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ix. Promuovere una ridefinizione della condizione di invalidità<br />

In molte delle testimonianze raccolte, soprattutto in quelle provenienti da<br />

pazienti che non hanno lo status di invalido civile, questa condizione è percepita<br />

come uno stigma. Si esprime in questi termini Lorenzo, un uomo giovane:<br />

“Domani vado dal mio dottore per discutere dell’invalidità, perché mi<br />

vogliono dare l’invalidità così mi aiutano anche a trovare un lavoro ma io non<br />

so se accettare perché è come se ti mettono un timbro; va be’ trovi lavoro più<br />

facilmente però poi come fai? Ti vedono sempre come un malato; se ti trovi<br />

un lavoro per i fatti tuoi non ti prende nessuno, ci devo pensare. L’invalidità<br />

non mi piace tanto, rimane il cordone ombelicale”.<br />

Gli fa eco Giorgia, una giovane donna che, a proposito dell’invalidità osserva:<br />

“Essere rovinata, per me essere rovinata perché vuol dire dichiarare di essere<br />

pazza è grave!”.<br />

Tutto ciò costituisce un evidente ostacolo all’utilizzo dei benefici stabiliti<br />

dal la Legge 68. Sembra dunque necessario promuovere una ridefinizione della<br />

condizione di invalidità che insista più sull’idea di risarcimento sociale che su<br />

quella di incompletezza individuale.<br />

Nella medesima direzione potrebbe forse essere utile intervenire sul piano<br />

della comunicazione pubblica, nella ridefinizione dei vocabolari con cui esprimere<br />

l’accesso agevolato al mercato del lavoro.<br />

7.2.2. Inserimento<br />

parte seconda<br />

Le prime fasi del processo di socializzazione (o risocializzazione) al lavoro<br />

sono molto delicate e occorre presidiarle con particolare attenzione. La lettura<br />

delle interviste suggerisce le misure riportate di seguito.<br />

x. Inserimento progressivo<br />

Per disporre di maggiori chance di successo è opportuno che l’inserimento<br />

nel luogo di lavoro avvenga in modo progressivo e questo da due diversi punti<br />

di vista. L’orario di lavoro: è opportuno che il carico di lavoro raggiunga il li -<br />

vel lo concordato (20 o 40 ore settimanali) con una progressione lenta: una settimana<br />

a 10 ore, la successiva a 12 e così via. A ciò si riferisce Chiara, una giovane<br />

donna: “Un lavoro che consenta di riabituarsi lentamente a un ritmo<br />

completo, in un ambiente poco rumoroso”.<br />

Il contenuto della mansione: è opportuno che il contenuto della mansione<br />

cresca progressivamente, con una velocità dettata dalle caratteristiche del<br />

paziente. L’arricchimento progressivo del contenuto della mansione consente<br />

di evitare al lavoratore la percezione della propria inadeguatezza. Il livello di<br />

complessità della mansione deve crescere con la crescita delle competenze del<br />

lavoratore disabile, attestandosi al livello massimo (quello proprio del compito<br />

assegnato) quando i tempi siano maturi.

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