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il paziente psichiatrico<br />
sabilità di cura includono anche il sostegno del partner, affetto da un problema<br />
di sa lute che interagisce con le sue capacità di lavoro e di relazione sociale.<br />
Questa precisazione sulle condizioni di vita di quattro delle donne disoc -<br />
cupate coinvolte nello studio ha rilievo soprattutto per la definizione delle po -<br />
li tiche di inserimento lavorativo progettate o sostenute dai DSM.<br />
I progetti d’inserimento lavorativo rivolti a donne con un profilo analogo a<br />
quello mostrato dalle nostre quattro interlocutrici devono - di necessità - af -<br />
fron tare il tema della conciliazione fra lavoro retribuito e lavoro di cura.<br />
È utile ricordare qui l’esperienza di Carmen, avviata al lavoro con un inse -<br />
ri mento agevolato ai sensi della Legge 68/1999. L’inserimento di Carmen in<br />
una società di servizi torinese venne avviato sotto i migliori auspici: il lavoro<br />
proposto si adattava alle competenze della candidata e alle sue aspettative.<br />
L’inserimento, tuttavia, si chiuse con le dimissioni di Carmen, successive a<br />
una crisi maturata sul luogo di lavoro. Le ragioni di questo insuccesso sono<br />
mol teplici, ma qui non può essere trascurato il fatto che l’orario proposto non<br />
con sentiva a Carmen di prendersi cura della propria famiglia generando ten -<br />
sioni che di certo non hanno giovato al suo inserimento nel contesto di lavoro.<br />
L’osservazione della sistemazione abitativa non consegna differenze degne<br />
di nota fra occupati e disoccupati. Forme di residenzialità che - in età adulta -<br />
con figurano una situazione di dipendenza come il vivere con la famiglia d’o ri -<br />
gine o in una comunità protetta hanno la medesima consistenza fra disoc cu pati<br />
e occupati. Emerge, tuttavia, una relazione degna di nota fra auto nomia abi ta -<br />
ti va (espressa dal vivere soli o con un/una partner) e solidità, per così dire, del -<br />
la pro pria posizione dentro o fuori dal mercato del lavoro.<br />
Fra gli occupati, e qui soprattutto fra gli uomini, l’autonomia abitativa si le -<br />
ga a posizioni lavorative più solide, vuoi per la retribuzione o per le con di zio -<br />
ni con trattuali. Fra i disoccupati, l’autonomia abitativa risulta più spes so as so -<br />
cia ta al possesso di risorse che parrebbero facilitare ora l’ac qui si zio ne di un la -<br />
vo ro, ora la strutturazione di uno stile di vita nel quale il lavoro - in teso nel -<br />
l’accezione convenzionale - viene sostituito da forme di impegno so ciale o di<br />
at tività artistico-creative (vedi par. 2.5).<br />
Per una frazione consistente del campione 27 è stato possibile esaminare le<br />
origini sociali espresse dalla classe sociale e dalle origini geografiche delle<br />
famiglie d’origine dei pazienti interpellati. Emerge - netta - una sovra rap -<br />
presentazione delle classi deprivilegiate e, ancor più, di immigrati (per 1 fami -<br />
glia di “nativi” ce ne sono 3,4 di immigrati) 28 . Per entrambe le dimensioni, clas -<br />
se sociale e origine geografica della famiglia di origine, sono tuttavia i pazienti<br />
occupati ad avere, per così dire, la peggio (è fra gli occupati che si osserva la<br />
quota più consistente di figli di immigrati e di figli di genitori di classe<br />
operaia). Sembra pertanto che - limitatamente ai casi esaminati - l’apparte nen -<br />
za a una famiglia di immigrati, così come quella a una famiglia di classe operaia<br />
non pregiudichino in modo severo le chance di partecipazione al mercato del<br />
lavoro. Da ultimo è opportuno considerare le traiettorie occupazionali dei pa -<br />
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