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78<br />
parte prima<br />
(l’accenno al vero o falso) che l’esperienza attraversata non avesse un solido<br />
fondamento di realtà, riesce a intravedere la radice delirante del proprio<br />
comportamento pur senza discostarsene completamente. Questa singolare<br />
con sapevolezza gli viene riconosciuta anche dagli operatori che si sono presi<br />
cura di lui, almeno in questi termini ne riferisce lo stesso Giacomo: «mi<br />
dicevano quando esponevo i miei problemi che ho una buona auto-critica cioè<br />
mi riconoscevo abbastanza bene nei miei problemi». In sintonia con la propria<br />
personalità, Giacomo declina questa consapevolezza in un registro venato da<br />
tristezza e pessimismo.<br />
Io ormai mi sono convinto che è un disagio cronico però sono abbastanza autonomo<br />
diciamo che quest’ansia, me la porterò dietro sempre, non è che c’è qualche cosa che<br />
mi guarirà dall’ansia, non so posso attenuarla, mi si può attenuare quest’ansia<br />
vivendo in un determinato ambiente magari appunto avendo un lavoro tranquillo<br />
dove io lavoro e questo lavoro non mi crea più problemi di quanti non ne abbia e<br />
allora lì si può attenuare il problema però so che non, non avrò....non è che cambio<br />
dall’oggi al domani e divento una persona sicura di me, felice, io rimango sempre un<br />
po’ infelice diciamo con la tristezza addosso, non me la tolga nessuno, è difficile,<br />
purtroppo non se ne va, fa parte di me questa cosa, non se ne andrà mai. (Giacomo,<br />
intervista guidata).<br />
Del medesimo tenore le osservazioni di Giacomo sulla malattia mentale, de -<br />
fi ni ta dapprima in generale e poi in relazione alla sua esperienza personale, di<br />
cui sottolinea la pena di dover contare sulla disponibilità, sulla generosità<br />
altrui.<br />
È una brutta bestia, è una brutta bestia, perché ti frega. La malattia mentale ti frega,<br />
almeno come la mia, poi c’è chi sta peggio, c’è chi sta peggio: c’è chi non connette<br />
o connette male. La malattia mentale come la mia mi frega, perché mi impedisce di<br />
avere rapporti sociali normali con altre persone, mi fa soffrire tantissimo e niente.<br />
Mi taglia le gambe, mi taglia un sacco di opportunità. Invece di avere una vita<br />
autonoma sono sempre diciamo vincolato dal favoritismo degli altri, dalla bontà<br />
degli altri; non sono autonomo e indi pendente, sono dipendente dalla bontà degli<br />
altri. Se gli altri sono buoni io me la cavo, se gli altri non gliene frega niente io<br />
rimango lì da palo. (Giacomo, intervista guidata).<br />
Muovendo da questa - si può dire - lucida consapevolezza, Giacomo cerca<br />
un lavoro diverso da quello che sa fare e che ha fatto sinora e che definisce<br />
come una e assillante serie di problem solving, attorno a un televisore «strizza<br />
cervello». Giacomo vuole un lavoro: «senza questo stress mentale che richiede<br />
il lavoro del riparatore magari potrei fare anche otto ore a quel punto lì perché<br />
avrei più momenti di alzarmi da una sedia e andare da un posto all’altro<br />
anziché stare sempre seduto su quella sedia lì e scervellarmi perché non<br />
funziona il televisore eh.....purtroppo più passa il tempo e meno riesco a fare il<br />
lavoro per cui ho lavorato per tanti anni». Chiaro su ciò che non vuole,