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i diari dei co-intervistatori<br />
sempre tendenzialmente incline al voler dare una risposta a tutti i per ché, incontrando<br />
a volte enormi difficoltà nel trovarle, non avendo a di spo si zio ne una persona competente<br />
nell’aiutarmi, quindi pensando sempre e sen tendomi in dovere di risolvere le cose sia<br />
per i miei, sia poi per me, ad un certo pun to facendo una vita non inquadrata, non conforme,<br />
in un certo senso solo, a modo mio, fallendo spesso le cose in cui credevo e in<br />
cui mi sono impegnato di più, vedi la scuola serale, vedi il lavoro, ad un certo punto ho<br />
sentito dentro di me come un rifiuto aggressivo al voler intraprendere nuove cose; rifiutando<br />
co sì tanto ogni evento disponibile o solo mi ni ma mente impegnativo, da en trare<br />
in completa immobilità mentale; adducendo al mon do che stavo facendo “il fare nel<br />
non fare” ripreso anche quello da idee e filo so fie di vita presenti in casa, o dicendo a chi<br />
era legato a me e quindi cercando tutto som mato aiuto, che ero stanco, che avevo bisogno<br />
di qualcosa di nuovo, di diverso, ma agli effetti non stavo facendo veramente un bel<br />
tubo di niente, mi limitavo a pen sare sul letto, corredando la cosa con la musica più<br />
adatta, restavo giorno e notte davanti alla TV, imparando a memoria ciò che viene servito<br />
dal piccolo schermo. Incline alle dipendenze, perché secondo me si diventa poi<br />
dipendenti da tutte le situazioni, fallendole, dal momento in cui avvengono dei fatti che<br />
ti fanno sentire rifiutato, portandoti alla lunga a sentirti frutto di un errore-, ho cominciato<br />
a bere nel l’isolamento e penso, oggi come oggi che ne sono totalmente fuori, non<br />
c’è segnale più pericoloso di quello di bere da soli. Restando depresso, sovrappopolando<br />
la mia mente con mille problemi immaginari, non rendendomi più conto che quelli<br />
che avevo già bastavano e avanzavano. E questo senso di inutilità, che non avrei mai<br />
comunque ottenuto nulla dalla vita, sensazione che mi ha fatto poi sentire inin fluen te<br />
rispetto ai miei progetti e alle mie aspirazioni, facendomi poi diventare veramente così,<br />
nello stare isolato dalle cose del mondo, dal richiamo delle persone che tene va no veramente<br />
a me- mi ha ostacolato e reso difficile la vita per tantissimo tempo. Quan do l’intervistato<br />
parlava della mutua, mi veniva in mente che anch’io a volte lo facevo; e chi<br />
non la fa la mutua, va bè, se proprio si è a letto malati, o non si riesce a combattere con<br />
i fatti che accadono sul lavoro, e secondo me, se si è alle dipen den ze, capita per ogni<br />
tipo di lavoro di sentirsi ad un certo punto così stanchi da pensare: “Adesso, anche se la<br />
cosa mi spaventa un po’, mi metto in mutua perché non ce la faccio più “. Quindi se fai<br />
un lavoro che ti piace, che ti dà soddisfazione, ti metti in mutua per il fatto che non ne<br />
puoi più di fare troppo, se invece fai un lavoro che non è appagante, non rende bene e<br />
in più è monotono e in un ambiente faticoso, sì, ti metti in mutua ad ogni colpo di tosse,<br />
o a ogni “stanchezza improvvisa“, tanto pen si: “Anche se perdo il posto non me ne<br />
importa niente, tutto sommato non mi piace neanche un granché... ”, “poi dove lavoro<br />
lo fanno tutti“. Io quando mi met te vo in mutua sapevo che al lavoro si diceva che ero<br />
ad un corso d’aggiornamento, che non face va un bel niente, anche se qualcuno chiedeva<br />
solo di me perché me ne curavo io da tempo, oppure poi dovendola fare spesso credo<br />
che si dicesse un po’ di tutto, e quan do tornavo mi facevano sentire in colpa e mi dicevano:<br />
“Ma così non è possibile, non si può andare avanti”, oppure essendo aziende a<br />
conduzione fami glia re, rien travo io e un collega si prendeva subito dei giorni e un’ altro<br />
restava a casa per gravi pro blemi famigliari. Perché nel mio settore i primi tre giorni li<br />
paga il da tore di lavoro dal terzo giorno in avanti la cosa cambia, quindi stare a casa uno<br />
o due gior ni era pericoloso, stare a casa due settimane lo stesso perché ti facevano venire<br />
l’an sia dei controlli, siccome quando lo facevo stavo veramente poco bene, non me<br />
ne preoc cupavo questo granché. Quando me ne andai dal negozio di C.so Orbassano il<br />
mio titolare ha detto a tutti che ero andato a lavorare in America, perché ero capace e<br />
ambizioso, nel fare il mio lavoro. Tanti clienti per comodità hanno fatto finta di creder-<br />
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