– Acqua.<br />
– Acqua? Hai sete?<br />
Ha sollevato il braccio. – Aspetta.<br />
Dove la trovavo l’acqua? C’erano un paio di secchi per la vernice, ma erano<br />
vuoti. Nel lavatoio ce n’era un po’, ma era verde e pullulava di larve di zanzara.<br />
Mi sono ricordato che quando ero entrato dentro per prendere la corda<br />
avevo visto un bidone pieno d’acqua.<br />
– Torno subito, – gli ho detto, e mi sono infilato nella chiostrina 12 sopra la<br />
porta.<br />
Il bidone era mezzo pieno, ma l’acqua era limpida e non aveva odore. Sembrava<br />
buona.<br />
In un angolo buio, sopra un asse di legno, c’erano dei barattoli, dei mozziconi<br />
di candela, una pentola e delle bottiglie vuote. Ne ho presa una, ho<br />
fatto due passi e mi sono fermato. Sono tornato indietro e ho preso in mano<br />
la pentola.<br />
Era una pentola bassa, smaltata di bianca, con il bordo e i manici dipinti<br />
di blu e intorno c’erano disegnate delle mele rosse ed era uguale a quella che<br />
avevamo noi a casa. La nostra l’avevamo comprata con la mamma al mercato<br />
di Lucignano, l’aveva scelta Maria da un mucchio di pentole sopra un banco<br />
perché le piacevano le mele.<br />
Questa sembrava più vecchia. Era stata lavata male, sul fondo c’era ancora<br />
un po’ di roba appiccicata. Ci ho passato l’indice e l’ho avvicinato al naso.<br />
Salsa di pomodoro.<br />
L’ho rimessa a posto e ho riempito la bottiglia d’acqua e l’ho chiusa con un<br />
tappo di sughero, ho preso il cestino e sono uscito fuori.<br />
11. La collina: la collina in cima alla quale si trova<br />
la casa diroccata dove è tenuto prigioniero<br />
il bambino che Michele ha visto.<br />
12. chiostrina: piccolo spazio scoperto.
120<br />
130<br />
Narrativa e testi non letterari 16 volume A sezione 2 unità 3<br />
Ho afferrato la corda, ci ho legato il cestino e ci ho poggiato dentro la bottiglia.<br />
– Te la calo, – ho detto. – Prendila.<br />
Con la coperta addosso, a tentoni, ha cercato la bottiglia nel cestino, l’ha<br />
stappata e l’ha versata nel pentolino senza farne cadere neanche un po’, poi<br />
l’ha rimessa nel paniere e ha dato uno strattone alla corda.<br />
Come una cosa che faceva sempre, tutti i giorni. Siccome non me la riprendevo<br />
ha dato un secondo strattone e ha grugnito qualcosa arrabbiato.<br />
Appena l’ho tirata su, ha abbassato la testa e senza sollevare il pentolino<br />
ha cominciato a bere, a quattro zampe, come un cane. Quando ha finito si è<br />
accoccolato da una parte e non si è più mosso.<br />
Era tardi.<br />
– Allora… Ciao –. Ho coperto il buco e me ne sono andato. Mentre pedalavo<br />
verso Acqua Traverse, pensavo alla pentola che avevo trovato nella cascina.<br />
Mi sembrava strano che era uguale alla nostra.<br />
Non lo so, forse perché Maria aveva scelto quella tra tante. Come se fosse<br />
speciale, più bella, con quelle mele rosse.<br />
Sono arrivato a casa giusto in tempo per il pranzo.<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. Individua nel testo i connettivi temporali.<br />
• Quale arco di tempo copre la narrazione?<br />
2. Individua nel testo un’ellissi.<br />
3. Individua nel testo una pausa.<br />
4. Individua nel testo una scena.<br />
N. Ammaniti, Io non ho paura, Einaudi, Torino 2001<br />
5. Nel testo sono presenti alcune brevi retrospezioni; la prima si riferisce a Pietro Mura: il narratore ricorda<br />
che «per tanti anni aveva fatto il barbiere a Lucignano, ma gli affari non erano mai andati bene e quando<br />
avevano aperto un nuovo salone con la manicure e i tagli moderni aveva chiuso». Individua nel testo le<br />
altre due retrospezioni.<br />
6. Michele parla con gli amici di quanto gli è successo?<br />
riflettere<br />
7. Che cosa spinge Michele a tornare nel posto dove è tenuto nascosto il bambino?<br />
8. Michele sta vivendo un’esperienza molto impegnativa per i suoi nove anni. Ne parla con qualcuno? Vorrebbe<br />
parlarne? Che riflessioni suggerisce sui suoi rapporti con gli altri il fatto che scelga di parlarne o di<br />
non parlarne?<br />
9. Quale delle retrospezioni è più importante, secondo te, nella storia? Perché?<br />
Scrivere<br />
10. Riscrivi questa storia in una narrazione di circa 250 parole, presentata da un narratore esterno.
Narrativa e testi non letterari 17 volume A sezione 2 unità 4<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 2.4 <strong>cONOSceNze</strong><br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
a Facendo riferimento a quanto hai imparato in questa Unità, indica se le seguenti affermazioni sono<br />
vere o false e sottolinea le parole che rendono falsa l’affermazione.<br />
1. Il narratore è colui che narra la storia. V F<br />
2. Nei racconti in cui la storia è narrata in prima persona<br />
il narratore coincide con l’autore. V F<br />
3. La scelta di un narratore interno serve anche a rendere più credibile la storia narrata. V F<br />
4. Una focalizzazione zero consente al narratore di intervenire nella narrazione<br />
con commenti e giudizi personali. V F<br />
5. La focalizzazione esterna non può essere usata da un narratore interno. V F<br />
6. La presenza di un doppio narratore serve sempre a rendere la storia più credibile. V F<br />
7. In un testo con focalizzazione esterna il narratore può avere conoscenze minori<br />
rispetto a quelle dei personaggi. V F<br />
8. Un narratore interno adotta sempre una focalizzazione interna. V F<br />
B Rispondi alle seguenti domande, facendo riferimento ai testi che hai letto in questa Unità (anche<br />
ongline).<br />
9. Quale effetto ha ottenuto Primo Levi adottando nel suo racconto una focalizzazione interna?<br />
10. Quali conoscenze in più ha un narratore onnisciente rispetto ai personaggi? Rispondi facendo<br />
riferimento al testo di Alessandro Manzoni.<br />
11. In una narrazione con focalizzazione esterna, quali conoscenze può avere il personaggio che<br />
il narratore non ha?<br />
12. In quale dei testi letti è evidente che autore e narratore non possono coincidere?<br />
Totale punti<br />
. . . . . . / 8<br />
. . . . . . / 12<br />
. . . . . . / 20
10<br />
20<br />
Narrativa e testi non letterari 18 volume A sezione 2 unità 4<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 2.4 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
Beppe Fenoglio<br />
PIOGGIA E LA SPOSA<br />
Fu la peggior alzata di tutti i secoli della mia infanzia. Quando la zia salì<br />
alla mia camera sottotetto e mi svegliò, io mi sentivo come se avessi chiusi<br />
gli occhi solo un attimo prima, e non c’ è risveglio peggiore di questo per un<br />
bambino che non abbia davanti a sé una sua festa o un bel viaggio promesso.<br />
La pioggia scrosciava sul nostro tetto e sul fogliame degli alberi vicini, la<br />
mia stanza era scura come all’alba del giorno.<br />
Abbasso 1 , mio cugino stava abbottonandosi la tonaca sul buffo costu me<br />
che i preti portano sotto la veste nera e la sua faccia era tale che ancor oggi è<br />
la prima cosa che mi viene in mente quando debbo pensare a nausea maligna.<br />
Mia zia, lei stava sull’uscio, con le mani sui fianchi, a guardar fuori, ora al cielo<br />
ora in terra. Andai semisvestito dietro di lei a guardar fuori anch’io e vidi,<br />
in terra, acqua bruna lambire 2 il primo scalino della no stra porta e in cielo,<br />
dietro nubi nere e gonfie come dirigibili 3 ormeggiati agli alberi sulla cresta<br />
della collina dirimpetto. Mi ritirai con le mani sulle spalle e la zia venne ad<br />
aiutarmi a vestirmi con movimenti decisi. Ricordo che non mi fece lavare la<br />
faccia.<br />
Adesso mio cugino prete stava girandosi tra le mani il suo cappello e dava<br />
fuori sguardate furtive 4 , si sarebbe detto che non voleva che sua madre lo sorprendesse<br />
a guardar fuori in quella maniera. Ma lei ce lo sorprese e gli disse<br />
con la sua voce per me indimenticabile: «Mettiti pure il cappello in te sta, ché<br />
andiamo. Credi che per un po’ d’acqua voglio perdere un pranzo di sposa?».<br />
«Madre, questo non è un po’ d’acqua, questo è tutta l’acqua che il cie lo può<br />
versare in una volta. Non vorrei che l’acqua c’entrasse in casa con tutti i danni<br />
che può fare, mentre noi siamo seduti a un pranzo di sposa».<br />
Lei disse: «Chiuderò bene».<br />
«Non vale chiuder bene con l’acqua, o madre!».<br />
1. Abbasso: al piano inferiore.<br />
2. lambire: sfiorare.<br />
3. dirigibili: aeromobili di forma affusolata che,<br />
come i palloni e le mongolfiere, son sollevati<br />
grazie a una miscela di idrogeno ed elio.<br />
I ventitré giorni della città di Alba, 1952<br />
Nel racconto un narratore adulto ricorda un episodio della propria infanzia e traccia un ritratto dai contorni<br />
perfetti del mondo contadino e della sua realtà economica.<br />
Agli occhi del bambino quel lungo cammino sotto la pioggia, per andare con la zia a un pranzo di nozze,<br />
appare una tortura incomprensibile; una volta adulto però egli è in grado di leggere nell’episodio e nella<br />
determinazione della zia tutta la miseria della vita in campagna.<br />
Il racconto trova quindi il suo significato proprio nell’incontro tra questi due sguardi: quello del protagonista<br />
bambino e quello del narratore adulto.<br />
4. sguardate furtive: occhiate rapide date quasi di<br />
nascosto; il termine sguardata è oggi disusato.
30<br />
40<br />
50<br />
60<br />
70<br />
Narrativa e testi non letterari 19 volume A sezione 2 unità 4<br />
«Non è l’acqua che mi fa paura e non è per lei che voglio chiudere bene.<br />
Chiuderò bene perché ci sono gli zingari fermi coi loro cavalli sotto il portico<br />
del Santuario. E anche per qualcun altro 5 che zingaro non è, ma cri stiano».<br />
Allora il prete con tutt’e due le mani si mise in testa il suo cappello nero.<br />
Nemmeno lui, nemmeno stavolta, l’aveva spuntata con sua madre, mia zia.<br />
Era (perché da anni si trova nel camposanto di San Benedetto 6 e io posso<br />
sempre, senza sforzo di memoria, vedere sottoterra la sua faccia con le labbra<br />
premute) era una piccolissima donna, tutta nera, di capelli d’occhi e di vesti,<br />
ma io debbo ancora incontrare nel mondo il suo eguale 7 in fatto di forza<br />
d’imperio e di immutabile coscienza del maggior valore dei propri pensieri a<br />
confronto di quelli altrui. Figurarsi che con lei io, un bambino di allora sette<br />
anni, avevo presto perduto il senso di quel diritto all’indulgenza di cui fanno<br />
tanto e quasi sempre impunito uso tutti i bambini. Devo però ricordare che la<br />
zia non mi picchiò mai, nemmeno da principio quando, per non conoscerla<br />
ancor bene, non temevo di peccare contro i suoi comandamenti; suo figlio il<br />
prete sì, più d’una volta mi picchiò, facendomi un vero male.<br />
Non si aveva ombrelli, ce n’era forse uno di ombrelli in tutto il paese. La<br />
zia mi prese per un polso e mi calò giù per i gradini fino a che mi trovai<br />
nell’acqua fangosa alta alle caviglie, e lì mi lasciò per risalire a chiudere bene.<br />
La pioggia battente mi costringeva a testa in giù e mi prese una vertigine per<br />
tutta quell’acqua che mi passava grassa e pur rapida tra le gambe. Guardai su<br />
a mio cugino e verso lui tesi una mano perché mi sostenesse. Ma lui stette a<br />
fissarmela un po’ come se la mia mano fosse una cosa fenomena le, poi parve<br />
riscuotersi e cominciò ad armeggiare per tenersi la tonaca alta sull’acqua<br />
con una sola mano e reggermi con l’altra, ma prima che ci fosse riuscito la<br />
zia era già scesa a riprendermi. Poi anche il prete strinse un mio polso e così<br />
mi trainavano avanti. A volte mi sollevavano con uno sforzo concorde e mi<br />
facevano trascorrere sull’acqua per un breve tratto, e io que sto non lo capivo,<br />
fosse stato per depositarmi finalmente sull’asciutto, ma mi lasciavano ricadere<br />
sempre nell’acqua, spruzzando io così più fanghiglia e più alta sulle loro<br />
vesti nere.<br />
Mio cugino parlò a sua madre sopra la mia testa: «Forse era meglio che il<br />
bambino lo lasciavamo a casa».<br />
«Perché? Io lo porto per fargli un regalo. Il bambino non deve avercela<br />
con me perché l’ho uscito 8 con quest’acqua, perché io lo porto a star be ne,<br />
lo porto a un pranzo di sposa. E un pranzo di sposa deve piacergli, an che se<br />
lui viene dalla città». Poi disse a me: «Non è vero che sei contento di andarci<br />
anche con l’acqua?» ed io assentii chinando il capo.<br />
Più avanti, la pioggia rinforzava ma non poteva farci più danno a noi e<br />
ai nostri vestiti di quanto non n’avesse già fatto, io domandai cauto alla zia<br />
dov’era la casa di questa sposa che ci dava il pranzo. «Cadilù» rispose breve<br />
la zia, e io trovai barbaro il nome di quel posto sconosciuto come così barbari<br />
più non ho trovati i nomi d’altri posti barbaramente chiamati.<br />
La zia aveva poi detto: «Prendiamo per i boschi».<br />
Scoccò il primo fulmine, detonando 9 così immediato e secco che noi tre<br />
ristemmo come davanti a un improvviso atto di guerra. «Comincia proprio<br />
sulle nostre teste» disse il prete rincamminandosi col mento sul petto.<br />
5. qualcun altro: qualche ladruncolo, che non<br />
ne cessariamente deve essere uno zingaro.<br />
6. San Benedetto: San Benedetto Belbo è un<br />
pae se del Piemonte a sud di Alba; Cadilù,<br />
dove sono diretti i protagonisti, è una sua frazione.<br />
7. il suo eguale: qualcuno che le somigli per au-<br />
torità (imperio), convinzione di essere migliore<br />
degli altri.<br />
8. l’ho uscito: l’ho fatto uscire; l’uso transitivo<br />
del verbo è dialettale.<br />
9. detonando: facendo un rumore molto forte,<br />
simile a quello di un’esplosione o detonazione.<br />
Per la paura i tre si fermarono (ristemmo).
80<br />
90<br />
100<br />
110<br />
120<br />
Narrativa e testi non letterari 20 volume A sezione 2 unità 4<br />
Dal margine del bosco guardando giù al piano si vedeva il torrente straripare,<br />
l’acqua scavalcava la proda come serpenti l’orlo del loro cesto.<br />
A quella vista mio cugino mise fuori un gran sospiro, la zia scattò la testa a<br />
guardarlo ma poi non gli disse niente, diede invece uno strattone al mio polso.<br />
Lassù i lampi s’erano infittiti, in quel fulminìo, noi arrancavamo per un<br />
lucido sentiero scivoloso. Per quanto bambino, io sapevo per sentito dire da<br />
mio padre che il fulmine è più pericoloso per chi sta o si muove sotto gli alberi,<br />
così incominciai a tremare ad ogni saetta, finii col tremare di conti nuo,<br />
e i miei parenti non potevano non accorgersene attraverso i polsi che sempre<br />
mi tenevano.<br />
Dopo un tuono, la zia comandò a suo figlio: «Su, di’ una preghiera per il<br />
tempo, una che tenga il fulmine lontano dalle nostre teste».<br />
Io m’atterrii quando il prete le rispose gridando: «E che vuoi che serva la<br />
preghiera!» mettendosi poi a correr su per il sentiero, come scappando da noi.<br />
«Figlio!» urlò la zia fermandosi e fermandomi: «Adesso sì che il fulmine<br />
cadrà su noi! Io lo aspetto, guardami, e sarai stato tu…!».<br />
«No no, madre, io la dirò!» gridò lui tornando a salti giù da noi «la di rò<br />
con tutto il cuore e con la più ferma intenzione. E mentre io la dico tu aiutami<br />
con tutto lo sforzo dell’anima tua. Ma…» balbettava, «io non so che preghiera<br />
dire… che si confaccia 10 …».<br />
Lei chiuse gli occhi, alzò il viso alla pioggia e a bassa voce disse come a se<br />
stessa: «Il Signore mi castigherà, il Signore mi darà l’inferno per l’ambi zione<br />
che ho avuta di metter mio figlio al suo servizio e il figlio che gli ho dato è<br />
un indegno senza fede che non crede nella preghiera e così nemmeno sa le<br />
preghiere necessarie». Poi gli gridò: «Recita un pezzo delle rogazioni 11 !» e si<br />
mosse trascinandomi.<br />
Dietro ci veniva il prete con le mani giunte e pregando forte in latino, ma<br />
nemmeno io non credevo al buon effetto della sua preghiera, perché la sua<br />
voce era piena soltanto di paura, paura soltanto di sua madre. E lei alla fine<br />
gli disse: «Se il fulmine non ci ha presi è perché di lassù il Signore ha visto tra<br />
noi due questo innocente» e suo figlio chinò la testa e le mani disintrecciate 12<br />
andarono a sbattergli contro i fianchi.<br />
Eravamo usciti dal bosco e andavamo incontro alle colline, ma il mio cuore<br />
non s’era fatto men greve 13 , perché quelle colline hanno un aspetto cat tivo anche<br />
nei giorni di sole. Da un po’ di tempo la zia mi fissava la testa,ora io me la<br />
sentivo come pungere dal suo sguardo frequente. Non reggen doci più alzai il<br />
viso al viso di mia zia, e vidi che gli occhi di lei insieme con la sua mano sfioravano<br />
i miei capelli fradici, e la sua mano era distesa e te nera stavolta come<br />
sempre la mano di mia madre, e pure gli occhi mi appa rivano straordinariamente<br />
buoni per me, e meno neri. Allora mi sentii dentro un po’ di calore ed<br />
insieme una voglia di piangere. Un po’ piansi, in si lenzio, da grande, dovevo<br />
solo badare a non singhiozzare, per il resto l’ac qua irrorava la mia faccia.<br />
La zia disse a suo figlio: «Togliti il cappello e daglielo a questo povero bambino,<br />
mettiglielo tu bene in testa».<br />
Era chiaro che lui non voleva, e nemmeno io volevo, ma la zia disse ancora:<br />
«Mettigli il tuo cappello, la sua testa è la più debole e ho paura che l’acqua<br />
arrivi a toccargli il cervello». Doveva ancor finir di parlare che io vidi tutto<br />
nero, perché il cappello m’era sceso fin sulle orecchie, per la lar ghezza e per<br />
10. si confaccia: che sia adatta; l’infinito del verbo<br />
è confarsi.<br />
11. rogazioni: uno dei canti o delle preghiere che<br />
si recitano nelle processioni dell e Rogazioni,<br />
fatte per favorire un buon andamento della se-<br />
mina o del raccolto. Il sostantivo rogazione significa<br />
richiesta, dal latino rogare, «chiedere».<br />
12. disintrecciate: prima erano giunte nell’atto<br />
della preghiera.<br />
13. men greve: meno triste.
130<br />
140<br />
150<br />
Narrativa e testi non letterari 21 volume A sezione 2 unità 4<br />
il gesto maligno 14 del prete. Me lo rialzai sulla fronte e mi misi a guardar<br />
nascostamente mio cugino: si ostinava a ravviarsi i capelli che la pioggia continuamente<br />
gli scomponeva, poi l’acqua dovette dargli un parti colare fastidio<br />
sul nudo della chierica 15 perché trasportò là una mano e ce la tenne.<br />
Diceva: «A quanto vedo, siamo noi soli per strada. Non vorrei che lassù<br />
trovassimo che noi soli ci siamo mossi in quest’acqua per il pranzo, e la famiglia<br />
della sposa andasse poi a dire in giro che il prete e sua madre han no una<br />
fame da sfidare il diluvio».<br />
E la zia, calma: «Siamo soli per questa strada perché del paese hanno invitato<br />
noi soli. Gli altri vanno a Cadilù dalle loro case sulle colline. Ricor dati<br />
che dovrai benedire il cibo».<br />
Gli ultimi lampi, io li avvertivo per il riflesso giallo che si accende, prima<br />
che altrove sotto l’ala nera del cappello del prete, ma erano lampi ormai lontani<br />
e li seguiva un tuono come un borborigmo 16 del cielo. Invece la pioggia<br />
durava forte.<br />
Poi la zia disse che c’eravamo, che là era Cadilù, e io guardai alzando gli<br />
occhi e il cappello. Vidi una sola casa su tutta la nuda collina. Bassa storta, era<br />
di pietre annerite dall’intemperie, coi tetti di lavagna caricati di sassi perché<br />
non li strappi il vento delle colline, con un angolo tutto guasto da un antico<br />
incendio, con un’unica finestra e da quella spioveva foraggio. Chi era l’uomo<br />
che di là dentro traeva la sua sposa? E quale poteva essere il pranzo nuziale<br />
che avremmo consumato fra quelle mura?<br />
Ci avvicinavamo e alla porta si fece una bambina a osservar meglio e veniva<br />
per dare poi dentro l’avviso: stava all’asciutto e rise forte quando vide il<br />
bambino vestito da città arrivare con in testa il cappello del prete. Fu la prima<br />
e la più cocente vergogna della mia vita quella che provai per la risata della<br />
bambina di Cadilù, e mi strappai di testa il cappello, anche se così facendo<br />
scoprivo intero il mio rossore, e malamente lo restituii al prete.<br />
Pioggia e la sposa: non altro che questo mi balzò dalla memoria il giorno<br />
ormai lontano in cui da una voce sgomenta 17 seppi che mio cugino, il vescovo<br />
avendolo destinato a una chiesa in pianura e sua madre non potendovelo<br />
seguire, una volta solo e lontano dagli occhi di lei, s’era spretato, è lassù in<br />
collina mia zia era subito morta per lo sdegno.<br />
14. maligno: dispettoso.<br />
15. chierica: piccola superficie rasata di forma<br />
rotonda, che i giovani av viati al sacerdozio<br />
avevano al sommo della testa.<br />
16. borborigmo: voce onomatopeica che nel<br />
lin guaggio medico indica un gorgoglìo ad-<br />
B. Fenoglio, I ventitré giorni della città di Alba, Mondadori, Milano 1974<br />
dominale, provocato da uno sposta mento di<br />
gas o liquidi intestinali; qui indica il brontolìo<br />
lontano del tuono.<br />
17. sgomenta: incredula e stupita; l’aggettivo è<br />
riferito alla persona che dà le notizie sul giovane<br />
prete.
Narrativa e testi non letterari 22 volume A sezione 2 unità 4<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. Perché la zia porta il bambino al pranzo, nonostante la pioggia?<br />
2. Individua quali sensazioni prova il bambino durante la camminata:<br />
– nei confronti della zia<br />
– nei confronti del cugino<br />
• Come definiresti l’atteggiamento del bambino nei loro confronti? Spiega la tua risposta.<br />
rassegnazione ostilità incomprensione<br />
insofferenza obbedienza ........................................<br />
3. Cadilù sembra un nome adatto a un paese di fiaba. Com’è nella realtà?<br />
• Quale effetto fa sul bambino?<br />
4. Quali elementi del carattere della zia emergono dal testo? Individuali e definisci quindi la zia con uno o<br />
due aggettivi.<br />
• Per quali motivi il cugino si è fatto prete?<br />
riflettere<br />
5. Individua, nelle prime sei righe, tutti gli elementi che rimandano a un narratore interno.<br />
6. La focalizzazione è interna: quali aspetti della gita vengono sottolineati attraverso lo sguardo del protagonista<br />
bambino?<br />
7. Individua interventi e riflessioni che appartengono al narratore adulto.<br />
• Il suo atteggiamento nei confronti della zia e del cugino, secondo te, sono rimasti uguali o sono cambiati<br />
con il passare del tempo?<br />
8. Perché il protagonista prova vergogna alla risata della bambina?<br />
9. Quali aspetti della «gita» sarebbero emersi se fosse stata narrata attraverso lo sguardo del cugino prete?<br />
Elencali.<br />
Scrivere<br />
10. Racconta l’episodio in un testo (circa 200 parole) in cui la voce e lo sguardo siano quelli del cugino prete.<br />
Puoi scegliere se la narrazione avviene subito dopo la gita o anni dopo, quando il cugino è adulto e non<br />
più prete.
Narrativa e testi non letterari 23 volume A sezione 2 unità 5<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 2.5 <strong>cONOSceNze</strong><br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
a facendo riferimento a quanto hai imparato in questa Unità, indica se le seguenti affermazioni sono<br />
vere o false e sottolinea le parole che rendono falsa l’affermazione.<br />
1. Quando il personaggio viene introdotto con una presentazione diretta<br />
il narratore è esterno e la focalizzazione è zero. V F<br />
2. Con la presentazione indiretta il narratore fa conoscere il personaggio<br />
attraverso il suo modo di comportarsi, le parole che dice, le scelte che fa. V F<br />
3. I personaggi a tutto tondo sono sempre personaggi dinamici. V F<br />
4. Il sistema dei personaggi è l’insieme dei rapporti che collegano i personaggi fra loro. V F<br />
5. L’antagonista è un personaggio che ostacola la realizzazione<br />
dei desideri e dei progetti del protagonista. V F<br />
6. In un sistema dei personaggi il ruolo dei personaggi è fisso. V F<br />
7. Con il discorso raccontato il narratore riassume<br />
il contenuto di un discorso tra i personaggi. V F<br />
8. Nella frase seguente le parole del personaggio sono riportate<br />
con il discorso indiretto libero: «Giulia mi ha detto<br />
che non si sarebbe mai aspettata un simile atteggiamento da parte tua». V F<br />
B Rispondi alle seguenti domande, facendo riferimento ai testi che hai letto in questa Unità.<br />
9. Attraverso quale tipo di presentazione il narratore riesce secondo te a far conoscere meglio il<br />
personaggio?<br />
10. Nella presentazione di Dill quali informazioni ricava il lettore dalle parole riportate con il<br />
discorso diretto?<br />
11. In quale testo hai trovato una chiara contrapposizione fra protagonista e antagonista?<br />
12. In quali tra i testi letti sono presenti uno o più aiutanti?<br />
Totale punti<br />
. . . . . . / 8<br />
. . . . . . / 12<br />
. . . . . . / 20
Narrativa e testi non letterari 24 volume A sezione 2 unità 5<br />
William Somerset Maugham<br />
LA SIGNORA GARSTIN<br />
Il velo dipinto, 1925 Lingua originale inglese<br />
Il romanzo Il velo dipinto racconta la maturazione e l’evoluzione di Kitty, una giovane donna inglese che<br />
dopo essersi sposata va a vivere a Hong Kong, dove il marito, Walter Fane, lavora come batteriologo.<br />
In queste pagine il narratore, in una breve retrospezione, racconta come Kitty, bella e desiderata, sia arrivata<br />
al matrimonio. Accanto al personaggio di Kitty emerge quello della madre, la signora (Mrs) Garstin,<br />
che sogna per la figlia un matrimonio brillante.<br />
10<br />
20<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 2.5 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
C’era (tuttavia) in Mrs Garstin un tipo di coraggio di per sé ammirevole. A<br />
nessuno della sua cerchia immediata, che per lei era il mondo, diede a vedere<br />
quanto fosse mortificata dalla delusione 1 delle sue speranze. Non modificò<br />
il suo stile di vita. Un’oculata 2 amministrazione le permise di dare pranzi<br />
non meno appariscenti di prima, e con gli amici mostrava la stessa brillante<br />
gaiezza da lei tanto a lungo coltivata. Aveva una solida riserva di chiacchiere<br />
che nella società in cui si muoveva passavano per conversazione. Era un’ospite<br />
utile tra persone di scarsa facilità discorsiva, perché non era mai a corto<br />
di argomenti e si poteva confidare che rompesse senza indugio un silenzio<br />
imbarazzante con qualche opportuna osservazione.<br />
Era improbabile ormai che Bernard Garstin diventasse giudice dell’Alta<br />
Corte, ma egli poteva ancora sperare nella giudicatura 3 in un tribunale di<br />
contea, o alla peggio in una carica nelle colonie. Frattanto la signora ebbe la<br />
soddisfazione di vederlo nominato giudice onorario di una cittadina gallese.<br />
Ma era nelle figlie che ella riponeva le sue speranze. Contava, combinando<br />
per loro buoni matrimoni, di ripagarsi di tutte le delusioni della sua carriera.<br />
Erano due, Kitty e Doris. Doris non dava segno di avvenenza, aveva il naso<br />
troppo lungo e un personale 4 sgraziato, sicché per lei Mrs Garstin poteva sperare<br />
soltanto in un marito benestante con una professione decorosa.<br />
Kitty, invece, era una bellezza. Prometteva di esserlo fin da bambina, con i<br />
suoi grandi occhi scuri, liquidi e vivaci, i bruni capelli ricciuti sfumati di rosso,<br />
i denti perfetti e una carnagione stupenda. I lineamenti avrebbero sempre<br />
lasciato un po’ a desiderare, perché il mento era troppo quadrato e il naso,<br />
sebbene meno lungo di quello di Doris, era troppo grande. La sua bellezza era<br />
molto legata alla gioventù, e Mrs Garstin capiva che avrebbe dovuto sposarsi<br />
nel primo fiore dell’età. Quando debuttò 5 era una meraviglia: la carnagione<br />
era ancora la sua beltà maggiore, ma gli occhi dalle lunghe ciglia erano così<br />
1. delusione: la signora Garstin aveva sperato che il marito facesse<br />
una carriera parlamentare o perlomeno entrasse a far<br />
par parte dei consiglieri legali della casa regnante, ma le sue<br />
speranze non si erano avverate.<br />
2. oculata: attenta.<br />
3. giudicatura: luogo in cui si amministra la giustizia; la contea<br />
è una suddivisione amministrativa del territorio in vigore in<br />
Gran Bretagna, equivalente in Italia alla Provincia; quella di<br />
giudice onorario è una carica conferita come un onore, ma<br />
che non comporta alcun tipo di lavoro o di obbligo per chi<br />
la riceve.<br />
4. personale: corporatura, aspetto fisico.<br />
5. debuttò: venne presentata in società; il debutto delle ragazze<br />
avveniva ai loro diciotto anni, in genere durante una festa da<br />
ballo.
30<br />
40<br />
50<br />
60<br />
70<br />
Narrativa e testi non letterari 25 volume A sezione 2 unità 5<br />
fulgidi e insieme così teneri che a guardarli davano un tuffo al cuore. Aveva<br />
una gaiezza incantevole e il desiderio di piacere. Mrs Garstin riversò su di lei<br />
tutto il suo affetto, l’affetto asprigno, occhiuto 6 , calcolatore di cui era capace;<br />
sognava sogni ambiziosi; per questa figlia aspirava non a un buon matrimonio,<br />
ma a un matrimonio brillante 7 .<br />
Kitty era cresciuta nella consapevolezza che sarebbe stata una bella donna<br />
e non ignorava l’ambizione della madre, conforme d’altronde ai suoi desideri.<br />
Fu lanciata nel mondo e Mrs Garstin compì prodigi nell’ottenere inviti a balli<br />
dove la figlia potesse incontrare un buon partito. Kitty spopolò. Era divertente<br />
oltre che bella, e ben presto ebbe una dozzina di innamorati. Ma nessuno<br />
era adatto, e Kitty, simpatica e amichevole con tutti, badava a non impegnarsi<br />
con nessuno. La domenica pomeriggio il salotto di South Kensington 8 era<br />
pieno di gioventù amorosa, ma Mrs Garstin constatava, con un arcigno 9 sorriso<br />
di approvazione, che da parte sua non occorrevano sforzi per tenerli a<br />
distanza da Kitty. Kitty era pronta a civettare con loro e la divertiva metterli<br />
in gara uno con l’altro, però quando la chiedevano in sposa, come nessuno<br />
mancava di fare, rifiutava con tatto ma con fermezza.<br />
La sua prima stagione 10 passò senza che comparisse il pretendente ideale,<br />
e la seconda anche; ma lei era giovane e poteva permettersi di aspettare. Mrs<br />
Garstin diceva alle amiche che per una ragazza era un peccato sposarsi prima<br />
dei ventun anni. Ma passò un terzo anno, e poi un quarto. Due o tre suoi<br />
antichi ammiratori si fecero di nuovo avanti, ma erano ancora squattrinati; la<br />
chiesero un paio di ragazzi più giovani di lei; altrettanto fece un funzionario<br />
coloniale a riposo, Commendatore dell’Impero d’India, che aveva cinquantatré<br />
anni. Kitty continuava a frequentare i balli, andava a Wimbledon e al<br />
Lord’s, a Ascot e a Henley 11 ; si divertiva moltissimo; ma nessuno con una<br />
posizione e un reddito soddisfacenti chiedeva la sua mano. Mrs Garstin si<br />
innervosiva. Notò che Kitty cominciava ad attirare uomini di quarant’anni<br />
e più. Le rammentava che tra un anno o due sarebbe stata meno bella, e che<br />
ragazze più giovani si affacciavano di continuo in società. Tra le pareti domestiche<br />
non usava mezze parole, e ammoniva acidamente la figlia che sarebbe<br />
finita tra i saldi di magazzino.<br />
Kitty faceva spallucce. Si credeva bella come sempre, forse più bella, perché<br />
negli ultimi quattro anni aveva imparato a vestirsi; e tempo ne aveva in<br />
abbondanza. Se avesse voluto sposarsi tanto per sposarsi c’erano una dozzina<br />
di giovanotti pronti ad accorrere. L’uomo giusto prima o poi sarebbe arrivato<br />
di sicuro. Ma Mrs Garstin giudicava più sagacemente 12 la situazione; con l’ira<br />
nel cuore per le occasioni perdute dalla bella figlia ridusse di un poco le sue<br />
pretese. Tornò a volgersi alla categoria dei professionisti, prima orgogliosamente<br />
sdegnata, e cercò un giovane avvocato o uomo d’affari il cui futuro le<br />
ispirasse fiducia.<br />
Kitty arrivò all’età di venticinque anni ancora nubile. Mrs Garstin era furiosa<br />
e spesso non esitava a dire alla figlia cose molto sgradevoli. Le domandava<br />
fino a quando contava di farsi mantenere dal padre. Questi aveva speso<br />
somme che mal poteva permettersi per darle una possibilità e lei non l’aveva<br />
colta.<br />
6. occhiuto: che non si fa sfuggire nulla.<br />
7. un matrimonio brillante: alla signora Garstin non bastava<br />
che il futuro marito di Kitty avesse un buon lavoro, ma voleva<br />
anche che fosse una persona importante, conosciuta in<br />
società.<br />
8. South Kensington: quartiere elegante di Londra.<br />
9. arcigno: severo.<br />
10. prima stagione: il primo anno dopo il debutto in società.<br />
11. Wimbledon… Henley: sono tutte località anche oggi famose<br />
per le gare sportive che vi si disputano e per le occasioni mondane<br />
che offrono; a Wimbledon si svolgono tornei di tennis,<br />
a Henley sul Tamigi una famosa regata; Ascot è celebre per le<br />
corse dei cavalli, mentre Lord’s è uno dei più antichi club di<br />
cricket, fondato da Thomas Lord.<br />
12. sagacemente: acutamente.
80<br />
Narrativa e testi non letterari 26 volume A sezione 2 unità 5<br />
Alla signora non veniva mai in mente che forse proprio la sua aggressiva<br />
affabilità 13 aveva spaventato gli uomini, figli di padri ricchi o eredi di un<br />
titolo, le cui visite essa aveva troppo cordialmente incoraggiato. Attribuiva<br />
il fallimento di Kitty alla stupidità. Poi vi fu il debutto in società di Doris.<br />
Aveva ancora il naso lungo e un personale mediocre e ballava male. Nella sua<br />
prima stagione si fidanzò con Geoffrey Dennison, figlio unico di un illustre<br />
chirurgo creato baronetto durante la guerra. Geoffrey avrebbe ereditato il<br />
titolo – essere un baronetto medico non è il massimo, ma un titolo, vivaddio,<br />
è sempre un titolo – e una cospicua fortuna.<br />
Kitty, nel panico, sposò Walter Fane.<br />
W. S. Maugham, Il velo dipinto, trad.F. Salvatorelli, Adelphi, Milano 2006<br />
13. aggressiva affabilità: l’eccessiva cordialità (affabilità) della signora Garstin finiva per spaventare i giovani pretendenti.<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. Individua i tratti che costituiscono il personaggio di Mrs Garstin. Osserva:<br />
– il suo comportamento in società;<br />
– il suo rapporto con il marito;<br />
– il suo rapporto con le figlie.<br />
2. Come definiresti la signora Garstin? Scegli una definizione per ciascuna di queste coppie di aggettivi e<br />
motiva la tua risposta facendo riferimento al testo.<br />
ambiziosa modesta colta ignorante<br />
simpatica insopportabile intelligente stupida<br />
egoista altruista forte debole<br />
3. Quale atteggiamento ha Kitty nei confronti dei suoi ammiratori?<br />
• Perché aspetta diversi anni prima di sposarsi?<br />
Non trova un ragazzo che le piaccia<br />
Ritiene che nessuno sia alla sua altezza<br />
Preferisce divertirsi e vivere spensieratamente<br />
Non vuole sposarsi troppo giovane<br />
• Perché Kitty sposa Walter Fane?<br />
4. L’atteggiamento della signora Garstin nei confronti della figlia Kitty si modifica gradualmente. Individua le<br />
fasi di questa trasformazione e spiegane le cause.<br />
5. Individua nelle parti sottolineate con quale tecnica vengono riportate le parole di Mrs Garstin.<br />
riflettere<br />
6. Come mai Doris, la sorella di Kitty, si sposa subito?<br />
7. La signora Garstin può essere definita secondo te un aiutante rispetto a Kitty? Spiega la tua risposta.<br />
8. Che tipo di presentazione ha scelto il narratore per il personaggio di Mrs Garstin?<br />
• Secondo te in questo modo dà già un’immagine completa del personaggio o lascia al lettore il modo<br />
di conoscerla?<br />
9. Il narratore esprime giudizi sul personaggio di Mrs Garstin?<br />
Scrivere<br />
10. Scrivi un testo descrittivo-espositivo di circa 150 parole presentando il personaggio di Mrs Garstin.
Narrativa e testi non letterari 27 volume A sezione 2 unità 6<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 2.6 <strong>cONOSceNze</strong><br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
a Facendo riferimento a quanto hai imparato in questa Unità, indica se le seguenti affermazioni sono<br />
vere o false e sottolinea le parole che rendono falsa l’affermazione.<br />
1. Un romanzo o un racconto di invenzione è sempre ambientato in luoghi immaginari. V F<br />
2. Un luogo immaginario può essere realistico. V F<br />
3. I luoghi fantastici non potrebbero esistere nel mondo reale.<br />
4. La descrizione dei luoghi in cui si svolge la storia precede sempre<br />
V F<br />
la narrazione dei fatti.<br />
5. La descrizione degli ambienti in cui vivono i personaggi dà informazioni<br />
V F<br />
sulla loro condizione sociale e talvolta sul loro carattere.<br />
6. La descrizione di un luogo può basarsi su elementi visivi,<br />
V F<br />
ma anche uditivi, olfattivi o tattili. V F<br />
7. In una narrazione letteraria le sequenze descrittive costituiscono delle pause. V F<br />
8. In una narrazione i luoghi associati ai ricordi a volte fanno scattare una retrospezione.<br />
9. La presentazione di un luogo può avere la funzione<br />
V F<br />
di coinvolgere maggiormente il lettore. V F<br />
10. Una descrizione di un luogo può suggerire un’atmosfera o uno stato d’animo. V F<br />
B Scegli il completamento corretto.<br />
11. Nelle descrizioni di luoghi fantastici lo scrittore crea mondi<br />
in cui valgono le leggi della fisica e della logica<br />
in cui non esistono forme di vita diverse dalla flora e dalla fauna terrestri<br />
in cui scenari e oggetti possono trasformarsi magicamente<br />
virtuali.<br />
12. La rappresentazione di luoghi costruiti dall’uomo dà al lettore informazioni relative<br />
al mutamento delle stagioni<br />
all’epoca in cui è stato scritto il testo<br />
alla biografia dell’autore o dell’autrice<br />
alla collocazione storica della vicenda narrata<br />
13. Per ambiente si intende<br />
sempre uno spazio aperto<br />
sempre uno spazio chiuso<br />
un luogo, ma anche un insieme di condizioni materiali, economiche, sociali<br />
un luogo indefinito<br />
14. Tra le funzioni che possono avere i luoghi nella narrazione c’è quella di<br />
accelerare il ritmo della narrazione<br />
contribuire a caratterizzare un personaggio<br />
esprimere le idee di uno o più personaggi<br />
sostituire un dialogo fra personaggi<br />
15. Un locus horridus<br />
è un ambiente molto brutto, orribile<br />
è un luogo che si trova nella letteratura horror<br />
è un luogo che incute spavento e riserva rischi<br />
esiste solo nella letteratura fantastica<br />
Totale punti<br />
. . . . . . / 10<br />
. . . . . . / 5<br />
. . . . . . / 15
Narrativa e testi non letterari 28 volume A sezione 2 unità 6<br />
Italo Calvino<br />
IL GIARDINO INCANTATO<br />
1. strada ferrata: la ferrovia.<br />
2. tutto squame: il tremolio dell’acqua e la luce<br />
rendono la superficie iridescente come la pelle<br />
di un pesce.<br />
3. traversina: l’asse di legno che unisce i due binari<br />
di ferro.<br />
4. scambio: raccordo tra due binari che consente<br />
ai treni di passare da un binario all’altro;<br />
il disco ne segnala la presenza al macchinista.<br />
5. agavi: piante grasse, tipiche dei paesi caldi,<br />
dalle foglie lunghe e spesse a forma di lance, in<br />
punta alle quali vi sono grosse spine (aculei).<br />
6. ipomea: pianta spontanea, rampicante, che<br />
copre i muri di campagna, in estate; è detta<br />
anche «campanella».<br />
Racconti, 1958<br />
Il bel giardino fiorito di questo racconto di Calvino sembra un giardino incantato, pieno di meraviglie.<br />
Ma è un incantesimo che ha qualcosa di strano, di inquietante. I protagonisti, due bambini, scoprono in<br />
un pomeriggio di gioco gli aspetti contrastanti dell’esistenza.<br />
10<br />
20<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 2.6 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
Giovannino e Serenella camminavano per la strada ferrata 1 . Giù c’era un<br />
mare tutto squame 2 azzurro cupo azzurro chiaro, su un cielo appena venato<br />
di nuvole bianche. I binari erano lucenti e caldi che scottavano. Sulla strada<br />
ferrata si camminava bene e si potevano fare tanti giochi: stare in equilibrio<br />
lui su un binario e lei sull’altro e andare avanti tenendosi per mano, oppure<br />
saltare da una traversina 3 all’altra senza posare mai il piede sulle pietre. Giovannino<br />
e Serenella erano stati a caccia di granchi e adesso avevano deciso<br />
di esplorare la strada ferrata fin dentro la galleria. Giocare con Serenella era<br />
bello perché non faceva come tutte le altre bambine che hanno sempre paura<br />
e si mettono a piangere a ogni dispetto: quando Giovannino diceva: – Andiamo<br />
là, – Serenella lo seguiva sempre senza discutere.<br />
Deng! Sussultarono e guardarono in alto. Era il disco di uno scambio 4<br />
ch’era scattato in cima a un palo. Sembrava una cicogna di ferro che avesse<br />
chiuso tutt’a un tratto il becco. Rimasero un po’ a naso in su a guardare: che<br />
peccato non aver visto! Ormai non lo faceva più.<br />
– Sta per venire un treno, – disse Giovannino.<br />
Serenella non si mosse dal binario. – Da dove? – chiese. Giovannino si<br />
guardò intorno, con aria d’intendersene. Indicò il buco nero della galleria che<br />
appariva ora limpido ora sfocato, attraverso il tremito del vapore invisibile<br />
che si levava dalle pietre della strada.<br />
– Di lì, – disse. Sembrava già di sentirne lo sbuffo incupito dalla galleria e<br />
vederselo tutt’a un tratto addosso, scalpitante fumo e fuoco, con le ruote che<br />
mangiavano i binari senza pietà.<br />
– Dove andiamo, Giovannino?<br />
C’erano grandi agavi 5 grigie, verso mare, con raggiere di aculei impenetrabili.<br />
Verso monte correva una siepe di ipomea 6 , stracarica di foglie e senza<br />
fiori. Il treno non si sentiva ancora: forse correva a locomotiva spenta senza<br />
rumore e sarebbe balzato su di loro tutt’a un tratto.
30<br />
40<br />
50<br />
60<br />
70<br />
Narrativa e testi non letterari 29 volume A sezione 2 unità 6<br />
Ma già Giovannino aveva trovato un pertugio 7 nella siepe. – Di là.<br />
La siepe sotto il rampicante era una vecchia rete metallica cadente.<br />
In un punto, s’accartocciava su da terra come un angolo di pagina. Giovannino<br />
era già sparito per metà e sgusciava dentro.<br />
– Dammi una mano, Giovannino!<br />
Si ritrovarono in un angolo di giardino, tutt’e due carponi 8 in un’aiola, coi<br />
capelli pieni di foglie secche e di terriccio. Tutto era zitto intorno; non muoveva<br />
una foglia.<br />
– Andiamo, – disse Giovannino e Serenella disse: – Sì.<br />
C’erano grandi e antichi eucalipti 9 color carne, e vialetti di ghiaia. Giovannino<br />
e Serenella camminavano in punta di piedi pei vialetti, attenti al fruscio<br />
della ghiaia sotto i passi. E se adesso arrivassero i padroni?<br />
Tutto era così bello: volte strette e altissime di foglie ricurve di eucalipto e<br />
ritagli di cielo; restava solo quell’ansia dentro, del giardino che non era loro e<br />
da cui forse dovevano essere cacciati tra un momento. Ma nessun rumore si<br />
sentiva. Da un cespo di corbezzolo 10 , a una svolta, s’alzò un volo di passeri,<br />
con gridi. Poi ritornò silenzio. Era forse un giardino abbandonato?<br />
Ma l’ombra dei grandi alberi a un certo punto finiva e si trovarono sotto<br />
il cielo aperto, di fronte ad aiole tutte ben ravviate di petunie e convolvoli, e<br />
viali e balaustrate e spalliere di bosso 11 . E sull’alto del giardino, una grande<br />
villa coi vetri lampeggianti e tende gialle e arancio.<br />
E tutto era deserto. I due bambini venivano su guardinghi calpestando<br />
ghiaia: forse le vetrate stavano per spalancarsi tutt’a un tratto e signori e signore<br />
severissimi per apparire sui terrazzi e grossi cani per essere sguinzagliati<br />
per i viali. Trovarono vicino a una cunetta una carriola. Giovannino la prese<br />
per le staffe 12 e la spinse innanzi: aveva un cigolo, a ogni giro di ruota, come<br />
un fischio. Serenella ci si sedette sopra e avanzavano zitti, Giovannino spingendo<br />
la carriola con lei sopra, fiancheggiando le aiole e i giochi d’acqua. –<br />
Quello, – diceva Serenella a bassa voce di tanto in tanto, indicando un fiore.<br />
Giovannino poggiava e andava a strapparlo e glielo dava. Ne aveva già dei<br />
belli in un mazzetto. Ma scavalcando le siepi per scappare, forse li avrebbe<br />
dovuti buttar via!<br />
Così arrivarono a uno spiazzo e finiva la ghiaia e c’era un fondo di cemento<br />
e mattonelle. E in mezzo a questo spiazzo s’apriva un grande rettangolo vuoto:<br />
una piscina. Ne raggiunsero i margini: era a piastrelle azzurre, ricolma<br />
d’acqua chiara fino all’orlo.<br />
– Ci tuffiamo? – chiese Giovannino a Serenella. Certo doveva essere assai<br />
pericoloso se lui chiedeva a lei e non diceva soltanto: – Giù! – Ma l’acqua era<br />
così limpida e azzurra e Serenella non aveva mai paura. Scese dalla carriola e<br />
vi depose il mazzolino. Erano già in costume da bagno: erano stati a cacciar<br />
granchi fino allora. Giovannino si tuffò: non dal trampolino perché il tonfo<br />
avrebbe fatto troppo rumore, ma dall’orlo. Andò giù giù a occhi aperti e non<br />
vedeva che azzurro, e le mani come pesci rosa; non come sotto l’acqua del<br />
mare, piena d’ombre informi verdi-nere. Un’ombra rosa sopra di sé: Serenella!<br />
Si presero per mano e riaffiorarono all’altro capo, un po’ con apprensione.<br />
No, non c’era proprio nessuno ad osservarli. Non era bello come s’immaginavano:<br />
rimaneva sempre quel fondo d’amarezza e d’ansia, che tutto questo<br />
7. pertugio: stretto buco, passaggio.<br />
8. carponi: a quattro zampe.<br />
9. eucalipti: alberi ad alto fusto molto profumati.<br />
10. cespo di corbezzolo: cespuglio tipico della<br />
flora mediterranea che produce frutti commestibili<br />
rossi e gialli, rotondi, simili a grosse<br />
fragole.<br />
11. petunie e convolvoli… bosso: le petunie<br />
sono fiori da giardino a forma di campanella;<br />
i convolvoli sono invece grandi campanelle<br />
bianche; il bosso è una pianta sempreverde<br />
usata per le siepi.<br />
12. staffe: le due stanghe di legno con cui viene<br />
spinta la carriola.
80<br />
90<br />
100<br />
110<br />
120<br />
Narrativa e testi non letterari 30 volume A sezione 2 unità 6<br />
non spettava loro e potevano esserne di momento in momento, via, scacciati.<br />
Uscirono dall’acqua e proprio lì vicino alla piscina trovarono un tavolino col<br />
ping-pong. Giovannino diede subito un colpo di racchetta alla palla: Serenella<br />
fu svelta dall’altra parte a rimandargliela. Giocavano così, dando botte leggere<br />
perché da dentro alla villa non sentissero. A un tratto un tiro rimbalzò alto<br />
e Giovannino per pararlo fece volare la palla via lontano; batté sopra un gong<br />
sospeso tra i sostegni d’una pergola 13 , che vibrò cupo e a lungo. I due bambini<br />
si rannicchiarono dietro un’aiola di ranuncoli. Subito arrivarono due servitori<br />
in giacca bianca, reggendo grandi vassoi, posarono i vassoi su un tavolo<br />
rotondo sotto un ombrellone a righe gialle e arancio e se ne andarono.<br />
Giovannino e Serenella s’avvicinarono al tavolo. C’era tè, latte e pan-di-<br />
Spagna. Non restava che sedersi e servirsi. Riempirono due tazze e tagliarono<br />
due fette. Ma non riuscivano a stare ben seduti, si tenevano sull’orlo delle<br />
sedie, muovendo le ginocchia. E non riuscivano a sentire il sapore dei dolci e<br />
del tè e latte. Ogni cosa in quel giardino era così: bella e impossibile a gustarsi,<br />
con quel disagio dentro e quella paura, che fosse solo per una distrazione del<br />
destino, e che presto sarebbero chiamati a darne conto.<br />
Quatti quatti 14 , si avvicinarono alla villa. Di tra le stecche d’una persiana a<br />
griglia videro, dentro, una bella stanza ombrosa con collezioni di farfalle alle<br />
pareti. E in questa stanza c’era un pallido ragazzo. Doveva essere il padrone<br />
della villa e del giardino, lui fortunato. Era seduto su una sedia a sdraio e sfogliava<br />
un grosso libro con figure. Aveva mani sottili e bianche e un pigiama<br />
accollato benché fosse estate.<br />
Ora, ai due bambini, spiandolo tra le stecche, si spegneva a poco a poco il<br />
batticuore. Infatti quel ragazzo ricco sembrava sedesse e sfogliasse quelle pagine<br />
e si guardasse intorno con più ansia e disagio di loro. E s’alzasse in punta<br />
di piedi come se temesse che qualcuno, di momento in momento, potesse venire<br />
a scacciarlo, come se sentisse che quel libro, quella sedia a sdraio, quelle<br />
farfalle incorniciate ai muri e il giardino coi giochi e le merende e le piscine e<br />
i viali, erano concessi a lui solo per un enorme sbaglio, e lui fosse impossibilitato<br />
a goderne, ma solo provasse su di sé l’amarezza di quello sbaglio, come<br />
una sua colpa.<br />
Il ragazzo pallido girava per la sua ombrosa stanza con passi furtivi 15 , accarezzava<br />
i margini delle vetrine costellate di farfalle con le bianche dita, e si<br />
fermava in ascolto. A Giovannino e Serenella il batticuore spento riprendeva<br />
ora più fitto. Era la paura di un incantesimo che gravasse 16 su quella villa e<br />
quel giardino, su tutte quelle cose belle e comode, come un’antica ingiustizia<br />
commessa.<br />
Il sole s’oscurò di nuvole. Zitti zitti Giovannino e Serenella se ne andarono.<br />
Rifecero la strada pei vialetti, di passo svelto, ma senza mai correre. E traversarono<br />
carponi quella siepe. Tra le agavi trovarono un sentiero che portava<br />
alla spiaggia, breve e sassosa, con cumuli d’alghe che seguivano la riva del<br />
mare. Allora inventarono un gioco bellissimo: battaglia con le alghe. Se ne<br />
tirarono manciate in faccia uno con l’altra fino a sera. C’era di buono che<br />
Serenella non piangeva mai.<br />
13. pergola: graticcio ricoperto da piante rampicanti,<br />
per esempio una vite, usato per creare<br />
un riparo dal sole.<br />
14. quatti quatti: piano piano, senza farsi sentire.<br />
I. Calvino, Racconti, Einaudi, Torino 1958<br />
15. furtivi: silenziosi e di nascosto, come quelli<br />
di un ladro.<br />
16. gravasse: pesasse.
Narrativa e testi non letterari 31 volume A sezione 2 unità 6<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. In quale tipo di luogo è ambientato il racconto?<br />
• Che cosa c’è fuori del giardino?<br />
2. Quali sono gli elementi costitutivi della descrizione del giardino?<br />
3. Da quali parole del testo si capisce che i protagonisti sono dei bambini?<br />
• Quale rapporto c’è fra loro?<br />
• Perché entrano nel giardino?<br />
• Che cosa si chiedono dopo esservi entrati?<br />
• Quali sono i loro stati d’animo? Individua nel testo le parole che li definiscono.<br />
riflettere<br />
4. Definisci con alcuni aggettivi il giardino del racconto.<br />
5. Ti sembra che il comportamento dei due bambini sia in armonia con il loro stato d’animo o che ci sia un<br />
contrasto tra quello che fanno e quello che provano?<br />
6. Il narratore del racconto è esterno. La focalizzazione è interna o esterna?<br />
• Quale riflesso ha questa focalizzazione sulla descrizione?<br />
7. Il ragazzo pallido che i bambini vedono non è nel giardino, ma all’interno della villa. Che significato ha<br />
questo aspetto della storia?<br />
8. Che cosa rappresenta il giardino agli occhi dei due bambini?<br />
9. Spiega che cosa significa secondo te questa frase: «Era la paura di un incantesimo che gravasse su quella<br />
villa e quel giardino, su tutte quelle cose belle e comode, come un’antica ingiustizia commessa».<br />
Scrivere<br />
10. Scrivi un testo espositivo di almeno 200 parole dal titolo: «La scoperta di un luogo è un po’ la scoperta<br />
del mondo, nel racconto Il giardino incantato di Italo Calvino».
Narrativa e testi non letterari 32 volume A sezione 3 unità 1<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 3.1 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
Catherine Dunne<br />
FINE DI UN MATRIMONIO<br />
La metà di niente, 1997 Lingua originale inglese<br />
Una mattina come tante: la sveglia, la colazione per i bambini che vanno a scuola. Ma dopo questa mattina<br />
nulla sarà come prima per Rose, una tranquilla madre di famiglia.<br />
La scrittrice irlandese Catherine Dunne racconta ciò che accade nella vita di una donna, Rose, dal momento<br />
in cui viene lasciata dal marito.<br />
Questo momento è solo il prologo, l’inizio, della storia, ma esso condensa tempi diversi: anni di vita passata<br />
insieme, un più che incerto futuro e un presente terribilmente concreto.<br />
10<br />
20<br />
30<br />
Prologo<br />
In principio c’è una famiglia. Non è niente di eccezionale, è una famiglia<br />
normalissima, proprio come la vostra e la mia.<br />
Questa famiglia è composta da cinque persone. Il padre si chiama Ben. Ha<br />
quarantacinque anni, è pelaticcio e ha un accenno di pancetta. Lavora in proprio<br />
e porta a casa il pane. Vuole bene ai figli e non picchia la moglie.<br />
Rose è la madre. Ha quarantadue anni, ed è un po’ affaticata da vent’anni<br />
di guerra con il giro vita. È una madre affettuosa, una massaia efficiente e<br />
non tradisce Ben.<br />
I figli sono tre. Hanno un’età compresa tra i sei e i diciassette anni. Si danno<br />
grande importanza, ma, per quanto ci riguarda, per il momento saranno<br />
semplicemente i Figli.<br />
Questa famiglia anonima tira avanti vivendo alla giornata. Spesso Ben e<br />
Rose si chiedono: tutto qui? Però non se lo chiedono a vicenda.<br />
Un giorno Ben entra in cucina. Sta cercando Rose, che è occupata a bollire<br />
le uova.<br />
«Rose.»<br />
Ultimamente non l’ha quasi mai chiamata per nome, perciò lei alza lo<br />
sguardo sorpresa.<br />
«Dobbiamo parlare.»<br />
Il mondo crolla, anni e anni precipitano turbinando, vite vengono distrutte.<br />
Adesso Rose sa che tutte le sventure sono state annunciate da quella frase.<br />
Dobbiamo parlare.<br />
«Devo andar via per un po’. Penso che abbiamo bisogno di stare ognuno<br />
per conto proprio, solo per un periodo. Mi dispiace farlo così, ma è che non<br />
sono felice.»<br />
Rose fissa le uova. È affascinata dal modo in cui salgono gorgogliando in<br />
superficie, sospinte da un getto d’acqua bollente. Uno si è appena rotto e trasuda<br />
un candore gelatinoso nell’acqua agitata. Ora sa che sarà tutto acquoso<br />
dentro.
40<br />
50<br />
60<br />
Narrativa e testi non letterari 33 volume A sezione 3 unità 1<br />
Questa è una mattina fatta per i cliché 1 . Dobbiamo parlare. Mi sono sentita<br />
le gambe tremare. Non credevo alle mie orecchie. Abbiamo deciso di separarci<br />
per un periodo di prova.<br />
Rose scruta la faccia di Ben alla ricerca di risposte, di qualche indizio che<br />
spieghi la borsa bell’e pronta ai suoi piedi.<br />
«Adesso?» gli chiede stupidamente.<br />
Lui alza le spalle.<br />
«Non vedo perché dovremmo aspettare. La cosa era nell’aria da parecchio.<br />
Lo sai.»<br />
Lo sa? È questo che Ben voleva dire con i suoi lunghi silenzi, la sua insoddisfazione<br />
crescente nei riguardi del lavoro, la sua irrequietezza? Rose è consapevole<br />
che da un po’ di tempo qualcosa covava sotto la superficie, ma magari,<br />
chissà, una vacanza, un week-end fuori insieme senza i figli…? Adesso, a<br />
quanto pare, non è così facile da definire, qualunque cosa sia.<br />
Si sente estremamente calma. Spegne il fornello e toglie gli spruzzi con un<br />
panno, sforzandosi di non guardare Ben.<br />
È convinta che sia così per tutte le grandi crisi della vita delle persone. Il<br />
momento in sé passa senza grandi drammi. I drammi vengono dopo.<br />
È consapevole del momento, di lui, di se stessa, della casseruola che ormai<br />
fuma placidamente. Sa che tutti questi dettagli si stanno imprimendo in fondo<br />
ai suoi occhi, per poi, in seguito, essere riproiettati all’infinito. Scosta gli<br />
occhi dalle cose rassicuranti, familiari, e li fissa su Ben.<br />
«Non possiamo parlare? Devi andare proprio adesso, senza darci nemmeno<br />
la possibilità di discuterne?»<br />
Lui fa un gesto di impazienza.<br />
«Sono anni che cerco di parlarti. Devo andare via per chiarirmi le idee. Ti<br />
chiamo quando torno.»<br />
Rose sa che Ben è deciso, e anche esasperato.<br />
«Non sei nemmeno arrabbiata?» le chiede. «Lanciami qualcosa, picchiami<br />
se vuoi, ma Cristo, reagisci.»<br />
«No, non sono arrabbiata» risponde Rose. «Non so che cosa provo, ma non<br />
ho certo voglia di picchiarti.»<br />
Di colpo Ben si dirige verso la porta.<br />
«E per sempre, non è vero? Non è solo per un periodo.»<br />
Ben si volta verso di lei, la faccia pallida.<br />
«Credo di sì. Non ti amo più.»<br />
Ed ecco che se n’è andato. La porta si chiude alle sue spalle senza far rumore.<br />
Rose grida ai figli che è ora di andare.<br />
Mette sul tavolo le merende da portare a scuola e un altro giorno ha inizio.<br />
1. cliché: modello che si ripete sempre uguale.<br />
C. Dunne, La metà di niente, trad. E. Kampmann, Ugo Guanda, Parma 1998
Narrativa e testi non letterari 34 volume A sezione 3 unità 1<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. Come è composta la famiglia di Rose?<br />
2. Il narratore traccia un rapido ritratto di Rose e Ben. Individua i tratti con cui costruisce i due personaggi.<br />
3. Che cosa pensano Ben e Rose del loro matrimonio?<br />
• La comunicazione di Ben arriva del tutto inaspettata per Rose?<br />
4. Che cosa significa che i figli per il momento saranno semplicemente i Figli?<br />
riflettere<br />
5. Il dialogo tra Rose e Ben è piuttosto scarno, fatto di poche parole. Credi che questo sia dovuto alla loro<br />
difficoltà di comunicare in questo momento?<br />
Sì, perché …<br />
No, perché …<br />
6. Quali sono i sentimenti che prova Rose?<br />
• In che modo l’autrice ha scelto di rappresentarli?<br />
7. La conclusione del breve capitolo è molto rapida e sembra quasi inadeguata a quanto avvenuto e narrato<br />
nelle righe precedenti. Qual è il suo significato?<br />
8. Nel racconto Affetto Goffredo Parise (v. p. 337) racconta una situazione simile a quella proposta nel brano:<br />
un uomo decide di comunicare alla moglie la volontà di mettere fine al loro matrimonio. Il diverso rapporto<br />
esistente tra i coniugi dà luogo a situazioni profondamente diverse. Individua:<br />
– le differenze e le somiglianze nel modo di comportarsi delle due coppie;<br />
– le differenze e le somiglianze tra la conclusione del racconto di Parise e quella del capitolo del romanzo<br />
di Dunne.<br />
Scrivere<br />
9. Scrivi un testo di 200 parole descrivendo lo stato d’animo di Rose, i sentimenti che la attraversano in questa<br />
particolare mattinata della sua vita.
Narrativa e testi non letterari 35 volume A sezione 3 unità 2<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 3.2 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
Cesare Pavese<br />
LAVORARE È UN PIACERE<br />
1. far su: ammucchiare, sistemare in covoni.<br />
2. meliga: mais.<br />
3. i beni: i poderi dì proprietà.<br />
4. Belbo: si tratta di un torrente che ricorre più volte nella narrativa<br />
di Pavese; il paese dove egli era nato si chiama appunto<br />
Santo Stefano Belbo.<br />
Lavorare è un piacere, 1960<br />
Cesare Pavese ha scritto in racconti, romanzi e poesie storie di vita legate alla sua terra, la collina piemontese<br />
delle Langhe, cui lo scrittore rimase sempre legato. Scritto nel 1946 ma rimasto inedito sino al<br />
1960, quando vennero pubblicati tutti i racconti di Pavese, il racconto presenta alcuni elementi tipici<br />
della narrativa di questo autore: il tema della campagna contrapposta alla città e quello dell’infanzia<br />
come momento di scoperta del reale. Il narratore ripensa a se stesso quando, da ragazzo, nelle lunghe<br />
estati in campagna, vedeva il lavoro nei campi quasi come una lunga festa, prima di arrivare a capire che<br />
nemmeno davanti a colline il lavoro è un piacere.<br />
10<br />
20<br />
Io vissi sempre in campagna nella bella stagione, da giugno a ottobre, e ci<br />
venivo come a una festa. Ero un ragazzo, e i contadini mi portavano con loro<br />
ai raccolti – i più leggeri, far su 1 il fieno, staccare la meliga 2 , vendemmiare.<br />
Non a mietere il grano, per via del sole troppo forte; e a guardar l’aratura<br />
d’ottobre mi annoiavo, perché come tutti i ragazzi preferivo, anche nel gioco e<br />
nella festa, le cose che rendono, le raccolte, le ceste piene; e solamente un contadino<br />
vede nei solchi appena aperti il grano dell’anno dopo. I giorni che non<br />
c’era raccolto, me ne stavo a girare per la casa, o per i beni 3 tutto solo, e cercavo<br />
la frutta o giocavo con altri ragazzi a pescare nel Belbo 4 . Lì c’era dell’utile e mi<br />
pareva una gran cosa tornare a casa con quella miseria 5 , un pesciolino che poi<br />
il gatto si mangiava. In tutto quello che facevo mi davo importanza, e pagavo<br />
così la mia parte di lavoro al prossimo, alla casa, e a me stesso. Perché credevo<br />
di sapere che cosa fosse lavoro. Vedevo lavorare dappertutto, in quel modo<br />
tranquillo e intermittente che mi piaceva – certi giorni, dall’alba alla notte<br />
senza nemmeno andare a pranzo, e sudati, scamiciati, contenti altre volte, gli<br />
stessi se ne andavano a spasso in paese col cappello, o si sedevano sul trave a<br />
discorrere, e mangiavamo, ridevamo e bevevamo. Per le strade incontravo un<br />
massaro 6 che andava sotto il sole a una fiera, a vedere e parlare, e godevo pensando<br />
che anche quello era lavoro, che quella vita era ben meglio della prigione<br />
cittadina dove, quand’io dormivo ancora, una sirena raccoglieva impiegati<br />
e operai, tutti i giorni tutti i giorni, e li mollava solamente di notte.<br />
A quel tempo ero convinto che ci fosse differenza tra uscire la mattina<br />
avanti giorno in un campo davanti a colline, pestando l’erba bagnata, e attraversare<br />
di corsa marciapiedi consunti, senza nemmeno il tempo di sbirciare<br />
la fetta di cielo che fa capolino 7 sulle case. Ero un ragazzo, e può anche darsi<br />
che non capissi la città dove raccolti e ceste piene non se ne fanno; e certo, se<br />
mi avessero chiesto, avrei risposto ch’era meglio, e più utile, magari andare a<br />
Il narratore adulto<br />
ricorda come<br />
gli appariva da ragazzo<br />
il lavoro; il lavoro per lui<br />
era il lavoro contadino,<br />
che lo circondava<br />
e che gli piaceva.<br />
5. miseria: contrapposta all’espressione gran cosa, quale il pesciolino<br />
appare agli occhi del ragazzo.<br />
6. massaro: chi conduce e amministra i poderi che non sono<br />
però di sua proprietà.<br />
7. fa capolino: compare, a tratti.<br />
á
30<br />
40<br />
50<br />
60<br />
70<br />
Narrativa e testi non letterari 36 volume A sezione 3 unità 2<br />
pescare o raccogliere more che non fondere il ferro nei forni o battere a macchina<br />
lettere e conti.<br />
Ma in casa sentivo i miei parlare e arrabbiarsi, e ingiuriare proprio quegli<br />
operai di città come lavoratori, come gente che col pretesto che lavorava non<br />
aveva mai finito di pretendere 8 e dar noia e far disordini. Quando un giorno<br />
si seppe che in città anche gli impiegati avevano chiesto qualcosa e dato noia,<br />
fu addirittura una cagnara 9 . Nessuno in casa nostra capiva che cosa avessero<br />
da spartire o guadagnare gli impiegati – gli impiegati! – a mettersi coi lavoratori.<br />
“Possibile? contro quelli che gli dan da mangiare?” “Abbassarsi così?”<br />
“Sono pazzi o venduti.” “Ignoranti.” Il ragazzo ascoltava e taceva. Lavoro per<br />
lui voleva dire l’alba estiva e il solleone, la corba 10 sul collo, il sudore che<br />
cola, la zappa che rompe. Capiva che in città si lamentassero e. non volessero<br />
saperne – le aveva viste quelle fab briche tremende e quegli uffici soffocanti –<br />
starci dentro dal mattino alla sera. Non capiva che fosse un lavoro. “Lavorare<br />
è un piacere”, diceva tra sé.<br />
«Lavorare è un piacere,» dissi un giorno al massaro, che mi riempiva un<br />
cesto d’uva da portare alla mamma.<br />
«Fosse vero,» rispose, «ma c’è chi non ne ha voglia.»<br />
Quel massaro era un tipo severo, che il più del tempo stava zitto e sapeva<br />
tutti i trucchi della vita di campagna. Comandava anche a me qualche volta,<br />
ma per scherzo. Aveva terre sue, una cascina oltre Belbo e ci teneva dei massari.<br />
Questi massari la domenica gli venivano a portare la verdura o a dare<br />
una mano se il lavoro picchiava 11 . Lui era sempre dappertutto lavorava a casa<br />
nostra, lavorava sul suo 12 , girava le fiere. Quando i massari ci venivano e non<br />
c’era, si fermavano a discorrere con noi. Erano due, il vecchio e il giovane, e<br />
ridevano.<br />
«Lavorare è un piacere,» dissi anche a loro, quell’anno che i miei si arrabbiavano<br />
perché in città c’eran disordini.<br />
«Chi lo dice?» risposero. «Chi non fa niente, come te.» «Lo dice il massaro.»<br />
Allora risero più forte. «Si capisce,» mi dissero, «hai mai sentito dir dal<br />
parroco che andare in chiesa sia mal fatto?»<br />
Capii che il discorso diventava di quelli che si facevano in casa quell’anno.<br />
«Se non vi piace lavorare,» dissi, «vi piace raccogliere i frutti.»<br />
Il giovane smise di ridere. «Ci sono i padroni,» disse adagio, «che dividono<br />
i frutti 13 senz’aver lavorato.»<br />
Lo guardai, rosso in faccia.<br />
«Fate sciopero,» dissi, «se non siete contenti. A Torino si fa.»<br />
Allora il giovane guardò suo padre, mi strizzarono l’occhio, e tornarono a<br />
ridere.<br />
«Prima dobbiamo vendemmiare,» disse il vecchio, «poi vedremo.» Ma il<br />
giovane scosse la testa e rideva. «Non farete mai niente, papà,» disse adagio.<br />
Difatti non fecero niente, e in casa mia si continuò a piantar baccano sui<br />
disordini d’impiegati e operai ch’eran stati guastati dalla facile vita degli anni<br />
di guerra. Lo ascoltavo e tacevo, e pensavo agli scioperi come a una festa che<br />
permetteva agli operai d’andare a spasso. Ma un’idea – da principio non fu<br />
8. pretendere: avere delle pretese; il verbo rispecchia l’opinione<br />
dei genitori che ritengono inopportuni, quasi irrispettosi nei<br />
confronti dei datori di lavoro, gli scioperi e le manifestazioni dei<br />
lavoratori; il verbo pretendere indica infatti che, secondo i genitori<br />
del ragazzo, gli operai chiedono più di quanto loro spetti.<br />
9. cagnara: gran confusione (come di cani che si scatenino).<br />
10. corba: cesta di vimini di forma allungata.<br />
11. picchiava: era intenso; l’espressione di uso popolare indica<br />
l’intensità e la pesantezza del lavoro da fare; i lavori di cam-<br />
á<br />
á<br />
á<br />
á<br />
á<br />
Il ragazzo sentiva<br />
parlare delle proteste<br />
dei lavoratori, intense<br />
negli anni<br />
del dopoguerra a causa<br />
delle difficili condizioni<br />
economiche e sociali.<br />
Per il ragazzo<br />
(al quale ora il narratore<br />
si riferisce usando<br />
la terza persona)<br />
il lavoro è quello<br />
dei contadini;<br />
ma in modo confuso<br />
egli riesce a capire<br />
perché i lavoratori<br />
delle fabbriche cittadine<br />
si lamentino<br />
e protestino.<br />
Il lavoro del massaro<br />
era sia dipendente<br />
che autonomo: lavorava<br />
al servizio di altri,<br />
ma anche in proprio.<br />
Il ragazzo ripete discorsi<br />
che ha sentito fare<br />
dai grandi;<br />
ma dal dialogo<br />
con uno dei contadini<br />
impara che esiste<br />
un altro aspetto<br />
del lavoro: i frutti<br />
a volte vanno ad altri,<br />
che non lavorano.<br />
Durante l’ultima<br />
guerra mondiale molti<br />
uomini erano in guerra:<br />
per chi lavorava nelle<br />
fabbriche il lavoro non<br />
mancava e veniva<br />
retribuito bene.<br />
pagna devono essere svolti quando la natura stessa lo richiede;<br />
quindi si concentrano a volte in brevi periodi, durante i<br />
quale tutti devono lavorare a ritmo intenso.<br />
12. sul suo: sulle terre di sua proprietà.<br />
13. dividono i frutti: secondo molti contratti agricoli il contadino<br />
dava una parte dei prodotti al proprietario del terreno, che<br />
quindi godeva dei frutti del lavoro senza aver faticato.
Narrativa e testi non letterari 37 volume A sezione 3 unità 2<br />
che un sospetto – m’era entrata nel sangue: lavorare non era un piacere nemmeno<br />
in campagna. E stavolta sapevo che il bisogno di vedere il raccolto e<br />
portarselo a casa, era ciò che impediva ai villani 14 di fare qualcosa 15 .<br />
14. villani: contadini; il sostantivo non ha qui<br />
alcun significato spregiativo; deriva dal<br />
nome latino villa, che indicava una proprietà<br />
di campagna dove, oltre ai signori, abitavano<br />
e lavoravano molti servi e schiavi.<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. Quale tipo di narratore e di focalizzazione sono presenti?<br />
2. La storia è collocata in un tempo e in un luogo precisi?<br />
3. Dove viveva il narratore da ragazzo?<br />
• Con quale stato d’animo andava in campagna?<br />
C. Pavese, Racconti, Einaudi, Torino 1960<br />
15. fare qualcosa: protestare, far valere i propri<br />
diritti così come fanno i lavoratori di città.<br />
4. Quali aspetti della vita e del lavoro dei contadini piacevano al narratore da ragazzo?<br />
• Che cosa pensava del lavoro in città?<br />
5. Che cosa sentiva dire il ragazzo, in casa, degli operai e degli impiegati che «si lamentavano» e protestavano?<br />
• Che cosa pensava il ragazzo quando sentiva parlare delle proteste e degli scioperi dei lavoratori?<br />
6. Individua nel testo le parole che esprimono il punto di vista del narratore adulto.<br />
riflettere<br />
7. Quale di queste affermazioni ti sembra che renda meglio il senso del testo?<br />
Il narratore fin da ragazzo aveva capito che il lavoro, in fondo, è un piacere<br />
Il narratore aveva avuto ben chiaro fin da ragazzo che il lavoro non è un piacere, ma è fatica, sia in<br />
campagna che in città<br />
Il narratore, che fin da ragazzo guardava con curiosità e interesse ai diversi aspetti del lavoro, ha<br />
modificato via via, con il tempo e l’esperienza, le proprie idee sul lavoro<br />
Il narratore ha fatto proprie le idee dei suoi genitori a proposito del lavoro e dei lavoratori<br />
8. Perché, secondo il narratore, per i contadini è più difficile protestare e scioperare che per gli operai e gli<br />
impiegati?<br />
Perché sono più ignoranti<br />
Perché per loro il lavoro è un piacere<br />
Perché il lavoro della la terra ha necessità e ritmi diversi da quello industriale<br />
Perché pensano che il mondo sia giusto così com’è<br />
9. Il che modo il narratore, da ragazzo che andava a scuola, guardava al mondo del lavoro?<br />
• In che modo il narratore ormai adulto ripensa a se stesso ragazzo e al proprio modo ancora infantile di<br />
guardare la realtà del lavoro?<br />
Scrivere<br />
10. Scrivi un testo narrativo di circa 250 parole, in terza persona, dal titolo: «Un ragazzo alla scoperta della<br />
realtà del lavoro». Costruisci una scaletta basandoti sulla lettura del racconto di Pavese e sulle risposte che<br />
hai dato alle domande precedenti.
Narrativa e testi non letterari 38 volume A sezione 3 unità 3<br />
Joseph Conrad<br />
LA LINEA D’OMBRA<br />
La linea d’ombra, 1917 Lingua originale inglese<br />
Il romanzo breve La linea d’ombra di Joseph Conrad si fonda su un’esperienza personale dello scrittore: la<br />
storia del suo primo comando su una nave come ufficiale. Fu una vicenda che segnò per lui la fine della<br />
giovinezza. Lo scrittore definisce come la linea d’ombra un confine indefinito e personale che segna il<br />
passaggio da un’età della vita a un’altra. Ognuno lo supera in un momento diverso della propria esistenza<br />
e con modalità diverse, ma con la consapevolezza di affacciarsi a un periodo nuovo della propria vita.<br />
Nelle prime pagine lo scrittore riesce a descrivere uno stato d’animo quanto mai indefinito, attraverso<br />
un’analisi attenta dei sintomi con cui esso si manifesta.<br />
10<br />
20<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 3.3 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
Soltanto i giovani hanno tali momenti. Non parlo dei giovanissimi. No.<br />
I giovanissimi, a dire il vero, non hanno momenti. È privilegio della prima<br />
giovinezza vivere oltre il presente, nella bella e ininterrotta speranza che non<br />
conosce pause o introspezione.<br />
Ci si chiude alle spalle il cancelletto della pura fanciullezza e si entra in un<br />
giardino incantato. Persino le sue ombre brillano di speranza, ogni svolta del<br />
sentiero ha le sue seduzioni. E non perché si tratti d’un paese inesplorato. Si sa<br />
bene che tutta l’umanità ha percorso quella strada. È il fascino dell’esperienza<br />
universale, dalla quale ci si aspetta una sensazione personale o straordinaria<br />
– un po’ di noi stessi.<br />
Riconoscendo le orme dei predecessori si va avanti, eccitati, divertiti, facendo<br />
tutt’uno della cattiva e della buona sorte – del buono e del cattivo tempo,<br />
come si dice – la pittoresca sorte comune che serba tante possibilità per chi ha<br />
qualità o, forse, fortuna. Già, si va avanti. E anche il tempo va avanti, finché si<br />
scorge innanzi a noi una linea d’ombra che ci avverte che la regione della prima<br />
gioventù, anch’essa, la dobbiam lasciare addietro. Questo è il periodo della<br />
vita in cui posson venire i momenti di cui ho parlato… Quali momenti? Di<br />
noia, ecco; di stanchezza, d’insoddisfazione. Momenti sconsiderati. Momenti,<br />
intendo, in cui chi è ancora giovane è disposto a commettere azioni sconsiderate,<br />
quali maritarsi d’improvviso oppure gettar via un impiego senza ragione.<br />
Non è una storia di matrimonio, questa. Non mi andò così male. La mia<br />
azione, per avventata 1 che fosse, ebbe l’aspetto d’un divorzio, quasi d’una diserzione<br />
2 . Senza ragioni comprensibili per il senso comune rinunciai al mio<br />
lavoro – abbandonai il mio impiego – lasciai la nave della quale, al peggio, si<br />
poteva dire ch’era un battello a vapore e perciò, forse, non le era dovuta quella<br />
cieca fedeltà 3 che… Ma è inutile tentar di spiegare quel che anche allora io<br />
sospettai: quasi, che fosse un capriccio.<br />
1. avventata: presa senza pensare, senza riflettere.<br />
2. diserzione: abbandono di un lavoro che il<br />
protagonista aveva scelto liberamente; propriamente<br />
la diserzione indica l’abbandono<br />
del proprio reparto da parte di un militare<br />
che non vi fa più ritorno e costituisce un reato.<br />
3. cieca fedeltà: la vera navigazione è per il protagonista<br />
quella classica a vela, che, a causa del<br />
governo delle vele, comportava un rapporto<br />
più stretto, quasi di fedeltà, tra la nave e i marinai.
30<br />
40<br />
50<br />
60<br />
Narrativa e testi non letterari 39 volume A sezione 3 unità 3<br />
Accadde in un porto d’Oriente. La nave era orientale, nel senso che allora<br />
aveva quel porto d’armamento 4 . Trafficava fra le isole oscure d’un mare<br />
azzurro sfregiato 5 di scogli, la rossa bandiera mercantile inglese sul coronamento<br />
di poppa 6 e, in testa, all’albero di maestra, il distintivo armatoriale,<br />
pure rosso, ma con un bordo verde e una mezzaluna bianca. Ché il proprietario<br />
era un arabo, e un Syed 7 per giunta. Di qui il bordo verde sulla bandiera.<br />
Era capo d’una grande Casa di Arabi degli Stretti 8 , ma suddito fedele tra i<br />
più fedeli di quel complesso organismo ch’è l’Impero Britannico a levante del<br />
Canale di Suez 9 . La politica mondiale non lo turbava affatto, eppure aveva un<br />
misterioso potere fra la sua gente.<br />
Non c’importava dell’armatore. Aveva bisogno di bianchi per l’armamento<br />
della nave e molti di quelli che impiegava in tal modo nemmeno l’avevan veduto<br />
per l’intera durata del servizio. Io stesso non lo scorsi che una volta, per<br />
puro caso, su di un molo: era un vecchietto nero, cieco d’un occhio, con la<br />
veste candida e le pantofole gialle. Una folla di pellegrini malesi, che aveva beneficati<br />
in cibo e in denaro, gli stava baciando la mano gravemente 10 . Le sue<br />
elemosine, sentivo dire, eran vastissime, e coprivano quasi tutto l’arcipelago.<br />
Non sta forse scritto che «l’uomo caritatevole è l’amico di Allah 11 »?<br />
Un eccellente (e pittoresco 12 ) armatore arabo, per il quale non c’era da rompersi<br />
il capo; una più eccellente nave scozzese – ché tale essa era, dalla chiglia<br />
13 in su, ottima a tenere il mare, facile a mantenersi pulita, maneggevole<br />
al massimo in ogni senso e, non fosse stato per la sua propulsione interna 14 ,<br />
degna dell’amore di chicchessia: ecco di che serbare, anche ora, un rispetto<br />
profondo per la sua memoria.<br />
Quanto al genere di traffici in cui era impiegata e al carattere dei miei<br />
compagni, non avrei potuto esser più fortunato se un mago benevolo li avesse<br />
fatti a mio ordine.<br />
Eppure, d’improvviso lasciai tutto. Lo lasciai nel modo, illogico per noi<br />
uomini, con cui un uccello vola via da un comodo ramo. Fu come se, proprio<br />
inconsciamente, avessi udito un bisbiglio o visto qualcosa. Già, forse! Ero<br />
perfettamente a posto, quel giorno, e l’indomani tutto se n’era andato: fascino,<br />
sapore, interesse, soddisfazione, tutto. Fu uno di quei momenti, sapete.<br />
L’acerba 15 malinconia della tarda giovinezza scese su di me e mi portò via. Mi<br />
portò via da quella nave, voglio dire.<br />
Eravamo soltanto quattro bianchi a bordo, con un numeroso equipaggio<br />
di Calasci 16 e due sottufficiali malesi. Il capitano mi fissò severamente, quasi<br />
domandandosi che cosa mi tormentava. Ma era un marinaio ed era stato<br />
giovane anche lui, un tempo. Ed ecco, un sorriso salì, gli fece capolino sotto<br />
i folti baffi grigio ferro, ed egli osservò che, naturalmente, se sentivo di<br />
4. porto d’armamento: porto in cui si attrezza<br />
una nave con tutto ciò che è necessario per la<br />
navigazione.<br />
5. sfregiato: la distesa delle acque è interrotta<br />
da scogli che ne rompono e ne turbano la<br />
compattezza.<br />
6. coronamento di poppa: orlo superiore della<br />
poppa, cioè della parte anteriore della nave;<br />
l’albero di maestra è l’albero che regge la vela<br />
principale, bassa e centrale, della nave; distintivo<br />
armatoriale: il contrassegno che indica e<br />
distingue l’armatore, cioè colui che allestisce<br />
navi proprie o altrui per la navigazione.<br />
7. Syed: titolo che veniva dato a un dignitario,<br />
discendente della famiglia di Maometto, il<br />
cui colore distintivo era il verde.<br />
8. Casa di Arabi degli Stretti: sede di compagnie<br />
commerciali arabe che operavano nella<br />
regione degli stretti tra il Mediterraneo, il<br />
mar di Marmara e il mar Rosso.<br />
9. Canale di Suez: canale artificiale, costruito<br />
nel 1869, che collega Porto Said sul mar<br />
Mediterraneo e Suez sul mar Rosso; l’Impero<br />
Britannico si estendeva allora in vaste zone<br />
dell’Asia.<br />
10. gravemente: con compostezza, con serietà.<br />
11. l’uomo… Allah: nella religione musulmana<br />
l’elemosina è uno degli obblighi dei fedeli.<br />
12. pittoresco: caratteristico, come dimostra la<br />
descrizione fatta nelle righe precedenti.<br />
13. chiglia: grossa trave che percorre il fondo<br />
dello scafo nel senso della lunghezza.<br />
14. propulsione interna: il motore a vapore.<br />
15. acerba: dolorosa.<br />
16. Calasci: appartenenti a un’antica popolazione<br />
dell’Afghanistan nord-orientale.
70<br />
Narrativa e testi non letterari 40 volume A sezione 3 unità 3<br />
dovermene andare, lui non poteva trattenermi a viva forza. Si stabilì che l’indomani<br />
mattina sarei stato pagato e avrei preso congedo. Mentre uscivo dalla<br />
sala nautica, aggiunse d’improvviso, in un tono singolare, assorto 17 , che sperava<br />
io trovassi ciò che cercavo con tanta ansia. Dolce e velata osservazione<br />
che sembrò andar più a fondo di una punta di diamante 18 . Credo veramente<br />
ch’egli comprendesse il mio caso.<br />
J. Conrad, La linea d’ombra, trad. F. Arcangeli e G. Festi, Bompiani, Milano 1980<br />
17. assorto: serio.<br />
18. punta di diamante: strumento per tagliare<br />
il vetro; il diamante è una pietra durissima<br />
capace di incidere in profondità.<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. Dove e in quale epoca si svolge l’episodio?<br />
2. Il protagonista era soddisfatto del suo lavoro e delle persone con cui lavorava?<br />
• Perché lascia il suo lavoro?<br />
• È una decisione improvvisa o meditata?<br />
3. Il narratore parla in prima persona e racconta molti anni dopo che i fatti sono accaduti. Distingui la narrazione<br />
dei fatti dalle considerazioni personali.<br />
• Individua quali riflessioni appartengono al protagonista-narratore giovane e quali al narratore adulto.<br />
4. Quale differenza esiste per il narratore tra l’infanzia e la prima giovinezza?<br />
riflettere<br />
5. Di che cosa andava in cerca secondo te il protagonista?<br />
un lavoro diverso<br />
un lavoro di maggiore responsabilità<br />
emozioni<br />
niente in particolare<br />
se stesso<br />
........................................<br />
6. Lo stato d’animo del protagonista quando decide di lasciare il suo lavoro è confuso e complesso. Prova a<br />
individuare i suoi sentimenti e le sue sensazioni di allora.<br />
7. Il protagonista adulto dimostra di avere compreso la sua situazione di allora?<br />
• Ti sembra che sia critico verso quella sua scelta?<br />
8. Come e secondo quale criterio divideresti tu le età della vita?<br />
9. La linea d’ombra è per il protagonista-narratore una linea immaginaria che separa le età della vita. Ci sono<br />
stati momenti che hai vissuto o vivi come significativi di un momento di crescita, di un passaggio da una<br />
fase all’altra della tua vita?<br />
• Quali elementi ti hanno fatto capire che tra il «prima» e il «dopo» c’è stato un cambiamento?<br />
Scrivere<br />
10. Scrivi un testo argomentativo di almeno 200 parole sul seguente argomento: «L’adolescenza viene considerata<br />
come un momento difficile della vita perché costituisce una fase di passaggio, una fase indefinita<br />
tra l’infanzia e la giovinezza. Condividi questa opinione o ritieni che sia solo un luogo comune?<br />
Sostieni la tua tesi attraverso una serie di argomenti come esempi, fatti, dati, citazioni».
Narrativa e testi non letterari 41 volume A sezione 3 unità 4<br />
Italo Calvino<br />
LA SPECULAZIONE EDILIZIA<br />
La speculazione edilizia, 1958<br />
Tra gli eventi della storia non ci sono solo guerre e momenti tragici; ci sono anche le trasformazioni economiche,<br />
che possono cambiare i modi di vivere, i rapporti sociali e anche il territorio. Dalla fine degli<br />
anni Cinquanta l’espansione dell’economia portò a un enorme incremento delle costruzioni; il territorio<br />
italiano ne fu profondamente modificato, e gravemente danneggiato nelle sue località più belle. In un<br />
breve romanzo, di cui quello che segue è il capitolo iniziale, Italo Calvino ritrae con realismo e ironia il<br />
fenomeno della febbre del cemento che ha caratterizzato la società italiana contemporanea. Il protagonista<br />
è Quinto Anfossi, un uomo colto e riservato, che è affascinato dal nuovo spirito affaristico che sembra aver<br />
invaso l’Italia, e attratto dalle opportunità economiche offerte dalla speculazione edilizia: sacrificando un<br />
pezzo di terreno adiacente alla villa di famiglia, decide quindi di far costruire uno dei palazzi che stanno<br />
cambiando il paesaggio della Riviera ligure.<br />
10<br />
20<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 3.4 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
Alzare gli occhi dal libro (leggeva sempre, in treno) e ritrovare pezzo per<br />
pezzo il paesaggio – il muro, il fico, la noria 1 , le canne, la scogliera – le cose<br />
viste da sempre di cui soltanto ora, per esserne stato lontano, s’accorgeva:<br />
questo era il modo in cui tutte le volte che vi tornava, Quinto riprendeva<br />
contatto col suo paese, la Riviera 2 . Ma siccome da anni durava questa storia,<br />
della sua lontananza e dei suoi ritorni sporadici 3 , che gusto c’era? sapeva già<br />
tutto a memoria: eppure, continuava a cercare di far nuove scoperte, così di<br />
scappata, un occhio sul libro l’altro fuori dal finestrino, ed era ormai soltanto<br />
una <strong>verifica</strong> di osservazioni, sempre le stesse.<br />
Però ogni volta c’era qualcosa che gli interrompeva il piacere di quest’esercizio<br />
e lo faceva tornare alle righe del libro, un fastidio che non sapeva bene<br />
neanche lui. Erano le case: tutti questi nuovi fabbricati che tiravano su, casamenti<br />
cittadini di sei otto piani, a biancheggiare massicci come barriere di<br />
rincalzo al franante digradare 4 della costa, affacciando più finestre e balconi<br />
che potevano verso mare. La febbre del cemento s’era impadronita della Riviera:<br />
là vedevi il palazzo già abitato, con le cassette dei gerani tutti uguali ai<br />
balconi, qua il caseggiato appena finito, coi vetri segnati da serpenti di gesso 5 ,<br />
che attendeva le famigliole lombarde smaniose dei bagni; più in là ancora un<br />
castello d’impalcature 6 e, sotto, la betoniera 7 che gira e il cartello dell’agenzia<br />
per l’acquisto dei locali.<br />
1. noria: ruota che girando solleva acqua attraverso<br />
appositi recipienti. È un elemento del<br />
paesaggio tradizionale.<br />
2. la Riviera: la Riviera ligure.<br />
3. sporadici: saltuari, che avvengono raramente.<br />
4. barriere… digradare: gli alti edifici di nuova<br />
costruzione appaiono come delle barriere, dei<br />
muri che contengano (di rincalzo) la costa, che<br />
scende (digradare) dalle alture dell’entroterra<br />
verso il mare.<br />
5. serpenti di gesso: i segni a forma di «S» che<br />
venivano tracciati sui vetri delle case in costruzione.<br />
6. castello di impalcature: le impalcature che<br />
servono per lavorare alla costruzione di un<br />
edificio.<br />
7. betoniera: macchina impastatrice che serve a<br />
preparare il cemento.
30<br />
40<br />
50<br />
60<br />
Narrativa e testi non letterari 42 volume A sezione 3 unità 4<br />
Nelle cittadine in salita, a ripiani, gli edifizi nuovi facevano a chi monta<br />
sulle spalle dell’altro 8 , e in mezzo i padroni delle case vecchie allungavano il<br />
collo nei soprelevamenti. A***, la città di Quinto, un tempo circondata da giardini<br />
ombrosi d’eucalipti e magnolie 9 dove tra siepe e siepe vecchi colonnelli<br />
inglesi e anziane miss si prestavano edizioni Tauchnitz 10 e annaffiatoi, ora le<br />
scavatrici ribaltavano il terreno fatto morbido dalle foglie marcite o granuloso<br />
dalle ghiaie dei vialetti, e il piccone diroccava le villette a due piani, e la scure<br />
abbatteva in uno scroscio cartaceo i ventagli delle palme Washingtonia 11 , dal<br />
cielo dove si sarebbero affacciate le future soleggiate-tricamere-servizi.<br />
Quando Quinto saliva alla sua villa, un tempo dominante la distesa dei<br />
tetti della città nuova e i bassi quartieri della marina e il porto, più in qua il<br />
mucchio di case muffite e lichenose 12 della città vecchia, tra il versante della<br />
collina a ponente dove sopra gli orti s’infittiva l’oliveto, e, a levante, un reame<br />
di ville e alberghi verdi come un bosco, sotto il dosso brullo 13 dei campi di<br />
garofani scintillanti di serre fino al Capo: ora più nulla, non vedeva che un<br />
sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di<br />
qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue 14 con solo i finestrini<br />
smerigliati dei gabinetti uno sopra l’altro.<br />
Sua madre, ogni volta che lui veniva a ***, per prima cosa lo faceva salire<br />
sul terrazzo, (lui, con la sua nostalgia pigra, distratta e subito disappetente 15<br />
sarebbe ripartito senz’andarci); – Adesso ti faccio vedere le novità, – e gli<br />
indicava le nuove fabbriche: – Là i Sampieri soprelevano, quello è un palazzo<br />
nuovo di certi di Novara, e le monache, anche le monache, ti ricordi il giardino<br />
coi bambù che si vedeva là sotto? Ora guarda che scavo, chissà quanti<br />
piani vogliono fare con quelle fondamenta! E l’araucaria 16 della villa Van<br />
Moen, la più bella della Riviera, adesso l’impresa Baudino ha comprato tutta<br />
l’area, una pianta che avrebbe dovuto preoccuparsene il Comune, andata in<br />
legna da bruciare; del resto, trapiantarla era impossibile, le radici chissadove 17<br />
arrivavano. Vieni da questa parte, ora; qui a levante, vista da toglierci non ne<br />
avevano più, ma guarda quel nuovo tetto che è spuntato: ebbene, adesso il<br />
sole alla mattina arriva qui mezz’ora dopo.<br />
E Quinto: – Eh, eh! Accidenti! Ah, cara mia! – non era capace che d’uscirsene<br />
in esclamazioni inespressive e risolini, tra il «Tanto che ci vuoi fare?» e<br />
addirittura il compimento ai più irreparabili guasti, forse per un residuo di<br />
giovanile volontà di scandalo, forse per l’ostentazione di saggezza di chi sa<br />
inutili le lamentele contro il moto della storia. Eppure, la vista d’un paese<br />
ch’era il suo, che se andava così sotto il cemento, senz’essere stato da lui veramente<br />
posseduto, pungeva Quinto. Ma bisogna dire che egli era uomo storicista<br />
18 , rifiutante malinconie, uomo che ha viaggiato, eccetera, insomma, non<br />
glie ne importava niente!<br />
[…] Ecco, ora, lì, quel suo paese, quella parte amputata di sé, aveva una<br />
nuova vita, sia pure abnorme 19 , antiestetica, e proprio perciò – per i contrasti<br />
8. facevano… dell’altro: gli edifici nuovi sono<br />
sempre più alti, come se si arrampicassero<br />
l’uno sull’altro.<br />
9. eucalipti e magnolie: grandi e begli alberi,<br />
diffusi nei giardini della costa.<br />
10. Tauchnitz: casa editrice tedesca che nel 1841<br />
pubblicò la prima collana di libri tascabili.<br />
11. Washingtonia: varietà di palme.<br />
12. lichenose: ricoperte di licheni, perché umide<br />
e poco soleggiate.<br />
13. dosso brullo: collina priva di vegetazione.<br />
14. muri… contigue: i muri senza finestre degli<br />
edifici, sul lato contiguo a un altro edificio.<br />
15. disappetente: propriamente significa «che<br />
ha poco appetito»; in senso figurato, qui significa<br />
che la sua nostalgia si esauriva presto.<br />
16. araucaria: albero dai rami fitti e spinosi.<br />
17. chissadove: chissà dove; Calvino preferisce<br />
scriverlo, anche in altri testi, con una parola<br />
unica, più suggestiva.<br />
18. storicista: che cerca le ragioni storiche dei<br />
fatti e delle situazioni.<br />
19. abnorme: anormale, fuori dalla norma, e poco<br />
vitale.
70<br />
Narrativa e testi non letterari 43 volume A sezione 3 unità 4<br />
che dominano le menti educate alla letteratura – più vita che mai. E lui non<br />
ne partecipava; legato ai luoghi ormai appena da un filo d’eccitazione nostalgica,<br />
e dalla svalutazione d’un’area semi-urbana non più panoramica, ne<br />
aveva solo un danno. Dettata da questo stato d’animo, la frase: – Se tutti costruiscono<br />
perché non costruiamo anche noi? – che egli aveva buttato lì un<br />
giorno conversando con Ampelio 20 in presenza della madre, e l’esclamazione<br />
di lei, a mani alzate verso le tempie: – Per carità! Povero il nostro giardino! –<br />
erano state il seme di una ormai lunga serie di discussioni, progetti, calcoli,<br />
ricerche, trattative. Ed ora, appunto, Quinto faceva ritorno alla sua città natale<br />
per intraprendervi una speculazione edilizia 21 .<br />
I. Calvino, La speculazione edilizia, in Romanzi e racconti, Mondadori, Milano 2005<br />
20. Ampelio: il fratello del protagonista.<br />
21. speculazione edilizia: operazione finanziaria<br />
consistente nell’acquistare per rivendere<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. Dove è ambientata la vicenda?<br />
• Quali sono le caratteristiche dei luoghi rappresentati?<br />
2. Che cosa sta facendo il protagonista nel presente della storia?<br />
terreni edificabili con il fine di conseguire<br />
un forte profitto dalla differenza fra il prezzo<br />
d’acquisto e quello di vendita.<br />
3. Che cosa prova il protagonista osservando i mutamenti del paesaggio che gli è familiare?<br />
4. Quali sono gli elementi naturali del paesaggio ligure che la speculazione edilizia sta distruggendo?<br />
5. Le case sono indicate con diversi vocaboli: individuali nel testo.<br />
6. Che cosa sceglie di fare alla fine il protagonista di fronte al dilagare della febbre del cemento?<br />
riflettere<br />
7. Che cosa ti sembra che dia maggiormente fastidio al protagonista?<br />
La bruttezza delle nuove costruzioni<br />
La scomparsa di certi aspetti del paesaggio che gli era caro<br />
Il fatto che altri traggano profitto dalla speculazione edilizia e lui no<br />
Il dispiacere di sua madre per lo scempio del paesaggio<br />
9. Quali di questi aggettivi ti sembra che descrivano meglio il protagonista?<br />
indignato rassegnato<br />
malinconico nostalgico<br />
entusiasta conformista<br />
pratico indifferente<br />
10. Quali aspetti della speculazione edilizia ti sembra che il testo metta in evidenza?<br />
Scrivere<br />
11. Scrivi un testo espositivo-argomentativo di circa 300 parole su questo argomento: «La costruzione di<br />
grandi edifici ha permesso a molte persone di avere abitazioni moderne e anche seconde case per le<br />
vacanze, ma spesso ha rovinato il paesaggio».
Narrativa e testi non letterari 44 volume A sezione 4 unità 1<br />
Iginio Tarchetti<br />
UN OSSO DI MORTO<br />
Racconti fantastici, 1869<br />
Gli scrittori del movimento della Scapigliatura, sviluppatosi a Milano nella metà dell’Ottocento, si proponevano<br />
di rappresentare la realtà in tutti i suoi aspetti, sia quelli più brutti sia quelli più misteriosi, compresi<br />
quelli appartenenti alla sfera del paranormale. A loro si devono quindi alcuni interessanti racconti<br />
fantastici della narrativa italiana.<br />
Nel racconto proposto Tarchetti bilancia con grande attenzione elementi reali e paranormali, senza rinunciare<br />
a colorare i fatti di un velo di ironia. L’osso di morto oggetto della vicenda costituisce di per sé un<br />
oggetto alquanto macabro, ma la sua destinazione a fermacarte lo riduce a un oggetto di uso comune,<br />
quasi familiare.<br />
La narrazione è affidata a un narratore interno, che racconta ancora incredulo la propria avventura.<br />
10<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 4.1 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
Lascio a chi mi legge l’apprezzamento 1 del fatto inesplicabile che sto per<br />
raccontare.<br />
Nel 1855, domiciliatomi a Pavia, m’era 2 dato allo studio del disegno in una<br />
scuola privata di quella città; e dopo alcuni mesi di soggiorno aveva stretto<br />
relazione con certo Federico M. che era professore di patologia 3 e di clinica<br />
per l’insegnamento universitario, e che morì di apoplessia fulminante 4 pochi<br />
mesi dopo che lo aveva conosciuto. Era uomo amantissimo delle scienze, e<br />
della sua in particolare – aveva virtù e doti di mente non comuni – senonché<br />
come tutti gli anatomisti 5 ed i clinici in genere, era scettico 6 profondamente<br />
e inguaribilmente – lo era per convinzione, né io potei mai indurlo alle mie<br />
credenze, per quanto mi vi adoprassi 7 nelle discussioni appassionate e calorose<br />
che avevamo ogni giorno a questo riguardo. Nondimeno – e piacemi<br />
rendere questa giustizia alla sua memoria – egli si era mostrato sempre tollerante<br />
di quelle convinzioni che non erano le sue; ed io e quanti il 8 conobbero<br />
abbiamo serbato la più cara rimembranza di lui. Pochi giorni prima della<br />
sua morte egli mi aveva consigliato ad assistere alle sue lezioni di anatomia,<br />
adducendo 9 che ne avrei tratte non poche cognizioni giovevoli alla mia arte<br />
del disegno: acconsentii benché repugnante 10 ; e spinto dalla vanità di parergli<br />
1. apprezzamento: valutazione; inesplicabile significa<br />
inspiegabile, straordinario.<br />
2. m’era dato: mi ero dato; la forma in -a della<br />
prima persona dell’imperfetto indicativo è<br />
propria della lingua antica; la forma in -o si<br />
formò in Toscana già nel XIII secolo, ma i non<br />
toscani continuarono a usare anche nell’Ottocento<br />
la forma originale. Questa desinenza in<br />
-a ricorre per tutto il testo qui riportato.<br />
3. patologia: lo studio delle cause e dell’evoluzione<br />
delle malattie; clinica: lo studio delle<br />
manifestazioni morbose delle malattie, attraverso<br />
l’osservazione del loro decorso nei pazienti.<br />
4. apoplessia fulminante: emorragia interna<br />
che provoca immediatamente la morte.<br />
5. anatomisti: studiosi di anatomia, scienza<br />
che studia la morfologia degli organi.<br />
6. scettico: chi dubita di tutto e, non potendo<br />
mai essere certo della verità, si astiene da<br />
qualsiasi tipo di giudizio.<br />
7. mi vi adoprassi: ci provassi in ogni modo.<br />
8. il: lo; ha funzione di pronome.<br />
9. adducendo: sostenendo; cognizioni sono le<br />
conoscenze.<br />
10. repugnante: ripugnante; riluttante, contrario.
20<br />
30<br />
40<br />
50<br />
60<br />
Narrativa e testi non letterari 45 volume A sezione 4 unità 1<br />
meno pauroso che nol 11 fossi, lo richiesi di alcune ossa umane che egli mi<br />
diede e che io collocai sul caminetto della mia stanza. Colla morte di lui io<br />
aveva cessato di frequentare il corso anatomico, e più tardi aveva anche desistito<br />
dallo studio del disegno. Nondimeno aveva conservato ancora per molti<br />
anni quelle ossa, che l’abitudine di vederle me le aveva rese quasi indifferenti,<br />
e non sono più di pochi mesi che, colto da subite 12 paure, mi risolsi a seppellirle,<br />
non trattenendo presso di me che una semplice rotella 13 di ginocchio.<br />
Questo ossicino sferico e liscio che per la sua forma e per la sua piccolezza io<br />
aveva destinato, fino dal primo istante che l’ebbi, a compiere l’ufficio d’un<br />
premi-carte, come quello che non mi richiamava alcuna idea spaventosa, si<br />
trovava già collocato da undici anni sul mio tavolino, allorché ne fui privato<br />
nel modo inesplicabile che sto per raccontare.<br />
Aveva conosciuto a Milano nella scorsa primavera un magnetizzatore 14<br />
assai noto tra gli amatori di spiritismo, e aveva fatto istanze 15 per essere ammesso<br />
ad una delle sue sedute spiritiche. Ricevetti poco dopo invito di recarmivi,<br />
e vi andai agitato da prevenzioni sì tristi, che più volte lungo la via<br />
era stato quasi in procinto di rinunciarvi. L’insistenza del mio amor proprio<br />
mi vi aveva spinto mio malgrado. Non starò a discorrere qui delle invocazioni<br />
16 sorprendenti a cui assistetti: basterà il dire che io fui sì meravigliato<br />
delle risposte che ascoltammo da alcuni spiriti, e la mia mente fu sì colpita<br />
da quei prodigi, che superato ogni timore, concepii il desiderio di chiamarne<br />
uno di mia conoscenza, e rivolgergli io stesso alcune domande che aveva già<br />
meditate e discusse nella mia mente. Manifestata questa volontà, venni introdotto<br />
in un gabinetto appartato 17 , ove fui lasciato solo; e poiché l’impazienza<br />
e il desiderio d’invocare molti spiriti a un tempo mi rendevano titubante 18<br />
sulla scelta, ed era mio disegno 19 di interrogare lo spirito invocato sul destino<br />
umano, e sulla spiritualità 20 della nostra natura, mi venne in memoria il<br />
dottore Federico M. col quale, vivente, aveva avuto delle vive discussioni su<br />
questo argomento, e deliberai di chiamarlo. Fatta questa scelta, mi sedetti ad<br />
un tavolino, disposi innanzi a me un foglietto di carta, intinsi la penna nel<br />
calamaio, mi posi in atteggiamento di scrivere, e concentratomi per quanto<br />
era possibile in quel pensiero, e raccolta tutta la mia potenza di volizione 21 , e<br />
direttala a quello scopo, attesi che lo spirito del dottore venisse.<br />
Non attesi lungamente. Dopo alcuni minuti d’indugio mi accorsi per sensazioni<br />
nuove e inesplicabili che io non era più solo nella stanza, sentii per<br />
così dire la sua presenza; e prima che avessi saputo risolvermi a formulare<br />
una domanda, la mia mano agitata e convulsa, mossa come da una forza<br />
estranea alla mia volontà, scrisse, me inconsapevole 22 , queste parole:<br />
«Sono a voi. Mi avete chiamato in un momento in cui delle invocazioni<br />
più esigenti mi impedivano di venire, né potrò trattenermi ora qui, né rispondere<br />
alle interrogazioni che avete deliberato di farmi. Nondimeno vi<br />
ho obbedito per compiacervi, e perché aveva bisogno io stesso di voi; ed era<br />
gran tempo che cercava il mezzo di mettermi in comunicazione col vostro<br />
spirito. Durante la mia vita mortale vi ho date alcune ossa che aveva sottratte<br />
al gabinetto anatomico 23 di Pavia, e tra le quali vi era una rotella di<br />
11. nol: non lo; lo richiesi: gli richiesi, il verbo<br />
viene qui costruito transitivamente.<br />
12. subite: improvvise; mi risolsi: mi decisi.<br />
13. rotella: rotula, osso rotondo del ginocchio.<br />
14. magnetizzatore: chi fa esperimenti di magnetismo.<br />
15. aveva fatto istanze: avevo fatto richieste<br />
pressanti.<br />
16. invocazioni: chiamate perché gli spiriti facessero<br />
sentire la loro presenza.<br />
17. gabinetto appartato: stanza riservata.<br />
18. titubante: incerto.<br />
19. era mio disegno: era mio proposito.<br />
20. spiritualità: qualità spirituali.<br />
21. potenza di volizione: forza di concentrazione<br />
della volontà.<br />
22. me inconsapevole: senza che ne fossi consapevole;<br />
è una costruzione latineggiante.<br />
23. gabinetto anatomico: locale adibito all’analisi<br />
anatomica dei cadaveri.
70<br />
80<br />
90<br />
100<br />
110<br />
Narrativa e testi non letterari 46 volume A sezione 4 unità 1<br />
ginocchio che ha appartenuto 24 al corpo di un ex inserviente dell’Università,<br />
che si chiamava Pietro Mariani, e di cui io aveva sezionato arbitrariamente 25<br />
il cadavere. Sono ora undici anni che egli mette alla tortura il mio spirito<br />
per riavere quell’ossicino inconcludente 26 , né cessa di rimproverarmi amaramente<br />
quell’atto, di minacciarmi, e di insistere per la restituzione della sua<br />
rotella. Ve ne scongiuro per la memoria forse non ingrata che avrete serbato<br />
di me, se voi la conservate tuttora, restituitegliela, scioglietemi da questo<br />
debito tormentoso. Io farò venire a voi in questo momento lo spirito del Mariani.<br />
Rispondete.»<br />
Atterrito da quella rivelazione, io risposi che conservava di fatto quella<br />
sciagurata rotella, e che era felice di poterla restituire al suo proprietario legittimo,<br />
che, non v’essendo altra via, mandasse da me il Mariani. Ciò detto,<br />
o dirò meglio, pensato, sentii la mia persona come alleggerita, il mio braccio<br />
più libero, la mia mano non più ingranchita 27 come dianzi, e compresi, in una<br />
parola, che lo spirito del dottore era partito.<br />
Stetti allora un altro istante ad attendere – la mia mente era in uno stato di<br />
esaltazione impossibile a definirsi.<br />
In capo ad alcuni minuti, riprovai gli stessi fenomeni di prima, benché<br />
meno intensi; e la mia mano trascinata dalla volontà dello spirito, scrisse queste<br />
altre parole:<br />
«Lo spirito di Pietro Mariani ex inserviente dell’Università di Pavia, è innanzi<br />
a voi, e reclama la rotella del suo ginocchio sinistro che ritenete indebitamente<br />
da undici anni. Rispondete.»<br />
Questo linguaggio era più conciso e più energico di quello del dottore. Io<br />
replicai allo spirito: Io sono dispostissimo a restituire a Pietro Mariani la rotella<br />
del suo ginocchio sinistro, e lo prego anzi a perdonarmene la detenzione<br />
28 illegale; desidero però di conoscere come potrò effettuare la restituzione<br />
che mi è domandata.<br />
Allora la mia mano tornò a scrivere;<br />
«Pietro Mariani, ex inserviente dell’Università di Pavia, verrà a riprendere<br />
egli stesso la sua rotella.»<br />
– Quando? chiesi io atterrito.<br />
E la mano vergò istantaneamente una sola parola «Stanotte.»<br />
Annichilito 29 da quella notizia, coperto di un sudore cadaverico, io mi affrettai<br />
ad esclamare, mutando tuono 30 di voce ad un tratto: «Per carità… vi<br />
scongiuro… non vi disturbate… manderò io stesso… vi saranno altri mezzi<br />
meno incomodi…» Ma non aveva finito la frase che mi accorsi per le sensazioni<br />
già provate dapprima, che lo spirito di Mariani si era allontanato, e che<br />
non v’era più mezzo ad impedire la sua venuta.<br />
È impossibile che io possa rendere qui colle parole l’angoscia delle sensazioni<br />
che provai in quel momento. Io era in preda ad un panico spaventoso.<br />
Uscii da quella casa mentre gli orologi della città suonavano la mezzanotte: le<br />
vie erano deserte, i lumi delle finestre spenti, le fiamme nei fanali offuscate<br />
da un nebbione fitto e pesante – tutto mi pareva più tetro del solito. Camminai<br />
per un pezzo senza sapere dove dirigermi: un istinto più potente della<br />
mia volontà mi allontanava dalla mia abitazione. Ove attingere il coraggio di<br />
andarvi? Io avrei dovuto ricevervi in quella notte la visita di uno spettro – era<br />
un’idea da morirne, era una prevenzione 31 troppo terribile.<br />
24. ha appartenuto: era appartenuto.<br />
25. arbitrariamente: senza averne l’autorizzazione.<br />
26. inconcludente: di poco conto.<br />
27. ingranchita: intorpidita, come se fosse presa<br />
da crampi.<br />
28. detenzione: possesso.<br />
29. Annichilito: annientato, spaventato a morte.<br />
30. tuono: tono.<br />
31. prevenzione: preavviso.
120<br />
130<br />
140<br />
150<br />
Narrativa e testi non letterari 47 volume A sezione 4 unità 1<br />
Volle allora il caso che aggirandomi, non so più per qual via, mi trovassi di<br />
fronte a una bettola su cui vidi scritto a caratteri intagliati in un’impannata 32 ,<br />
e illuminati da una fiamma interna «Vini nazionali» e io dissi senz’altro a me<br />
stesso: Entriamovi, è meglio così, e non è un cattivo rimedio; cercherò nel<br />
vino quell’ardimento che non ho più il potere di chiedere alla mia ragione. E<br />
cacciatomi in un angolo d’una stanzaccia sotterranea domandai alcune bottiglie<br />
di vino che bevetti con avidità, benché repugnante per abitudine all’abuso<br />
di quel liquore. Ottenni l’effetto che aveva desiderato. Ad ogni bicchiere<br />
bevuto il mio timore svaniva sensibilmente, i miei pensieri si dilucidavano, le<br />
mie idee parevano riordinarsi, quantunque con un disordine nuovo; e a poco<br />
a poco riconquistai talmente il mio coraggio che risi meco stesso 33 del mio<br />
terrore, e mi alzai, e mi avviai risoluto verso casa.<br />
Giunto in stanza, un po’ barcollante pel troppo vino bevuto, accesi il lume,<br />
mi spogliai per metà, mi cacciai a precipizio nel letto, chiusi un occhio e poi<br />
un altro, e tentai di addormentarmi. Ma era indarno 34 . Mi sentiva assopito 35 ,<br />
irrigidito, catalettico, impotente a muovermi; le coperte mi pesavano addosso<br />
e mi avviluppavano e mi investivano come fossero di metallo fuso: e durante<br />
quell’assopimento incominciai ad avvedermi che dei fenomeni singolari si<br />
compievano intorno a me.<br />
Dal lucignolo della candela che mi pareva avere spento, che era d’altronde<br />
una stearica 36 pura, si sollevavano in giro delle spire di fumo sì fitte e sì nere,<br />
che raccogliendosi sotto il soffitto lo nascondevano, e assumevano apparenza<br />
di una cappa 37 pesante di piombo: l’atmosfera della stanza divenuta ad un<br />
tratto soffocante, era impregnata di un odore simile a quello che esala dalla<br />
carne viva abbrustolita, le mie orecchie erano assordate da un brontolio incessante<br />
di cui non sapeva indovinare le cause, e la rotella che vedeva lì, tra le<br />
mie carte, pareva muoversi e girare sulla superficie del tavolo, come in preda<br />
a convulsioni strane e violenti.<br />
Durai non so quanto tempo in quello stato: io non poteva distogliere la<br />
mia attenzione da quella rotella. I miei sensi, le mie facoltà, le mie idee, tutto<br />
era concentrato in quella vista, tutto mi attraeva a lei; io voleva sollevarmi,<br />
discendere dal letto, uscire, ma non mi era possibile; e la mia desolazione<br />
era giunta a tal grado che quasi non ebbi a provare alcun spavento, allorché<br />
dissipatosi 38 a un tratto il fumo emanato dal lucignolo della candela, vidi<br />
sollevarsi la tenda dell’uscio e comparire il fantasma aspettato.<br />
Io non batteva palpebra. Avanzatosi fino alla metà della stanza, s’inchinò<br />
cortesemente e mi disse: «Io sono Pietro Mariani, e vengo a riprendere, come<br />
vi ho promesso la mia rotella.»<br />
E poiché il terrore mi rendeva esitante a rispondergli, egli continuò con<br />
dolcezza: «Perdonerete se ho dovuto disturbarvi nel colmo della notte… in<br />
quest’ora… capisco che la è 39 un’ora incomoda… ma…»<br />
– Oh! è nulla, è nulla, io interruppi rassicurato da tanta cortesia, io vi debbo<br />
anzi ringraziare della vostra visita… io mi terrò sempre onorato di ricevervi<br />
nella mia casa…<br />
– Ve ne son grato, disse lo spettro, ma desidero ad ogni modo giustificarmi<br />
dell’insistenza con cui ho reclamato la mia rotella sia presso di voi, sia presso<br />
l’egregio dottore dal quale l’avete ricevuta: osservate.<br />
32. impannata: imposta, anta; l’impannata era<br />
un telo o un cartone posto a riparo di una<br />
finestra contro il freddo.<br />
33. meco stesso: con me stesso.<br />
34. indarno: invano.<br />
35. assopito: appena addormentato; catalettico<br />
indica uno stato in cui i muscoli sono irri-<br />
giditi, come se fossero stati colpiti da catalessia.<br />
36. stearica: candela di stearina, un acido grasso<br />
combustibile, di origine animale e vegetale.<br />
37. cappa: copertura opprimente.<br />
38. dissipatosi: dissoltosi.<br />
39. la è: essa è.
160<br />
170<br />
180<br />
190<br />
Narrativa e testi non letterari 48 volume A sezione 4 unità 1<br />
E così dicendo sollevò un lembo del lenzuolo bianco, in cui era avviluppato,<br />
e mostrandomi lo stinco 40 della gamba sinistra legato al femore, per mancanza<br />
della rotella, con un nastro nero passato due o tre volte nell’apertura<br />
della fibula, fece alcuni passi per la stanza onde farmi conoscere che l’assenza<br />
di quell’osso gl’impediva di camminare liberamente.<br />
– Tolga il cielo 41 , io dissi allora con accento d’uomo mortificato, che il degno<br />
ex inserviente dell’Università di Pavia abbia a rimanere zoppicante per<br />
mia causa: ecco la vostra rotella, là, sul tavolino, prendetela, e accomodatela<br />
come potete al vostro ginocchio.<br />
Lo spettro s’inchinò per la seconda volta in atto di ringraziamento, si slegò<br />
il nastro che gli congiungeva il femore allo stinco, lo posò sul tavolino, e presa<br />
la rotella, incominciò ad adattarla alla gamba.<br />
– Che notizie ne recate dall’altro mondo? io chiesi allora, vedendo che la<br />
conversazione languiva 42 , durante quella sua occupazione.<br />
Ma egli non rispose alla mia domanda, ed esclamò con aspetto attristato:<br />
«Questa rotella è alquanto deteriorata, non ne avete fatto un buon uso.»<br />
– Non credo, io dissi, ma forse che le altra vostra ossa sono più solide?<br />
Egli tacque ancora, s’inchinò la terza volta per salutarmi; e quando fu sulla<br />
soglia dell’uscio, rispose chiudendone l’imposta dietro di sé: «Sentite se le<br />
altre mie ossa non sono più solide.»<br />
E pronunciando queste parole percosse il pavimento col piede con tanta<br />
violenza che le pareti ne tremarono tutte; e a quel rumore mi scossi e… mi<br />
svegliai.<br />
E appena desto, intesi che era la portinaia che picchiava all’uscio e diceva:<br />
«Son io, si alzi mi venga ad aprire.»<br />
– Mio Dio! esclamai allora fregandomi gli occhi col rovescio della mano,<br />
era dunque un sogno, nient’altro che un sogno! che spavento! sia lodato il<br />
cielo… Ma quale insensatezza! Credere allo spiritismo… ai fantasmi…» E<br />
infilzati in fretta i calzoni, corsi ad aprire l’uscio; e poiché il freddo mi consigliava<br />
a ricacciarmi sotto le coltri 43 , mi avvicinai al tavolino per posarvi la<br />
lettera sotto il premi-carte…<br />
Ma quale fu il mio terrore quando vi vidi sparita la rotella, e al suo posto<br />
trovai il nastro nero che vi aveva lasciato Pietro Mariani!<br />
40. stinco: tibia, osso anteriore della gamba, che<br />
va dal ginocchio al collo del piede; femore:<br />
l’osso lungo della coscia, articolato con l’anca<br />
e con la tibia; fibula: peróne, l’altro osso<br />
della gamba.<br />
41. Tolga il cielo: il cielo non voglia.<br />
I. Tarchetti, Racconti fantastici, Guanda, Milano 1977<br />
42. languiva: stava finendo; il protagonista cerca<br />
di dissimulare la sua paura, comportandosi<br />
come se fosse in una normale situazione<br />
da salotto, in cui è buona educazione tenere<br />
viva la conversazione.<br />
43. coltri: coperte.
Narrativa e testi non letterari 49 volume A sezione 4 unità 1<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. Dividi il testo in nuclei narrativi.<br />
• Elenca i personaggi della storia.<br />
• Come si conclude la storia?<br />
2. Individua nel testo scene, ellissi, pause.<br />
• A quali fatti il narratore dedica maggiore spazio?<br />
• Quanto tempo dura la storia?<br />
3. Quali domande il protagonista voleva porre al dottor Federico M.?<br />
• Riceve le risposte attese?<br />
4. In quale stato d’animo si trova quando si manifesta lo spirito del dottore?<br />
• In quale stato d’animo si trova quando si manifesta lo spirito di Pietro Mariani?<br />
riflettere<br />
5. Quali elementi della storia possono avere una spiegazione realistica?<br />
• Quali invece risultano inspiegabili?<br />
6. Perché l’autore ha scelto di affidare la narrazione a un narratore interno? Quale effetto ha ottenuto in questo<br />
modo?<br />
7. Qual è il tema del racconto?<br />
Un’avventura straordinaria<br />
La presenza dei fantasmi nella nostra vita<br />
L’inspiegabilità di alcuni fenomeni<br />
Il piacere per il macabro<br />
8. Il racconto si conclude con l’ultimo fatto della trama. Quale effetto produce sul lettore questa conclusione?<br />
9. Quali elementi fanno di questo testo un racconto?<br />
Scrivere<br />
10. Scrivi un testo di circa 200 parole spiegando, alla luce dell’analisi svolta, quali elementi del testo di Tarchetti<br />
sono tipici della forma racconto.
Narrativa e testi non letterari 50 volume A sezione 4 unità 2<br />
Dino Buzzati<br />
VERSO LA FORTEZZA<br />
Il deserto dei Tartari, 1940<br />
Questo è il capitolo iniziale dell’opera più nota di Dino Buzzati, uno scrittore che nei suoi romanzi e<br />
racconti costruì intorno alla realtà quotidiana atmosfere cariche di tensione, di inquietudine, a volte di<br />
mistero. Protagonista del romanzo è un giovane ufficiale assegnato a una postazione militare di confine,<br />
affacciata su uno sterminato deserto da cui potrebbero arrivare i temuti Tartari. L’invasione dei leggendari<br />
e pericolosi nemici è, d’altronde, improbabile, e Drogo invecchierà nell’inutile attesa della battaglia.<br />
10<br />
20<br />
30<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 4.2 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
Nominato ufficiale, Giovanni Drogo partì una mattina di settembre dalla<br />
città per raggiungere la Fortezza Bastiani, sua prima destinazione.<br />
Si fece svegliare ch’era ancora notte e vestì per la prima volta la divisa di<br />
tenente. Come ebbe finito, al lume di una lampada a petrolio si guardò nello<br />
specchio, ma senza trovare la letizia che aveva sperato. Nella casa c’era<br />
un grande silenzio, si udivano solo piccoli rumori da una stanza vicina; sua<br />
mamma stava alzandosi per salutarlo.<br />
Era quello il giorno atteso da anni, il principio della sua vera vita. Pensava<br />
alle giornate squallide all’Accademia militare, si ricordò delle amare sere di<br />
studio quando sentiva fuori nelle vie passare la gente libera e presumibilmente<br />
1 felice; delle sveglie invernali nei cameroni gelati, dove ristagnava l’incubo<br />
delle punizioni. Ricordò la pena di contare i giorni ad uno ad uno che sembrava<br />
non finissero mai.<br />
Adesso era finalmente ufficiale, non aveva più da consumarsi sui libri né<br />
da tremare alla voce del sergente, eppure tutto questo era passato. Tutti quei<br />
giorni, che gli erano sembrati odiosi, si erano ormai consumati per sempre,<br />
formando mesi ed anni che non si sarebbero ripetuti mai. Sì, adesso egli era<br />
ufficiale, avrebbe avuto soldi, le belle donne lo avrebbero forse guardato, ma<br />
in fondo – si accorse Giovanni Drogo – il tempo migliore, la prima giovinezza,<br />
era probabilmente finito. Così Drogo fissava lo specchio, vedeva uno<br />
stentato sorriso sul proprio volto, che invano aveva cercato di amare.<br />
Che cosa senza senso: perché non riusciva a sorridere con la doverosa spensieratezza<br />
mentre salutava la madre? Perché non badava neppure alle sue ultime<br />
raccomandazioni e arrivava soltanto a percepire il suono di quella voce,<br />
così familiare ed umano? Perché girava per la camera con inconcludente 2<br />
nervosismo, senza riuscire a trovare l’orologio, il frustino, il berretto, che<br />
pure si trovavano al loro giusto posto? Non partiva certo per la guerra! Decine<br />
di tenenti come lui, i suoi vecchi compagni, lasciavano a quella stessa ora<br />
la casa paterna fra allegre risate, come se andassero a una festa. Però non gli<br />
uscivano dalla bocca, per la madre, che frasi generiche vuote di senso invece<br />
1. presumibilmente: probabilmente; in base a<br />
quello che si poteva supporre.<br />
2. inconcludente: che porta a non concludere<br />
nulla.
40<br />
50<br />
60<br />
70<br />
Narrativa e testi non letterari 51 volume A sezione 4 unità 2<br />
che affettuose e tranquillanti parole? L’amarezza di lasciare per la prima volta<br />
la vecchia casa, dove era nato alle speranze, i timori che porta con sé ogni<br />
mutamento, la commozione di salutare la mamma, gli riempivano l’animo,<br />
ma su tutto ciò gravava un insistente pensiero, che non gli riusciva di identificare,<br />
come un vago presentimento di cose fatali 3 , quasi egli stesse per cominciare<br />
un viaggio senza ritorno.<br />
L’amico Francesco Vescovi lo accompagnò a cavallo per il primo tratto di<br />
strada. Lo scalpitio delle bestie risuonava nelle strade deserte. Albeggiava 4 ,<br />
la città era ancora immersa nel sonno, qua e là agli ultimi piani qualche persiana<br />
si apriva, comparivano facce stanche, apatici 5 occhi fissavano per un<br />
momenti la nascita meravigliosa del sole.<br />
I due amici non parlavano. Drogo pensava a come potesse essere la Fortezza<br />
Bastiani, ma non riusciva a immaginarla. Non sapeva neppure esattamente<br />
dove si trovasse, né quanta strada ci fosse da fare. Alcuni gli avevano detto<br />
una giornata di cavallo, altri meno, nessuno di coloro a cui aveva chiesto c’era<br />
in verità mai stato.<br />
Alle porte della città, Vescovi cominciò vivacemente a parlare delle solite<br />
cose, come se Drogo andasse a una passeggiata. Poi, a un certo punto:<br />
– Vedi quel monte erboso? Sì, proprio quello. Vedi in cima una costruzione?<br />
– diceva. – È già un pezzo della Fortezza, una ridotta 6 avanzata. Ci sono<br />
passato due anni fa, mi ricordo, con mio zio, per andare a caccia.<br />
Erano oramai usciti dalla città. Cominciavano i campi di granturco, i prati,<br />
i rossi boschi autunnali. Per la strada bianca, battuta dal sole, avanzavano i<br />
due fianco a fianco. Giovanni e Francesco erano amici, vissuti insieme per<br />
lunghi anni, con le stesse passioni, le stesse amicizie; si erano visti sempre<br />
ogni giorno, poi Vescovi si era fatto grasso, Drogo invece era diventato ufficiale<br />
e adesso sentiva come l’altro fosse oramai lontano. Tutta quella vita facile<br />
ed elegante oramai non gli apparteneva più, cose gravi e sconosciute lo attendevano.<br />
Il suo cavallo e quello di Francesco – gli pareva – avevano già un<br />
passo diverso, uno scalpitare, il suo, meno leggero e vivace, come un fondo di<br />
ansia e fatica, come se anche la bestia sentisse che la vita stava per cambiare.<br />
Erano giunti in cima a una salita. Drogo si voltò indietro a guardare la città<br />
contro luce; fumi mattutini si alzavano dai tetti. Vide di lontano la propria<br />
casa. Identificò la finestra della sua stanza. Probabilmente i vetri erano aperti,<br />
le donne stavano mettendo in ordine. Avrebbero disfatto il letto, chiuso in<br />
un armadio gli oggetti, poi sprangato le persiane. Per mesi e mesi nessuno ci<br />
sarebbe entrato, tranne la paziente polvere e nei giorni di sole tenui strisce di<br />
luce. Eccolo rinserrato nel buio, il piccolo mondo della sua fanciullezza. La<br />
madre l’avrebbe conservato così affinché lui tornando ci si ritrovasse ancora,<br />
perché lui potesse là dentro rimanere ragazzo, anche dopo la lunga assenza;<br />
oh, certo lei si illudeva di poter conservare intatta una felicità per sempre<br />
scomparsa, di trattenere la fuga del tempo, che riaprendo le porte e le finestre<br />
al ritorno del figlio le cose sarebbero tornate come prima.<br />
L’amico Vescovi qui lo salutò affettuosamente e Drogo continuò solo per la<br />
strada, avvicinandosi alle montagne. Il sole era a picco quando giunse all’imbocco<br />
della valle che conduceva alla Fortezza. A destra, in cima a un monte,<br />
si vedeva la ridotta che il Vescovi gli aveva indicato. Non sembrava che ci<br />
dovesse essere ancora molta strada.<br />
3. presentimento di cose fatali: avvertimento<br />
confuso di qualcosa di grave o del compiersi<br />
di un destino.<br />
4. Albeggiava: era l’alba, la prima luce del giorno.<br />
5. apatici: privi di espressione e di sentimento.<br />
6. ridotta: fortificazione militare di importanza<br />
secondaria, che serve a proteggere una postazione<br />
più importante.
80<br />
90<br />
100<br />
110<br />
120<br />
Narrativa e testi non letterari 52 volume A sezione 4 unità 2<br />
Ansioso di arrivare, Drogo, senza fermarsi a mangiare, spinse il cavallo già<br />
stanco su per la strada che si faceva ripida e incassata fra precipitosi costoni.<br />
Gli incontri erano sempre più rari. A un carrettiere Giovanni domandò<br />
quanto tempo ci fosse per arrivare alla Fortezza.<br />
– La fortezza? – rispose l’uomo – quale fortezza?<br />
– La Fortezza Bastiani – disse Drogo.<br />
– Da queste parti non ci sono fortezze – fece il carrettiere. – Non l’ho mai<br />
sentito dire.<br />
Evidentemente era male informato. Drogo riprese il cammino e avvertiva<br />
una sottile inquietudine man mano che il pomeriggio avanzava. Egli scrutava<br />
i bordi altissimi della valle per scoprire la Fortezza. Immaginava una specie<br />
di antico castello con muraglie vertiginose. Passando le ore, sempre più si<br />
convinceva che Francesco gli aveva dato una informazione sbagliata; la ridotta<br />
da lui indicata doveva essere già molto indietro. E si avvicinava la sera.<br />
Guardateli, Giovanni Drogo e il suo cavallo, come piccoli 7 sul fianco delle<br />
montagne che si fanno sempre più grandi e selvagge. Egli continua a salire per<br />
arrivare alla Fortezza in giornata, ma più svelte di lui, dal fondo, dove romba<br />
il torrente, più svelte di lui salgono le ombre. A un certo punto esse si trovano<br />
proprio all’altezza di Drogo sul versante opposto della gola, sembrano per un<br />
momento rallentare la corsa, come per non scoraggiarlo, poi scivolano su per<br />
i greppi 8 e i roccioni, il cavaliere è rimasto di sotto.<br />
Tutto il vallone era già zeppo di tenebre violette, solo le nude creste erbose,<br />
a incredibile altezza, erano illuminate dal sole quando Drogo si trovò improvvisamente<br />
davanti, nera e gigantesca contro il purissimo cielo della sera,<br />
una costruzione militaresca che sembrava antica e deserta. Giovanni si sentì<br />
battere il cuore poiché quella doveva essere la Fortezza, ma tutto, dalle mura<br />
al paesaggio, traspirava un’aria inospitale e sinistra.<br />
Girò attorno senza trovare l’ingresso. Benché fosse già scuro nessuna finestra<br />
era accesa, né si scorgevano lumi di scolte 9 sul ciglio dei muraglioni. Solo<br />
un pipistrello c’era, che oscillava contro una nube bianca. Finalmente Drogo<br />
provò a chiamare: – Ohilà! – gridò – c’è nessuno?<br />
Dall’ombra accumulata ai piedi delle mura sorse allora un uomo, un tipo<br />
di vagabondo e di povero, con una barba grigia e un piccolo sacco in mano.<br />
Nella penombra però non si distingueva bene, solo il bianco dei suoi occhi<br />
dava riflessi. Drogo lo guardò con riconoscenza.<br />
– Di chi cerchi, signore? – domandò.<br />
– La Fortezza cerco. È questa?<br />
– Non c’è più fortezza qui – fece lo sconosciuto con voce bonaria 10 . – È<br />
tutto chiuso, saranno dieci anni che non c’è nessuno.<br />
– E dov’è la Fortezza allora? – chiese Drogo, improvvisamente irritato contro<br />
quell’uomo.<br />
– Che Fortezza? Forse quella? – e così dicendo lo sconosciuto tendeva un<br />
braccio, ad indicare qualcosa.<br />
In uno spiraglio delle vicine rupi, già ricoperte di buio, dietro una caotica<br />
scalinata di creste, a una lontananza incalcolabile, immerso ancora nel rosso<br />
sole del tramonto, come uscito da un incantesimo, Giovanni Drogo vide allora<br />
un nudo colle e sul ciglio di esso una striscia regolare e geometrica, di uno<br />
speciale colore giallastro: il profilo della Fortezza.<br />
Oh, quanto lontana ancora. Chissà quante ore di strada, e il suo cavallo<br />
era già sfinito. Drogo la fissava affascinato, si domandava che cosa ci potesse<br />
7. piccoli: piccoli esseri.<br />
8. greppi: fianchi ripidi e scoscesi della montagna.<br />
9. scolte: sentinelle.<br />
10. bonaria: amichevole.
130<br />
Narrativa e testi non letterari 53 volume A sezione 4 unità 2<br />
essere di desiderabile in quella solitaria bicocca 11 , quasi inaccessibile, così separata<br />
dal mondo. Quali segreti nascondeva? Ma erano gli ultimi istanti. Già<br />
l’ultimo sole si staccava lentamente dal remoto colle e su per i gialli bastioni 12<br />
irrompevano le livide folate della notte sopraggiungente.<br />
D. Buzzati, Il deserto dei Tartari, Mondadori, Milano 1958<br />
11. bicocca: piccola costruzione. 12. bastioni: mura fortificate.<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. La vicenda narrata è ambientata in un tempo e in un luogo precisi?<br />
• Individua e trascrivi le parole che si riferiscono al luogo e al tempo della storia.<br />
• Nel testo ci sono retrospezioni e/o anticipazioni?<br />
2. Individua nel testo i tratti che caratterizzano il protagonista. Distingui tratti fisici e tratti psicologici.<br />
• Prevalgono i tratti fisici o quelli psicologici?<br />
3. Individua nel testo gli altri personaggi.<br />
• Sono descritti dettagliatamente?<br />
4. Che tipo di narratore è presente nel testo?<br />
• Il narratore manifesta la sua presenza?<br />
5. Con quali tecniche narrative sono riportati i pensieri del protagonista?<br />
riflettere<br />
6. Quali di queste parole esprimono la condizione psicologica del protagonista durante il viaggio verso la<br />
Fortezza?<br />
fiducia ottimismo<br />
malinconia spensieratezza<br />
inquietudine nervosismo<br />
vivacità<br />
7. Scegli il completamento che ti sembra corretto.<br />
La descrizione del rapporto con l’amico e la rievocazione dei compagni dell’Accademia militare<br />
sottolineano il fatto che protagonista è stato assegnato a una missione militare<br />
in cui avrà molti compagni<br />
sottolineano la solitudine interiore del protagonista<br />
8. La dimensione del tempo nel testo è particolare. Quale di queste frasi la illustra meglio?<br />
Prevale la narrazione del presente, fatto di decisione e di azione<br />
Il passato emerge come un periodo pieno di bei ricordi<br />
Lo scorrere del tempo è legato all’attesa di un futuro che appare incerto<br />
9. Da quali caratteristiche del testo si capisce che esso fa parte di un romanzo, di una narrazione più lunga?<br />
• In che modo l’autore suscita l’interesse del lettore?<br />
10. Quali aspetti del romanzo novecentesco si possono riconoscere in queste pagine?<br />
Scrivere<br />
11. Scrivi un riassunto di circa 250 parole della vicenda narrata, seguendo l’ordine cronologico.
Narrativa e testi non letterari 54 volume A sezione 4 unità 3<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 4.3 <strong>cONOSceNze</strong><br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
a Facendo riferimento a quanto hai imparato in questa Unità, indica se le seguenti affermazioni sono<br />
vere o false e sottolinea le parole che rendono falsa l’affermazione.<br />
1. I libri di Italo Calvino sono stati tradotti e pubblicati in quasi tutti i paesi europei,<br />
mentre sono ancora poco conosciuti al di fuori dell’Europa. V F<br />
2. Italo Calvino nacque in Liguria nel 1923, visse a Torino, a Roma,<br />
a Parigi e morì improvvisamente in Toscana, a soli 62 anni. V F<br />
3. Italo Calvino apparteneva alla generazione che era nata nei primi anni del fascismo;<br />
troppo giovane per essere richiamato alle armi allo scoppio<br />
della Seconda guerra mondiale, rischiò di essere arruolato nell’esercito<br />
della Repubblica di Salò. V F<br />
4. Italo Calvino fu sempre un testimone attento della società italiana<br />
e della sua trasformazione. V F<br />
5. Nei suoi scritti Calvino ha affermato che il processo della creazione narrativa<br />
per lui era spesso innescato da un’immagine che gli si affacciava alla mente. V F<br />
6. Calvino inventò e scrisse diverse storie caratterizzate da elementi di tipo fiabesco,<br />
storie che esprimono un sostanziale desiderio di fuga, di evasione dalla realtà. V F<br />
7. Calvino si interessò a vari generi narrativi, tra cui la fiaba;<br />
ebbe sempre scarso interesse, invece, per la cultura scientifica. V F<br />
B Rispondi alle seguenti domande, facendo riferimento ai testi che hai letto in questa Unità.<br />
8. Quali fatti della storia italiana segnarono maggiormente la vita di Calvino?<br />
9. Quale significato ha l’immagine del labirinto che compare in uno dei primi scritti di Calvino?<br />
10. Quali opere di Calvino rispecchiano in modo più esplicito eventi e processi storici che caratterizzano<br />
la vita degli italiani nel Novecento?<br />
11. Che cosa hanno di simile i tre protagonisti della Trilogia degli antenati?<br />
Totale punti<br />
. . . . . . / 7<br />
. . . . . . / 8<br />
. . . . . . / 15
Narrativa e testi non letterari 55 volume A sezione 4 unità 3<br />
Italo Calvino<br />
LA DISTANZA DALLA LUNA<br />
Le cosmicomiche, 1965<br />
Questo brano è l’inizio del primo racconto della raccolta Le cosmicomiche. Ogni racconto del libro prende<br />
l’avvio da un’osservazione scientifica, intorno alla quale Calvino costruisce una storia di fantasia. In questo<br />
caso, lo spunto è l’ipotesi che la Luna fosse, in un’epoca remota, molto vicina alla Terra: lo scrittore<br />
immagina che in quell’epoca gli abitanti del nostro pianeta, nelle notti di plenilunio, potessero facilmente<br />
salire sulla Luna e ridiscenderne. A ricordare un’epoca tanto lontana è, come in tutti i racconti del libro,<br />
il vecchio Qfwfq, che ha vissuto ogni evento cosmico di cui siamo a conoscenza, dal Big Bang alla formazione<br />
del sistema solare alla formazione dell’atmosfera terrestre.<br />
10<br />
20<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 4.3 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
Una volta, secondo Sir George H. Darwin, la Luna era molto vicina alla<br />
Terra. Furono le maree che a poco a poco la spinsero lontano: le maree 1 che lei<br />
Luna provoca nelle acque terrestri e in cui la Terra perde lentamente energia.<br />
Lo so bene! – esclamò il vecchio Qfwfq, – voi non ve ne potete ricordare<br />
ma io sì. L’avevamo sempre addosso, la Luna, smisurata: quand’era il plenilunio<br />
2 – notti chiare come di giorno, ma d’una luce color burro –, pareva che ci<br />
schiacciasse; quand’era lunanuova rotolava per il cielo come un nero ombrello<br />
portato dal vento; e a lunacrescente veniva avanti a corna così basse 3 che<br />
pareva lì lì per infilzare la cresta d’un promontorio e restarci ancorata. Ma<br />
tutto il meccanismo delle fasi andava diversamente che oggigiorno: per via<br />
che le distanze dal Sole erano diverse, e le orbite, e l’inclinazione non ricordo<br />
di che cosa; eclissi 4 poi, con Terra e Luna così appiccicate, ce n’erano tutti i<br />
momenti: figuriamoci se quelle due bestione non trovavano modo di farsi<br />
continuamente ombra a vicenda.<br />
L’orbita? Ellittica 5 , si capisce, ellittica: un po’ ci s’appiattiva addosso e un po’<br />
prendeva il volo. Le maree, quando la Luna si faceva più sotto, salivano che<br />
non le teneva più nessuno. C’erano delle notti di plenilunio basso basso e d’altamarea<br />
alta alta che se la Luna non si bagnava in mare ci mancava un pelo; diciamo:<br />
pochi metri. Se non abbiamo mai provato a salirci? E come no? Bastava<br />
andarci proprio sotto con la barca, appoggiarci una scala a pioli e montar su.<br />
Il punto dove la Luna passava più basso era al largo degli Scogli di Zinco.<br />
Andavamo con quelle barchette a remi che si usavano allora, tonde e piatte,<br />
1. maree: i movimenti periodici delle acque del mare, che si alzano<br />
e si abbassano durante la giornata a causa dell’attrazione<br />
esercitata dalla forza di gravità della Luna.<br />
2. plenilunio: la fase in cui l’emisfero della Luna visibile dalla<br />
Terra appare tutto illuminato, di notte, dalla luce del Sole. Le<br />
fasi lunari dipendono dalla posizione che assumono Terra,<br />
Luna e Sole.<br />
3. lunanuova… corna così basse: la Luna nuova o novilunio è la<br />
fase in cui l’emisfero visibile della Luna risulta completamente<br />
in ombra; per questo viene paragonata a un nero ombrello;<br />
nella fase di luna crescente, fra il novilunio e il plenilunio, è<br />
illuminata solo una parte della Luna, cui Qfwfq si riferisce<br />
come a delle corna che, data la grande vicinanza del satellite,<br />
sembrano infilzare un promontorio della costa.<br />
4. eclissi: l’oscuramento, totale o parziale, di un corpo celeste<br />
per l’interposizione di un altro; dalla Terra si possono vedere<br />
eclissi di Sole o di Luna.<br />
5. Ellittica: l’orbita di un pianeta è un’ellisse di cui il Sole occupa<br />
uno dei due fuochi. L’ellissi è il luogo dei punti del piano per<br />
i quali è costante la somma delle distanze da due punti assegnati<br />
detti fuochi.
30<br />
40<br />
50<br />
60<br />
70<br />
Narrativa e testi non letterari 56 volume A sezione 4 unità 3<br />
di sughero. Ci si stava in parecchi: io, il capitano Vhd Vhd, sua moglie, mio<br />
cugino il sordo, e alle volte anche la piccola Xlthlx che allora avrà avuto dodici<br />
anni. L’acqua era in quelle notti calmissima, argentata che pareva mercurio, e i<br />
pesci, dentro, violetti, che non potendo resistere all’attrazione della Luna venivano<br />
tutti a galla, e così polpi e meduse color zafferano. C’era sempre un volo<br />
di bestioline minute – piccoli granchi, calamari, e anche alghe leggere e diafane<br />
6 e piantine di corallo – che si staccavano dal mare e finivano nella Luna,<br />
a penzolare giù da quel soffitto calcinoso 7 , oppure restavano lì a mezz’aria, in<br />
uno sciame fosforescente, che scacciavamo agitando delle foglie di banano.<br />
Il nostro lavoro era cosi: sulla barca portavamo una scala a pioli: uno la reggeva,<br />
uno saliva in cima, e uno ai remi intanto spingeva fin lì sotto la Luna; per<br />
questo bisognava che si fosse in tanti (vi ho nominato solo i principali). Quello<br />
in cima alla scala, come la barca s’avvicinava alla Luna, gridava spaventato:<br />
– Alt! Alt! Ci vado a picchiare una testata! – Era l’impressione che dava, a<br />
vedersela addosso cosi immensa, così accidentata di spunzoni taglienti e orli<br />
slabbrati e seghettati 8 . Ora forse è diverso, ma allora la Luna, o meglio il fondo,<br />
il ventre della Luna, insomma la parte che passava più accosto alla Terra<br />
fin quasi a strisciarle addosso, era coperta da una crosta di scaglie puntute. Al<br />
ventre d’un pesce, era venuta somigliando, e anche l’odore, a quel che ricordo,<br />
era, se non proprio di pesce, appena più tenue, come il salmone affumicato.<br />
In realtà, d’in cima alla scala s’arrivava giusto a toccarla tendendo le braccia,<br />
ritti in equilibrio sull’ultimo piolo. Avevamo preso bene le misure (non<br />
sospettavamo ancora che si stesse allontanando); l’unica cosa cui bisognava<br />
stare molto attenti era come si mettevano le mani. Sceglievo una scaglia<br />
che paresse salda (ci toccava salire tutti, a turno, in squadre di cinque o sei),<br />
m’aggrappavo con una mano, poi con l’altra e immediatamente sentivo scala<br />
e barca scapparmi di sotto, e il moto della Luna svellermi 9 dall’attrazione<br />
terrestre. Sì, la Luna aveva una forza che ti strappava, te ne accorgevi in quel<br />
momento di passaggio tra l’una e l’altra: bisognava tirarsi su di scatto, con<br />
una specie di capriola, afferrarsi alle scaglie, lanciare in su le gambe, per ritrovarsi<br />
in piedi sul fondo lunare. Visto dalla Terra apparivi come appeso a testa<br />
in giù, ma per te era la solita posizione di sempre, e l’unica cosa strana era,<br />
alzando gli occhi, vederti addosso la cappa del mare luccicante con la barca<br />
e i compagni capovolti che dondolavano come un grappolo dal tralcio. […]<br />
Ora voi mi chiederete cosa diavolo andavamo a fare sulla Luna, e io ve lo<br />
spiego. Andavamo a raccogliere il latte, con un grosso cucchiaio ed un mastello.<br />
Il latte lunare era molto denso, come una specie di ricotta. Si formava<br />
negli interstizi 10 tra scaglia e scaglia per la fermentazione di diversi corpi e<br />
sostanze di provenienza terrestre, volati su dalle praterie e foreste e lagune che<br />
il satellite sorvolava. Era composto essenzialmente di: succhi vegetali, girini di<br />
rana, bitume, lenticchie, miele d’api, cristalli d’amido, uova di storione, muffe,<br />
pollini, sostanze gelatinose, vermi, resine, pepe, sali minerali, materiale di<br />
combustione. Bastava immergere il cucchiaio sotto le scaglie che coprivano il<br />
suolo crostoso della Luna e lo si ritirava pieno di quella preziosa fanghiglia.<br />
Non allo stato puro, si capisce; le scorie erano molte: nella fermentazione (attraversando<br />
la Luna le distese di aria torrida sopra i deserti) non tutti i corpi<br />
si fondevano; alcuni rimanevano conficcati lì: unghie e cartilagini, chiodi, cavallucci<br />
marini, noccioli e peduncoli 11 , cocci di stoviglie, ami da pesca, certe<br />
6. diafane: quasi trasparenti.<br />
7. calcinoso: del colore e della consistenza della calce; aggettivo<br />
coniato dallo scrittore.<br />
8. accidentata di spunzoni… seghettati: una superficie irregolare,<br />
con punte sporgenti e cavità dai bordi odulati e taglienti.<br />
9. svellermi: strapparmi.<br />
10. interstizi: stretti spazi.<br />
11. peduncoli: piccolo ramo alla cui estremità si trova il fiore e<br />
successivamente il frutto.
80<br />
Narrativa e testi non letterari 57 volume A sezione 4 unità 3<br />
volte anche un pettine. Così questa puré 12 , dopo raccolta, bisognava scremarla,<br />
passarla in un colino. Ma la difficoltà non era quella: era come mandarla<br />
sulla Terra. Si faceva così: ogni cucchiaiata la si lanciava in su, manovrando il<br />
cucchiaio come una catapulta, con due mani. La ricotta volava e se il tiro era<br />
abbastanza forte s’andava a spiaccicare sul soffitto, cioè sulla superficie marina.<br />
Una volta là, restava a galla e tirarla su dalla barca era poi facile. Anche<br />
in questi lanci mio cugino il sordo dispiegava una particolare bravura; aveva<br />
polso e mira; con un colpo deciso riusciva a centrare il suo tiro in un mastello<br />
che gli tendevamo dalla barca. Invece io certe volte facevo cilecca; la cucchiaiata<br />
non riusciva a vincere l’attrazione lunare e mi ricadeva in un occhio.<br />
I. Calvino, Le cosmicomiche, in Romanzi e racconti, volume II, Mondadori, Milano 2005<br />
12. puré: impasto cremoso.<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. La storia è raccontata da un narratore interno, Qwfwq. Individua le poche parole con cui il narratore esterno<br />
introduce Qwfwq.<br />
2. Il narratore interno conosce i fatti narrati per esperienza diretta o per conoscenza indiretta?<br />
3. Su quale spunto di carattere scientifico è costruita la storia?<br />
• Individua alcune parole del racconto di Qwfwq che riprendono questo spunto.<br />
4. Quali elementi di fantasia sono presenti nel testo?<br />
5. Quali parole del narratore fanno pensare che egli si stia rivolgendo a qualcuno che lo ascolti raccontare?<br />
• Individua nel testo alcune parole ed espressioni di tipo colloquiale.<br />
• Individua alcuni termini che appartengono al lessico delle scienze.<br />
riflettere<br />
6. Quali elementi del testo lo avvicinano a un racconto di fantascienza?<br />
• Quali elementi fanno pensare a una fiaba?<br />
7. Individua l’affermazione corretta.<br />
Attraverso le parole di Qwfwq Calvino racconta, con un linguaggio colloquiale,<br />
una storia di fantasia che prende l’avvio da uno spunto scientifico<br />
Attraverso le parole di Qwfwq Calvino espone in modo facile<br />
un argomento di carattere scientifico, con un linguaggio semplice ma preciso<br />
Attraverso le parole di Qwfwq racconta, con un linguaggio ricco e vario,<br />
una storia di fantasia che prende l’avvio da uno spunto scientifico<br />
Attraverso le parole di Qwfwq Calvino fa immedesimare il lettore<br />
nel mondo di un personaggio di fantascienza<br />
8. Qwfwq è un nostro lontano antenato, vissuto in un’epoca che si perde nel passato più remoto della storia<br />
del pianeta Terra; ricordi quali personaggi di Calvino sono presentati come i nostri antenati?<br />
9. Quali esperienze della vita di Calvino si possono ricollegare all’interesse dello scrittore per la scienza,<br />
testimoniato dalle Cosmicomiche?<br />
Scrivere<br />
10. Scrivi un testo espositivo-argomentativo di circa 150 parole dal titolo: «Scienza e fantasia in una pagina<br />
di Italo Calvino».
Narrativa e testi non letterari 58 volume A sezione 5 unità 1<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 5.1 <strong>cONOSceNze</strong><br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
a Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false e sottolinea le parole che rendono falsa l’affermazione.<br />
1. Le fiabe rappresentano esseri che non possono esistere nel mondo reale,<br />
e situazioni in cui tutto è sempre bello e buono. V F<br />
2. Al centro della fiaba e delle storie fantasy ci sono fatti e situazioni inverosimili. V F<br />
3. Una delle caratteristiche della fiaba è il lieto fine, in cui la bontà<br />
e il coraggio sono premiati. V F<br />
4. L’oggetto desiderato è un oggetto o anche la persona amata, che l’eroe<br />
raggiunge nel lieto fine, e costituisce il premio per il superamento delle prove. V F<br />
5. Gli etnografi hanno individuato nelle fiabe la memoria<br />
degli antichi riti di iniziazione cui erano sottoposti gli adolescenti. V F<br />
6. Gli psicologi che hanno studiato l’influenza delle fiabe sulla formazione<br />
dei bambini concordano nell’affermare che esse incidono negativamente<br />
sulla psiche infantile. V F<br />
7. Nelle fiabe di tutto il mondo si trovano molti elementi simili. V F<br />
8. Fiaba, fantasy e fantascienza hanno in comune la costruzione di mondi<br />
in cui possono succedere cose impossibili nella realtà che conosciamo. V F<br />
B Rispondi alle seguenti domande, facendo riferimento ai testi che hai letto in questa Unità.<br />
9. In quali testi che hai letto è presente un oggetto magico?<br />
10. Nei testi di quali dei seguenti autori sono presenti esseri magici o soprannaturali?<br />
Grimm<br />
Collodi<br />
Tolkien<br />
Sheckley<br />
11. In quali testi che hai letto c’è un protagonista giovane che deve superare delle prove difficili?<br />
12. Che cosa ha in comune l’opera del maestro del fantasy, Tolkien, con le fiabe?<br />
Totale punti<br />
. . . . . . / 8<br />
. . . . . . / 12<br />
. . . . . . / 20
Charles Perrault<br />
BARBABLÙ<br />
Narrativa e testi non letterari 59 volume A sezione 5 unità 1<br />
Barbablù, 1697 Lingua originale francese<br />
Al centro di questa celeberrima fiaba francese non ci sono personaggi soprannaturali, ma una coppia di<br />
coniugi. Lui è ricco e generoso, ma fa pensare a un orco, e non solo per il suo aspetto. Lei è una giovane<br />
donna un po’ troppo curiosa; in un misterioso stanzino chiuso a chiave scopre un orribile segreto.<br />
10<br />
20<br />
30<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 5.1 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
C’era una volta un uomo che aveva case bellissime in città e in campagna,<br />
vasellame 1 d’oro e d’argento, suppellettili 2 ricamate e berline 3 tutte d’oro; ma,<br />
per sua disgrazia, quest’uomo aveva la barba blu e ciò lo rendeva così brutto<br />
e spaventoso che non c’e ra ragazza o donna maritata la quale, vedendolo, non<br />
fuggisse per la paura.<br />
Una sua vicina, dama molto distinta, aveva due figliole belle come il sole.<br />
Egli ne chiese una in matrimonio, lasciando alla ma dre la scelta di quella che<br />
avesse voluto dargli. Ma nessuna delle due ne voleva sapere, e se lo rimandavano<br />
l’una all’altra, non potendo decidersi a sposare un uomo il quale avesse<br />
la barba blu. Un’altra cosa poi a loro non andava proprio a genio: era ch’egli<br />
aveva già sposato parecchie donne, e nessuno sapeva che fine avessero fatto.<br />
Barbablù, per far meglio conoscenza, le condusse, insieme alla madre, a<br />
tre o quattro delle loro migliori amiche, e ad alcuni giovinotti del vicinato,<br />
in una delle sue ville in campagna, ove ri masero per otto giorni interi. Non<br />
si fecero che passeggiate, partite di caccia e di pesca, balli, festini e merende:<br />
non si dor miva neppure più, perché si passava tutta la notte a farsi degli<br />
scherzi l’uno con l’altro; insomma, tutto andò così bene che la minore delle<br />
due sorelle cominciò a trovare che il padron di casa non aveva più la barba<br />
tanto blu, ed era in fondo una gran brava persona. Non appena furono tornati<br />
in città, il matrimonio fu concluso.<br />
In capo a un mese, Barbablù disse a sua moglie ch’egli era costretto ad<br />
intraprendere un viaggio, di almeno sei settimane, per un affare assai importante;<br />
la pregava di stare allegra durante la sua assenza: invitasse pure le<br />
sue amiche più care, le portasse in campagna, se voleva; insomma, pensasse<br />
sempre a passarsela bene.<br />
– Ecco qui, – le disse, – le chiavi dei due grandi guardaroba; ecco quelle del<br />
vasellame d’oro e d’argento che non si adopera tutti i giorni; ecco quelle delle<br />
mie casseforti dove tengo tutto il mio denaro, quelle delle cassette dove sono<br />
i gioielli, ed ecco infine la chiave comune che serve ad aprire ogni appartamento.<br />
Quanto a questa chiavetta qui, è quella che apre lo stanzino in fondo<br />
al grande corridoio a pianterreno: aprite pure tutto, andate pure dappertutto,<br />
ma quanto allo stanzino, vi proibisco di mettervi piede, e ve lo proibisco in<br />
1. vasellame: piatti, tazze, vassoi, tutto ciò che<br />
serve per la tavola.<br />
2. suppellettili: tutti gli oggetti di una casa.<br />
3. berline: carrozze di gala.
40<br />
50<br />
60<br />
70<br />
80<br />
Narrativa e testi non letterari 60 volume A sezione 5 unità 1<br />
modo tale che, non sia mai vi entra ste, dalla mia collera vi potete aspettare<br />
ogni cosa!<br />
Lei promette d’ubbidire scrupolosamente 4 agli ordini avuti e lui, dopo<br />
averla abbracciata, sale in carrozza e parte per il suo viaggio. Le vicine e le<br />
amiche del cuore non aspettarono che le si man dasse a chiamare per venire a<br />
trovare la sposina, tant’erano impazienti di vedere tutte le ricchezze della casa<br />
di lei, e non avendo osato di venirvi quando c’era il marito, sempre per via<br />
di quella barba blu che tanto le spaventava, eccole subito a correre per tutte<br />
le sale, una più bella e ricca dell’altra. Salirono poi ai guardaroba dove non<br />
avevano occhi abbastanza per ammirare la quantità e la bellezza degli arazzi<br />
5 , dei letti, dei divani, degli stipi 6 , dei tavolinetti, delle tavole grandi e degli<br />
specchi, dove ci si poteva specchiare dalla punta dei piedi fino ai capelli e le<br />
cui cornici, alcune di cristallo, altre d’argento o d’argento dorato, erano le più<br />
ricche e splendide che mai si fossero vedute. Non la finivano più di portare<br />
alle stelle e invidiare la fortuna della loro amica, ma questa non provava alcun<br />
piacere nel vedere tutte quelle ricchezze, perché non vedeva l’ora di andare ad<br />
aprire lo stanzino a pianterreno.<br />
La curiosità la spinse a un punto che, senza considerare quanto fosse sconveniente<br />
di lasciare lì, su due piedi, le amiche, ella vi andò, scendendo per<br />
una scaletta segreta e con una precipita zione tale che, due o tre volte, fu lì lì<br />
per rompersi l’osso del col lo. Giunta dinanzi alla porta dello stanzino, esitò<br />
un momento prima d’entrarci, pensando alla proibizione del marito e considerando<br />
che la propria disubbidienza avrebbe potuto attirarle qual che guaio;<br />
ma la tentazione era così forte che non poté vincerla; prese la chiavetta e aperse<br />
con mano tremante la porta dello stanzino.<br />
Dapprincipio ella non vide nulla, perché le finestre erano chiuse; ma a<br />
poco a poco cominciò ad accorgersi che il pavimento era tutto coperto di<br />
sangue rappreso, nel quale si rispecchiavano i corpi di parecchie donne morte<br />
e appese lungo le pareti. (Erano tutte le donne che Barbablù aveva sposato<br />
e che aveva sgozzato una dopo l’altra). Per poco non morì dalla paura, e la<br />
chiave del lo stanzino, che ella aveva ritirato dalla serratura, le cadde di mano.<br />
Dopo essersi un tantino riavuta, raccolse la chiave, richiuse la porta e<br />
salì nella sua camera per riflettere un poco, ma non le riusciva tant’era la sua<br />
agitazione.<br />
Essendosi accorta che la chiave dello stanzino era macchiata di sangue,<br />
la ripulì due o tre volte, ma il sangue non se ne andava via; allora la lavò e<br />
perfino la strofinò con la sabbia e col gesso: il sangue era sempre lì, perché la<br />
chiave era fatata, e non c’era mezzo di pulirla perbene: se si levava il sangue<br />
da una parte, ri spuntava dall’altra.<br />
La sera stessa Barbablù tornò dal suo viaggio; disse che per stra da aveva<br />
ricevuto una lettera, dove gli si diceva che l’affare per il quale era partito, era<br />
stato già concluso in modo vantaggioso per lui. La moglie fece tutto il possibile<br />
per dimostrargli ch’ella era felice del suo pronto ritorno. Il dì seguente<br />
egli le chiese le chiavi, lei le consegnò, ma con una mano così tremante che lui<br />
indovinò senza fatica tutto l’accaduto.<br />
– Come mai, –le chiese, – la chiavetta dello stanzino non si tro va qui, insieme<br />
alle altre?<br />
– Forse, – lei rispose, – l’ho lasciata in camera, sul mio tavolino.<br />
– Non tardate a restituirmela, – disse Barbablù.<br />
4. scrupolosamente: attentamente.<br />
5. arazzi: tessuti ricamati, simili a grandi tappeti,<br />
che venivano appesi alle pareti.<br />
6. stipi: mobili chiusi.
90<br />
100<br />
110<br />
120<br />
130<br />
Narrativa e testi non letterari 61 volume A sezione 5 unità 1<br />
Dopo qualche inutile indugio, non si poté far a meno di portare la chiave.<br />
Barbablù, dopo averla ben guardata, disse alla moglie: – Come mai c’è del<br />
sangue su questa chiave?<br />
– Non ne so nulla, – rispose la poverina, più pallida della morte.<br />
– Non ne sapete nulla? – replicò Barbablù, – ma io lo so benissimo! Siete<br />
voluta entrare nello stanzino! Ebbene, signora, adesso vi tornerete e prenderete<br />
posto accanto a quelle dame che avete visto lì dentro.<br />
Ella si gettò ai piedi del marito piangendo e chiedendogli perdono, con tutti<br />
i segni d’un sincero pentimento per la sua disubbi dienza. Bella e addolorata<br />
com’era, avrebbe intenerito un macigno; ma Barbablù aveva il cuore più duro<br />
d’un macigno. – Bisogna morire, signora, – le disse, – e senza indugi.<br />
– Dato che devo morire, – ella rispose guardandolo con gli occhi pieni di<br />
lagrime, – datemi almeno un po’ di tempo per racco mandarmi a Dio.<br />
– Vi accordo un mezzo quarto d’ora, – rispose Barbablù, – ma non un<br />
minuto di più.<br />
Rimasta sola, ella chiamò sua sorella e le disse:<br />
– Anna, – era questo il suo nome, – Anna, sorella mia, sali, ti prego, sali in<br />
cima alla torre per vedere se i nostri fratelli, per ca so, non stiano arrivando;<br />
mi avevano promesso di venire a tro varmi quest’oggi, e se li vedi, fa’ loro segno<br />
di affrettarsi.<br />
La sorella Anna salì in cima alla torre e la povera infelice le gridava di<br />
quando in quando:<br />
– Anna, sorella mia, vedi arrivare nessuno? E la sorella Anna le rispondeva:<br />
– Vedo soltanto il sole che dardeggia 7 e l’erba che verdeggia.<br />
Intanto Barbablù, brandendo 8 un coltellaccio, gridava a sua mo glie, con<br />
quanto fiato aveva in corpo:<br />
– Scendi giù subito, o salgo su io!<br />
– Ancora un momentino, per piacere, – gli rispose la moglie; e, subito<br />
dopo, riprese con voce soffocata:<br />
– Anna, sorella mia, vedi arrivare nessuno?<br />
E la sorella Anna rispondeva:<br />
– Vedo soltanto il sole che dardeggia e l’erba che verdeggia.<br />
– Scendi giù subito, – gridava Barbablù, – o salgo su io!<br />
– Adesso vengo, – rispondeva la moglie; e poi gridava:<br />
– Anna, sorella mia, vedi arrivare nessuno?<br />
– Vedo… – rispondeva la sorella Anna, – vedo un gran polverone che viene<br />
da questa parte.<br />
– Sono i nostri fratelli?<br />
– Ahimè no! sorella mia! È soltanto un branco di pecore!<br />
– Insomma, vuoi scendere o no? – sbraitava Barbablù.<br />
– Ancora un momento! – rispondeva la moglie; e poi gridava:<br />
– Anna, sorella mia, vedi arrivare nessuno?<br />
– Vedo… – rispose la sorella, – vedo due cavalieri che vengono da questa<br />
parte, ma sono ancora molto lontani… Dio sia lodato! – esclamò un attimo<br />
dopo, – sono proprio i nostri fratelli! Faccio loro tutti i segni che posso, perché<br />
si sbrighino a venire.<br />
Barbablù si mise a gridare così forte da far tremare la casa. La povera donna<br />
scese giù da lui e, tutta piangente e scarmigliata 9 , andò a gettarsi ai suoi piedi.<br />
– Inutile far tante storie! – disse Barbablù, – dovete morire!<br />
Poi, afferrandola con una mano per i capelli, e con l’altra bran dendo in aria<br />
7. dardeggia: che splende forte, che manda raggi<br />
come fossero dardi, frecce.<br />
8. brandendo: agitando nell’aria.<br />
9. scarmigliata: spettinata e in disordine.
140<br />
150<br />
160<br />
Narrativa e testi non letterari 62 volume A sezione 5 unità 1<br />
il coltellaccio, si accinse a tagliarle la testa. La po vera donna, volgendosi verso<br />
di lui e guardandolo con lo sguar do annebbiato, lo pregò di concederle un<br />
ultimo istante per po tersi raccogliere.<br />
– No, – lui disse, – e raccomandati a Dio! – Poi, alzando il brac cio…<br />
A questo punto, bussarono così forte alla porta di casa che Bar bablù si fermò<br />
interdetto 10 . Fu aperto, e subito si videro entrare due cavalieri che, sguainando<br />
la spada, si gettarono su Barbablù. Lui riconobbe ch’erano i fratelli<br />
di sua moglie, uno dragone 11 , l’altro moschettiere, e allora si diede a fuggire<br />
per mettersi in sal vo; ma i due fratelli gli corsero dietro così lesti che lo<br />
acciuffaro no prima ancora che avesse potuto raggiungere la scala. Lo passarono<br />
da parte a parte con le loro spade e lo lasciarono morto. La povera<br />
donna era anche lei quasi morta come il marito e non aveva la forza di alzarsi<br />
per abbracciare i suoi fratelli.<br />
Si scoperse che Barbablù non aveva eredi: così la moglie diventò padrona<br />
d’ogni suo avere. Ne adoperò una parte a maritare la sorella Anna con un<br />
giovane cavaliere che l’amava da molto tempo; un’altra parte a comperare il<br />
grado di capitano ai fratelli; e il rimanente, a maritarsi con un galantuomo<br />
che le fece dimen ticare i brutti giorni che aveva passati con Barbablù.<br />
Morale<br />
Quella curiosità che tanto spesso<br />
Costa dolori e gravi pentimenti<br />
È un futile 12 piacere (non spiaccia al gentil sesso)<br />
Che, una volta raggiunto, finisce immantinenti 13 .<br />
Altra morale<br />
Chiunque sia del mondo un po’ informato<br />
Subito vede che il racconto nostro<br />
Non è che storia del tempo passato.<br />
Oggi, dove trovarlo un tale mostro<br />
Di marito che vuole l’impossibile?<br />
Per malcontento e geloso che sia,<br />
Oggi il marito si mostra impassibile 14<br />
Al fianco della moglie, e tira via.<br />
E di qualunque tinta sia tinto il suo barbone,<br />
È difficile dire chi dei due sia padrone.<br />
10. interdetto: incerto, stupito.<br />
11. dragone: soldato di cavalleria.<br />
12. futile: che vale poco.<br />
C. Perrault, I racconti di Mamma Oca, trad. E. Giolitti, Einaudi, Torino 1980<br />
13. immantinenti: subito.<br />
14. impassibile: senza mostrare nessuna emozione.
Narrativa e testi non letterari 63 volume A sezione 5 unità 1<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. Che effetto faceva Barbablù alle donne?<br />
2. Perché la sorella minore decide di accettare di sposare Barbablù?<br />
3. Perché la moglie di Barbablù apre lo stanzino?<br />
• Perché Barbablù si accorge che la moglie ha scoperto il suo segreto?<br />
4. In che modo l’ultima moglie di Barbablù riesce a salvarsi?<br />
5. Nella fiaba ci sono elementi magici?<br />
6. Il testo spiega perché Barbablù sia quello che oggi sia chiamerebbe un serial killer?<br />
riflettere<br />
7. Quali aspetti della narrazione fanno di questa storia una fiaba?<br />
8. Quale o quali di queste affermazioni ti sembra che renda o rendano meglio il senso della fiaba?<br />
L’aspetto di un uomo rivela il suo carattere<br />
La curiosità è pericolosa<br />
Un uomo brutto ma ricco è un marito desiderabile<br />
Le grandi ricchezze non bastano a fare un buon marito<br />
In ogni uomo si nasconde un mostro<br />
9. Le due morali della fiaba hanno un carattere serio o scherzoso?<br />
• Che differenza c’è fra la prima e la seconda?<br />
Scrivere<br />
10. Riscrivi con parole tue le due morali con cui si conclude la fiaba.<br />
11. Scrivi tu, in un breve testo argomentativo, una morale della fiaba, dal tuo punto di vista.
Narrativa e testi non letterari 64 volume A sezione 5 unità 2<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 5.2 <strong>cONOSceNze</strong><br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
a Facendo riferimento a quanto hai imparato in questa Unità, indica se le seguenti affermazioni sono<br />
vere o false e sottolinea le parole che rendono falsa l’affermazione.<br />
1. I romanzi di genere gotico sono nati nel Medioevo. V F<br />
2. Il concetto di fantastico rimanda a tutto ciò che non appartiene al mondo reale. V F<br />
3. Il patto col diavolo è una sfida tra un uomo e il diavolo. V F<br />
4. L’uso della focalizzazione interna rende meno credibile il racconto dei testimoni. V F<br />
5. Nel romanzo fantastico del Novecento prevale l’indagine<br />
della parte inconscia dell’animo umano. V F<br />
6. La focalizzazione interna è spesso usata nel romanzo fantastico settecentesco. V F<br />
7. La parapsicologia si occupa di tutti quei fenomeni fisici e psichici<br />
che la scienza non è in grado di spiegare. V F<br />
8. Il perturbante è un essere o un evento soprannaturale<br />
che riporta in superficie paure nascoste nell’animo dell’uomo. V F<br />
B Rispondi alle seguenti domande, facendo riferimento ai testi che hai letto in questa Unità.<br />
9. Quale cambiamento subiscono nel corso del tempo i personaggi dei fantasmi?<br />
10. In quale tipo di ambiente si svolgono le storie dei testi che hai letto?<br />
11. Quali tra i testi che hai letto sono più vicini al genere gotico?<br />
12. Quali elementi dei testi che hai letto rimandano al genere fantastico?<br />
Totale punti<br />
. . . . . . / 8<br />
. . . . . . / 8<br />
. . . . . . / 16
Narrativa e testi non letterari 65 volume A sezione 5 unità 2<br />
Tommaso Landolfi<br />
IL RACCONTO DEL LUPO MANNARO<br />
Il mar delle blatte e altre storie, 1939<br />
La dimensione della realtà e quella del fantastico si intrecciano nella narrativa di Tommaso Landolfi. A<br />
volte il fantastico si tinge di toni ironici o malinconici, come in questo racconto, tratto da una delle prime<br />
raccolte, che è la storia di due amici affetti da licantropia, soggetti quindi a crisi durante le quali hanno<br />
reazioni simili a quelle del lupo. L’inizio fa pensare a un classico racconto dell’orrore con l’immagine<br />
macabra dei lupi mannari e dei morti viventi in una notte di luna piena; ma, dopo la premessa in cui il<br />
protagonista-narratore svela la propria malattia, l’impostazione della storia appare subito diversa.<br />
10<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 5.2 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
L’amico ed io non possiamo patire 1 la luna: al suo lume escono i morti sfigurati<br />
dalle tombe, particolarmente donne avvolte in bianchi sudari 2 , l’aria si<br />
colma d’ombre verdognole e talvolta s’affumica d’un giallo sinistro, tutto c’è<br />
da temere, ogni erbetta ogni fronda ogni animale, una notte di luna 3 . E quel<br />
che è peggio, essa ci costringe a rotolarci mugolando e latrando 4 nei posti<br />
umidi, nei braghi dietro ai pagliai; guai allora se un nostro simile ci si parasse<br />
davanti! Con cieca furia lo sbraneremmo, ammenoché egli non ci pungesse,<br />
più ratto di noi, con uno spillo 5 . E, anche in questo caso, rimaniamo tutta la<br />
notte, e poi tutto il giorno, storditi e torpidi 6 , come uscissimo da un incubo<br />
infamante. Insomma l’amico ed io non possiamo patire la luna.<br />
Ora avvenne che una notte di luna io sedessi in cucina, ch’è la stanza più<br />
riparata della casa, presso il focolare; porte e finestre avevo chiuso, battenti e<br />
sportelli, perché non penetrasse filo dei raggi che, fuori, empivano e facevano<br />
sospesa l’aria. E tuttavia sinistri 7 movimenti si producevano entro di me,<br />
quando l’amico entrò all’improvviso recando in mano un grosso oggetto rotondo<br />
simile a una vescica di strutto 8 , ma un po’ più brillante. Osservandola<br />
si vedeva che pulsava alquanto, come fanno certe lampade elettriche appariva<br />
percorsa da deboli correnti sottopelle, le quali suscitavano riflessi madreperlacei<br />
simili a quelli di cui svariano 9 le meduse.<br />
1. patire: sopportare.<br />
2. sudari: teli leggeri con i quali nell’antichità<br />
si copriva il volto o si avvolgeva il corpo dei<br />
morti.<br />
3. una notte di luna: in una notte di luna; è un<br />
complemento di tempo.<br />
4. mugolando e latrando: lamentandoci e abbaiando<br />
forte; sono versi propri dei cani che i<br />
due uomini emettono durante gli attacchi del<br />
loro male. I braghi sono luoghi fangosi; è un<br />
termine letterario, che deriva dal latino bracum,<br />
«palude».<br />
5. pungesse… spillo: secondo la leggenda i lupi<br />
mannari sono uomini normali nati a mezzanotte<br />
della notte di Natale; nelle notti di luna<br />
piena diventano simili a lupi e possono sconfiggere<br />
il sortilegio di cui sono vittime solo se<br />
punti con uno spillo: il sangue perduto consente<br />
loro di tornare uomini. La leggenda trae<br />
origine dalla licantropia (dal greco ánthropos<br />
e lýkos, cioè uomo-lupo), una forma di malattia<br />
isterica.<br />
6. torpidi: intorpiditi, lenti.<br />
7. sinistri: minacciosi.<br />
8. vescica di strutto: il grasso di maiale usato<br />
per cucinare viene spesso conservato nella vescica<br />
del maiale stesso, dopo che è stata ripulita,<br />
seccata e gonfiata.<br />
9. svariano: prendono colori e riflessi diversi.
20<br />
30<br />
40<br />
50<br />
Narrativa e testi non letterari 66 volume A sezione 5 unità 2<br />
– Che è questo? – gridai, attratto mio malgrado da alcunché di magnetico<br />
10 nell’aspetto e, dirò, nel comportamento della vescica.<br />
– Non vedi? Son riuscito ad acchiapparla… – rispose l’amico guardandomi<br />
con un sorriso incerto.<br />
– La luna! – esclamai allora. L’amico annuì tacendo.<br />
Lo schifo ci soverchiava 11 : la luna fra l’altro sudava un liquido ialino 12 che<br />
gocciava di tra le dita dell’amico. Questo però non si decideva a deporla.<br />
– Oh, mettila in quell’angolo – urlai –, troveremo il modo di ammazzarla!<br />
– No, – disse l’amico con improvvisa risoluzione, e prese a parlare in fretta,<br />
– ascoltami, io so che, abbandonata a se stessa, questa cosa schifosa farà<br />
di tutto per tornarsene in mezzo al cielo (a tormento nostro e di tanti altri);<br />
essa non può farne a meno, è come i palloncini dei fanciulli. E non cercherà<br />
davvero le uscite più facili, no, su sempre dritta, ciecamente e stupidamente:<br />
essa, la maligna che ci governa, c’è una forza irresistibile che regge anche lei 13 .<br />
Dunque hai capito la mia idea: lasciamola andare qui sotto la cappa, e, se non<br />
ci libereremo di lei, ci libereremo del suo funesto odore, giacché la fuliggine<br />
la farà nera quanto uno spazzacamino. In qualunque altro modo è inutile,<br />
non riusciremmo ad ammazzarla, sarebbe e voler schiacciare una lacrima<br />
d’argento vivo 14 .<br />
Così lasciammo andare la luna sotto la cappa; ed essa subito s’elevò colla<br />
rapidità d’un razzo e sparì nella gola del camino.<br />
– Oh, – disse l’amico – che sollievo! quanto faticavo a tenerla giù, così viscida<br />
e grassa com’è! E ora speriamo bene – e si guardava con disgusto le mani<br />
impiastricciate.<br />
Udimmo per un momento lassù un rovellio 15 , dei flati 16 sordi al pari di<br />
trulli, come quando si punge una vescia 17 , persino dei sospiri: forse la luna,<br />
giunta alla strozzatura della gola, non poteva passare che a fatica, e si sarebbe<br />
detto che sbuffasse. Forse comprimeva e sformava, per passare, il corpo<br />
molliccio; gocce di liquido sozzo 18 cadevano friggendo nel fuoco, la cucina<br />
s’empiva di fumo, giacché la luna ostruiva il passaggio. Poi più nulla e la cappa<br />
prese a risucchiare il fumo.<br />
Ci precipitammo fuori. Un gelido vento spazzava il cielo terso, tutte le stelle<br />
brillavano vivamente; e della luna non si scorgeva traccia. Evviva urrah, gridammo<br />
come invasati 19 , è fatta! e ci abbracciavamo. Io poi fui preso un dubbio:<br />
non poteva darsi che la luna fosse rimasta appiattata 20 nella gola del mio<br />
camino? Ma l’amico mi rassicurò, non poteva essere, assolutamente no, e del<br />
resto m’accorsi che né lui né, io avremmo avuto ormai il coraggio d’andare<br />
a vedere; così ci abbandonammo, fuori, alla nostra gioia. Io, quando rimasi<br />
solo, bruciai sul fuoco, con grande circospezione 21 , sostanze velenose, e quei<br />
10. magnetico: affascinante, che cattura l’attenzione.<br />
11. soverchiava: sopraffaceva.<br />
12. ialino: trasparente come il vetro, che in greco<br />
si dice hýalios.<br />
13. essa… lei: la frase è sintatticamente scorretta,<br />
in quanto inizia con essa, ma poi prosegue<br />
non aggiungendo il verbo, ma cambiando<br />
soggetto, una forza irresistibile, cui segue il<br />
verbo c’è. Questo tipo di costruzione si chiama<br />
anacoluto, dal greco an + akóluthos, cioè<br />
«che non segue». Lo scrittore ricorre a un errore<br />
nella costruzione sintattica, sia per rendere<br />
la frase più vicina al linguaggio parlato,<br />
sia per far capire la concitazione dell’uomo.<br />
14. argento vivo: il mercurio; viene definito così<br />
nel linguaggio popolare per il suo colore ar-<br />
genteo e per la proprietà di scomporsi in minuscole<br />
palline, che si muovono e si disperdono<br />
rapidamente.<br />
15. rovellio: agitazione tormentata.<br />
16. flati: emissioni d’aria; sono provocate dalla<br />
luna che per uscire dal camino deve sgonfiarsi<br />
un po’; trulli significa scorregge ed è<br />
un termine caduto in disuso.<br />
17. vescia: fungo a forma di vescica che se schiacciato<br />
si sgonfia.<br />
18. sozzo: ripugnante.<br />
19. invasati: sconvolti, dominati da un’ossessione.<br />
20. appiattata: nascosta.<br />
21. con grande circospezione: con grande attenzione<br />
e prudenza.
60<br />
70<br />
80<br />
Narrativa e testi non letterari 67 volume A sezione 5 unità 2<br />
suffumigi 22 mi tranquillizzarono del tutto. Quella notte medesima, per gioia,<br />
andammo a rotolarci un po’ in un posto umido nel mio giardino, ma così,<br />
innocentemente e quasi per sfregio 23 , non perché vi fossimo costretti.<br />
Per parecchi mesi la luna non ricomparve in cielo e noi eravamo liberi e<br />
leggeri. Liberi no, contenti e liberi dalle triste 24 rabbie, ma non liberi. Giacché<br />
non è che non ci fosse in cielo, lo sentivamo bene invece che c’era e ci guardava;<br />
solo era buia, nera, troppo fuligginosa per potersi vedere e poterci tormentare.<br />
Era come il sole nero 25 e notturno che nei tempi antichi attraversava<br />
il cielo a ritroso, fra il tramonto e l’alba.<br />
Infatti, anche quella nostra misera gioia cessò presto; una notte la luna<br />
ricomparve. Era slabbrata e fumosa, cupa da non si dire, e si vedeva appena,<br />
forse solo l’amico ed io potevamo vederla, perché sapevamo che c’era; e ci<br />
guardava rabbuiata di lassù con aria di vendetta. Vedemmo allora quanto<br />
l’avesse danneggiata il suo passaggio forzato per la gola del camino; ma il<br />
vento degli spazi e la sua corsa stessa l’andavano gradatamente mondando 26<br />
della fuliggine, e il suo continuo volteggiare ne riplasmava il molle corpo. Per<br />
molto tempo apparve come quando esce da un’eclisse, pure ogni giorno un<br />
po’ più chiara; finché ridivenne così, come ognuno può vederla, e noi abbiamo<br />
ripreso a rotolarci nei braghi.<br />
Ma non s’è vendicata, come sembrava volesse, in fondo è più buona di<br />
quanto non si crede, meno maligna più stupida, che so! Io per me propendo<br />
a credere che non ci abbia colpa in definitiva, che non sia colpa sua, che lei ci<br />
è obbligata tale e quale come noi, davvero propendo a crederlo. L’amico no,<br />
secondo lui non ci sono scuse che tengano.<br />
Ed ecco ad ogni modo perché io vi dico: contro la luna non c’è niente da<br />
fare.<br />
22. suffumigi: fumi o vapori prodotti dallo scioglimento<br />
in acqua bollente di prodotti medicamentosi;<br />
si usano per liberare le prime vie<br />
respiratorie.<br />
23. per sfregio: in segno di derisione, di scherno<br />
verso la luna.<br />
24. triste: plurale di «trista» che significa qui<br />
dolorosa, sciagurata; è riferito alle rabbie,<br />
T. Landolfi, Il mar delle blatte e altre storie, Rizzoli, Milano 1975<br />
cioè alle manifestazioni della malattia da cui<br />
i protagonisti sono affetti.<br />
25. sole nero: nella mitologia azteca un sole nero<br />
notturno è portato sul dorso dal Dio degli<br />
Inferi; il Sole Nero veniva celebrato anche<br />
dalle più antiche dinastie egizie con il nome<br />
di Seth.<br />
26. mondando: pulendo.
Narrativa e testi non letterari 68 volume A sezione 5 unità 2<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. Nelle prime righe attraverso quali elementi il narratore costruisce un quadro tipico del racconto o del film<br />
dell’orrore?<br />
2. In quali luoghi si svolge la storia?<br />
3. Attraverso quali tratti sono costruiti i due protagonisti?<br />
4. La luna, terza protagonista della storia, una volta portata sulla terra, perde ogni sua caratteristica. Quali<br />
trasformazioni subisce?<br />
5. I sentimenti del narratore nei confronti della luna variano nel corso della storia. Individua quali sono e<br />
come cambiano.<br />
• Da che cosa è determinato nella conclusione il diverso atteggiamento nei confronti della luna?<br />
Il protagonista si arrende al potere della luna<br />
Il protagonista ha capito che la sua malattia non dipende dalla luna<br />
Il protagonista ha capito che anche la luna fa parte di una legge universale<br />
alla quale non si può sfuggire<br />
Il protagonista ha capito che in fondo la luna non è cattiva<br />
riflettere<br />
6. Quale differenza c’è tra i luoghi in cui generalmente sono ambientate le storie dell’orrore, come quelle dei<br />
vampiri o dei lupi mannari, e quelli in cui si svolge la storia?<br />
• Secondo te questa differenza incide sul significato della storia?<br />
Sì, perché …<br />
No perché …<br />
7. Il narratore utilizza un lessico ricercato, ricco di parole colte, che contrasta con l’uso di costruzioni sintattiche<br />
vicine alla lingua parlata. Quale effetto produce secondo te questo contrasto?<br />
8. Nel racconto sono presenti diversi elementi di comicità e di ironia. Individuali e spiegali.<br />
• Secondo te l’ironia e la comicità<br />
rendono la storia più divertente<br />
cambiano il significato della storia<br />
rendono la storia irreale<br />
rendono i protagonisti più vicini a noi<br />
Spiega la tua risposta.<br />
9. Quali elementi del racconto rimandano al genere fantastico?<br />
Scrivere<br />
10. Scrivi un testo espositivo-argomentativo di almeno 100 parole sul seguente argomento: «La dimensione<br />
del fantastico nel racconto di Tommaso Landolfi Il racconto del lupo mannaro».
Narrativa e testi non letterari 69 volume A sezione 5 unità 3<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 5.3 <strong>cONOSceNze</strong><br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
a Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false e sottolinea le parole che rendono falsa l’affermazione.<br />
1. Nel giallo classico non sempre viene individuato il colpevole. V F<br />
2. Il thriller è un tipo di poliziesco in cui c’è sempre più di un omicidio. V F<br />
3. Dashiell Hammet fu l’iniziatore della hard boiled school. V F<br />
4. Nel giallo classico i delitti avvengono in ambienti altoborghesi. V F<br />
5. La suspense è una tecnica di rallentamento dell’azione che crea uno stato<br />
di tensione e di attesa. V F<br />
6. Il termine noir indica il romanzo poliziesco di origine francese.<br />
7. Alcune figure di detective create dagli scrittori sono riprese da persone<br />
V F<br />
realmente vissute. V F<br />
8. Il genere poliziesco è molto simile al romanzo gotico. V F<br />
B Rispondi alle seguenti domande, facendo riferimento ai testi che hai letto in questa Unità.<br />
9. Quali sono le doti maggiori mostrate dai detective protagonisti dei brani che hai letto?<br />
10. In quali ambienti maturano i delitti commessi nei testi che hai letto?<br />
11. Quali aspetti del mondo contemporaneo emergono nei testi di Simenon, Giménez-Bartlett<br />
e Lucarelli?<br />
12. Quali elementi dei testi che hai letto rimandano al genere poliziesco?<br />
Totale punti<br />
. . . . . . / 8<br />
. . . . . . / 4<br />
. . . . . . / 20
Narrativa e testi non letterari 70 volume A sezione 5 unità 3<br />
<strong>verifica</strong> <strong>SOMMaTiva</strong> <strong>NarraTiva</strong> 5.3 cOMpeTeNze di leTTura<br />
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .<br />
cognome nome classe data<br />
Dashiell Hammett<br />
LA LOCANDA DI CEDAR HILL<br />
10<br />
20<br />
Piombo e sangue, 1929 Lingua originale inglese<br />
Il protagonista-narratore del romanzo Piombo e sangue è un detective anonimo;<br />
egli stesso si presenta semplicemente come Continental Op, cioè un<br />
impiegato (operator) che lavora per la Continental, un’agenzia investigativa<br />
di San Francisco.<br />
Mandato a Personville, detta Poisonville («città del veleno»), per risolvere un<br />
caso, assume autonomamente l’incarico di ripulire la città, dilaniata dalle lotte<br />
fra bande rivali. Si destreggia abilmente fra Noonan, il corrotto capo della<br />
polizia, e Bisbiglio, un astuto proprietario di bische clandestine, che lottano<br />
per il controllo sulla città; riesce con grande abilità a manovrarli e, dopo una<br />
serie infinita di sparatorie e di morti, raggiunge il suo scopo.<br />
Nel brano è raccontato un agguato che Noonan tende a Bisbiglio, che si dimostra<br />
molto più furbo del capo della polizia.<br />
Dopo colazione mi recai alla centrale 1 .<br />
Gli occhi verdastri di Noonan erano arrossati, come se non avesse dor mito,<br />
e il viso aveva perduto un po’ di colore. Mi scosse la mano in su e in giù entusiasticamente<br />
come sempre, e nella sua voce e nel suo comportamento vi era<br />
la consueta dose di cordialità.<br />
«Qualche traccia di Bisbiglio 2 ?» chiesi, quando ebbe terminato i convenevoli<br />
3 .<br />
«Credo d’aver scoperto qualcosa». Dette un’occhiata all’orologio a muro e<br />
poi al telefono. «Aspetto una chiamata da un minuto all’altro. Accomodati».<br />
«Chi altro è scappato?».<br />
«Jerry Hooper e Tony Agosti sono i soli che sono ancora fuori. Gli al tri li<br />
abbiamo riacchiappati. Jerry è l’ombra di Bisbiglio e l’altro è uno della sua<br />
banda. È il gentiluomo che infilò Ike Bush col coltello, la sera dell’incontro».<br />
«Ci sono altri membri della banda di Bisbiglio in galera?».<br />
«No. Avevamo solo quei tre, oltre a Buck Wallace, quello che hai col pito. È<br />
all’ospedale».<br />
Il capo lanciò un’altra occhiata all’orologio a muro, poi al proprio. Erano<br />
esattamente le due. Si volse verso il telefono. L’apparecchio squillò. Il capo<br />
afferrò il ricevitore, disse:<br />
«Qui Noonan… Sì… Sì… Sì… Bene».<br />
Scostò l’apparecchio, e suonò una specie di sinfonia sulla fila di campanelli<br />
della scrivania. L’ufficio si riempì di poliziotti.<br />
1. centrale: la sede centra le della polizia.<br />
2. Bisbiglio: il gangster ha questo soprannome a cau sa di un difetto alla laringe, che quasi gli impedisce<br />
di parlare.<br />
3. convenevoli: gesti e frasi di cortesia.<br />
á<br />
á<br />
Bisbiglio<br />
era stato arrestato<br />
dal protagonista,ma poi<br />
era riuscito a fuggire<br />
dagli uffici della polizia;<br />
Jerry Hooper<br />
è il suo braccio destro.<br />
Il tono di Noonan<br />
è ironico e crudo<br />
al tempo stesso.<br />
Ike Bush era un pugile<br />
al centro di un giro<br />
di scommesse.
30<br />
40<br />
50<br />
60<br />
70<br />
Narrativa e testi non letterari 71 volume A sezione 5 unità 3<br />
«Alla locanda di Cedar Hill», disse. «Tu vieni con me col tuo distaccamento<br />
4 , Bates. Terry, attraversa Broadway e raggiungi l’obiettivo alle spalle.<br />
Prendete con voi i ragazzi che regolano il traffico, mentre passate. Probabilmente<br />
avremo bisogno di tutti gli uomini disponibili. Duff percorri con i tuoi<br />
Union Street e gira per la vecchia strada delle miniere. McGraw resterà qui al<br />
quartier generale. Raccogliete più uomini che potete e portateveli appresso.<br />
Scattare!».<br />
Afferrò il cappello e li seguì, chiamandomi al di sopra della spalla massiccia:<br />
«Vieni, vecchio, siamo alla fine».<br />
Lo seguii nell’autorimessa del dipartimento 5 , dove i motori d’una mezza<br />
dozzina di auto stavano rombando. Il capo sedette accanto al suo autista. Io<br />
sedetti dietro, con quattro agenti.<br />
Gli uomini si affollarono nelle altre macchine. I mitra erano pronti per<br />
l’uso. Vennero distribuiti fasci di fucili, manciate di rivoltelle, pacchi di munizioni.<br />
L’auto del capo uscì per prima, con un balzo che ci fece sbattere gli uni<br />
contro gli altri. Evitammo il portone dell’autorimessa per mezzo centimetro,<br />
inseguimmo un paio di pedoni in diagonale sul marciapiede giungemmo<br />
volando sul piano stradale, evitammo un camion per un pelo sottile quanto<br />
quello che ci aveva fatto evitare il portone, e sfrecciammo in King Street con<br />
tutte le sirene aperte al massimo.<br />
Le automobili, in preda al panico, si scansarono a destra e a sinistra ignorando<br />
le regole del traffico per lasciarci passare.<br />
Fu una faccenduola divertente.<br />
Mi volsi, vidi un’altra auto della polizia che ci seguiva, una terza che svoltava<br />
in Broadway. Noonan masticava un sigaro spento; disse all’autista:<br />
«Dagliene un altro po’, Pat».<br />
Pat ci fece roteare attorno all’auto d’una donna atterrita, ci infilò in un<br />
pertugio 6 tra un autobus e il carrozzone d’una lavanderia, un pertugio strettissimo,<br />
attraverso il quale non saremmo mai riusciti a scivolare se la vernice<br />
della nostra macchina non fosse stata così sottile, e disse:<br />
«D’accordo, ma i freni non funzionano molto bene».<br />
«Questa è carina», disse il poliziotto dai baffi grigi che sedeva alla mia<br />
sinistra. Ma non sembrava sincero.<br />
Fuori del centro cittadino non c’era più molto traffico ad imbarazzarci, ma<br />
la pavimentazione era più sconnessa. Fu una gradevole corsa d’una mezz’oretta,<br />
e a tutti furono concesse opportunità di andare a sedersi sulle ginocchia<br />
degli altri. Gli ultimi dieci minuti furono percorsi su una strada ondulata, che<br />
aveva tante di quelle discese da impedirci di dimenticare quel che Pat aveva<br />
detto a proposito dei freni.<br />
Ci fermammo ad un cancello sormontato da una cadente insegna luminosa,<br />
la quale, prima di perdere tutte le lampadine, aveva detto: Locanda di<br />
Cedar Hill. La locanda, che distava sei o sette metri dal cancello, era una tozza<br />
costruzione in legno, tinta in verde pallido e soprattutto circondata da rifiuti.<br />
Il portone e le finestre erano chiusi, serrati.<br />
Seguimmo Noonan che era sceso dalla macchina. L’auto che ci aveva seguito<br />
apparve ad una curva della strada, frenò per disporsi dietro di noi, e<br />
rovesciò il suo carico d’uomini e d’armi.<br />
4. distaccamento: all’in terno di una sezione di po lizia costituisce un gruppo destinato a un compito<br />
particolare.<br />
5. dipartimento: ripartizione delle forze di polizia, assegnata al controllo di una parte della città.<br />
6. pertugio: passaggio strettissimo.
80<br />
90<br />
100<br />
110<br />
Narrativa e testi non letterari 72 volume A sezione 5 unità 3<br />
Noonan impartì ordini d’ogni genere.<br />
Un gruppetto di agenti accerchiò l’edificio da ciascun lato. Altri tre, uno dei<br />
quali imbracciava un mitra, rimasero accanto al cancello. Il resto di noi avanzò<br />
tra barattoletti, bottiglie vuote e vecchi giornali fino alla facciata della casa.<br />
L’agente coi baffi grigi che era stato seduto accanto a me nell’auto portava<br />
un’ascia. Ci arrestammo sotto il portico.<br />
Da sotto le persiane d’una finestra uscirono una detonazione e una fiammata.<br />
L’agente coi baffi grigi cadde. L’ascia restò nascosta sotto il cadavere.<br />
Noialtri scappammo tutti.<br />
Io corsi via con Noonan. Ci nascondemmo nel fossato che fiancheg giava la<br />
strada dal lato della locanda. Era abbastanza profondo e il terra pieno a sufficienza<br />
alto da permetterci di star quasi ritti senza essere fatti se gno a colpi.<br />
Il capo era eccitato.<br />
«Che fortuna!» disse allegramente. «È qui, perdio, è qui!».<br />
«Il colpo è venuto da sotto la persiana», osservai. «Mica un trucco scemo».<br />
«Li fregheremo, comunque», disse tutto arzillo. «Ridurremo questa bicocca<br />
come un colabrodo. Ormai Duffy dovrebbe essere quasi arrivato dall’altra<br />
strada, e Terry Shane non ci dovrebbe mettere ancora molti minu ti. Ehi,<br />
Donner!» Chiamò un uomo che stava occhieggiando dietro un mas so. «Gira<br />
attorno alla casa, va’ dietro e appena Duffy e Shane arrivano di’ loro di cominciare<br />
ad avvicinarsi, facendo fuoco con tutte le armi che hanno. Dov’è<br />
Kimble?».<br />
L’uomo che occhieggiava fece un gesto col pollice verso un albero dietro di<br />
sé. Dal nostro fossato potevamo vederne solo la parte superiore.<br />
«Digli di preparare il suo girarrosto 7 e di cominciare a macinare», ordinò<br />
Noonan. «Che tiri basso, lungo la facciata, dovrebbe fare come se tagliasse il<br />
formaggio».<br />
L’uomo che occhieggiava scomparve.<br />
Noonan andava su e giù per il fossato, arrischiandosi ogni tanto a tirar<br />
fuori la zucca per dare un’occhiata intorno, chiamando contemporanea mente<br />
i suoi uomini o facendo loro dei larghi gesti.<br />
Poi tornò indietro, si sedette sui calcagni accanto a me, mi dette un si garo<br />
e se ne accese uno.<br />
«È fatta», disse compiaciuto. «Bisbiglio non ha alcuna possibilità. È andato 8 ».<br />
Il mitra cominciò a sparare da dietro l’albero, otto o dieci colpi intervallati,<br />
tanto per provare. Noonan sogghignò e si fece uscire di bocca un anello di<br />
fumo. Il mitra si mise al lavoro, sputando piombo da quella brava piccola fabbrica<br />
di morte che era. Noonan emise un altro anello di fumo e disse:<br />
«È esattamente questo che la farà finita».<br />
Convenni che avrebbe dovuto essere così. Stavamo appoggiati al terrapieno<br />
9 d’argilla e fumavamo. Più lontano, un altro mitra si mise a cantare, e<br />
poi un terzo. Irregolarmente, fucilate e revolverate si univano al canto. Noonan<br />
annuì con aria d’approvazione e disse:<br />
«Cinque minuti di questa musica gli faranno capire che si tratta d’un inferno».<br />
Quando i cinque minuti furono trascorsi, suggerii di dare un’occhiata a<br />
ciò che rimaneva. Gli detti una mano per fargli superare il terrapieno, e mi<br />
arrampicai dietro di lui.<br />
7. girarrosto: la mitragl iatrice, chiamata così in<br />
gergo.<br />
8. È andato: è spacciato, non ha scampo.<br />
9. terrapieno: argine di terra o di altro materiale,<br />
costruito come riparo o sostegno.<br />
10. peggio in arnese: in condizioni peggiori.
120<br />
130<br />
140<br />
150<br />
Narrativa e testi non letterari 73 volume A sezione 5 unità 3<br />
La locanda appariva chiusa e vuota come prima, ma peggio in arnese 10 .<br />
Non ne usciva alcuno sparo. Ce n’erano entrati a sufficienza.<br />
«Che ne pensi?» chiese Noonan.<br />
«Se c’è una cantina potrebb’esserci un topo vivo 11 ».<br />
«Be’, potremo finirlo 12 dopo».<br />
Si tirò fuori di tasca un fischietto e fece un mucchio di chiasso. Agitò le<br />
grosse braccia, e la sparatoria cominciò a diradare. Dovemmo attendere che<br />
si fossero passati parola fino all’uomo più lontano.<br />
Poi sfondammo la porta.<br />
Il primo piano era allagato fino all’altezza delle caviglie da liquidi alcoolici<br />
13 che uscivano ancora gorgogliando dai fori prodotti dalle pallottole<br />
nelle cassette ammonticchiate e nei bariletti che riempivano quasi tutta la<br />
casa.<br />
Intontiti dai vapori dell’alcool versato, ci aggirammo per l’edificio fi no a<br />
che trovammo quattro corpi morti e nessun corpo vivo. I quattro era no uomini<br />
abbronzati dall’aspetto straniero, in abiti da lavoro. Due di loro erano<br />
stati praticamente fatti a pezzi.<br />
Noonan disse:<br />
«Lasciamoli qui e usciamo».<br />
Aveva la voce disinvolta come sempre, ma alla luce d’una torcia elet trica i<br />
suoi occhi si rivelarono cerchiati di bianco per la paura.<br />
Fummo lieti di uscire, ma esitai quel tanto che mi permise di ficcarmi in<br />
tasca una bottiglia intatta con l’etichetta Dewar.<br />
Un poliziotto con la divisa kaki arrivò a precipizio al cancello, in motocicletta.<br />
Ci gridò:<br />
«La First National 14 è stata svaligiata!».<br />
Noonan imprecò selvaggiamente, urlò:<br />
«Ci ha presi in giro, maledetto! Subito in città, tutti».<br />
Tutti, eccettuati noi che eravamo venuti nella macchina del capo, si precipitarono<br />
verso le auto. Due poliziotti presero con sé l’agente che era ri masto<br />
ucciso.<br />
Noonan mi guardò con la coda degli occhi e disse:<br />
«Questa è una bella fregatura, senza scherzi».<br />
Dissi: «Già», mi strinsi nelle spalle, e salii sulla sua auto. L’autista era seduto<br />
al volante. Volgendo le spalle alla casa, mi misi a chiacchierare con Pat. Non<br />
ricordo di che cosa parlammo. Presto Noonan e gli altri agenti ci raggiunsero.<br />
Soltanto una piccola fiamma era visibile attraverso la porta della lo canda,<br />
quando la perdemmo di vista dietro la svolta della strada.<br />
11. topo vivo: il detective vuole dire che potrebbe<br />
benissimo esserci qualche altro uomo.<br />
12. finirlo: dargli il colpo di grazia, ucciderlo;<br />
be’ sta per «bene».<br />
13. liquidi alcoolici: negli Stati Uniti la proibizione,<br />
negli anni tra il 1919 e il 1933, di<br />
D. Hammett, Piombo e sangue, trad. M. Hannau, Rizzoli, Milano 1981<br />
produrre e di vendere bevande alcoliche ne<br />
favorì la produzione e il commercio da parte<br />
della malavita, che si assicurò così grandi<br />
guadagni.<br />
14. First National: la banca della città.
Narrativa e testi non letterari 74 volume A sezione 5 unità 3<br />
<strong>verifica</strong>re le competenze<br />
analizzare e comprendere<br />
1. Quali tipi di sequenza sono usati nella narrazione?<br />
• Quali prevalgono?<br />
2. In che modo il narratore indica la scansione temporale della storia?<br />
Attraverso connettivi temporali<br />
Attraverso la successione delle azioni<br />
3. Il ritmo della narrazione è molto veloce; attraverso quali elementi linguistici il narratore riesce a far coincidere<br />
il ritmo delle azioni con quello della narrazione?<br />
4. Individua nel testo espressioni gergali e modi di dire.<br />
5. Individua qual è l’atteggiamento di Noonan e come cambia nel corso dell’operazione.<br />
6. Dai comportamenti e dal modo di raccontare del protagonista emergono alcuni tratti che consentono di<br />
ricostruirne la personalità. Individuali e spiega quali aspetti del personaggio rivelano.<br />
riflettere<br />
7. L’attacco alla locanda è un vero e proprio assedio.<br />
• Da che cosa è determinato, secondo te, un tale spiegamento di forze da parte di Noonan?<br />
8. Come si può definire l’atteggiamento del narratore nei confronti di quanto accade nel corso dell’episodio?<br />
divertito<br />
indifferente<br />
distaccato<br />
di ammirazione<br />
partecipativo<br />
scettico<br />
critico<br />
........................................<br />
9. Il protagonista si mette in tasca una bottiglia di whisky. Che cosa pensi di questo comportamento?<br />
10. Quali elementi del testo sono tipici della hard-boiled school?<br />
Scrivere<br />
11. Scrivi un testo descrittivo di 150 parole presentando il personaggio di Continental Op.