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parte prima<br />
abbia un effetto energizzante dal punto di vista individuale (azienda 4 e 5) si<br />
tratta di aziende in cui si sono operate scelte oculate in merito al reparto in<br />
grado di accogliere al meglio soggetti problematici.<br />
L’azienda di tipo “successo” è invece caratterizzata da una certa proattività, un<br />
orientamento al compito e un tentativo di mantenere alti i propri standard<br />
produttivi, per farlo, tende a bilanciare al massimo costi e benefici e quando i<br />
costi aumentano aumenta il ritmo, in parte marginalizzando chi non riesce a<br />
stare al passo. Un esempio di azienda di questo tipo è la 5. Quando la persona<br />
non è in grado di farcela, non si conta su di lei. Non sembrano invece emergere<br />
tentativi di trovare soluzioni nuove, ma piuttosto si economizza, sfruttando le<br />
altre risorse esistenti. Il rischio di burnout in questo contesto appare elevato,<br />
soprattutto se effettivamente la risorsa rappresenta non un sovrappiù, ma un<br />
elemento necessario nel funzionamento dell’organizzazione. Nel caso spe ci fi -<br />
co un monitoraggio più serrato degli aspetti di contesto (uso dei farmaci, sup -<br />
por to familiare, ecc...) sembrerebbero essere necessari per ridurre il rischio di<br />
cri si. Un altro caso è rappresentato dall’azienda 3, che si colloca in posizione<br />
sfo cata, i comportamenti proattivi registarti sembrano essere messi in atto più<br />
per garantire il mantenimento del buon funzionamento organizzativo (ossia ri -<br />
dur re al massimo i danni possibili, smussare le conflittualità sul nascere) che<br />
per un vero e proprio orientamento prosociale. In tal senso, la margi naliz za -<br />
zione dei compiti assegnati, l’escludere i compiti che la persona non riesce a<br />
svol gere, nonostante alcuni sforzi di carattere organizzativo andati non a buon<br />
fine, sembrano denotare un orientamento al compito più marcato. Anche l’a -<br />
zien da 2 sembra annoverabile in questa fattispecie, va notato però, caso non<br />
uni co (vedi ad esempio il caporeparto e il collega dell’azienda 5) che le opi -<br />
nioni in merito all’utilità percepita del lavoro prestato dal disabile sia sen si bil -<br />
men te diversa interrogando i referenti istituzionali e i colleghi. Sono que sti ul -<br />
timi a sottolineare l’utilità, la possibilità di crescita e di beneficio per l’au to sti -<br />
ma propria e del disabile, rappresentato dalla possibilità di offrire e svol gere<br />
un’opportunità a questa persona, oltre che dal beneficio effettivo ricon du cibile<br />
al contributo operativo che ella presta. Al contrario la dirigenza vede l’in se ri -<br />
men to come un adempimento di legge, obbligato. Elemento che sem bra ne -<br />
ces sario monitorare è quindi quello della marginalizzazione del soggetto in se -<br />
rito, dal punto di vista della soddisfazione personale e della capacità ef fet ti va -<br />
mente riabilitativa del lavoro offerto, se esso è marginale.<br />
L’azienda orientata all’universalismo punta a fare in modo che il benessere<br />
individuale prevalga; perché ciò avvenga vengono messi in pratica un ampia<br />
gamma di comportamenti che vanno dalla prosocialità giocata sul piano indi -<br />
viduale e del piccolo gruppo fino a scelte di politiche aziendali. Caso proto ti -<br />
pico è rappresentato dall’azienda 11, presso la quale, la scelta di puntare sulla<br />
“diversità” diventa un must,. Guidato dalla consapevolezza che le persone con<br />
di verse-abilità godono di una capacità relazionale più genuina. Altri esempi so -<br />
no rappresentati dalle aziende 2a, in cui si è cucito addosso alla persona in se -