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foto Mauro Topini - Campo de'fiori

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28<br />

Che le stagioni siano<br />

cambiate ormai da<br />

qualche anno, è<br />

cosa evidente. Gli<br />

scienziati cercano di<br />

spiegarci il perché,<br />

tirando in ballo l’effetto<br />

serra, gli uragani,<br />

il buco dell’ozono,<br />

ed altri degradi<br />

ecologici, accu-<br />

di Alessandro Soli sando l’umanità che<br />

mentre cavalca l’inarrestabile<br />

progresso, distrugge le bellezze<br />

del nostro pianeta.<br />

Prendo spunto da questo inverno così<br />

“anomalo”, per ricordare le sensazioni che<br />

insieme alle passate generazioni abbiamo<br />

vissuto, quando d’inverno “faceva freddo,<br />

quello vero”.<br />

Chi non ricorda quei giorni di tramontana:<br />

qui a Civita Castellana, in modo particolare,<br />

tirava quasi come una “piccola bora”, e<br />

riusciva ad ostacolare i tuoi passi, spingendoti<br />

in modo irregolare, mentre ti stringevi<br />

nel tuo “montgomery” che purtroppo<br />

ti riparava fino al ginocchio. Il ghiaccio,<br />

che lastricava il percorso che ti accompagnava<br />

giovane studente, verso la stazione<br />

della Roma Nord, dove salivi sul treno coi<br />

vagoni luccicanti per la brina.<br />

Poi, durante il viaggio sbirciando attraverso<br />

il finestrino “grattato,” vedevi i campi<br />

bianchi, frutto della gelata notturna, allora<br />

ti rannicchiavi sempre più, protestando<br />

con il capotreno, perché il riscaldamento<br />

non funzionava mai.<br />

Poi, pian piano il treno si affollava di studenti<br />

e lavoratori che si recavano verso il<br />

capoluogo, allora si sentiva a “pelle” proprio<br />

il calore umano, quello sprigionato dal<br />

parlare, che riempiva l’aria di nuvole tipo<br />

“fumetti” con le parole dentro.<br />

<strong>Campo</strong> de’ fiori<br />

Come eravamo<br />

Quando faceva freddo... quello vero<br />

Un’altra immagine del freddo<br />

l’avevamo quando, giunti a<br />

Viterbo ci imbattevamo nelle<br />

sue monumentali fontane,<br />

quali quella di Piazza delle Erbe<br />

o Piazza della Rocca, con gli<br />

spettacolari “ghiaccioli” formatisi<br />

alla base delle cannelle.<br />

Che bello!<br />

Chissà, se riusciremo ancora<br />

ad assistere a scene di questo<br />

tipo, vista la premessa che ho<br />

fatto all’inizio.<br />

Discorso a parte riguarda la<br />

neve; noi a Civita Castellana<br />

siamo penalizzati, rispetto ai<br />

nostri conterranei dei Cimini,<br />

dove l’altitudine fa la differenza,<br />

e i pochi fiocchi che cadono<br />

qui si dissolvono subito.<br />

Ma ci sono state (sottolineo ci<br />

sono state) circostanze eccezionali,<br />

quando la neve è rimasta<br />

per più di un mese: l’indimenticabile<br />

nevicata del 1956! E chi la<br />

dimentica, avevo nove anni, ne sono passati<br />

ben cinquantuno, eppure credetemi,<br />

ne ricordo addirittura il sapore, perché l’avevamo<br />

raccolta in una bacinella e dopo<br />

averla condita con liquori dolci (tipo<br />

Alchermes), la gustavamo felici col cucchiaio<br />

(allora non c’erano le cosiddette<br />

piogge acide, e la neve era candida e<br />

pura).<br />

Ricordo le megascivolate fatte con slitte di<br />

fortuna, per lo più tavole legate, così<br />

diverse dagli slittini in plastica e materiali<br />

moderni, ma le sensazioni erano ieri come<br />

oggi uniche. Con gli amici del quartiere<br />

“Catamello”, qui a Civita Castellana, avevamo<br />

a disposizione tre discese, quella<br />

larga e ripida che partiva dal punto dove<br />

sarebbe sorta la pesa pubblica per arriva-<br />

re a Via della Repubblica, una che degradava<br />

appunto da Via della Repubblica fino<br />

all’inizio del ponte Clementino, dopo aver<br />

superato le rotaie del passaggio a livello<br />

della Ferrovia Roma - Viterbo, e quella più<br />

ripida e stretta di Via Falisca, che si immetteva<br />

direttamente in Via della Repubblica.<br />

Un momento, stavo dimenticando la discesa<br />

dei Villini (l’attuale Via Don Morosini),<br />

che anch’essa scende verso il ponte<br />

Clementino, ma sinceramente non mi ci<br />

sono mai avventurato, non me ne vogliano<br />

i coetanei che abitavano lì e che, sicuramente,<br />

avranno lanciato i loro bolidi tra<br />

quei pini che la rendevano tortuosa e pericolosa.<br />

Una cosa è certa: ogni tempo vuole le sue<br />

stagioni, e ogni stagione vuole il suo<br />

tempo, la vita non può stravolgere la natura,<br />

la natura non può stravolgere la vita.

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