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60<br />

parte prima<br />

condurmi in quella situazione, quindi davo la colpa al papà di mia figlia, perché<br />

è lui che mi ha portato la prima volta, quindi io accusavo queste persone”.<br />

Noemi viene dapprima ricoverata al Servizio di Salute Mentale di Ancona e<br />

poi inviata ai Servizi di Torino. L’impatto, ad Ancona, con il servizi fu trau -<br />

matico: “all’inizio, il primo giorno mi sembrava una cosa irreale, perché io non<br />

sta vo bene, lo capivo, quindi non bello, perché le posso dire che...ho avuto tan -<br />

ta paura, ehm...penso che non capivo neanche io dove mi trovavo e il perché,<br />

pensavo solo che il papà di mia figlia mi avesse portato in un posto per liberarsi<br />

di me; però io ho accettato di stare là, perché dicevo: qui sto meglio da molte<br />

altre parti; forse una parte di me capiva che forse lì potevano aiutarmi, però era<br />

talmente tanta la rabbia che avevo dentro, queste sensazioni brutte, che ero<br />

stata addirittura insomma legata”. Noemi tenta il suicidio e in seguito viene<br />

ricoverata, per sei mesi, al Fatebenefratelli di S. Maurizio Cana vese: “ero pro -<br />

prio, insomma, ridotta veramente male, che addirittura un dottore di là ha det -<br />

to: per lei è finita, cioè resterà per sempre così”. In quel periodo Noemi non è<br />

soddisfatta della psichiatra che l’ha presa in carico, non sopporta i farmaci che<br />

le prescrive e, più in generale, non ha con lei un buon rapporto: “con la<br />

dottoressa che avevo, che mi era stata assegnata, non riuscivo a comunicare,<br />

perché succede che un paziente-può succedere...”. Subisce poi un ricovero a<br />

Villa Cristina e, in quell’occasione incontra un medico che le dà ascolto e le<br />

prescrive una terapia che Noemi ritiene più congeniale: “lui mi ha cambiato la<br />

terapia, io gli ho spiegato tutto, e lui riusciva a capirmi, ha... e riusciva anche a<br />

spiegarmi, che cosa mi potevano servire, mi riusciva a capire che dovevo fare<br />

una vita più equilibrata, degli orari, lui mi spiegava, questa è la cosa fon da -<br />

mentale.”. In occasione di un successivo ricovero, al Maria Vittoria, Noemi<br />

viene presa in cura da uno psichiatra che affronta l’altro corno del rapporto<br />

terapeutico di Noemi, e si impegna affinché a Noemi venga assegnata un altro<br />

medico: “e lui mi ha ascoltata, mi ha cambiato la dottoressa, io gli ho detto che<br />

non riuscivo, vuoi che magari ero arrabbiata perché è stata la prima ad avere<br />

nella mia vita, la prima che comunque ha colto nella mia malattia, quindi<br />

potevano es sere tanti i fattori, non è solo il fattore che io dico che quella noncioé<br />

che quel la dottoressa non sapesse fare il suo lavoro, io dico solo che non<br />

venivo ascol tata e anche solo di cambiare il dottore per me forse voleva dire<br />

una cosa im portante...”. Superato quest’ultimo ostacolo Noemi inizia a<br />

frequentare con mag gior assiduità il CSM: “E dopo, quindi ho ricominciato a<br />

andare di nuovo al Centro con la nuova dottoressa, certo anche con questa<br />

dottoressa mi sono do vuta far conoscere, non le dico che anche degli impatti<br />

sono stati-però io già riu scivo ad avere il coraggio di farmi conoscere e di fargli<br />

capire come ero, questo sì. E quindi avevo allacciato i rapporti con il Centro<br />

di Salute Mentale, mi sono iniziata a fidare di loro, era una cosa reciproca”.<br />

Appena possibile Noemi riprende a lavorare, combinando in rapida suc -<br />

cessione un lavoro in un’impresa di pulizie, un breve periodo, come venditrice<br />

per la Tapperware (vendita a domicilio di contenitori in plastica), un impiego

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