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i diari dei co-intervistatori<br />

be anche mettere da parte qualcosa per il futuro. Dopo aver superato la fase<br />

più intensa di disagio psichico, Chiara ha cercato lavoro telefonando ad agenzie<br />

interinali, perché in quel periodo non usciva di casa, e senza ottenere risultati.<br />

A maggio 2003 ha iniziato a lavorare in un cantiere di lavoro del Comune<br />

di Torino. Si tro va bene con il responsabile, che la incoraggia e la stimola a non<br />

smettere, no nostante la sua depressione attuale. A volte i rapporti con i colleghi<br />

di lavoro sono difficili perché Chiara non riscontra solidarietà da parte loro<br />

(si è infatti confidata con qualche collega riguardo ai suoi problemi psichici, e<br />

alcuni di lo ro sono stati comprensivi, altri no). Ella riconosce che in certe occasioni<br />

si rap por ta a loro con atteggiamento polemico. Il lavoro per lei è talvolta<br />

psi co lo gi ca mente e fisicamente faticoso, perché comporta l’impegno di<br />

alzarsi pre sto al mattino, di sopportare il caldo, di tagliare poi raccogliere l’erba<br />

con il ra strello. Con il compito, recentemente affidatole dal responsabile,<br />

della verni cia tura, il lavoro è divenuto meno pesante e le permette di fare qualche<br />

pausa all’om bra. Quando pensa al futuro, Chiara purtroppo è oppressa dal<br />

suo de si derio di suicidio, di cui ha parlato più volte durante l’intervista, ma ha<br />

anche un sogno: lavorare in un bar “carino”. La settimana tipo di Chiara si<br />

svolge preva lente mente nel luogo di lavoro (dalle 8,30 alle 14), poi ella va a<br />

casa a riposare e a ri flet tere in solitudine. Mantiene i contatti con un’amica e<br />

con la zia (sorella del la mamma e sua madrina). Il rapporto con sua sorella è<br />

interrotto da un po’ e il parlarne costituisce per Chiara. un motivo di crisi.<br />

Chiara non ha voluto darci una definizione della malattia mentale; ha sol -<br />

tanto accennato che è “qualcosa che tocca la funzione del cervello”. Oltre ai<br />

far maci, Chiara pensa che per guarire avrebbe bisogno di reagire; lo stimolo a<br />

reagire le verrebbe da una vita diversa, con amicizie, rapporti sociali, un lavoro<br />

gra tificante: fattori che potrebbero, a suo giudizio, sostituire le medicine.<br />

Chiara infatti desidererebbe giocare a calcetto (o calcio femminile) come fa -<br />

ceva da ragazza, sudare in palestra, e avere la possibilità di mandare sua madre<br />

in vacanza al mare. Chiara sente la sua solitudine affettiva, ma non le va di fre -<br />

quentare i locali per sole donne consigliati dalla terapeuta, perché vorrebbe vi -<br />

vere una storia con una compagna in modo privato, senza sbandierarla ai quat -<br />

tro venti. Ritiene che, riguardo al problema della malattia mentale, come per<br />

i rapporti affettivi, ci sia molta ignoranza e la tendenza - erronea - a iden ti fi -<br />

care il problema psicologico con la pazzia<br />

L’incontro con Chiara è stato per me gravido di sofferenza, perché l’intervistata ha<br />

detto con chiarezza che il suo principale desiderio attuale è quello di morire. Io oltre<br />

ad aver tentato il suicidio con gli psicofarmaci nell’ottobre 2000, ho anche cono sciu -<br />

to, sia personalmente che attraverso la testimonianza di amici, persone che si sono<br />

tolte la vita. Tali fatti mi hanno dimostrato quanto gli operatori della salute mentale<br />

e i familiari siano talvolta impotenti nel soccorrere chi è gravemente de presso. La<br />

persona si ritrova in un vicolo cieco, si sente senza scampo, senza possibili ri sorse né<br />

vie d’uscita per risolvere i problemi esistenziali e tutto ciò, unito allo squi librio del<br />

funzionamento dei neuromediatori cerebrali, può portare ad un atto disperato. In<br />

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