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parte prima<br />

delle cose brutte...». Al licenziamento segue un lungo periodo di disoc -<br />

cupazione - un anno e mezzo - che si interrompe quando - del tutto inaspet -<br />

tatamente - si presenta l’opportunità di un posto da bidella in una scuola pub -<br />

blica: «avevo fatto delle domande, quando ho finito la scuola, però sono delle<br />

cose che vanno per punteggio e poi alla fine mi hanno chiamata per sapere se<br />

potevo coprire delle supplenze, così è andata, ho iniziato a lavorare». Viola<br />

riprende così a lavorare, impegnata in una mansione diversa da quella per cui<br />

si era formata e su cui aveva acquisito una solida esperienza. Un lavoro,<br />

dunque, meno “importante”, ma che le rende meno gravosa la conciliazione<br />

con il proprio disagio, di cui Viola tarda ad occuparsi. È infatti solo più tardi,<br />

nel 2001, su indicazione della madre, Viola si rivolge a un Centro di Salute<br />

Mentale per avere sollievo da un problema di insonnia: «non riuscendo a<br />

dormire, avevo proprio bisogno di qualche cosa che mi tranquillizzasse, perché<br />

poi non dormendo, non riuscivo a stare tranquilla o lavorare». Per un po’ se -<br />

gue le indicazioni terapeutiche e poi - dice la sorella - le sospende aprendosi a<br />

un nuovo periodo di crisi che, solo in tempi recenti ha avuto termine. Al mo -<br />

mento dell’intervista Viola sembra aver rafforzato la propria posizione lavo -<br />

rativa che, tuttavia, non è ancora stabile: «io sto lavorando in una scuola però<br />

non sono fissa: sto lavorando con un contratto a termine, quindi di anno in an -<br />

no è un po’ un’incognita». I rapporti con i colleghi ora suono buoni, non più<br />

gravati da vissuti persecutori: «non vado a raccontare ai miei colleghi che ho<br />

avuto dei problemi, giustamente sono cose mie...preferisco tenermele per me!<br />

Poi sul lavoro sono abbastanza tranquilla nel senso che comunque è tutta<br />

gente normale che quindi...mi piace parlare, ridere, scherzare...». Viola vive<br />

sola e mostra una buona autonomia, documentata anche da una forma di so -<br />

cialità che si protende al di là della sfera psichiatrica.<br />

Le storie di Vito, Marco, Antonio, Greta e Viola hanno molti punti di con -<br />

tatto che è opportuno sottolineare. Ciascuno di loro svolge un lavoro in nul la<br />

diverso da quello svolto dai rispettivi colleghi. Tutti hanno trovato o con ser -<br />

vato il proprio lavoro senza poter far conto delle tutele di legge, previste per i<br />

lavoratori disabili. Inoltre Vito, Marco, Antonio e Viola hanno in comune una<br />

diagnosi psichiatrica severa e questo non ha impedito loro di ricoprire una<br />

posizione forte all’interno del mercato del lavoro 46 .Accanto alle forme di<br />

inclusione nel settore non profit caratterizzate da una posizone di relativa<br />

forza, trovano collocazione altri tre casi che illustrano altrettante esperienze di<br />

partecipazione al mercato del lavoro che configurano - per contro - una<br />

condizone di relativa debolezza. La sottolineatura dell’ag get tivo relativa è qui<br />

più che mai opportuna. Le narrazioni che illustrano que sta forma di inclusione<br />

mostrano i tratti della debolezza esclusivamente in rela zione a quelle illustrate<br />

più sopra e relative a persone che mostrano una piena inte grazione nel mercato<br />

del lavoro, a condizoni e con mansioni in tutto e per tutto assimilabili a quelle<br />

svolte da persone che non ricevono le attenzioni dei servizi territoriali di salute

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