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condo me il lavoro può crearti anche angoscia, perché lavorare non è poi così...<br />

Cioè è entusiasmante, però alzarsi presto e fare tutti i giorni la stessa cosa può<br />

crearti anche momenti in cui magari dici: “ma non è adatto a me”, oppure “ho<br />

paura, sto facendo qualcosa di cui ho paura”. Alle affinità descritte sin qui si<br />

aggiunge per Adriano, Edoardo e Dalia, un comune atteggiamento nei confronti<br />

della psichiatria. Con differenti sfu ma ture, tutti e tre avanzano riserve sul lavoro<br />

e, soprattutto, sul potere della psi chiatria. Edoardo dice a chiare lettere di non<br />

credere nella diagnosi, rico no scen done l’arbitrarietà e il potere stigmatizzante.<br />

Ancora più esplicita Dalia che parla degli psichiatri come persone - loro sì -<br />

disturbate e compiaciute del po tere che è dato loro esercitare sui pazienti.<br />

2.5.4. Forme di esclusione: disinvestimento<br />

parte prima<br />

La seconda forma di esclusione, etichettata come disinvestimento, raccoglie<br />

sette storie, tra le quali è possibile mettere ordine a partire dal genere del nar -<br />

ratore: sei donne e un uomo. Per le donne il disinvestimento si lega all’adesione<br />

al ruolo tradizionale femminile espresso ora dalla figura della don na di casa, nel<br />

ruolo ora di moglie e madre, ora di care giver. La versione ma schi le del<br />

disinvestimento trova espressione in una scelta di frugalità com pa tibile con le<br />

scarse disponibilità economiche che derivano dalla pen sione di in va lidità. Il disin -<br />

vestimento- nelle due versioni - viene presentato come una scel ta e tale appare<br />

(sal vo alcuni slittamenti semantici) nelle nar razioni rac col te. Tuttavia, la dif -<br />

ferenza di accenti che separa questa forma di esclu sione da quella definita più so -<br />

pra come rifiuto, fa pensare, almeno in alcuni casi alla fa vola della volpe e dell’uva<br />

acerba, mostrando l’insoddisfazione che si cela dietro la scelta di disinvestimento.<br />

Un esempio, al femminile, di questa di sposizione è costituito da Marta.<br />

MARTA è nata a Torino trentadue anni fa, ha una sorella e un fratello più giovani<br />

entrambi sposati. Marta non è sposata e vive in famiglia. L’esordio della malattia è<br />

precoce, quando Marta, diciassettenne, frequenta il terzo anno delle superiori.<br />

Marta ricorda difficoltà crescenti in una materia e, soprattutto, nel rapporto con<br />

l’insegnante che ne impartiva le lezioni. A scuola il suo disa gio non viene rico -<br />

nosciuto come tale: Marta, più volte convocata dal preside, viene rimproverata per<br />

la sua poca voglia di studiare: «il preside diceva che mi dovevo svegliare! Andavo in<br />

presidenza, mi mandavano in presidenza per ché non avevo studiato...». A queste<br />

difficoltà se ne aggiungono altre che con fi gurano un disturbo psichiatrico severo, il<br />

profilarsi di alcune allucinazioni vi sive (almeno così sembra dal racconto): «mi<br />

davano fastidio gli oggetti intorno mentre studiavo, dovevo essere e poi tante cose<br />

pensavo e impazzivo il cervello cosi...» e poi l’emergere di un delirio decisamente<br />

disturbante. La scuola si conclude con una bocciatura e, di lì a poco il disturbo di<br />

Marta si mostra in modo più schietto.<br />

Durante le vacanze estive Marta viene ricoverata per un intervento<br />

chirurgico di poco conto; dimessa si persuade di aver subito vio lenza dai

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