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parte prima<br />

interviste hanno guidato la costruzione della traccia dell’intervista guidata. In<br />

questa seconda intervista sono stati approfonditi i temi del lavoro e del disagio<br />

psichico. Il ricorso a questa tecnica di costruzione della documentazione em -<br />

pi rica, l’intervista ripetuta, risponde a una specifica esigenza di appro fon di -<br />

men to che qui è stata preferita all’estensione del campione, con risultati più<br />

che soddisfacenti. La forma tutt’affatto speciale di familiarità costruita nel<br />

tran sito dalla prima alla seconda intervista (se non dispiacesse ricorrere a un<br />

gioco di parole, si potrebbe parlare di familiarità nell’estraneità), ha consentito<br />

un sensibile arricchimento delle informazioni acquisite nel primo incontro,<br />

dando modo alla conversazione di dirigere in ambiti solitamente protetti da<br />

reticenze. Il ricorso alla tecnica delle interviste ripetute ha inoltre consentito,<br />

in più di un’occasione, di cogliere proprio quelle variazioni di umore, di<br />

tonicità - gli “alti e bassi” di cui si legge nelle trascrizioni dei colloqui - che<br />

spesso si legano alle difficoltà di conciliare lavoro e disturbo psichico. Hanno<br />

acconsentito alla realizzazione della seconda intervista 20 uomini e 20 donne.<br />

Per dieci pazienti disponiamo, invece, di una sola intervista, a fronte di otto<br />

rifiuti, lo smarrimento di un nastro e della sua sbobinatura, imputabile a una<br />

delle intervistatrici, e del decesso di una paziente, Caterina, occorso alcuni<br />

mesi dopo la conduzione del primo colloquio. Gli otto rifiuti sono ripartiti in<br />

modo bilanciato fra pazienti gravi e lievi. Nella maggioranza dei casi il rifiuto<br />

ha origine dal disagio provato nel corso della prima intervista, dovuto ora ai<br />

contenuti del colloquio: la sofferenza psichica e il lavoro, ora alla difficoltà più<br />

cognitiva che emotiva dovuta alla relazione d’intervista, particolarmente one -<br />

rosa per le persone meno attrezzate sul piano culturale.<br />

Le interviste sono state condotte da un gruppo costituito da 11 fra inter -<br />

vistatori e intervistatrici (incluso chi scrive), perlopiù con una formazione<br />

psicologica 21 , affiancato da 10 pazienti in carico presso i servizi territoriali, nel<br />

ruolo di co-intervistatori. Nell’abbinamento fra intervistati ed intervistatori si<br />

è cercato di privilegiare l’omogeneità di genere: intervistatori uomini hanno<br />

intervistato pazienti uomini e intervistatrici donne hanno intervistato pazienti<br />

donne. Con poche eccezioni, le interviste raccolte offrono un quadro suf -<br />

ficientemente analitico delle traiettorie biografiche dei nostri interlocutori e<br />

dei modi in cui, ciascuno di loro, ha cercato di conciliare lavoro e sofferenza<br />

psichica. Per la realizzazione delle interviste, la collaborazione dei pazienti psi -<br />

chiatrici si è rivelata fondamentale. La partecipazione ai colloqui di questi<br />

“intervistatori in seconda” ha reso più facile ai nostri interlocutori la con di vi -<br />

sio ne delle loro esperienze, spesso di sofferenza, riferite ora alla malat tia men -<br />

ta le, ora al lavoro. Anche quando l’inesperienza o l’emozione di questi in tervi -<br />

statori hanno reso la formulazione delle domande non proprio ineccepibile sul<br />

piano tecnico, i dialoghi che questi “incidenti comunicativi” ci hanno conse -<br />

gnato sono stati estremamente utili. Ci hanno cioè consentito di cogliere alcu -<br />

ni frammenti del processo di costruzione della rappresentazione della malattia<br />

mentale e, talvolta, dello stigma, che prendono forma fra gli stessi pazienti

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