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parte prima<br />

posizione di forza (sette casi), ora in una posizione di debolezza (tre casi).<br />

Al primo insieme è possibile ricondurre Vito, Marco, Antonio, Cesare,<br />

Greta, Ilaria e Viola. Qui, per esigenze di brevità, concenterò l’attenzione solo<br />

su alcuni casi esemplari cui affido il compito di illustrare gli aspetti più si -<br />

gnificativi di quaste forma di inclusione, definita forte.<br />

VITO ha 31 anni 44 , è nato a Barletta da una famiglia contadina, ha due so -<br />

relle una delle quali affetta da una severa patologia psichiatrica. Vito descrive<br />

l’e sordio del proprio disturbo come un progressivo venir meno delle capacità<br />

co gnitive e relazionali, “una perdita di energia mentale”, che ha avuto inizio<br />

nella prima adolescenza e che lo ha condotto a una disgnosi psichiatrica all’età<br />

di 22 anni. Negli anni che intercorrono tra i primi segni di disagio e il suo<br />

riconoscimento clinico Vito consegue un diploma di media superioe e, dopo il<br />

servizio militare, si iscrive al Politecnico. L’acuirsi dei disturbi lo costringono<br />

poi ad abbandonare gli studi per cercarsi un lavoro. Dopo un prima brevissima<br />

espe rienza nella sua regione, Vito decide di cercare lavoro altrove e, rispon -<br />

den do a un’inserzione su un giornale specializzato, trova lavoro in un mobi li -<br />

fi cio nelle Marche. Resta nelle Marche per un anno e mezzo impegnato in<br />

un’a ttività, la foratura di pannelli di legno, che non lo soddisfa e che soddisfa<br />

an cor menno il suo datore di lavoro: “spesso sbagliavo le misure, sbagliavo l’in -<br />

se rimento del pannello in macchina”, suscitando le lamentele e i rimproveri<br />

dei colleghi: “Non capisci niente, non sei buono a far niente...”. Vito non rea -<br />

gisce, cumulando frustazioni a frustrazioni: “io non dicevo niente, cioè te nevo<br />

tutto per me (...)Accumulavo accumulavo accumulavo, poi alla fine quan do han<br />

visto che stavo sempre più male, ho deciso di la di mollare e infatti ho mollato<br />

due settimane prima della scadenza del contratto”. Dalle Marche ap proda poi a<br />

Torino, dove può contare sul sostegno di una zia. A Torino trova lavoro in un’a -<br />

zien da metalmeccanica dove si occupa del controllo di qualità. Chiamato a iden -<br />

tificare gli errori di produzione e non già esposto al rischio di commetterli, Vito<br />

mostra un buon adattamento al lavoro, anche se talvolta ve lato dalla sua dif ficoltà<br />

a reagire ai rimproveri o agli scherzi - talvolta rudi - che accom pa gna no la fida<br />

di fabbrica. Vito lavora a tempo pieno, con un con tratto in tutto e per tut to as -<br />

simi labile ai suoi compagni di lavoro, dando pro va di una singolare autonomia<br />

(Vito vive solo) e di una altrettanto consi de revole capacità di superare gli ostacoli<br />

che la vita ha più volte frapposto sul suo cammino.<br />

MARCO ha 36 anni. Figlio di immigrati, il padre faceva prima la guardia<br />

notturna, poi l’ascensorista. La madre faceva la stiratrice in fabbrica e poi<br />

assistenza in ospedale. Il padre di Marco era affetto da schizofrenia,<br />

manifestatasi quando Marco era bambino “andavo all’asilo”. Il padre muore di<br />

tumore all’età di 32 anni quando Marco ha 18 anni. Marco dice di serbare un<br />

buon ricordo del padre, che ricorda come una persona intelligente e<br />

amorevole: “diciamo che a lui è stato, non posso dire niente, anche con i suoi

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