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parte seconda<br />

vazioni puntuali di Dalia sulla propria situazione - mi sembra diano valore e originalità<br />

all’intervista. Da lia ha innanzitutto ana lizzato con chiarezza la sua situazione<br />

adolescenziale, in particolare il suo svi luppo psicologico avvenuto in modo<br />

non sereno, perché la stima di sé era in tac cata e, mancandole un genitore, le altre<br />

figure educative (della famiglia, del la scuola e dell’oratorio) non sempre davano<br />

risposte adeguate, né erano ca pa ci di cogliere il disagio, di segnalarne la presenza,<br />

di individuarne le cause. Per Dalia l’impatto con la malattia mentale è stato<br />

anche un impatto con lo strapotere della figura medica: infatti ci ha detto che ciò<br />

che lo psichiatra dice diventa legge per il paziente, e “se il paziente ascolta lo psichiatra,<br />

si sente sicuro; se ascolta sé stesso, molto probabilmente sbaglia”.<br />

Secondo lei, gli psichiatri ten gono i malati “nelle loro grinfie” perché essi sono<br />

fonte di guadagno. Nonostante ciò, Dalia ha conservato la sua indipendenza,<br />

rifiutando per molto tempo di assumere i farmaci. L’esperienza del disagio men -<br />

ta le ha influito molto anche sulla sua socializzazione, e mentre prima era dispe ra -<br />

ta men te alla ricerca di un rapporto paritario - ad es. negli anni della scuola - poi<br />

ha deciso di tenere i contatti con poche persone, ovvero i familiari e alcune ami -<br />

che, perché le inte ra zioni con i pazienti psichiatrici erano deludenti e le ami che<br />

non erano in grado di darle aiuto.<br />

Ascoltando Dalia che raccontava la sua storia, mi sono detta: mi trovo ancora una volta<br />

di fronte ad una persona con problemi di difficoltà nella crescita e nella matu razione<br />

affettiva; per Dalia, come per me e per tanti altri, qualcosa nell’adolescenza non ha funzionato;<br />

le figure educative erano poco presenti o poco capaci di dare risposte ras -<br />

serenanti ai problemi dello sviluppo psicoaffettivo. Per il resto, sono d’accordo con Dalia<br />

soltanto in parte perché penso che il malato non sia per lo psichiatra un business, ma<br />

essenzialmente una persona che fa fatica e che quindi va aiutata. Ad un certo punto del<br />

mio percorso, volevo interrompere le cure psi chia triche e continuare soltanto la psicoterapia,<br />

ma lo psichiatra ha insistito perché con ti nuassi i colloqui con lui (colloqui utili fra<br />

l’altro a monitorare le cure far ma cologiche); oggi riconosco che egli aveva ra gione. Mi<br />

sono sembrati interessanti gli sti moli e le provocazioni che Dalia ha lanciato sulla malattia<br />

mentale. Concordo con lei nel dire che è una malattia inafferrabile, in visibile, che<br />

favorisce l’isolamento e l’es sere emarginati dagli altri con un’etichetta di paz zia o di pericolosità.<br />

Riguardo al modo di uscirne, che per Dalia è “innamorarsi di nuovo e per sempre”,<br />

mi chiedo se lei si riferisse al suo attuale compagno o all’in na mo ra mento in generale.<br />

Rico no sco che l’amore ha una tale forza propulsiva e che stimola l’at tac camento alla<br />

vita, da far si che chi ne fa un’esperienza felice possa davvero essere aiutato ad uscire dal<br />

tunnel del disagio. In ogni caso, non può essere un innamoramento pro grammato o deciso<br />

“a tavolino”, o tantomeno adultero! Certamente, la malattia men tale è an cora e sempre<br />

una sfida. Voglio invitare Dalia, me stessa e tutti i malati a non ar ren dersi, a continuare<br />

a cercare ciò che può farci stare meglio. Concludo questo se condo ciclo di interviste<br />

con un po’ di stanchezza accumulata sul campo e che non è trapelata tanto nel rivolgere<br />

a Dalia le domande quanto nel cogliere la ricchezza e la complessità delle sue risposte.<br />

Dopo la pausa estiva, spero di poter riprendere la mia partecipazione alla ricerca. Sono<br />

grata alle persone che abbiamo intervistato e che mi hanno permesso di com piere questo<br />

percorso in cui, attraverso il confronto ed il dialogo, ho raggiunto una mag giore consapevolezza<br />

e conoscenza riguardo ai temi del disagio psichico e del lavoro.

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