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il paziente psichiatrico<br />

Perché poi mi madre è andata a parlare e le hanno detto: “senta signora, sua<br />

figlia, sì che è invalida di mente, ma poi di braccia non è invalida e potrebbe<br />

benissimo lavorare” ».<br />

La storia di Marta, la sofferenza psichica che l’ha attraversata, le frustrazioni<br />

subite nei numerosi tentativi di trovare un posto di lavoro hanno determinato<br />

quel disinvestimento che accomuna le esperienze raccolte in questo paragrafo.<br />

Marta mostra una dolorosa consapevolezza, non tanto delle distorsioni che<br />

caratterizzavano e - in parte caratterizzano ancora oggi - la sua percezione<br />

della realtà, quanto piuttosto della sua debolezza: «quando gli altri parlano,<br />

non riesco a seguire la conversazione! (...) anche mia madre [mi dice]: “ma<br />

possibile l’ho appena detto, te l’ho spiegato!” Le mie amiche, che sono brave<br />

e mi capiscono, anche i miei genitori mi capiscono...mi dicono: “hai la tesata<br />

tra le nuvole e pensavi ad altro!”. “Ma non è vero! Mi stavo concentrando<br />

perché volevo capire voi!”. È una cosa molto brutta, che dura da tutti questi<br />

anni è ... [scoppia a piangere] Se morivo era meglio, forse. Delle volte ancora lo<br />

penso a tagliarmi le vene, penso ancora al suicidio...».<br />

Marta, che non cessa di sperare in un lavoro, mostra una più chiara incli na -<br />

zione verso il raggiungimento di una parziale autonomia economica con la<br />

pen sione di invalidità che - al momento dell’intervista - non le era rico no -<br />

sciuta: «ab bia mo fatto la domanda di aggravamento per invalidità ma non<br />

l’han no da ta... per ché io ho parlato con questo dottore e mi ha vista troppo<br />

sve glia». L’atteggiamento di Marta nei confronti del riconoscimento del l’in -<br />

validità è schiettamente pragmatico: il riconoscimento di un livello elevato di<br />

invalidità è ciò che le consente di disporre di un piccolo reddito. Marta non<br />

considera in al cun modo il tema dello stigma, del “timbro”, come dicono<br />

alcuni intervistati, associati allo status di disabile psichico. Restando in famiglia<br />

- è anche la ma dre a dirlo - la pensione consentirebbe a Marta di guadagnarsi<br />

quel minimo di autonomia economica che ora le manca. Non è questa, tut -<br />

tavia, la maggiore aspirazione di Marta che accarezza il sogno - anch’esso tur -<br />

bato dallo spettro del disagio psichico - di una vita coniugale, nella quale rea -<br />

liz zarsi nel ruolo di moglie e madre: «io ho la fissa che vorrei fidanzarmi e<br />

sposarmi. È anche giusto a 32 anni, solo che - come dire - ho un carattere che<br />

alle volte divento un po’ cattivella così (...) a volte sono brava ma alle volte mi<br />

scappa la pazienza così e poi infatti penso un domani ad un marito: magari non<br />

mi sopporta, magari poi non sto bene, poi anche i lavori di casa adesso mia<br />

madre mi aiuta: li facciamo in due i lavori di casa però quando mi sposo li devo<br />

fare da sola oppure devo trovarmi un lavoro, perché quando uno si sposa, sai e<br />

poi niente e poi a me piacciono i bambini, mi piacerebbe avere un figlio<br />

quando mi spo so». L’illustrazione al maschile del disinvestimento nei con -<br />

fronti del lavoro è resa da Ennio.<br />

ENNIO ha 35 anni, i suoi genitori, originari del Mezzogiorno, si sono<br />

trasferiti a Torino dalla Tunisia, dove erano immigrati per lavoro. Nella rico -<br />

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