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parte prima<br />
me desimo periodo Edoardo perde il padre cui era molto legato. Al lavoro nello<br />
studio grafico segue poi un’altra attività che, dalla descrizione resa, sembra<br />
meno congeniale agli interessi e alle competenze di Edoardo. Per tre anni la -<br />
vora in un’agenzia immobiliare, sino a quando - per la seconda volta - l’ir -<br />
rompere del disagio psichico lo indurrà a ridefinire la propria vita.<br />
La crisi sopraggiunge quando Edoardo ha trentasei anni. Edoardo viene<br />
rico ve rato in un reparto psichiatrico e, dopo una lunga degenza viene dimesso.<br />
La ricostruzione del sé avviene, questa volta, in uno scenario diverso:<br />
Edoardo è ospite per poco meno di quattro anni di una comunità rurale, ca rat -<br />
terizzata da una non meglio definita vocazione riabilitativa. La comunità vie -<br />
ne descritta come un luogo governato da regole ferree e improntato al duro<br />
lavoro: «ci facevano fare un sedere da cani, cioè io crollavo la sera sul letto in -<br />
som ma tutti i giorni perché facevo lavori duri, ma a un certo punto ho deciso<br />
di pro vare a fare, visto che comunque avevo questo retroterra di situazione<br />
difficile a casa, di vedere se mi serviva, tanto per non pensare troppo perché se<br />
no sarebbe stato veramente difficile, e poi di provare a, per la prima volta, io<br />
non l’avevo fatto mai, ad usare le braccia, lavoro manuale, muratore, però in -<br />
som ma mmmh si lavorava sotto la pioggia sempre, sotto la neve, sotto, senza<br />
nessun sistema di sicurezza». Edoardo serba, tuttavia, un buon ricordo di<br />
questa esperienza, letta in un registro quasi spirituale, nel quale la disciplina<br />
del corpo diviene lo strumento di ricostruzione del proprio equilibrio inte rio -<br />
re: «il buddhismo zen, è la stessa cosa. Io a un certo punto ho deciso di mi su -<br />
rar mi, cioè mettermi alla prova, quindi mettere da parte tutte le cose e di rico -<br />
min ciare (...) Non so neanche spiegare in realtà molto bene come viene in un<br />
si stema organizzato da un sistema mistico-religioso o qualche cos’altro, pe rò<br />
la logica è la stessa: il punto primo è cercare di dimenticarsi tutto quello che<br />
sai e cercare di imparare qualche cosa». L’esperienza in comunità si chiude<br />
quan do Edoardo, provato anche dalla morte improvvisa del fratello minore e<br />
di un caro amico, sente di non poter più sostenere i ritmi di vita e la privazione<br />
del la libertà che gli venivano imposte.<br />
Edoardo si allontana dalla comunità, fugge - come dice lui stesso - facendosi<br />
ricoverare in un “repartino” psichiatrico: «sono tornato a Torino sono arrivato<br />
al Martini perché mi son fatto portare in ambulanza perché praticamente sono<br />
fug gito, una fuga quasi autorizzata». Rientrato a Torino, Edoardo prende carta<br />
e penna e scrive al primario della propria ASL, cui illustra la propria situazione<br />
e chiede che gli venga offerta un’alternativa alla comunità. La sua richiesta vie -<br />
ne accolta: ad Edoardo - allora quarantenne - viene proposta una siste ma zione<br />
abi tativa autonoma in una casa dell’ASL di cui dispone ancora oggi.<br />
Tornato in città, Edoardo prova a riavvicinarsi al mondo del lavoro e, questa<br />
volta, lo fa percorrendo i canali proposti dal Servizio di Salute mentale: can -<br />
tieri di lavoro e lavoro nelle cooperative sociali. Questi tentativi sono destinati<br />
all’in successo. Ciò dipende, innanzitutto, dallo scollamento fra of ferta e do -<br />
man da, fra il profilo dei lavori che gli sono proposti e le compe ten ze e le aspet -