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il paziente psichiatrico<br />

da re nei confronti di coloro che percepiva come i propri persecutori.<br />

Giacomo lascia il lavoro, per riprendere solo più tardi, nuovamente sorretto<br />

da una terapia farmacologica, ma ancora scosso. Lavora per tre mesi in un altro<br />

laboratorio di riparazioni caratterizzato da un “clima” e da un modello di<br />

organizzazione del lavoro che si pone agli antipodi rispetto alle sue precedenti<br />

esperienze.<br />

Ho vissuto questi tre mesi in un ansia tremenda, avevo un’ansia pazzesca. Il fatto di<br />

non essere all’altezza, di non produrre abbastanza, mi procuravano un’ansia<br />

pazzesca. Oltre al fatto di ... il tempo non mi passava mai, quando lavoravo non mi<br />

passava mai il tempo. Era diventato una cosa infatti ho avuto di nuovo una ricaduta,<br />

dopo questo lavoro, una ricaduta a livello nervoso (...) Con i colleghi era buono il<br />

rapporto si parlava, si scherzava, solo che io non riuscivo a essere tranquillo, ad<br />

essere sereno. Vivevo tutto quanto con un’ansia enorme. [pausa] Non so anche la<br />

mattina, il pensiero di dovermi alzare e affrontare tutto il traffico per arrivare fino a<br />

lì il ritorno, non so il fatto, per esempio, che non si poteva tenere il cellulare acceso<br />

e mi sentivo tagliato fuori completamente. A volte volevo, avrei voluto uscire un<br />

attimo, farmi una passeggiata, fare una passeggiata fuori, fare un giro, così. Non<br />

potevo: dovevo stare chiuso lì dentro a fare il lavoro. (Giacomo, Intervista libera)<br />

Ad accrescere l’ansia di Giacomo contribuiva la necessità di affrontare ogni<br />

giorno il traffico cittadino per recarsi al lavoro e quella di dover pranzare fuori<br />

casa. Quanto al senso di inadeguatezza, pare che a nutrirlo fosse quasi esclu si -<br />

va mente lo stesso Giacomo: «non andava neanche tanto male, perché mi di ce -<br />

vano che io la produzione la facevo. Soltanto che io vivevo l’ansia, vivevo que -<br />

sto: ero sempre sotto pressione, una tensione tremenda!».<br />

Quest’ultimo elemento è degno di nota: nel caso di Giacomo il disagio psi -<br />

chi co non comporta una sensibile riduzione delle sue capacità lavorative: non<br />

è questo che lamenta il suo datore di lavoro. Ciò che rende penosa la con ci lia -<br />

zione fra lavoro e disagio psichico è l’ansia, la tensione che lo svol gi men to re -<br />

golare dei compiti che gli vengono assegnati comporta.<br />

Nei momenti in cui sono state condotte le interviste Giacomo era disoc -<br />

cupato, una condizione che, sin dalle prime battute dell’intervista viene defi -<br />

nita come penosa per la dipendenza economica dai genitori che comporta.<br />

Giacomo vuo le lavorare, ma la consapevolezza dei propri limiti, della<br />

propria vulne ra bi li tà, unita alla valutazione di quelle che sono le sue capacità<br />

motivano l’atteg gia mento negoziale che lo contraddistingue.<br />

Giacomo mostra una consapevolezza non comune fra i pazienti che, come<br />

lui, presentano disturbi caratterizzati da una qualche forma di distorsione nella<br />

percezione della realtà. Di ciò è prova il modo nel quale ricostruisce la propria<br />

crisi più recente, alimentata dalle tensioni con i vicini: «abbiamo litigato e que -<br />

sti qua....io avevo la macchina e mi hanno distrutto la macchina, mi hanno<br />

scas sato la macchina ed è cominciato un periodo di torture vero o falso che sia -<br />

no io questo non lo saprò mai però...». Giacomo riconosce la possibilità<br />

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