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96<br />

parte prima<br />

lavoro a tutti gli effetti e il paziente di cui si parla è una persona meno<br />

“rampante”, con tempi di riscaldamento lunghi, ma in grado d’offrire il pro -<br />

prio contributo senza provocare perdite all’azienda (il padre di Flavio) “il fatto<br />

è che questi ragazzi non hanno una partenza valida. È come un motore diesel,<br />

però una volta che si riscalda e partono...” (Focus group familiari 7/2/04).<br />

Viene qui recuperato l’elemento dello scambio fra il datore di lavoro e il<br />

lavoratore, fra la mansione attribuita e la qualità del servizio reso.<br />

All’azienda è attribuito un ruolo d’incoraggiatrice e di motivatrice: essa ri ce ve -<br />

rà il meglio da queste persone se offrirà loro comprensione e credibilità.<br />

I familiari di questo gruppo attribuiscono una grande importanza alla<br />

ricerca del posto giusto per la persona giusta, ossia la ricerca e la proposta di<br />

un lavoro congruente con le inclinazioni, le aspirazioni e le competenze del<br />

proprio congiunto, senza preclusioni o ghettizzazioni “trovare i luoghi e i<br />

lavori giusti individuali, perché [...] ognuno di loro ha delle proprie esigenze,<br />

delle proprie caratteristiche [...] delle proprie ambizioni, dei propri bisogni<br />

voglio dire. Non possiamo fare di tutta un’erba un fascio: “Scarichiamolo lì,<br />

oppure ghettizziamoli. Questo è il...dove devono vivere, questo è dove devono<br />

lavorare...”. Ecco, no. Perché io sono convinta...ma ne sono convinta e penso<br />

chiunque di noi, perché li conosce i nostri malati voglio dire, che sono delle<br />

persone molto in gamba, anzi io ritengo in alcuni casi mia sorella è più in<br />

gamba di me” (la sorella di Lucia, Focus group familiari 7/2/04). Nondimeno<br />

essi ritengono che sia indispensabile concordare il lavoro con il paziente, o<br />

eventualmente ridimensionare le sue aspettative, giacché l’imposizione di<br />

un’attività lavorativa modesta e/o non liberamente scelta, comporterebbe un<br />

peggioramento dello stato di salute della persona (la madre di Flavio). Infine<br />

un familiare su tre ritiene sia preferibile proporre al proprio parente un<br />

rapporto di lavoro a tempo parziale, stante la mole d’impegni extralavorativi<br />

della sorella (la sorella di Lucia).<br />

L’immagine della certificazione d’invalidità psichica e la valutazione della<br />

sua utilità appare disomogenea ma in linea con le tendenze sin qui delineate.<br />

Due familiari su tre focalizzano l’attenzione sull’aspetto economico della<br />

certificazione, considerata una risorsa utile a integrare il lavoro principale nel<br />

caso in cui quest’ultimo venga mal remunerato (la sorella di Viola), ancorché<br />

la relativa cifra risulti irrisoria e inadeguata (la sorella di Lucia). Inoltre la<br />

sorella di Viola e la madre di Flavio giudicano la certificazione d’invalidità un<br />

valido strumento per l’accesso agevolato al mondo del lavoro. Il padre di<br />

Flavio, tuttavia, non ritiene che essa possa avere un’immediata utilità per il fi -<br />

glio, e la considera uno stigma che può comportare la compromissione del fu -<br />

tu ro affettivo del proprio congiunto, stante la sua giovane età.<br />

Questo modello è altresì confermato dalle aspettative nei confronti dei<br />

servizi di salute mentale in campo lavorativo, che da un lato si ritengono<br />

competenti in quest’ambito, in particolare per quanto attiene alla valutazione<br />

e all’inserimento lavorativo (la madre di Flavio, la sorella di Viola), dall’altro

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