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introduzione<br />

zien da costruisce per il lavoratore disabile una mansione che renda possibile la<br />

pie na valorizzazione delle sue capacità, ridefinendo i propri vincoli or ga niz -<br />

zativi. Quando questo accade, e talvolta accade, non è solo il lavoratore disabile<br />

a trarne vantaggio, ma anche il “clima” aziendale e le relazioni tra i dipendenti<br />

tutti, e questo lascia ben sperare.<br />

Conclusa l’indagine sui contesti lavorativi, l’attenzione si è spostata sui con -<br />

te sti di cura e riabilitazione. In specifico abbiamo condotto uno studio sulle<br />

po litiche di riabilitazione dei pazienti psichiatrici, adottate dalle ASL del con -<br />

te sto torinese. A queste abbiamo accostato lo studio dell’ASL 5 di Collegno<br />

che, come noto, ha ricoperto un ruolo di estremo rilievo nell’avvio dei processi<br />

riabilitativi, avvenuto a valle della chiusura delle istituzioni manicomiali.<br />

I materiali raccolti, suscettibili di ulteriori analisi e approfondimenti, con -<br />

sen tono comunque di formulare una prima sommaria risposta ai nostri inter -<br />

ro gativi. Il rapporto tra lavoro e disturbo psichico è indubbiamente sofferto,<br />

ma nulla fa pensare che i due mondi siano - per definizione - inconciliabili. Il<br />

con fronto fra le due frazioni del campione di pazienti: occupati e non occupati<br />

mo stra, innanzitutto, l’assenza di vistose differenze tra gli uni e gli altri. Con<br />

po chis sime eccezioni, le persone escluse dal lavoro non presentano un insieme<br />

com patto di caratteristiche che li distinguono da quelli che - al momento del -<br />

l’in tervista - avevano un’occupazione. Nel corso dello studio, inoltre, abbiamo<br />

as sistito a più di un passaggio del confine che separa il lavoro dal non lavoro e<br />

in entrambe le direzioni. Di certo non è l’etichetta diagnostica a fare la dif fe -<br />

renza: nel nostro campione abbiamo infatti persone con diagnosi severe che la -<br />

vo rano a tempo pieno in grandi aziende con un rapporto di lavoro in tutto e<br />

per tutto identico a quello degli altri lavoratori (senza cioè poter contare sui<br />

be nefici della legge 68/1999) e persone con disturbi più lievi che stentano a<br />

trovare un’occupazione. Tra i non occupati, in particolare tra coloro che hanno<br />

al le loro spalle un’esperienza lavorativa, emerge in modo chiaro la delicatezza<br />

del l’abbinamento tra domanda e offerta, tra profilo del lavoratore e mansione<br />

proposta. Dai materiali raccolti emerge come, in più di un caso, il fallimento<br />

di un’esperienza lavorativa, segnatamente, di un inserimento lavorativo sia di -<br />

pe so da una valutazione erronea delle richieste fisiche e psichiche associate alla<br />

man sione proposta: inadeguate perché eccessive o perché eccessivamente mo -<br />

de ste. Emerge inoltre come i fattori responsabili del successo così come del<br />

fallimento di un inserimento lavorativo non debbano essere ricercati e sclu si va -<br />

mente nell’area delimitata dall’intersezione tra profilo della mansione e profilo<br />

del lavoratore. Un inserimento lavorativo può fallire per ragioni che hanno a<br />

che fare con le caratteristiche del contesto familiare o di vita (da qui la ne ces -<br />

si tà di sposare la riabilitazione lavorativa alla riabilitazione abitativa) e non già<br />

so lo per la presenza di situazioni comunemente definite come dram matiche.<br />

Ciò che a noi tutti parrebbe come una risibile difficoltà di con ci lia zio ne tra<br />

ruo li familiari e ruoli lavorativi o come un banale problema di ac co mo damento<br />

dei trasporti può avere un impatto devastante su di un paziente psichiatrico.<br />

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