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il paziente psichiatrico<br />

cominciato a star male». Questa sensazione di malessere si protrae, senza che<br />

Antonio la riconosca come tale: «mi sentivo male, anche se avevo i miei, i miei<br />

amici, avevo il mio giro di conoscenze, mi sentivo male, nel senso che<br />

imputavo agli altri il mio malessere e, ed ero in depressione; solo che non era<br />

una depressione tale da, da far capire a me e ai miei che stavo male.<br />

Soprattutto a me perché non me ne rendevo conto». Ciò che Antonio<br />

definisce come depressione assume progressivamente i tratti di una patologia<br />

più severa durante il servizio militare, dove i soprusi dei più anziani, il<br />

«nonnismo» alimentano i suoi vissuti persecutori.<br />

Dopo il servizio militare Antonio riprende a lavorare con sempre maggiori<br />

difficoltà. L’ambiente di lavoro gli appare ostile, diviene il teatro di per se cu -<br />

zioni di cui si sente vittima, persecuzioni che lo costringono, per così dire, a la -<br />

scia re la scena: «tendevo a lasciare il lavoro dopo un po’ di anni tendevo a<br />

lasciare il lavoro per, perché pensavo ce l’avessero tutti con me per ché in -<br />

somma cominciava a venirmi la depressione e io abbandonavo il lavoro».<br />

Antonio fronteggia le crisi ricorrendo a quanto più sopra è stato definito<br />

“nomadismo occupazionale”. Antonio passa da un lavoro all’altro sospinto dal<br />

proprio disturbo: lascia il lavoro nel quale si sente perseguitato per un nuovo<br />

lavoro che, di lì a poco, gli ripropone il medesimo scenario.<br />

Questa soluzione si protrae per poco meno di una decina d’anni sino ad<br />

esaurirsi consegnando Antonio a un lungo periodo di disoccupazione fra il<br />

1995 e il 2000. In quegli anni Antonio si rivolge a un Centro di Salute Mentale<br />

dove ottiene le prime cure che dapprima respinge per poi passare a una piena<br />

adesione del protocollo di cura. Nel 2000, accogliendo la segnalazione del<br />

fratello, Antonio trova lavoro in un’impresa che si occupa di pulizie industriali,<br />

lavoro che svolge attualmente nel turno notturno. Si tratta di un lavoro duro,<br />

che prevede notevoli sforzi fisici e l’evidente disagio di una vita in controtempo:<br />

«il lavoro è faticoso: dobbiamo alzare le griglie e mi è venuto mal di<br />

schiena. Siamo diciotto operai ma qualcuno sempre si mette in mutua perché<br />

il lavoro è duro». In questo ambiente di lavoro, senz’altro meno tenero di<br />

quelli attraversati in passato, Antonio non percepisce più - forte della terapia<br />

farmacologica - complotti e persecuzioni ai suoi danni. «il lato positivo è che<br />

vado d’accordo con gli altri, con quasi tutti; ci sono extracomunitari, siciliani,<br />

pugliesi ...». Il lavoro ha restituito ad Antonio l’autonomia economica e, con<br />

essa, anche quella abitativa. Lavorare contro-tempo rende, tuttavia, difficile ad<br />

Antonio costruire una rete di relazioni sociali solida ed estesa. Le relazioni sociali<br />

di Antonio sono confinate, per lo più, nel contesto dei servizi psi chia trici, di cui<br />

frequenta assiduamente il Centro diurno con un ruolo di primo pia no. Antonio<br />

vorrebbe cambiare lavoro: vorrebbe svolgere un lavoro meno fa ticoso, per i<br />

problemi di artrosi lombare che il lavoro attuale acuisce. Vorrebbe inoltre lavo -<br />

rare di giorno perché dice «di notte non ce la faccio più!».<br />

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