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il contesto lavorativo
riuscire a fare proprio l’organizzazione. Non riesce magari ad organizzarsi un la -
voro, non riesce a... a tenere ordine, cioè gli sfugge, non riesce a fare una cosa de -
ter minata da solo. Ad esempio tante volte, anche solo per prendere su un seg gio -
lino mi dice: ‘Mi vieni a dare una mano?’. Cioè, qualsiasi tipo di cosa ha sem pre
bi sogno che qualcuno li... gli dia una mano. Questo è il problema” (azienda 2a,
col lega ). In alcuni casi gli intervistati ri le vano che i farmaci assunti possono avere
un impatto sulla capacità lavorativa: “Molte volte - ci siamo accorti - anche da...
dal... dalla cura che sta svolgendo. Lo vedi che se cambia cura o se... o se è sotto
far maci reagisce in una ma nie ra... Io... io son... io son contento quando lo vedo
arrivare al lavoro che non è sotto farmaci, perché vuol dire che è un momento
positivo e che non ha bi so gno del supporto farmacologico. E altre volte lo vedi
invece che è un po’... un po’ diciamo stordito dal farmaco, ecco” (azienda 2°,
Direttore R.U.) “nel sen so che devi sempre andare a vedere dov’è, perché ogni
tan to lui si perde, è sem pre dietro caffè su caffè... Alle volte bisogna pro -
prio...(azienda 5, caporeparto). Un ulteriore elemento (anch’esso riconducibile al -
la patologia o al l’assun zio ne di farmaci) riguarda la riduzione delle energie, la dif -
ficoltà a sostenere un carico di lavoro percepito come elevato, spesso diventa ne ces -
sario ridurre il rit mo di lavoro o lasciare che il disabile adotti il suo: “alla fine ar -
riviamo al lavoro che siamo pronti per il carico di lavoro, quindi comunque ener -
gizzati, ma con un’energia che a lui dà fastidio, perché lui ha i suoi ritmi.
Noi ab biamo i nostri e lui ha i suoi... quindi nel momento in cui c’è l’impatto
fra il nostro... la nostra energia e la sua, la nostra si deve bloccare, si deve... deve
scendere al suo livello e deve... deve... Ecco, come un trasformatore in pratica
deve... deve essere inca na lata per il suo... per il suo stato d’animo, no? Per il suo...
Per... per quello che lui riesce a... il carico di lavoro che lui riesce a sopportare.
Quindi noi per esempio in un’ora facciamo quattro-cinque cose, lui è limitato
a tre o a due, dobbiamo dargli il lavoro... mole di lavoro per tre cose, due al ma...
due cose, tre al massimo” (azienda 2a, caporeparto). In particolare nell’azienda 2a
dove il disabile svolge un lavoro a contatto con il pubblico: “L’altro giorno per
esempio gli ho chiesto: ‘M., per favore... ’, aveva appena finito di servire un
cliente, [...] Ho detto: ‘Okay. Riposiamoci dieci minuti e poi però vai... ’ Men tre
a un altro venditore non sarebbe passato per l’anticamera neanche di dirmi: ‘No,
ho appena finito di parlare col cliente.’, lui in quel momento si è sentito stan co,
per ché i clienti in generale sono dei prosciugatori di energie... e quindi nel mo -
mento in cui si accoglie un cliente, si dona al cliente un po’ della nostra e ner gia,
un po’ del nostro sapere, un po’ delle nostre cose. Quindi in quel mo men to ho
ca pito che lui aveva dato tanto a questa persona e dando tanto a que sta persona
aveva bisogno di riprendersi un attimo, concentrarsi un attimo su se stesso, rag -
gruppare le energie e andare su” (caporeparto); “ha difficoltà di con centrazione,
non può fare più dopo un’ora che lavora... deve rifiatare, ehm... non riesce a fare
una giornata di lavoro intera mai... per cui bi sogna... vie ne la mattina, qualche vol -
ta viene a mezzogiorno, qualche volta alle due... ehm... non... non vive la scadenza
per cui se si fa una cosa per domani va in tilt.” (azienda 2, Dir. R.U.).
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