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parte seconda<br />
psichiatra, ma da tutta una serie di operatori, come, per esempio, gli operatori<br />
psi chiatrici, quelli che si chiamano operatori psichiatrici, che fanno un lavoro<br />
ve ramente encomiabile perché non è un lavoro ufficialmente tanto riconosciuto<br />
però è un lavoro che veramente va incontro molto al paziente. Solo in<br />
pochi ho trovato una forma di rassegnazione, come dire:”la malattia mentale è<br />
inevitabile, me la tengo e pace”. In qualcun altro invece - cosa che trova<br />
risponden za in me, perché io credo che dalla malattia mentale si può uscirne -<br />
ho trovato il desiderio di uscirne fuori, una lotta per uscirne fuori, non solo<br />
contando sul l’aiuto degli psicologi, ma anche in un certo modo, impegnandosi<br />
in prima per sona. Forse per la maggioranza c’è questa esigenza del lavoro<br />
che, secondo me, è risolutivo perché una persona che attraversa questo disagio<br />
ha bisogno di un’attività lavorativa, anche part-time, che lo impegni, lo faccia<br />
sentire utile a se stesso e anche agli altri.<br />
Con Marco c’era molto affiatamento e infatti a volte indovinavamo un po’<br />
le domande che l’altro voleva fare, e poi c’era questo desiderio di aprirsi, di far -<br />
si ascoltare, insomma quindi non c’erano problemi, tutto sommato mi sembra<br />
sia stata un’esperienza positiva. Mi ha fatto capire quanto ci sia bisogno anche<br />
di la vorare per aiutare quelli anche più bisognosi di noi, non per spirito missio -<br />
na ristico. Quanto sia importante questa solidarietà tra persone che sono interessate<br />
da esperienze comuni, esperienze difficili, drammatiche.<br />
E tu hai avuto l’impressione che in queste interviste che avete condotto questa solidarietà<br />
si sia creata nel contesto del setting dell’intervista tra te e i tuoi interlocutori?<br />
Sì e infatti le interviste, la maggior parte, sono finite con un senso di sospensione,<br />
come se da parte degli intervistati ci si aspettasse un prolungamento o<br />
una replica dell’intervista, anche per quelle replicate. C’era questa sorta di at -<br />
te sa di essere chiamati di nuovo e questo era un vero segnale che un’intesa si<br />
era creata .<br />
E momenti critici, spinosi, delicati, ricordi se ne avete incontrati?<br />
Ma io francamente non mi ricordo, salvo la tendenza in qualcuno ad iterare<br />
le esperienze. Cioè, come dicevo prima, questa sorta di rassegnazione e a<br />
continuare a fare un po’ come prima senza nessuno sbocco, nessun miglioramento,<br />
nessuna via di uscita.<br />
Senti, sul tema del lavoro, al quale hai accennato prima, immagino che voi abbiate<br />
rivolto interviste sia a persone che lavoravano o che hanno avuto un’importante<br />
esperienza lavorativa, sia a persone che, quanto meno nel momento dell’intervista,<br />
erano disoccupate. Così, di primo acchito, sulla base delle impressioni che hai tratto da<br />
questa esperienza, hai colto delle differenze fra occupati e disoccupati?