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80<br />

parte prima<br />

però qualcosa di inatteso e insieme infausto: l’ospedale che aveva assunto<br />

Matteo vede venir meno la possibilità di ratificare con una delibera la sua presa<br />

di servizio definitiva. Così racconta Matteo: «lì mi trovavo molto bene, poi<br />

non è stata fatta la delibere perché erano i tempi della Tangentopoli e quasi,<br />

quasi sembrava che io fossi uno di quelli che avevano truccato il concorso,<br />

infatti, non il mio nome ma la mia qualifica era scritta su una delibera regionale<br />

nel quale si rifiuta l’assunzione per sospetta collusione con coloro che control -<br />

lavano il concorso...». Sconfitto e profondamente amareggiato, Matteo si vede<br />

costretto a tornare tra le corsie che ormai gli sono tristemente familiari «a<br />

lavare i pavimenti». È questo il solo episodio - ahimè, tutt’altro che positivo<br />

che interrompe la routine di vent’anni trascorsi a fare un lavoro che Matteo<br />

non ama e che suscita in lui un crescente sentimento di privazione relativa: «c’è<br />

chi si adatta e c’è chi come me ha sempre rifiutato quel tipo di lavoro».<br />

Seguono poi altri concorsi ma nessuno ha l’esito atteso: «Ho fatto decine di<br />

concorsi, sostanzialmente la maggior parte erano truccati...». Le cose non<br />

vanno meglio nelle altre sfere di vita: pare che Matteo non abbia mai avuto una<br />

relazione affettiva rilevante e che non sia riuscito a compensare con le attività,<br />

gli impegni del tempo libero le frustrazioni suscitate dal lavoro. Matteo ha<br />

sempre vissuto con i genitori e con loro vive ancora tuttora.<br />

Dopo oltre quindici anni di lavoro, Matteo allora quarantunenne, inizia ad<br />

accusare un disturbo fisico, che, data la giovane età lo preoccupa seriamente.<br />

È cominciato nell’estate del 94 [silenzio] Avevo dei collassi continui. A me piaceva<br />

molto camminare e tante volte dovevo fermarmi, vedevo tutto nero, dovevo<br />

fermarmi su un gradino, magari starci, o un gradino o una panchina e magari starci<br />

un’ora prima di, prima di riuscire ad andare via, prima di raggiungere solo la fermata<br />

del tram diventava impossibile... non sono andato subito in psichiatria: prima mi<br />

seguiva il neurologo, da quell’estate, dall’inverno, quando i disturbi cominciavano a<br />

diventare sempre più grossi eh mi aveva trovato un minimo di polinevrite. Poi quella<br />

è guarita: secondo l’elettromiografia non c’era più dopo un anno. (Matteo, Intervista<br />

guidata).<br />

Matteo, debilitato da questi disturbi e provato da quanto li ha preceduti,<br />

trascorre un lungo periodo lontano dal lavoro, in malattia. Ai problemi fisici<br />

ben presto si assomma un disagio psichico che conduce Matteo a richiedere le<br />

cure del Centro di Salute Mentale: questo accade nel 1996, quando Matteo ha<br />

43 anni. In quel periodo Matteo viene ricoverato in una casa di cura, per un<br />

periodo che non emerge dall’intervista. In seguito viene inserito per un anno<br />

in una comunità alloggio: “sono stato circa un anno in una comunità psichia -<br />

trica, cioè ma non una comunità di lavoro... comunità o pensione dove avevo<br />

ap punto... mi davano da mangiare, facevano lavori alberghieri e... l’unico pro -<br />

blema che avevo era come passare il tempo... così non ho più resistito e so no<br />

tornato a casa dai miei”. Matteo dunque alterna il lavoro con lunghe assenze<br />

per malattia e durante uno di questi periodi così racconta Matteo riceve una

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