La minaccia NBCR - Istituto Affari Internazionali
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Oltre alle capacità tecniche specifiche, Il sistema di comando e controllo fornito dalle Forze Armate impiegate si rivelò estremamente efficiente nel coadiuvare la risposta all’emergenza – in quanto autosufficiente – e non appesantendo il traffico radio esistente, già compromesso dal sovraccarico di comunicazioni concitate. Nelle immediate 48 ore dopo l’attacco alla metro, le forze di sicurezza cominciarono a eseguire delle perquisizioni contro 25 installazioni della Suprema Verità in tutto il Giappone (al termine della campagna repressiva furono circa 300 gli edifici perquisiti). La polizia adottò estrema cautela nell’irrompere in questi siti, indossando apposite protezioni individuali di provenienza militare (500 agenti erano stati sottoposti a un corso accelerato presso la Scuola Chimica militare) ed effettuando preliminari rilevazioni ambientali di agenti biochimici. Il bersaglio principale della polizia nipponica fu l’edificio alle pendici del Monte Fuji noto con il nome di Satian 7 (tale nome derivava dalla parola antica sanscrita che definisce il concetto di verità). Ufficialmente il sito era destinato a uso religioso e dedicato al dio Shiva, divinità di spicco nella teologia del culto. In realtà, l’edificio conteneva un impianto per la produzione di agenti chimici di dimensioni medio-grandi, completo di strumentazioni di controllo di processo e purificazione decisamente sofisticate. L’ingegneria di processo e i componenti di controllo erano stati sviluppati dagli scienziati della setta e l’impianto era realizzato con strumenti e componenti costosi e tecnicamente avanzati, alcuni dei quali di non facile reperimento. Sebbene lo stabilimento mancasse di alcune finiture tipicamente industriali, era comunque capace di produrre agenti nervini, incluso il sarin usato per l’attacco a Matsumoto 131 . Le ispezioni dell’Organizzazione Mondiale per la Proibizione delle Armi Chimiche (Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons, OPCW) negli anni seguenti confermarono che Satian 7 era in grado di produrre due tonnellate al giorno di sarin liquido. Da notare che Asahara aveva ordinato la produzione di 70 tonnellate, abbastanza per uccidere in teoria ogni essere vivente sul pianeta. Comunque, la qualità del sarin prodotto, come detto, era modesta. Ciò era dovuto al trascinamento dell’impurità dei precursori, dei reagenti e degli intermedi di sintesi a disposizione del gruppo. La reazione di sintesi del sarin è di fatti reversibile: se il prodotto finale non viene stabilizzato, si degrada facilmente nell’ordine di giorni o settimane. La reversibilità della reazione viene fortemente influenzata dai gradi di purezza del processo 131 David E. Kaplan and Andrew Marshall, “The Cult at the End of the World”, New York: Crown Publishers, Inc, 1996. - 57 -
(precursori, reagenti, catalizzatori, solventi, controllo delle pressioni e temperature di reazione, filtrazione, purificazione, etc.). Mentre il processo chimico per produrre sarin è noto in letteratura dalla metà del secolo scorso, esso permette di raggiungere, in condizioni di laboratorio, una purezza massima che va dal 25% a circa il 42-45% in peso. La conoscenza relativa alla rimozione delle impurità, trattate e cumulative, è appresa attraverso una lunga sperimentazione e permette di arrivare a purezze finali di oltre il 80-90% 132 . Queste informazioni – in aggiunta alla conoscenza degli additivi di stabilizzazione, dei facilitanti per la dispersione, dei materiali e processi per la purificazione e distillazione finale del prodotto, dei materiali per il contenimento e anticorrosione, dei sistemi d’arma e di dispersione, e così via – sono mantenute segrete dalle Forze Armate di quei paesi che in passato hanno incluso il sarin nei propri arsenali. La polizia nipponica effettuò diversi arresti tra i membri della setta, ma Shoko Asahara continuava a rimanere latitante nonostante l’intensa attività di ricerca. Si sospetta che Asahara abbia beneficiato d’informazioni privilegiate fornite da simpatizzanti all’interno alla polizia. A sorpresa, il 16 maggio 1995 si scoprì che l’uomo più ricercato del Giappone si nascondeva nel capannone adiacente a Satian 7, il luogo probabilmente più controllato del periodo nel paese. Infatti, Asahara si era riparato nell’edificio denominato Satian 6, sede tra l’altro, del laboratorio per il controllo di qualità e altre apparecchiature associate con la produzione di sarin che si presupponeva fosse già stato ispezionato in maniera approfondita dalle forze di polizia 133 . Comunque, pare che le autorità nipponiche conoscessero bene il rifugio di Asahara e che per motivi politici avessero preso tempo per allestire un arresto spettacolare in diretta televisiva. 132 La difficoltà nel produrre sarin di buona qualità è testimoniata dall’esperienza delle forze armate irachene: il sarin da loro utilizzato sul campo durante la guerra contro l’Iran aveva un grado di purezza del 45-60% (v. United Nations Monitoring, Verification, and Inspection Commission, “Analysis of chemical munitions recovered in Iraq by coalition forces since 2003”, UN Technical Report, S/2006/701, August 2006, http://www.un.org/Depts/unmovic/new/documents/technical_documents/s-2006-701-munitions.pdf 133 Tutte le costruzioni all’interno del sito erano denominate con la parola Satian seguita da un numero. Secondo la definizione di impianto di produzione di armi chimiche adottata dalla Convenzione sulle Armi Chimiche, tutti i sistemi di controllo e gestione dell’impianto costituiscono parte integrante di esso. Vanno quindi dichiarati formalmente all’OPCW e distrutti mediante un processo supervisionato direttamente dagli ispettori dell’Aia. A seguito di raccomandazioni frutto di un’ispezione iniziale degli ispettori dell’OPCW – che creò un qualche imbarazzo – il Governo giapponese dovette includere Satian 6 nella dichiarazione fatta all’OPCW dell’impianto per la produzione di sarin. I tempi di distruzione furono però oggetto di negoziato in quanto Satian 6 (come anche Satian 7) fu dichiarato parte integrante delle prove usate nel processo ad Asahara e, perciò, non poteva essere distrutto fino alla fine del processo. Tutte le componenti dell’impianto furono poi distrutte al termine del processo sotto la supervisione degli ispettori internazionali. - 58 -
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individuali di provenienza militare (500 agenti erano stati sottoposti a un corso accelerato<br />
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Il bersaglio principale della polizia nipponica fu l’edificio alle pendici del Monte Fuji noto<br />
con il nome di Satian 7 (tale nome derivava dalla parola antica sanscrita che definisce il<br />
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alcune finiture tipicamente industriali, era comunque capace di produrre agenti nervini,<br />
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Le ispezioni dell’Organizzazione Mondiale per la Proibizione delle Armi Chimiche<br />
(Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons, OPCW) negli anni seguenti<br />
confermarono che Satian 7 era in grado di produrre due tonnellate al giorno di sarin liquido.<br />
Da notare che Asahara aveva ordinato la produzione di 70 tonnellate, abbastanza per uccidere<br />
in teoria ogni essere vivente sul pianeta.<br />
Comunque, la qualità del sarin prodotto, come detto, era modesta.<br />
Ciò era dovuto al trascinamento dell’impurità dei precursori, dei reagenti e degli intermedi di<br />
sintesi a disposizione del gruppo. <strong>La</strong> reazione di sintesi del sarin è di fatti reversibile: se il<br />
prodotto finale non viene stabilizzato, si degrada facilmente nell’ordine di giorni o settimane.<br />
<strong>La</strong> reversibilità della reazione viene fortemente influenzata dai gradi di purezza del processo<br />
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