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34<br />

parte prima<br />

piano metodologico, in specifico in relazione alla portata delle conclusioni<br />

tratte in questo capitolo dal confronto fra occupati e disoccupati. Il lieve<br />

vantaggio competitivo di cui godono gli occupati 24 non inficia l’impianto lo gi -<br />

co della ricerca, basato - come si ricorderà - sul confronto fra due gruppi di<br />

pazienti, occupati gli uni, disoccupati gli altri, resi quanto più possibile simili<br />

per i fattori che possono promuovere o ostacolare la loro partecipazione al<br />

mercato del lavoro. Le occupazioni proposte e svolte da persone gravate da un<br />

disagio psichico sono, perlopiù, occupazioni che richiedono un livello di<br />

scolarità modesto, compatibile con la dotazione propria sia degli occupati, sia<br />

dei disoccupati.<br />

L’osservazione dello stato civile rileva una prima importante specificità di<br />

genere. Per gli uomini non si dà alcuna differenza apprezzabile fra occupati e<br />

disoccupati: in entrambe le compagini prevale nettamente la condizione di<br />

celibe. Altra è la situazione delle donne, tra le quali si rileva una più consistente<br />

presenza di persone che hanno, o hanno avuto, una relazione coniugale (sono<br />

7 su 11 fra le occupate e 7 su 15 fra le disoccupate). Questa differenza sug -<br />

gerisce l’ipotesi di un differente impatto del disturbo psichiatrico sulla “car -<br />

riera” affettiva di uomini e donne: più in difficoltà i primi, meno le seconde. A<br />

ciò si lega, tuttavia, un altro aspetto che attiene le responsabilità familiari (di<br />

care) che gravano in maggior misura sulle donne. Questa dif ferenza si mostra<br />

in misura più evidente fra le donne disoccupate. Qui la pre senza di madri,<br />

chiamate alla responsabilità di cura di figli o figlie al più ado lescenti appare<br />

consistente, più di quanto accada fra le donne occupate 25 .<br />

Detto per inciso, il problema non si profila nel campione di uomini, dove<br />

nessuno ha figli conviventi. Emerge dunque, fra le donne disoccupate una<br />

difficoltà addizionale: all’esigenza di conciliare lavoro e disagio psichico si<br />

somma quella di tenere insieme il loro ruolo di madre - talora sola - con quello<br />

di lavoratrice.<br />

Vivono questa condizione quattro fra le donne non occupate di cui abbiamo<br />

raccolto la storia di vita: Elia, Norma, Dalia e Carmen 26 . Elia ha 34 anni, ha un<br />

figlio di 8 anni, di cui si occupa da sola, senza poter contare sull’aiuto del<br />

marito dal quale è separata. Analoga è la situazione di Norma, 35 anni, se -<br />

parata, con due figli di 9 e 10 anni che impegnano gran parte della sua vita.<br />

Dal racconto emerge inoltre che il primogenito soffre di un lieve handicap<br />

che richiede alla madre un surplus di attenzioni. Elia e Norma - come è facile<br />

immaginare - vivono in una situazione di precarietà economica, combattuta<br />

contando su lavori saltuari e sul sostegno dei familiari. Dalia ha 32 anni, ha a -<br />

vuto dal partner con cui convive da una decina d’anni, un figlio che ha sei anni.<br />

La cura del figlio - questo non stupisce nel nostro Paese - grava esclu si va -<br />

men te su di lei, un peso, tuttavia, che lei stessa definisce lieve: “mi dà la carica”,<br />

ma che, in ogni caso, le impone specifiche esigenze di conciliazione fra lavoro<br />

e ruoli familiari. Da ultimo ricordiamo il caso di Carmen, più matura delle<br />

altre donne: ha 48 anni, con una figlia quindicenne. Per Carmen le respon -

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