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LA<br />
Rivista trimestrale di cultura e spiritualità della <strong>Passio</strong>ne a cura<br />
dei <strong>Passio</strong>nisti italiani e della Cattedra Gloria Crucis della<br />
Pontificia Università Lateranense<br />
SAPIENZA<br />
della<br />
CROCE<br />
ANNO XXIV - N. 4<br />
OTTOBRE-DICEMBRE 2009<br />
SACRA SCRITTURA e TEOLOGIA<br />
Tematiche teologiche<br />
in relazione all’Eucaristia<br />
di MAURIZIO BUIONI C.P.<br />
La teologia contenuta nel testo<br />
delle costituzioni dei passionisti<br />
di ADOLFO LIPPI C.P.<br />
PASTORALE e SPIRITUALITÀ<br />
«Nelle carceri naziste con San Paolo»<br />
La testimonianza di Max Josef Metzger<br />
di LUBOMIR ZAK<br />
SALVEZZA E CULTURE<br />
Il fascismo e la stampa cattolica<br />
durante la seconda Guerra Mondiale<br />
La soppressione de<br />
L’Eco di S. Gabriele dell’Addolorata<br />
di GIOVANNI DI GIANNATALE<br />
Un sacerdote artista per ogni Diocesi<br />
di TITO AMODEI C.P.<br />
Dell’arte e dell’artista<br />
di ELISABETTA VALGIUSTI<br />
RECENSIONI<br />
SCHEDE BIBLIOGRAFICHE<br />
133<br />
Direttore responsabile<br />
Adolfo Lippi c. p.<br />
Direttore amministrativo<br />
Vincenzo Fabri c. p.<br />
Cattedra Gloria Crucis<br />
Comitato scientifico<br />
Fernando Taccone c. p. - Piero Coda<br />
Antonio Livi - Denis Biju-Duval<br />
Adolfo Lippi c. p. - Gianni Sgreva c. p.<br />
A. Maria Lupo c. p.<br />
Segretari di redazione<br />
Carlo Baldini c. p. - Gianni Sgreva c. p.<br />
A. Maria Lupo c. p. - Franco Nicolò<br />
Lucia Ulivi<br />
Collaboratori<br />
Tito Amodei - Max Anselmi - Carlo Baldini<br />
Vincenzo Battaglia - Luigi Borriello<br />
Maurizio Buioni - Giuseppe Comparelli<br />
Massimo Pasqualato - G. Marco Salvati<br />
Salvatore Spera - Flavio Toniolo<br />
Gianni Trumello - Tito Zecca<br />
Redazione:<br />
La Sapienza della Croce<br />
Piazza SS. Giovanni e Paolo, 13<br />
00184 Roma<br />
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Finito di stampare dicembre 2009<br />
Stampa:<br />
Editoriale Eco srl - San Gabriele (Te)<br />
Progetto grafico: Filomena Di Camillo<br />
Impaginazione: Florideo D’Ignazio<br />
ISSN 1120-7825<br />
Autorizzazione del tribunale di Roma n. 512/85, del 13 novembre 1985 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento<br />
Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 e 3, Teramo Aut. N. 123/2009<br />
3-25<br />
27-52<br />
53-83<br />
85-104<br />
105-112<br />
113-117<br />
119
Q<br />
di MAURIZIO BUIONI C.P.<br />
Questo articolo si inserisce con una ricerca positiva (non speculativa<br />
o critica) all’interno di una progressiva riscoperta delle<br />
radici della fede cristiana nell’Antico Testamento in atto nella<br />
Chiesa. Non è un argomento di secondaria importanza, o che<br />
interessi soltanto gli specialisti. Il giusto radicamento del messaggio<br />
cristiano nella cultura nella<br />
quale è nato e si è espresso ne<br />
permette la giusta comprensione.<br />
Questa, a sua volta, è condizione<br />
dell’efficacia spirituale del dono,<br />
nel mistero stesso di Dio.<br />
ueste pagine vogliono<br />
essere un invito ad approfondire<br />
la Pasqua<br />
d’Israele come Pasqua di Gesù e Pasqua della<br />
Chiesa, e per questo presenteremo alcuni temi teologico-liturgici<br />
in relazione all’Eucaristia.<br />
La rinnovazione liturgica dell’Eucaristia non<br />
può prescindere da un ritorno alle fonti, e il ritorno alle fonti cristiane<br />
non può prescindere dal ritorno alle fonti ebraiche.<br />
Oggi, per esempio, si sta scoprendo che non si possono capire i<br />
vangeli, soprattutto San Giovanni, senza capire le feste ebraiche e,<br />
nel nostro caso, non si può capire l’Eucaristia senza capire Pesah,<br />
senza approfondire che cosa è Berakhà, Zikkaròn, esultanza, ecc...<br />
Invitiamo, dunque, il lettore a compiere un viaggio ideale per<br />
scoprire di nuovo l’Eucaristia: arrivare fino a Gerusalemme, salire<br />
alla stanza superiore del Cenacolo, sederci a tavola con Gesù e gli<br />
Apostoli nell’Ultima Cena. L’Ultima Cena di Gesù è dove si celebra<br />
la prima Eucaristia cristiana.<br />
“Fate questo in memoria di me”. Che cosa è “questo”? Questo<br />
“questo” era capito molto bene dai primi cristiani, che erano ebrei,<br />
sacra<br />
scrittura<br />
e<br />
teologia<br />
TEMATICHE<br />
TEOLOGICHE<br />
IN RELAZIONE<br />
ALL’EUCARISTIA<br />
Tematiche Teologiche<br />
in relazione all’Eucaristia<br />
3-25<br />
teologia<br />
3
sacra<br />
scrittura e<br />
teologia<br />
MAURIZIO BUIONI<br />
SapCr XXIV<br />
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teologia<br />
4<br />
Gesù, gli Apostoli, la Vergine Maria, gli evangelisti, le prime comunità<br />
cristiane, soprattutto la prima comunità di Gerusalemme, la<br />
Chiesa madre (“i santi”).<br />
Il «patrimonio comune»<br />
liturgico<br />
Adistanza di 40<br />
anni dalla promulgazione<br />
della Dichiarazione<br />
Nostra Aetate del<br />
Concilio Vaticano II, sulle relazioni della Chiesa con le religioni<br />
non-cristiane, il paragrafo 4 del documento conciliare esordiva con<br />
le seguenti parole: «Scrutando attentamente il mistero della Chiesa,<br />
questo sacro Sinodo non ha dimenticato il vincolo con cui il popolo<br />
del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di<br />
Abramo». Più avanti si rimarcava il grande «patrimonio spirituale<br />
comune» tra cristiani ed ebrei.<br />
Giovanni Paolo II ha fatto grandi passi nella direzione del rinnovamento<br />
conciliare. In un discorso del 6 marzo 1982, egli ha ribadito<br />
l’importanza di quel considerevole patrimonio, aggiungendo che<br />
«farne l’inventario in se stesso, tenendo però anche conto della fede<br />
e della vita religiosa del popolo ebraico, così come esse sono professate<br />
e vissute ancora adesso, può aiutare a comprendere meglio<br />
alcuni aspetti della vita della Chiesa» 1 . Subito dopo il Papa ha<br />
aggiunto: «È il caso della liturgia...». Tale affermazione rappresenta<br />
un importante passo in avanti: se la ricerca storica circa l’Ebraismo<br />
all’epoca del Secondo Tempio è di fondamentale importanza per la<br />
comprensione del NT, della vita e della liturgia della Chiesa<br />
Primitiva, non va trascurata la conoscenza della fede ebraica così<br />
come essa è vissuta al presente 2 .<br />
Il 13 aprile 1986 Giovanni Paolo II ha detto nella Sinagoga di<br />
Roma che la realtà ebraica «non ci è estrinseca, ma in un certo qual<br />
1 Cf. anche i Sussidi per una corretta presentazione degli Ebrei e<br />
dell’Ebraismo nella predicazione e nella catechesi della Chiesa Cattolica (24<br />
Giugno 1986), I,2; CCC 1096.<br />
2 Cf. A. RODRÍGUEZ CARMONA, “Jesucristo en y ante el judaísmo”, en Cristo.<br />
Camino, Verdad y Vida. Actas del Congreso Internacional de Cristología<br />
(Murcia 2003).
modo è intrinseca alla nostra religione» 3 . Nello stesso anno, la<br />
Commissione per le relazioni religiose con l’Ebraismo ha pubblicato<br />
un documento intitolato Sussidi per una corretta presentazione<br />
degli Ebrei e dell’Ebraismo nella predicazione e nella catechesi<br />
della Chiesa Cattolica. Il quinto capitolo è dedicato alla liturgia e in<br />
particolare il paragrafo 24 al nostro tema della Pasqua:<br />
I cristiani e gli ebrei celebrano la Pasqua: Pasqua della storia, protesa<br />
verso l’avvenire, per gli ebrei; Pasqua realizzata nella morte e resurrezione<br />
di Cristo, per i cristiani, anche se ancora in attesa della consumazione<br />
definitiva. È ancora il «memoriale» che ci viene dalla tradizione<br />
ebraica con un contenuto specifico, diverso in ciascun caso. Esiste<br />
dunque, dall’una e dall’altra parte, un dinamismo parallelo: per i cristiani,<br />
esso dà un senso alla celebrazione eucaristica (cf. Antifona O<br />
sacrum convivium), celebrazione pasquale e, in quanto tale, attualizzazione<br />
del passato, vissuto nell’attesa «della sua venuta» (1Cor 11,26) 4 .<br />
Non è nostro intento nel presente articolo affrontare la questione<br />
se e in quale forma Gesù abbia celebrato il Seder Pasquale durante<br />
la sua Ultima Cena. In ogni caso, non si può dubitare almeno del<br />
fatto che Gesù abbia celebrato la sua Ultima Cena nel contesto della<br />
Pasqua Ebraica e che abbia dato all’istituzione dell’Eucaristia un<br />
netto significato pasquale. Pertanto, non è solo legittimo, ma anche<br />
doveroso collocare l’Eucaristia nella cornice della Cena Pasquale<br />
ebraica 5 . Così, ad esempio, si afferma in un recente articolo sul<br />
tema:<br />
3 Quanto quest’affermazione sia tenuta in conto dalla Chiesa è visibile<br />
anche concretamente, perché la Commissione per le relazioni religiose con<br />
l’ebraismo è un organismo che si trova all’interno del Segretariato per l’Unità<br />
dei Cristiani.<br />
4 Cf. anche CCC 1096.<br />
5 Così, ad es., in Lc 22,14: «Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli<br />
apostoli con lui, e disse: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa<br />
Pasqua con voi, prima della mia passione»; cf. anche Mt 26,18-19. Afferma<br />
giustamente J.K. HOWARD, «Passover and Eucharist in the Fourth Gospel», SJT<br />
20/3 (1967) 329-330: «It is clearly outside our province to argue whether the<br />
Last Supper was a genuine Passover meal or not, but whichever view of the matter<br />
is taken, we cannot escape that obvious Paschal signification which Jesus<br />
gave to the bread and the wine» (cors. nostro).<br />
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scrittura<br />
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Tematiche Teologiche<br />
in relazione all’Eucaristia<br />
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MAURIZIO BUIONI<br />
SapCr XXIV<br />
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6<br />
Indipendentemente dalla questione storica, per la comprensione dell’eucaristia<br />
non si può prescindere dalla cornice storico-salvifica della<br />
Pasqua ebraica. E su questo si vedono d’accordo tutti gli evangelisti; il<br />
sacrificio della croce costituisce il compimento di quello che prefigurava<br />
l’immolazione dell’agnello, mentre l’ultima cena di Gesù si configura<br />
come il pasto della nuova Pasqua 6 .<br />
Ogni rinnovamento non può prescindere da un ritorno alle fonti.<br />
Anche il rinnovamento liturgico dell’Eucaristia, Pasqua di Gesù e<br />
Pasqua della Chiesa, non può prescindere da un ritorno alle fonti.<br />
Ora, il ritorno alle fonti cristiane non può prescindere da un ritorno<br />
alle fonti ebraiche. Il rinnovamento dell’Eucaristia passa quindi<br />
anche attraverso il ritorno alle fonti ebraiche, un cammino che, per<br />
quanto possa sembrare strano, è ancora lungo 7 .<br />
Il NT e la liturgia della Chiesa primitiva rimangono un enigma<br />
per chi ignori non solo l’AT, ma anche il culto e la liturgia ebraica,<br />
essendo la liturgia Parola celebrata, fatta carne, resa attuale e viva<br />
nell’oggi del credente 8 . E nel contesto della conoscenza dell’AT, è di<br />
grande importanza anche quella della sua interpretazione orale<br />
ebraica, perché la Scrittura ai tempi di Gesù non era un testo<br />
«nudo», ma era già rivestita di tutti gli «ornamenti» delle interpretazioni<br />
della Torah orale 9 . Per illuminare la liturgia cristiana, in particolare<br />
quella della Chiesa primitiva, è necessaria la conoscenza<br />
della liturgia ebraica 10 .<br />
6 L.D. CHRUPCA∏A, «Fate questo in memoria di me», Studium Biblicum<br />
Franciscanum Liber Annuus 53 (2003) 141.<br />
7 Così nota A. DI BERARDINO, «Tendenze attuali negli studi patristici», in<br />
Complementi interdisciplinari di Patrologia, (ed. A. Quacquarelli) (Roma 1989)<br />
38-39: «Lo schema del fecondo programma del “ritorno alle fonti”, che in larga<br />
misura ha condizionato e stimolato gli studi sul protocristianesimo, ha provocato<br />
un’uscita dagli steccati degli studi svolti prevalentemente in ambito latino e<br />
greco, indirizzandosi anche verso il cristianesimo delle aree orientali di altro<br />
retroterra linguistico: siriaco, copto, armeno, ecc. Tuttavia, tra le fonti, questo<br />
programma non ha incluso il giudaismo; si tratta perciò di un ritorno alle fonti<br />
incompiuto e imperfetto».<br />
8 Cf. S. LYONNET, Il Nuovo Testamento alla luce dell’Antico. VII Settimana<br />
Biblica del Clero Napoli, Luglio 1968 (Studi biblici pastorali 3; Brescia 1972) 16.<br />
9 R. LE DÉAUT, «Targum», Dictionnaire de la Bible - Supplément XIII (Paris<br />
2002) 271. Ora, ogni volta rende più importante la “oralità”.<br />
10 Come giustamente ha affermato L. BOUYER, Eucaristia. Teologia e<br />
Spiritualità della Preghiera Eucaristica (Torino 1969), 23: «Immaginare che la
Fatte queste premesse, nel presente articolo intendiamo approfondire<br />
alcuni elementi antichi della liturgia della Pasqua Ebraica in<br />
relazione alla Pasqua cristiana, per vedere come essi possano illuminare<br />
il Sacramento dell’Eucaristia.<br />
Pasqua: passaggio di Dio<br />
e «passaggio» dell’uomo<br />
La Scrittura dà<br />
un’etimologia<br />
del termine<br />
Pasqua: durante Pesah<br />
il Signore «è passato»<br />
(pasah) sopra le case degli Israeliti, è passato oltre e non li ha colpiti<br />
come ha fatto con i loro nemici, ma il suo passaggio ha costituito<br />
per essi la liberazione (Es 12,27; cf. 12,13.23) 11 . Filone Alessandrino<br />
ha accentuato il fatto che la Pasqua non è solo il passaggio di Dio,<br />
ma anche quello del popolo attraverso il Mar Rosso. Egli ha interpretato<br />
la Pasqua come un esodo spirituale dalle passioni, dal proprio<br />
io e dalla prigione del proprio corpo: si tratta di un «passaggio»<br />
tutto spirituale, un’entrata nella luce e nella vita nuova 12 .<br />
Nella tradizione ebraica, la Pasqua è la festa primaverile, di<br />
nascita del mondo, la festa della prima creazione, ma nello stesso<br />
tempo quella della nuova creazione: l’uomo è chiamato a un esodo<br />
spirituale, a divenire nuova creatura. Pesah significa pertanto passaggio<br />
dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce, dall’angoscia<br />
del peccato (in ebraico Mizrayim, «Egitto», contiene in sé la<br />
parola zarà, «angoscia») alla gioia della nuova creazione. Pasqua<br />
è anzitutto il passaggio di Dio, passaggio che ha il potere di far<br />
passare il popolo, di metterlo in cammino, di collocarlo in un nuovo<br />
liturgia cristiana sia nata come da una specie di generazione spontanea, senza<br />
né padre né madre come Melchisedech, o attribuirle gratuitamente qualche<br />
paternità putativa che dimenticasse definitivamente la percezione della sua<br />
autentica genealogia, equivarrebbe a ridurre, fin dall’inizio, tutte le ricostruzioni<br />
a una impalcatura di controsensi più o meno intelligente, più o meno ingegnosa».<br />
Cf. anche R. LE DÉAUT, Liturgie Juive et Nouveau Testament (Roma<br />
1965) 12-16.<br />
11 Quest’interpretazione era diffusa all’epoca del Secondo Tempio e in<br />
seguito, come testimonia la traduzione di Aquila (hyperbasis) e m.Pes 10,5: cf.<br />
R. CANTALAMESSA, La Pasqua della nostra salvezza (Torino 1971) 30.<br />
12 Cf. FILONE, Spec. leg. II,145-147; De Migr. 25,14 ; Quaest. in Ex. I,4.<br />
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8<br />
dinamismo, di aprirgli la possibilità di un ex-odòs, di un «cammino<br />
fuori», insieme alla speranza di nuovi orizzonti inattesi e imprevedibili.<br />
La Pasqua ha in sé un dinamismo infinito, perché è il memoriale<br />
del passaggio di Dio, la cui potenza dinamica è, per l’appunto,<br />
infinita. Pasqua è quindi passaggio di Dio e passaggio del popolo e<br />
dell’uomo: vero «ebreo» è colui che «passa oltre» con Dio (‘ivri<br />
«ebreo», evoca la radice ‘br «passare oltre»), che compie l’esodo<br />
dal proprio Egitto, lasciandosi trascinare dalla forza divina liberatrice,<br />
che è pura forza motrice e iniziativa gratuita. Ciò è ben espresso<br />
da un passo della Mishnà, ripreso nell’Haggadah di Pasqua:<br />
Per questo noi abbiamo il dovere di ringraziare, di cantare, di lodare, di<br />
glorificare, di esaltare, di celebrare e di benedire colui che ha fatto, per<br />
i nostri Padri e per noi, tutti questi miracoli. Ci ha condotti dalla schiavitù<br />
alla libertà, dall’angoscia alla gioia, dal lutto alla festa, dalle tenebre<br />
alla luce, dalla schiavitù alla libertà. Cantiamo in suo onore,<br />
Alleluia 13 .<br />
Questo brano ha un forte carattere liturgico, come testimonia<br />
l’uso della prima persona plurale e l’invito alla lode. La redazione<br />
della Mishnà risale al II° sec. d.C. Sappiamo però che la liturgia è<br />
conservatrice per natura, per cui è probabile che tale passo sia una<br />
reliquia liturgica assai più antica.<br />
Melitone da Sardi riprende questo canto liturgico nella sua<br />
Omelia Pasquale e ne mostra il mirabile compimento in Gesù<br />
Cristo 14 :<br />
Egli è colui che ci ha fatto passare dalla schiavitù alla libertà, dalle<br />
tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dalla tirannide al regno eterno 15 .<br />
La Pasqua cristiana è il passaggio di Gesù da questo mondo al<br />
Padre (Gv 13,1). In questo passaggio, l’uomo è coinvolto, anzi trasformato.<br />
La sua situazione esistenziale cambia radicalmente e le<br />
porte del cielo sono aperte per lui.<br />
13 m.Pes 10,5.<br />
14 Per un confronto tra l’Haggadà di Pasqua e l’Omelia Pasquale di<br />
Melitone, cf. F. MANNS, La prière d’Israel à l’heure de Jésus (Jerusalem 1986)<br />
200-206.<br />
15 Cf. Perì Páscha 68. Cf. anche 1Pt 2,9-10.
L’immolazione dell’Agnello<br />
e l’Aqedà d’Isacco<br />
L’immolazione<br />
dell’Agnello era<br />
di eccezionale<br />
importanza nella<br />
Pasqua ai tempi di<br />
Gesù. Nella tradizione orale ebraica, e in particolare in quella targumica,<br />
l’agnello è paragonato a Isacco. Il Targum Neofiti mette in<br />
bocca di Abramo queste parole: «Dio provvederà l’agnello per l’olocausto,<br />
altrimenti sarai tu l’agnello dell’olocausto» 16 . E subito<br />
dopo, Isacco chiede al padre: «Abbà! Legami bene, non sia che io<br />
non recalcitri e sia reso vano il tuo sacrificio» 17 . Secondo la tradizione<br />
ebraica, Abramo offre Isacco nel monte del futuro Tempio di<br />
Gerusalemme, il giorno 14 di Nisan. Questa tradizione risale almeno<br />
a un secolo prima di Cristo, perché si trova nel Libro dei Giubilei<br />
secondo cui il sacrificio d’Isacco è avvenuto durante la Pasqua, in<br />
Sion 18 : «La legatura d’Isacco è il primo sacrificio pasquale» 19 .<br />
Isacco è così un simbolo dell’agnello pasquale che si doveva scegliere<br />
bene 20 , portare nel Tempio perché fosse legato e immolato.<br />
L’agnello pasquale, pertanto, era già personificato all’epoca di<br />
Gesù.<br />
L’agnello doveva essere tamim, «integro» e senza macchia (Es<br />
12,5). Ora, questo termine è usato nell’AT sia per le vittime sacrificali,<br />
che devono essere perfette e immacolate 21 , come anche per<br />
l’uomo giusto e innocente 22 . La particolare perfezione dell’agnello<br />
era dovuta al fatto che è un animale mite e non recalcitra né si ribella<br />
dinanzi all’uccisore. Secondo la tradizione ebraica, Isacco aveva<br />
trentasette anni nel momento del suo sacrificio. La perfezione<br />
16 TgNGn 22,8.<br />
17 TgNGn 22,10; cf. anche la versione di TgJ.<br />
18 Cf Jub 49,15.<br />
19 F. MANNS, L’Évangile de Jean à la lumière du judaïsme (Jerusalem 1991)<br />
425.<br />
20 Per rendersi conto della minuziosa scelta di un oggetto della festa, basti<br />
notare come gli ebrei ortodossi scelgano l’ethrog (cedro) all’inizio della festa di<br />
Sukkot. Con quanta maggior cura si sarà esaminato l’agnello, che doveva essere<br />
senza alcuna macchia (Es 12,5)!<br />
21 Cf. ad es. Lv 1,3.10; 3,1.6; 4,3.23; 5,15.18.25; 22,19.21; 23,12; Nm<br />
6,14.<br />
22 Cf. ad es. Gn 6,9; 17,1; Dt 18,13; 2Sam 22,24.26.<br />
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10<br />
d’Isacco è dovuta all’intenzione del suo cuore (kawwanà) e alla sua<br />
offerta, totalmente libera, alla passione. Abramo e Isacco si avviavano<br />
al monte del Tempio con «cuore perfetto» 23 . La tradizione dell’offerta<br />
libera d’Isacco era diffusa all’epoca del Secondo Tempio,<br />
come testimonia anche Giuseppe Flavio 24 . Questa tradizione è passata<br />
ai primi cristiani. Clemente scrive nella sua Lettera ai Corinzi:<br />
«Isacco, conoscendo il futuro, con fiducia si fece volentieri condurre<br />
al sacrificio» 25 .<br />
L’immolazione dell’agnello avveniva nel Tempio, «tra le due<br />
sere» (come prescrive letteralmente Es 12,6) e il sangue dell’agnello<br />
era asperso sull’altare. Nell’immolazione dell’agnello ogni israelita<br />
era chiamato a sentirsi come Abramo e come Isacco (perché ciò<br />
che avveniva nei Padri era un segno per i figli). Ma non solo. Filone<br />
sottolinea che ogni ebreo è al tempo stesso Abramo e sacerdote 26 :<br />
egli doveva immolare la vittima di propria mano 27 . Si tratta di un<br />
popolo sacerdotale, che partecipa attivamente alla liturgia.<br />
Secondo Giovanni, Gesù è il Nuovo Isacco e il Nuovo Agnello<br />
Pasquale. Egli è l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo (Gv<br />
1,29.36). Abramo ha visto il suo giorno e se ne rallegrò (Gv 9,56),<br />
il che vuol dire che è il Nuovo Isacco. Egli è legato nel giardino (Gv<br />
18,12) e portato al processo, esaminato come un agnello. Gesù è<br />
portato al sacrificio, nell’ora in cui si cominciava ad immolare<br />
l’agnello nel Tempio (Gv 19,14). Quando, sulla croce, ebbe sete gli<br />
porsero un ramo di issopo 28 con una spugna imbevuta d’aceto (Gv<br />
19,28-29) poiché l’issopo non si addiceva ad un tale uso, si deve<br />
pensare che l’evangelista faccia un’altra allusione all’agnello<br />
pasquale, perché l’aspersione degli stipiti e dell’architrave delle<br />
porte con il sangue dell’agnello, secondo Es 12,22, si faceva trami-<br />
23 TgNGn 22,6.8; cf. TgJGn 22,8.<br />
24<br />
GIUSEPPE FLAVIO, Ant. Jud. I,232.<br />
25<br />
CLEMENTE ALESSANDRINO, Ad Cor. 31,3. Sul legame tra Pasqua e Isacco e<br />
la tipologia del suo nella letteratura antica ebraica e nella prima letteratura cristiana,<br />
cf. la sintesi di J. DANIÉLOU, Sacramentum futuri. Études sur les origines<br />
de la typologie biblique (Paris 1950) 97-111.<br />
26 Cf. FILONE, De Spec. Leg. II,146. È interessante che nel mosaico della<br />
sinagoga di Beth-Alpha, Abramo è rivestito come sacerdote.<br />
27 Cf. FILONE, De Vita Mosis II,224; cf. anche m.Pes 5,6.<br />
28 Purtroppo, la traduzione CEI non riporta questo termine così importante<br />
ed evocativo.
te l’issopo. Infine, come quell’agnello, a Gesù crocifisso non fu<br />
spezzato alcun osso (Gv 19,33.36). Per alcuni, questo è anche un<br />
chiaro riferimento al giusto sofferente descritto in Sal 34,21 29 . Qui,<br />
l’agnello è accostato al giusto sofferente: anche in Is 53,7 il servo di<br />
YHWH è paragonato a un «agnello condotto al macello», perché<br />
dinanzi alle umiliazioni «non aprì la sua bocca». Isacco, agnello,<br />
giusto-Servo sofferente: queste figure potevano essere legate già<br />
all’epoca del Secondo Tempio 30 . Così ha scritto A. Díez Macho: «i<br />
circoli teologici giudaici del I secolo dell’era cristiana hanno associato<br />
Aqedà, Servo di Jahvè e il sacrificio dell’agnello pasquale» 31 .<br />
La Chiesa Primitiva ha sottolineato che le figure sopra menzionate<br />
si sono compiute in Gesù Cristo. L’Omelia Pasquale di<br />
Melitone da Sardi dichiara che Gesù «è stato immolato come un<br />
agnello ed è risuscitato come Dio» 32 . Egli ha compiuto ciò che simboleggiava<br />
l’immolazione, la morte e il sangue dell’agnello 33 . Egli<br />
ricorda inoltre che «Gesù fu legato in Isacco», testimoniando in tal<br />
modo che la tradizione dell’Aqedà d’Isacco era importante anche<br />
per i cristiani 34 .<br />
Il Sangue dell’Agnello,<br />
il Sangue della Nuova<br />
Alleanza e il Memoriale<br />
Il sangue dell’agnello<br />
pasquale aveva<br />
una funzione fondamentale.<br />
Era un ’ot, un<br />
«segno» (Es 12,13), e<br />
uno zikkaròn, «un<br />
memoriale» (Es 12,14). Il sangue dell’agnello negli stipiti (mezuzot)<br />
delle porte aveva salvato Israele (Es 12,7.22). Il Libro<br />
29 Cf. M.L. RIGATO, «Gesù “l’Agnello di Dio”, Colui che toglie il peccato del<br />
mondo” (Gv 1,29), nell’immaginario cultuale giovanneo. Secondo Giovanni<br />
Gesù muore il 13 Nisan (Gv 18,28/19,14.31-37)», Atti del VII Simposio di<br />
Efeso su S. Giovanni Apostolo (ed. L. PADOVESE) (Roma 1999) 110.<br />
30 Cf. A. DEL AGUA PÉREZ, El método midrásico y la exégesis del Nuevo<br />
Testamento (Valencia 1985) 142-143.<br />
31 A. DÍEZ MACHO, “Targum y Nuevo Testamento”, Mélanges Eugènes<br />
Tisserant, I, Ecriture sainte - Ancient orient (Città del Vaticano 1964) 162.<br />
32 Perì Páscha 1.<br />
33 Cf. Perì Páscha 44.60.<br />
34 Cf. Perì Páscha 59.<br />
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in relazione all’Eucaristia<br />
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dell’Apocalisse rimarca l’importanza del sangue dell’Agnello che è<br />
Cristo, che lava gli eletti, e li salva (Ap 7,14; 12,11).<br />
Si celebrava la Pasqua di generazione in generazione, con una<br />
notte di veglia in onore del Signore (Es 12,42) in cui il memoriale<br />
del sangue dell’Agnello e il memoriale della liberazione erano centrali.<br />
Il termine zikkaròn è spiegato da R. Gamaliel, un rabbino del<br />
I° sec. d.C.:<br />
In ogni generazione, ognuno deve considerarsi come se egli stesso<br />
fosse uscito dall’Egitto, perché il Santo, benedetto Egli sia, non liberò<br />
solo i nostri padri, ma con loro liberò anche noi 35 .<br />
Zikkaròn non significa però primariamente che l’uomo ricorda,<br />
ma che Dio stesso si ricorda della sua alleanza, a favore del suo<br />
popolo 36 . La festa di Pasqua, in quanto memoriale, è «una rappresentazione<br />
sacramentale» che rende attuale il passato ed è tesa<br />
all’avvenire e al compimento futuro 37 .<br />
Abbiamo già parlato dell’identificazione tra agnello pasquale e<br />
Isacco. Ora, nella tradizione ebraica c’è un legame tra il sangue dell’agnello<br />
pasquale e l’offerta che Isacco ha fatto del suo sangue:<br />
secondo la Mekhilta de R. Ishmael, per citare solo un esempio, il<br />
sangue che Dio vede negli stipiti delle porte non è altro che il sangue<br />
dell’Aqedà d’Isacco 38 . Anche il sangue d’Isacco è un memoriale<br />
39 . Per la tradizione targumica poi, il sangue negli stipiti delle porte<br />
non è solo quello dell’agnello, ma anche quello della circoncisione<br />
e si rimarca che questo sangue gode di uno speciale merito, che Dio<br />
tiene in considerazione per la salvezza d’Israele 40 . Ora, nella tradizione,<br />
vi è un ulteriore legame tra il sacrificio di Isacco e la circon-<br />
35 m.Pes 10,4.<br />
36 Cf. R. LE DÉAUT, «Pâque juive et Pâque chrétienne», Bible et vie chrétienne<br />
62 (1965) 16; egli cita in proposito b.Ber 49a: «Benedetto sei tu, Signore<br />
nostro Dio...che hai donato al tuo popolo Israele questi giorni di festa per la<br />
gioia e in memoriale».<br />
37 Cf. R. LE DÉAUT, «Pâque juive et Pâque chrétienne», 20; E. TESTA, «Influssi<br />
giudeo-cristiani nella liturgia eucaristica della chiesa primitiva», Studia<br />
Hierosolymitana, II, Studi esegetici (Jerusalem 1976) 202-204.<br />
38 MekhEs 12,13.<br />
39 Cf. Tg1Cr 21,15.<br />
40 Cf. TgJEs 12,13.
cisione: il sangue d’Isacco ha un grande merito e valore, perché la<br />
sua è un’offerta volontaria a Dio 41 .<br />
La tradizione ebraica lega il sangue dell’agnello al sangue<br />
d’Isacco. Nel Targum, Abramo chiede a Dio: «Quando i suoi figli<br />
saranno nell’ora dell’angoscia, ricordati dell’Aqedà d’Isacco loro<br />
padre e ascolta la voce delle loro suppliche, ascoltali e liberali da<br />
ogni tribolazione» 42 . L’Aqedà d’Isacco è un memoriale: grazie al<br />
merito d’Isacco e al suo sangue, e al fatto che Dio si ricorderà di tale<br />
merito, la salvezza si farà attuale per Israele 43 . La Pasqua è quindi un<br />
memoriale della liberazione dall’Egitto, dell’Aqedà d’Isacco e della<br />
sua liberazione, del sangue dell’agnello e del sangue d’Isacco, che<br />
hanno un grande potere espiatorio 44 .<br />
A questo punto, si deve rimarcare che tutte le realtà sopra menzionate,<br />
Aqedà d’Isacco, circoncisione, sangue della vittima hanno<br />
una stretta relazione con l’alleanza 45 . Nella Pasqua, il ricordo dell’alleanza<br />
di Dio con il suo popolo è fondamentale. Durante la Cena,<br />
Gesù ha dato un nuovo significato al calice pasquale del vino, dicendo<br />
che in realtà quel vino era il «suo sangue dell’Alleanza versato<br />
per molti, in remissione dei peccati» (Mt 26,28; cf. Mc 14,24), «la<br />
Nuova Alleanza, nel suo sangue» (Lc 22,20; cf. 1Cor 11,25). Egli si<br />
riferiva al sangue dell’agnello, così importante nel rituale descritto<br />
in Es 24,8. Qui, Mosè asperge il popolo con il sangue dei sacrifici di<br />
comunione, dicendo: «Ecco il sangue dell’Alleanza» 46 .<br />
41 Sul legame tra sangue dell’agnello, sangue d’Isacco, sangue della circoncisione<br />
e morte di Cristo, cf. l’ottima sintesi in M. REMAUD, Vangelo e tradizione<br />
rabbinica, (Bologna 2005), 119-135.<br />
42 TgNGn 22,14. Cf. anche la versione di TgJ e del TgFramm (ms. 110).<br />
43 La tradizione ebraica è piena di riferimenti al merito d’Isacco e della sua<br />
Aqedà: cf. ad es. TgCt 1,13; 2,17; TgMi 7,20; TgEst 5,1. Cf. M. REMAUD, À<br />
cause des pères. Le “Mérite des Pères” dans la tradition juive (Paris-Louvain<br />
1997) 149-171.<br />
44 Cf. R. LE DÉAUT, «Pâque juive et Pâque chrétienne», 23.<br />
45 Secondo TgNLv 26,42, Dio ha fatto un’alleanza con Isacco sul Monte<br />
Moria.<br />
46 È interessante notare che per Eb 9,19 anche quest’aspersione, proprio<br />
come quella di Es 12,22, veniva fatta con l’issòpo.<br />
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La preparazione della Pasqua<br />
e il pane azzimo<br />
La preparazione<br />
del banchetto<br />
pasquale era<br />
molto importante. La<br />
casa e il luogo del ban-<br />
chetto dovevano essere ben preparati e avere la bellezza e la dignità<br />
del Tempio 47 . Anche nel NT si rimarca l’importanza di questa preparazione:<br />
si parla di una sala grande e addobbata, con i tappeti, all’interno<br />
della città (Mc 14,12-16; Lc 22,7-13; cf. Mt 26,17-19), perché<br />
l’agnello pasquale andava mangiato all’interno di Gerusalemme 48 .<br />
Una parte importante della preparazione era l’immersione nella<br />
mikwà: si doveva mangiare la pasqua in stato di purità, come emerge<br />
anche da Gv 13,10.<br />
La ricerca e l’eliminazione del lievito, del hamez, era un momento<br />
fondamentale di tale preparazione, già in Es 12,15 49 . Che tale<br />
ricerca era importante nel I° sec. d.C. lo testimonia S. Paolo:<br />
«Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete<br />
azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!<br />
Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito<br />
di malizia e perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità»<br />
(1Cor 5,6-7). Togliere il lievito significava entrare nella festa, nella<br />
novità della Pasqua. La Pasqua è una vita nuova: non si può celebrare<br />
con il lievito vecchio quello che è legato alla disposizione interiore<br />
e all’intenzione del cuore. La ricerca del lievito non è nell’ebraismo<br />
un precetto legalistico e stupido. Se si è disposti a ricercare il<br />
lievito vecchio e ad eliminarlo, si manifesta la serietà della kawwanà,<br />
vale a dire dell’intenzione decisa del proprio cuore di celebrare<br />
la festa in verità. Il culto nella verità è un motivo importante nell’ebraismo<br />
del I° sec d.C.<br />
47 Cf. FILONE, De Spec. Leg., II, 148.<br />
48 Cf. m.Pes 7,9; BerR 5,2; 7,8; SifNm 6,9.<br />
49 Quanto tale prescrizione fosse importante nel III° sec. a.C. è testimoniato<br />
dal Papiro di Elefantina.
Il Banchetto Paquale<br />
La Pasqua, come<br />
e più di ogni<br />
festa ebraica, è<br />
legata alla trasmissione<br />
della fede ai figli. Il rito stimola le domande dei figli: «Che cos’è per<br />
voi questo rito?» (Es 12,26). Nell’Haggadah di Pasqua attuale, questa<br />
domanda è espressa così: «Che cosa c’è di diverso questa notte,<br />
da tutte le altre notti?». I padri devono rispondere a partire dalla<br />
Scrittura, facendo memoriale, ovvero attualizzando la storia di salvezza:<br />
«È il sacrificio della Pasqua del Signore, che passò oltre le<br />
case dei figli d’Israele in Egitto, quando colpì l’Egitto e salvò le<br />
nostre case» (Es 12,27). Da qui partiva il racconto dei memoriali di<br />
salvezza operati dal Signore, in cui ciascuno si sentiva coinvolto in<br />
modo attivo, come protagonista. Questo racconto porta ancora oggi<br />
alla gratitudine e al canto del Dayyènu. In questa cornice, si può collocare<br />
il dialogo riportato da Giovanni tra Gesù e i suoi discepoli<br />
(13,36-16), che, come i figli, hanno difficoltà a capire e vanno istruiti<br />
con dolcezza e pazienza 50 .<br />
Nel banchetto pasquale tre cibi erano fondamentali, già secondo<br />
Es 12,8: l’agnello (pesah), gli azzimi (mazzà) e le erbe amare<br />
(maror). Una tradizione contenuta nella Mishnà, che risale a Rabbi<br />
Gamalièle (I° sec. d.C.) ci fornisce la spiegazione di questi tre cibi.<br />
Non c’è ragione di non ritenere che questa spiegazione non fosse<br />
quella comune ai tempi di Gesù, perché è l’interpretazione più spontanea<br />
e legata alla Scrittura. Perché l’agnello? Perché Dio ha risparmiato<br />
le case dei Padri in Egitto. Perché il pane azzimo? Perché i<br />
Padri sono stati liberati dall’Egitto. Perché le erbe amare? Perché gli<br />
Egiziani hanno resa amara la vita dei Padri in Egitto 51 .<br />
Dopo il primo calice di vino, e la sua benedizione, cominciava<br />
l’intinzione di alcuni cibi, prima che fossero portati i pani azzimi 52 .<br />
50 Simon Pietro domanda a Gesù: «Signore, dove vai?» (Gv 13,36);<br />
Tommaso gli domanda: «Come possiamo conoscere la via?» (Gv 14,6); Filippo<br />
gli dice: «Signore, mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8) e ciò introduce un<br />
dialogo con il Maestro; Giuda domanda: «Signore, com’è accaduto che devi<br />
manifestarti a noi e non al mondo?» (Gv 14,22).<br />
51 Cf. m.Pes 10,5. La tradizione delle erbe amare è ripresa da Melitone da<br />
Sardi, Perì Páscha, 93, ma qui l’amarezza è riferita alla passione di Cristo.<br />
52 Ciò è testimoniato da m.Pes 10,2.<br />
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Per chi conosce gli usi semitici, l’intinzione è un gesto di condivisione<br />
concreta del cibo e di comunione conviviale. Nella Pasqua di<br />
Gesù, quest’aspetto conviviale non ha niente di ambiguo: Gesù ha<br />
sperimentato che tra coloro a cui aveva offerto totale comunione vi<br />
poteva essere uno che lo tradisse. La Pasqua di Gesù è così amore<br />
totale al nemico.<br />
In seguito, venivano portati i pani azzimi. Secondo l’Haggadah<br />
di Pasqua, il pane azzimo simboleggia «il pane dell’afflizione», che<br />
i Padri hanno mangiato in Egitto. L’espressione aramaica si può tradurre<br />
però «Pane afflitto». Qui il pane è personificato: il pane è paragonato<br />
alla persona anche in 1Cor 5,7 53 .<br />
Durante il banchetto era obbligatorio bere vino. La tradizione di<br />
quest’obbligo è precedente alla nascita di Cristo, com’è testimoniato<br />
dal Libro dei Giubilei 54 . Secondo la Mishnà, anche il povero ha<br />
diritto alle quattro coppe di vino 55 . Doveva essere vino rosso: le prescrizioni<br />
che abbiamo in proposito sono posteriori a Gesù, ma si può<br />
intuire (anche dalla relazione tra vino e sangue) che era così anche<br />
al suo tempo 56 . L’obbligo di bere vino è un simbolo chiaro: chi celebra<br />
la Pasqua non può essere nella tristezza, ma deve partecipare alla<br />
gioia della libertà. Uno schiavo non beve vino. Il vino simboleggia<br />
la festa e la libertà, che ciascuno deve sperimentare nel banchetto<br />
pasquale.<br />
Un altro simbolo importante di libertà era il fatto di mangiare<br />
distesi e appoggiati sul gomito, testimoniato dalla Mishnà: anche<br />
Gesù e i suoi discepoli hanno celebrato la Pasqua distesi (Mc 14,18;<br />
Mt 26,20; Lc 22,14; Gv 13,12.28), il discepolo che Gesù amava era<br />
«disteso» (anakeímenos) nel seno di Gesù (Gv 13,23) e così si spiega<br />
meglio il suo gesto di reclinarsi sul petto di Gesù, descritto in<br />
Gv13,25 57 .<br />
53 Cf. D.B. CARMICHAEL, «David Daube on the Eucharist and the Passover<br />
Seder», Journal for the Study of the New Testament 42 (1991), 49. D. Daube<br />
ha collocato però l’istituzione dell’Eucaristia nel contesto del misterioso afikoman<br />
del Seder Pasquale: cf. pp.45-67.<br />
54 Cf. Jub 46,6.9.<br />
55 Cf. m.Pes 10,1.<br />
56 Cf. le fonti citate in J. JEREMIAS, Le parole dell’ultima cena (Brescia 1973)<br />
58.<br />
57 Cf. m.Pes 10,1.
Il Targum Neofiti contiene il famoso Poema delle Quattro notti,<br />
le cui tradizioni erano conosciute all’epoca del Secondo Tempio. In<br />
esso si trova una densa interpretazione teologica della Pasqua 58 . La<br />
prima notte è quella della creazione: si tratta di una notte in cui la<br />
Parola di Dio fu la luce. La Pasqua è una notte piena di luce. Sul<br />
legame tra Pasqua e luce, occorre notare che la festa coincide con la<br />
luna piena dell’equinozio di primavera, che la schiavitù è interpretata<br />
già nella Bibbia come tenebra e la liberazione come luce 59 . La<br />
seconda notte è quella della rivelazione di Dio ad Abramo: si ricorda<br />
l’Aqedà d’Isacco. La terza notte è quella dell’Esodo: Dio appare<br />
mostrando che il suo figlio primogenito è Israele. Circa la quarta<br />
notte si dice:<br />
La quarta notte il mondo arriverà alla sua fine per essere dissolto; i gioghi<br />
di ferro saranno spezzati e le generazioni perverse saranno annientate.<br />
Mosè salirà dal mezzo del deserto e il Re Messia verrà dall’alto.<br />
Uno camminerà alla testa del gregge e l’altro camminerà alla testa del<br />
gregge e la sua Parola camminerà fra i due. Io e loro cammineremo<br />
insieme. E’ la notte di Pasqua per la liberazione di tutte le generazioni<br />
d’Israele 60 .<br />
Nel Talmud si trova il medesimo legame tra creazione, esodo e<br />
nuova creazione: il trattato Rosh ha-Shanà afferma che in Nisan<br />
avvenne la creazione del mondo e la liberazione dall’Egitto e che in<br />
Nisan sarebbe avvenuta la liberazione futura; così conclude questo<br />
testo: «È in Nisan che essi furono liberati, è in Nisan che lo saranno<br />
ancora» 61 .<br />
58 Lo studio approfondito del Poema delle Quattro notti e delle sue tradizioni<br />
si trova nella nota opera di R. LE DÉAUT, La Nuit Pascale. Essai sur la signification<br />
de la Pâque juive à partir du Targum d’Exode XII,42 (Roma 1963) .<br />
59 Così TgIs 9,1 interpreta il versetto in chiave pasquale: «Il popolo, la casa<br />
d’Israele, che camminava in Egitto come nelle tenebre, è uscito per contemplare<br />
una grande luce».<br />
60 TgNEs 12,42. Sull’interpretazione messianica di questo versetto, cf. l’ottimo<br />
studio di M. PÉREZ FERNÁNDEZ, Tradiciones mesiánicas en el Targum<br />
Palestinense. Éstudios exegéticos (Valencia-Jerusalén, 1981) 173-209.<br />
61 b.RHsh 11a. Notiamo che R. Yehoshua, a cui il detto qui contenuto è attribuito,<br />
è della fine del I° sec. d.C. Quest’idea doveva essere diffusa tra gli zeloti<br />
e questo spiega la paura di ribellioni durante la festa di Pasqua.<br />
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La notte pasquale era la notte dell’attesa del Messia, una notte<br />
piena di significato escatologico 62 : in questa notte si sono concentrate<br />
tutte le speranze di salvezza e di liberazione 63 . I salmi di Hallel,<br />
sono salmi densi di riferimenti messianici.<br />
La tradizione ebraica della venuta del Cristo nella notte di<br />
Pasqua è conosciuta da S. Girolamo:<br />
Una tradizione ebraica dice che Cristo verrà a mezzanotte, come al<br />
tempo dell’Egitto, quando si celebrò la Pasqua e venne l’angelo sterminatore<br />
e il Signore passò sopra le case e gli stipiti delle nostre fronti<br />
furono consacrati con il sangue dell’Agnello 64 .<br />
Brevi cenni di sintesi teologica: Pasqua ed Eucaristia<br />
Tentiamo ora di trarre alcune conclusioni in relazione<br />
all’Eucaristia. Anzitutto, si deve riconoscere che è impossibile<br />
comprendere numerosi elementi dei Vangeli, del NT e della liturgia<br />
cristiana, senza conoscere la liturgia e le feste ebraiche 65 . Afferma<br />
R. Le Déaut:<br />
62 Così recita TgLam 2,22: «Tu chiamerai il tuo popolo alla libertà, la casa<br />
d’Israele, per mezzo del Messia, allo stesso modo in cui hai fatto per mezzo di<br />
Mosè e Aronne, nel giorno di Pasqua». Che la notte di Pasqua avesse un forte<br />
significato escatologico già al tempo di Gesù, è testimoniato anche da Ger<br />
38,8 (LXX): qui si aggiunge al TM che la salvezza e il raduno del popolo dall’esilio<br />
avverrà en eortï fasek («nella festa di Pasqua»).<br />
63 Anche nel libro di Ester, la liberazione avviene la notte di Pasqua: in TgEst<br />
5,14 e 6,1 si sottolinea l’importanza della notte. Nel NT, Pietro è liberato dal<br />
carcere durante la notte di Pasqua (At 12,1-18).<br />
64 Girolamo, In Matth. IV,25,6. Per questa ragione, continua S. Girolamo,<br />
non è lecito che la Veglia Pasquale finisca prima di mezzanotte. Che tale tradizione<br />
fosse forte tra i primi cristiani, specialmente quelli proveniente dall’ebraismo,<br />
è testimoniato da un manoscritto dell’IX° secolo che riporta una tradizione<br />
che risalirebbe addirittura al Vangelo degli Ebrei, uno dei più antichi vangeli<br />
apocrifi (II° sec. d.C.); è stato merito di R. CANTALAMESSA, La Pasqua della<br />
nostra salvezza, 209-210, aver destato per la prima volta l’attenzione sull’interesse<br />
di questo testo. La tradizione era già presente in Lattanzio, Div. instit.<br />
VII,19,3.<br />
65 «Lo studio delle tradizioni orali contenute nei Midrashim e nella Mishnà<br />
diventeranno tanto importanti quanto i testi di Qumran o i testi apocalittici. La<br />
liturgia giudaica non potrà più essere ignorata, anche se va studiata con criteri<br />
scientifici. Bisognerà abbandonare alcune categorie ellenistiche per aprirsi al
Sarebbe impoverire in modo particolare il significato delle feste cristiane<br />
il non rimetterle nella così ricca cornice della tradizione ebraica,<br />
dove esse sono nate. La liturgia del tempio e quella della sinagoga possono<br />
essere considerate come la culla della nuova religione 66 .<br />
Occorre però sottolineare qui non solo la continuità, ma anche il<br />
compimento avvenuto nella liturgia cristiana, compimento che<br />
implica anche una discontinuità, o meglio un certo «superamento» 67<br />
e ciò vale anche per la festa di Pasqua:<br />
Celebrando l’Ultima Cena con i suoi Apostoli durante un banchetto<br />
pasquale, Gesù ha dato alla Pasqua ebraica il suo significato definitivo.<br />
Infatti, la nuova Pasqua, il passaggio di Gesù al Padre attraverso la sua<br />
Morte e la sua Risurrezione, è anticipata nella Cena e celebrata<br />
nell’Eucaristia, che porta a compimento la Pasqua ebraica e anticipa la<br />
pasqua finale della chiesa nella gloria del Regno 68 .<br />
Recentemente, Benedetto XVI ha affermato esplicitamente che<br />
Gesù ha celebrato la cena pasquale e ha seguito i riti d’Israele. Egli<br />
ha voluto tuttavia sottolineare nel contempo la novità della Nuova<br />
Alleanza nel sangue di Cristo:<br />
Insieme con i discepoli Egli celebrò la cena pasquale d’Israele, il<br />
memoriale dell’azione liberatrice di Dio che aveva guidato Israele dalla<br />
mondo ebraico quale autentico ambiente vitale del NT. Questo significa in termini<br />
molto poveri uno studio approfondito della lingua ebraica. (…) anche nel<br />
campo della patristica i Padri della Chiesa dovranno essere studiati in parallelo<br />
con i rabbini della stessa zona geografica e dello stesso periodo. I liturgisti<br />
dovranno rivedere alcune posizioni. Perché aver soppresso la festa della circoncisione<br />
di Gesù quando si parla tanto di Gesù ebreo? Perché aver eliminato<br />
tutte le tracce della festa di Sukkot nella liturgia cristiana mentre la liturgia delle<br />
quattro tempora le aveva conservate? È arrivato il tempo di studiare seriamente<br />
la liturgia di Gerusalemme madre di tutte le altre liturgie», F. MANNS, “Il dialogo<br />
ebraico-cristiano” en V. BROSCO, La luce di Israele (Napoli 1999) 295-296.<br />
66 Cf. R. LE DÉAUT, Liturgie juive et Nouveau Testament: le témoignage des<br />
versions araméennes (Rome 1965) 18 (trad. nostra).<br />
67 Come ha sottolineato la Pontificia Commissione Biblica nel suo documento<br />
Il popolo ebraico e le sue sacre scritture nella Bibbia cristiana (Città del<br />
Vaticano 2001) II,21, non si dovrebbe mai dimenticare questo elemento del<br />
superamento, per un’equilibrata teologia del compimento, secondo il principio<br />
di Ambrogio Autpert: non solum impletur, verum etiam transcenditur (cf n. 39).<br />
68 CCC 1340.<br />
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Tematiche Teologiche<br />
in relazione all’Eucaristia<br />
3-25<br />
teologia<br />
19
sacra<br />
scrittura e<br />
teologia<br />
MAURIZIO BUIONI<br />
SapCr XXIV<br />
OTTOBRE-DICEMBRE 2009<br />
teologia<br />
20<br />
schiavitù alla libertà. Gesù segue i riti d’Israele. Recita sul pane la preghiera<br />
di lode e di benedizione. Poi però avviene una cosa nuova. Egli<br />
ringrazia Dio non soltanto per le grandi opere del passato; lo ringrazia<br />
per la propria esaltazione che si realizzerà mediante la Croce e la<br />
Risurrezione, parlando ai discepoli anche con parole che contengono la<br />
somma della Legge e dei Profeti: “Questo è il mio Corpo dato in sacrificio<br />
per voi. Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio Sangue” 69 .<br />
Ogni domenica, il cristiano celebra la Pasqua. Questo era chiaro<br />
per i primi cristiani. Eusebio di Cesarea afferma:<br />
I seguaci di Mosè immolavano l’agnello pasquale una sola volta l’anno,<br />
il 14 del primo mese, a sera. Noi, invece, uomini del Nuovo<br />
Testamento, celebrando la nostra Pasqua tutte le domeniche, ci saziamo<br />
in continuazione del Corpo del Salvatore e comunichiamo in continuazione<br />
al Sangue dell’agnello (...). Perciò ogni settimana noi celebriamo<br />
la nostra Pasqua 70 .<br />
Ma anche ogni celebrazione dell’Eucaristia è celebrazione della<br />
Pasqua, come asserisce decisamente (e polemicamente) S. Giovanni<br />
Crisostomo:<br />
La Pasqua si celebra tre volte la settimana, talvolta anche quattro, o piuttosto<br />
ogni volta che lo vogliamo. La Pasqua infatti non consiste nel digiuno,<br />
ma nell’oblazione e nel sacrificio che si realizza in ogni sinassi 71 .<br />
Se è vero che la celebrazione dell’Eucaristia è celebrazione della<br />
Pasqua, gli elementi teologici antichi e fondamentali della Pasqua<br />
ebraica, sopra delineati, possono illuminare alcuni aspetti della teologia<br />
dell’Eucaristia. Ciò che si predica della Pasqua si può predicare<br />
dell’Eucaristia.<br />
L’Eucaristia, in quanto Pasqua, è un passaggio di Dio, che fa passare<br />
l’uomo dalla schiavitù alla libertà, dalla morte alla vita, da questo<br />
mondo al Regno. Questo implica l’importanza di sottolineare<br />
l’aspetto dinamico dell’Eucaristia, come i Vescovi hanno fatto<br />
recentemente:<br />
69 Omelia durante la S.Messa a Colonia, in occasione della XX Giornata<br />
Mondiale della Gioventù, 21/08/2005.<br />
70<br />
EUSEBIO DI CESAREA, De solemn. paschali, 7.<br />
71<br />
GIOVANNI CRISOSTOMO, Adv. Iudaeos, III, 4.
Nella celebrazione dell’Eucaristia Gesù, sostanzialmente presente, ci<br />
introduce tramite il Suo Spirito nella pasqua: passiamo dalla morte alla<br />
vita, dalla schiavitù alla libertà, dalla tristezza alla gioia. La celebrazione<br />
dell’Eucaristia rafforza in noi questo dinamismo pasquale e consolida<br />
la nostra identità» 72 .<br />
L’Eucaristia, in quanto Pasqua, implica in sé il concetto di sacrificio.<br />
La categoria del sacrificio va vista però nel contesto del compimento<br />
da parte di Gesù Cristo delle realtà anticotestamentarie:<br />
Gesù è il Vero Agnello Pasquale, il Nuovo Isacco, il giusto-Servo<br />
sofferente. Egli ha il potere di liberare l’uomo dal peccato, grazie<br />
alla sua libera offerta di sé e al suo sangue, che è un memoriale di<br />
salvezza. L’offerta libera e volontaria di Cristo sulla Croce, la sua<br />
non resistenza al male, il suo compiere il Servo di YHWH di Is 53<br />
indicano che egli è l’Uomo Nuovo del Sermone della Montagna,<br />
l’Uomo della Pasqua che ha travalicato l’impossibilità di amare: la<br />
sua donazione, il suo sacrificio è già Resurrezione e ci rende partecipi<br />
di questa. È così possibile per il cristiano, grazie alla potenza<br />
dinamica dell’Eucaristia, il cambiamento di vita. Così hanno affermato<br />
recentemente i Vescovi nel Sinodo sull’Eucaristia:<br />
Nel contesto della cena rituale ebraica, che concentra nel memoriale<br />
l’evento passato della liberazione dall’Egitto, la sua rilevanza presente<br />
e la promessa futura, Gesù inserisce il dono totale di Sé. Il vero Agnello<br />
immolato si è sacrificato una volta per tutte nel mistero pasquale ed è<br />
in grado di liberare per sempre l’uomo dal peccato e dalle tenebre della<br />
morte 73 .<br />
Il concetto di sacrificio non va inteso pertanto come un concetto<br />
statico, ma come parte del Mistero Pasquale: l’Eucaristia rende presente<br />
e attuale il Sacrificio che Cristo ha offerto al Padre sulla Croce,<br />
la sua totale auto-donazione, e in questo senso è un memoriale e non<br />
solo una memoria. Dio «si ricorda» del Nuovo Isacco e del Vero<br />
Agnello, possiamo essere totalmente liberi e rinnovati, entrare nella<br />
festa. Abbiamo visto come nell’immolazione dell’agnello, durante<br />
la Pasqua, ogni israelita era sacerdote. La Chiesa è veramente un<br />
72 Propositio n°3, XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi,<br />
23/10/05 (corsivo dell’autore).<br />
73 Propositio n°3, XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi,<br />
23/10/05.<br />
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scrittura<br />
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Tematiche Teologiche<br />
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teologia<br />
22<br />
popolo sacerdotale (cf. 1Pt 2,5.9; Ap 1,6; 5,10; 20,6), chiamato alla<br />
partecipazione attiva, pur nel rispetto del ruolo insostituibile del<br />
sacerdozio ministeriale.<br />
L’Eucaristia, in quanto Pasqua, è un memoriale di salvezza, un<br />
canto di esultanza per gli interventi di salvezza che Dio ha operato<br />
nella storia, in primo luogo dell’Esodo di Cristo, che è il suo Mistero<br />
Pasquale: la Pasqua è un canto alla Resurrezione di Cristo. La<br />
Liturgia della Parola è questa proclamazione della salvezza operata,<br />
che è resa attuale. Per il cristiano, l’Esodo si è compiuto nel Mistero<br />
Pasquale di Cristo. Fare memoriale significa che in Cristo si fa<br />
attuale per lui la libertà dalla schiavitù, significa passare da questo<br />
mondo al Regno dei Cieli.<br />
Nell’Eucaristia, come nella Pasqua, si fa memoriale degli eventi<br />
di salvezza, facendo risuonare la Parola ascoltata. La Parola dovrebbe<br />
trovare la sua eco nella vita concreta del Popolo di Dio, di modo<br />
che ciascun membro si possa sentire parte attiva della storia di salvezza<br />
che Dio continua ad operare. Nell’Eucaristia, come nella<br />
Pasqua, è fondamentale la trasmissione di fede ai figli, che si<br />
domandano: «Perché questo rito?». Ciò deve dare l’occasione ai<br />
genitori di testimoniare che la Parola ascoltata si è fatta carne nella<br />
loro vita e si farà carne, se accolta, di generazione in generazione.<br />
Nell’Eucaristia, in quanto Pasqua, la preparazione spirituale e<br />
materiale è molto importante. Ogni celebrazione è pasquale: ciò si<br />
deve riflettere nella bellezza degli spazi liturgici e nella preparazione<br />
materiale e spirituale. L’Eucaristia è un banchetto pasquale. Ogni<br />
Eucaristia è una festa. Il vino è un simbolo della festa: è un peccato<br />
che dopo aver ascoltato il comando di Cristo: «Prendetene e bevetene<br />
tutti», l’assemblea non possa comunicare al Sangue di Cristo e<br />
si perda così il segno visibile della festa nella celebrazione. Non<br />
dare di bere il calice con il vino è un vero abuso verso i fedeli e può<br />
anche riflettere un certo clericalismo che ancora oggi sussiste. Per di<br />
più, il fatto che si usi spesso e volentieri il vino bianco sminuisce<br />
(non nella sostanza ovviamente, ma di sicuro nella visibilità del<br />
segno!) la forza delle parole d’istituzione: «Questo è il mio sangue».<br />
Ogni Eucaristia, in quanto Pasqua, è entrare nel riposo messianico,<br />
unirsi alla Liturgia Celeste, pregustare il Cielo. Nell’Eucaristia si sperimenta<br />
la vera libertà dalla schiavitù del peccato, si è come «distesi»<br />
con Cristo, che passa a servirci, e al cui seno, come il discepolo che<br />
Gesù amava, possiamo accostarci. Nel banchetto Pasquale sperimentiamo<br />
l’intimità conviviale con il Messia: «Ecco, sto alla porta e
usso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da<br />
lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20). Tale unione con Cristo<br />
nel banchetto pasquale è un’anticipazione della vita eterna.<br />
Ogni Eucaristia, in quanto Pasqua, è densa di attesa escatologica<br />
e messianica. Si annuncia la morte del Signore finché egli venga<br />
(1Cor 11,26), gridando: «Maranathà! Vieni Signore Gesù» (1Cor<br />
16,22; Ap 22,20).<br />
È chiaro che senza kerygma (perché l’Eucaristia realizza il kerygma)<br />
e senza fede (perché l’Eucaristia è una risposta di esaltazione<br />
agli interventi di Dio in Gesù Cristo e nella nostra storia) in un processo<br />
d’iniziazione cristiana, non si entra veramente nel dinamismo<br />
dell’Eucaristia come Pasqua.<br />
I cristiani sono gli uomini della Pasqua, fanno Pasqua e hanno la<br />
missione di far “passar” questa generazione dalla sponda della<br />
morte all’altra riva, la sponda della vita eterna, della risurrezione.<br />
L’Eucaristia dei primi cristiani era un canto alla risurrezione, e oggi<br />
possiamo chiederci: dove si vede nella Messa la risurrezione?<br />
La sfida è come restituire la partecipazione nell’Eucaristia come<br />
Pasqua (la sua unità e dinamismo pasquale) al Popolo di Dio oggi.<br />
La risposta non può essere diversa: attraverso una Nuova<br />
Evangelizzazione con catechesi che possano arrivare al cuore dell’uomo<br />
d’oggi e che porti a un’iniziazione cristiana (catecumenato)<br />
con una adeguazione fra fede, liturgia e vita cristiana, scoprendo<br />
nuovamente le nostre redici nella Scrittura, nel grande patrimonio<br />
spirituale comune con gli ebrei, avendo in conto la fede e la vita religiosa<br />
del popolo ebraico, così come queste sono professate e vissute<br />
ancora oggi.<br />
L’Eucaristia, com’era celebrata nella Chiesa primitiva, ha affascinato<br />
un rabbino capo di Roma, che in un giorno di Yom Kippur riconobbe<br />
in Gesù il Messia. Egli, grazie al suo contatto vivo con<br />
l’ebraismo, poteva comprendere bene tutta la forza pasquale insita<br />
nell’Eucaristia:<br />
Rimasi, per così dire, incatenato alla Dottrina Apostolica sull’Eucaristia<br />
per anni. Rubacchio ancora oggi ogni tanto un pò di tempo<br />
a me stesso, anche se talvolta mi piego sotto il peso dei lavori, pur di<br />
ritornare alla Didachè, al capitolo sull’Eucaristia 74 .<br />
74 E. ZOLLI Prima dell’alba (Cinisello Balsamo 2004 2 ) 189.<br />
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scrittura<br />
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Tematiche Teologiche<br />
in relazione all’Eucaristia<br />
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MAURIZIO BUIONI<br />
SapCr XXIV<br />
OTTOBRE-DICEMBRE 2009<br />
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24<br />
THEOLOGICAL THEMES RELATED TO THE<br />
EUCHARIST<br />
By Maurizio Buioni, C.P.<br />
We include this article with a positive (as against speculative)<br />
research into the interior of a progressive rediscovery regarding the<br />
roots of our <strong>Christi</strong>an faith in the Old Testament which is going on<br />
in the Church. This is a matter of no minor importance or which<br />
merely interests specialists. The proper rooting of the <strong>Christi</strong>an message<br />
within the culture in which it was born and is expressed allows<br />
for a better understanding of it. This in turn is a condition for the<br />
spiritual efficacy of the gift in the very mystery of God.<br />
THÉMATIQUE THÉOLOGIQUE EN RELATION À<br />
L’EUCHARISTIE<br />
De Maurizio Buioni c.p.<br />
Cet article va de pair avec une recherche positive (non spéculative<br />
ou critique) à l’intérieur d’une redécouverte progressive des racines<br />
de la foi chrétienne dans l’Ancien Testament en acte dans l’Eglise.<br />
Ce n’est pas là un argument de seconde importance, ou qui n’intéresse<br />
que les spécialistes. Le juste enracinement du message chrétien<br />
dans la culture dans laquelle il est né et s’est exprimé en permet<br />
la juste compréhension. Celle-ci, à son tour, est une condition<br />
de l’efficacité spirituelle du don, dans le mystère même de Dieu.<br />
TEMAS TEOLÓGICOS EN RELACIÓN CON LA<br />
EUCARISTÍA<br />
De Maurizio Buioni c.p.<br />
ENG<br />
FRA<br />
ESP<br />
Este artículo se inserta en una investigación positiva (no especulativa<br />
o crítica) dentro de un descubrimiento progresivo de las raíces<br />
de la fe cristiana en el Antiguo Testamento de hecho en la Iglesia.<br />
No es un argumento de importancia secundaria, o que interese solamente<br />
a los especialistas. La precisa radicación del mensaje cristia-
no en la cultura en la que ha nacido y se ha expresado nos permite<br />
una comprensión cabal. Ésta, a su vez, es condición de la eficacia<br />
espiritual del don, en el misterio mismo de Dios.<br />
GER<br />
THEOLOGISCHE FRAGEN IN BEZUG AUF DIE<br />
EUCHARISTIE<br />
von Maurizio Buioni c. p.<br />
Dieser Artikel lässt sich als positivistische Untersuchung (sie ist<br />
also weder kritisch noch spekulativ) einer in der Kirche größer werdenden<br />
Tendenz zuordnen, welche die Wurzeln des christlichen<br />
Glaubens im Alten Testament wiederentdeckt. Die Fragestellung ist<br />
an sich von Bedeutung und sollte nicht nur Spezialisten interessieren.<br />
Denn eine korrekte Verankerung der christlichen Botschaft in<br />
jener Kultur, in der sie geboren und ausgedrückt wurde, bildet die<br />
Grundlage für deren rechtes Verständnis. Ein solches ist wiederum<br />
Voraussetzung für die geistige Wirksamkeit der Gabe im Geheimnis<br />
Gottes.<br />
POL<br />
PROBLEMY TEOLOGICZNE ZWIĄZANE Z<br />
EUCHARYSTIĄ<br />
Maurizio Buioni c. p.<br />
Artykuł ten poprzez badania pozytywne (w odróżnieniu od<br />
spekulatywnych i krytycznych) wpisuje się w stopniowe odkrywanie<br />
korzeni wiary chrześcijańskiej w Starym Testamencie, które ma<br />
miejsce w Kościele. Nie jest to zagadnienie drugoplanowej wagi,<br />
czy te˝ takie, które interesowałoby tylko specjalistów. Właściwe<br />
zakorzenienie przesłania chrześcijańskiego w kulturze, w której się<br />
ono narodziło i znalazło swój wyraz, pozwala na jego właściwe<br />
zrozumienie. To zaś jest z kolei warunkiem skuteczności duchowej<br />
daru w samym misterium Boga.<br />
sacra<br />
scrittura<br />
e<br />
teologia<br />
Tematiche Teologiche<br />
in relazione all’Eucaristia<br />
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teologia<br />
25
di ADOLFO LIPPI C.P.<br />
A venticinque anni dall’approvazione delle nuove Costituzioni<br />
dei <strong>Passio</strong>nisti, si offre qui una riflessione sulla teologia che le<br />
ha ispirate, che può valere anche per altri Istituti e Movimenti<br />
spirituali. Essa pone all’esame, inoltre, il problema della ricezione<br />
del concilio Vaticano II a livello di Istituti, Movimenti spirituali<br />
e chiese locali, una ricezione<br />
che, come è evidente, non si<br />
verifica automaticamente, ma è<br />
soggetta a resistenze e, a volte,<br />
opposizioni.<br />
1. Premessa: L’origine<br />
delle nuove costituzioni<br />
dal Concilio Vaticano II e i<br />
principi del Rinnovamento<br />
della Vita religiosa<br />
Ricorre quest’anno il venticinquesimo anniversario dall’approvazione<br />
delle Costituzioni della Congregazione della<br />
<strong>Passio</strong>ne da parte della Congregazione dei Religiosi ed<br />
1 Bibliografia essenziale: J. L. Quintero Sanchez, “Progetto teologale di esistenza”,<br />
La dimensione teologica e teologale come chiavi di lettura e accoglienza<br />
vitale, in BIP, n. 20, pp. 3-9; M. Bialas, A. P. Hennessy, C. Brovetto, T. M.<br />
Newbold, L. Novoa, G. Cingolani, Commenti sulle Costituzioni generali C. P,<br />
cap. I e II., Roma, 1987 (Collana Ricerche di storia e spiritualità passionista,<br />
35);.F. Sucher, O. Mondragòn, A. Lippi, H. Gielen, A. De Battista, Commenti<br />
sulle Costituzioni…, cap. III e IV, Roma, 1986 (Ricerche…, 36); F. Giorgini, N.<br />
Gonzalez, B. Lowe, Commentisulle Costituzioni… cap V, Roma, 1987<br />
(Ricerche… 40); B. Ahern, A. M. Artola, S. Breton, E. Delaney, La memoria<br />
<strong>Passio</strong>nis nelle Costituzioni, Roma, 1986, (Ricerche…39); A. De Battista, A.<br />
Smith, A. Lippi, F. Daugherty, G. Siaunneau, Aspetti pastorali della Memoria<br />
<strong>Passio</strong>nis, Roma, 1986, (Ricerche…38).<br />
sacra<br />
scrittura<br />
e<br />
teologia<br />
LA TEOLOGIA<br />
CONTENUTA<br />
NEL TESTO<br />
DELLE<br />
COSTITUZIONI<br />
DEI PASSIONISTI 1<br />
La teologia<br />
contenuta nel testo<br />
delle costituzioni<br />
dei <strong>Passio</strong>nisti<br />
27-52<br />
teologia<br />
27
sacra<br />
scrittura e<br />
teologia<br />
ADOLFO LIPPI<br />
SapCr XXIV<br />
OTTOBRE-DICEMBRE 2009<br />
teologia<br />
28<br />
Istituti secolari, firmata dall’allora Prefetto Cardinal Pironio. Le<br />
nuove Costituzioni della Congregazione della <strong>Passio</strong>ne, come quelle<br />
di tutti gli altri Istituti di Vita consacrata, sono state volute dal<br />
Concilio Vaticano II. Il Decreto conciliare Perfectae caritatis, de<br />
accomodata renovatione vitae religiosae, ai nn. 3 e 4 prescriveva di<br />
rivedere le Costituzioni e altri libri giuridici, coinvolgendo in questo<br />
rinnovamento tutti i membri dell’Istituto. Si stabilivano anche alcuni<br />
principi teologici e spirituali validi per tutti gli Istituti di Vita consacrata,<br />
principi che terrò presenti nell’analizzare la teologia contenuta<br />
nel testo delle Costituzioni dei <strong>Passio</strong>nisti.<br />
In seguito il motu proprio Ecclesiae sanctae, di Paolo VI, nella<br />
sezione seconda, determinava le norme per l’applicazione del decreto<br />
Perfectae caritatis, soprattutto indicendo un Capitolo generale<br />
speciale (Parte I, I, nn. 1 ss). L’ Ecclesiae sanctae è del 1966. Il<br />
Capitolo generale ordinario o straordinario doveva essere celebrato<br />
nello spazio di due o tre anni. La Congregazione passionista celebrò<br />
il Capitolo generale straordinario in due sessioni, negli anni 1968 e<br />
1970. Tale Capitolo doveva essere preceduto da un’ampia consultazione<br />
della Congregazione (n. 4), cosa che fu attuata con un’indagine<br />
raccolta in tre volumi.<br />
Il decreto Ecclesiae sanctae indicava anche alcuni elementi che<br />
non dovevano mancare nella revisione dei testi legislativi di ciascun<br />
Istituto di Vita consacrata: non doveva mancare un elemento spirituale,<br />
fondato su principi evangelici, teologici ed ecclesiologici e<br />
non doveva mancare un elemento giuridico per definire chiaramente<br />
il carattere, il fine e i mezzi propri dell’Istituto (nn. 12 e 13). Si<br />
indicavano altresì alcuni criteri di adeguato rinnovamento: tenere<br />
presente la Perfectae caritatis, ma anche gli altri documenti del<br />
Concilio, dare importanza alla Parola di Dio, allo studio della vita<br />
religiosa in genere e del proprio “spirito di origine”, scartando gli<br />
elementi non più in uso che non fanno parte dell’essenza<br />
dell’Istituto, stabilire una forma di governo che coinvolga tutti i<br />
membri della Comunità, continuare anche in seguito il rinnovamento<br />
(nn. 15-19).<br />
Seguivano alcune esortazioni riguardanti punti particolari: la partecipazione<br />
alla recita dell’Ufficio divino sia preferita a quella di<br />
uffici particolari, si dedichi tempo all’orazione mentale togliendo<br />
magari altre pratiche devote, si favoriscano forme di mortificazione<br />
e di povertà adeguate ai tempi, non escludendo la rinuncia ai beni<br />
patrimoniali per chi lo desidera, la vita comune sia adattata all’apo-
stolato attuale, variando, se necessario, gli orari. Particolare spazio<br />
era dato alle norme sulla formazione dei religiosi. Vi si parlava<br />
anche delle conferenze di superiori maggiori, della possibile unione<br />
o soppressione di Istituti (nn. 20-44).<br />
La prima considerazione<br />
da fare<br />
2. L’incipit narrativo<br />
sulla teologia<br />
contenuta nelle<br />
Costituzioni della<br />
Congregazione della <strong>Passio</strong>ne, credo che debba riguardare proprio i<br />
primi numeri del Capitolo I, che ha per titolo I fondamenti della<br />
nostra vita. E’ nota a tutti ormai l’espressione teologia narrativa,<br />
alla quale a volte fa riferimento anche papa Ratzinger, espressione<br />
che si oppone, almeno implicitamente, a quella di teologia speculativa,<br />
che fa riferimento ad uno stile teologico certamente prevalente<br />
fino al Concilio Vaticano II. La teologia narrativa si vuole allacciare<br />
alla teologia della Storia della salvezza. La salvezza si attua nella<br />
storia, anzi essa stessa ha una storia ed è storia. Si può collegare questa<br />
scelta della narrazione al posto delle definizioni astratte con<br />
l’uso del presente indicativo al posto dell’imperativo che caratterizza<br />
molte nuove Costituzioni: siamo radunati in comunità apostoliche…<br />
vogliamo rimanere fedeli allo spirito evangelico e all’eredità<br />
del nostro Fondatore (n. 2), ecc.<br />
Le Costituzioni dei <strong>Passio</strong>nisti cominciano con riferimenti storici<br />
e personali, riferimenti a fatti precisi e ad una precisa persona, che<br />
è il Fondatore San Paolo della Croce. Prima dell’adesione ad una<br />
teoria teologica o ad una proposta spirituale, c’è la collocazione<br />
della propria chiamata all’interno e al seguito di un’altra chiamata<br />
accaduta nella storia e riconosciuta dalla Chiesa. Il numero 1 descrive<br />
la chiamata di Paolo e dei compagni che lui radunò, il n. 2 il riconoscimento<br />
dell’Autorità ecclesiastica. Vi si descrive un carisma che<br />
però non è tanto personale quanto comunitario ed ecclesiale.<br />
“1. San Paolo della Croce radunò compagni perché vivessero<br />
insieme per annunciare agli uomini il Vangelo di Cristo… Dispose<br />
che essi conducessero vita ‘conforme a quella degli apostoli’ e<br />
coltivassero un profondo spirito di preghiera, di penitenza e di solitudine<br />
per conseguire una più intima unione con Dio ed essere testimoni<br />
del suo amore. Discernendo acutamente i mali del suo tempo,<br />
sacra<br />
scrittura<br />
e<br />
teologia<br />
La teologia<br />
contenuta nel testo<br />
delle costituzioni<br />
dei <strong>Passio</strong>nisti<br />
27-52<br />
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teologia<br />
30<br />
proclamò con insistenza che la <strong>Passio</strong>ne di Gesù, ‘la più grande e<br />
stupenda opera del divino amore, ne è il rimedio più efficace.<br />
2. La Chiesa, avendo riconosciuto in San Paolo della Croce<br />
l’azione dello Spirito Santo, approvò con suprema autorità la nostra<br />
Congregazione e le sue Regole…”<br />
A quest’impostazione il Capitolo generale non giunse immediatamente.<br />
La primitiva stesura di questi numeri cominciava in modo<br />
astratto, come era in uso fino ad allora. Ancora nel Documento di<br />
Madrid, redatto dalla Commissione intersessionale come documento<br />
base della seconda sessione del Capitolo, si diceva: “La<br />
Congregazione della <strong>Passio</strong>ne è una comunità di cristiani che si<br />
sforzano di vivere, con tutti i loro fratelli in Cristo, il mistero della<br />
Morte e della Risurrezione del Signore”. Fu durante l’ultima sessione<br />
che si pervenne all’attuale formulazione storica.<br />
Quest’impostazione anticipa, per così dire, la teologia dei carismi<br />
degli Istituti religiosi che si è andata sviluppando in seguito nella<br />
teologia della vita religiosa, a cominciare dall’uso di questa stessa<br />
parola, che non si trova nei documenti conciliari e postconciliari<br />
riguardanti la vita religiosa. Si parlava allora di spirito dell’Istituto.<br />
Si trova invece nei documenti più ecclesiologici, come la Lumen<br />
Gentium (nn. 4, 7, 12), Ad gentes divinitus, (4), Apostolicam<br />
actuositatem, ecc.) 2 .<br />
Alla luce della teologia narrativa l’intera storia della Chiesa<br />
dovrebbe essere riscritta dando la priorità a quanto lo Spirito opera<br />
nella Chiesa e nel mondo attraverso la Chiesa, luce e strumento di<br />
salvezza per il mondo insieme al suo Capo, Cristo. Non che questo<br />
manchi del tutto nella storiografia ecclesiastica, ma viene collocato<br />
piuttosto come corollario di una storia scritta secondo le categorie<br />
della cultura umana, che, in questo campo come in quello della filosofia,<br />
bisogna chiamare propriamente cultura ellenica, greca.<br />
Giuseppe Flavio faceva sapere ai pagani che, tra gli ebrei, scrivere<br />
la storia apparteneva ai profeti 3 . Anche oggi, infatti, nella bibbia<br />
2 Sull’azione carismatica di Dio per la fondazione degli Istituti religiosi e, in<br />
particolare, su come San Paolo della Croce ha vissuto questa esperienza, cf F.<br />
Ciardi, I Fondatori uomini dello Spirito. Per una teologia del carisma di fondatore,<br />
Città Nuova, Roma, 1982. Su San Paolo della Croce, pp. 54-57; 128-<br />
129; 251-253; 280-283.<br />
3 Contro Apione, 1, 37.
ebraica, il Tanach, i libri storici sono collocati nella stessa categoria<br />
dei libri profetici.<br />
Chi più di tutti si è cimentato nello scrivere una storia dal punto<br />
di vista di ciò che opera lo Spirito per la salvezza e la trasformazione<br />
o, per dirla con Teilhard, per la consacrazione e divinizzazione<br />
del mondo, è stato Sant’Agostino nel De civitate Dei: “Fecerunt itaque<br />
civitates duas amores duo, terrenam scilicet amor sui usque ad<br />
contemptum Dei, caelestem vero amor Dei usque ad contemptum<br />
sui…illa in principibus ejus, vel in eis quas subiugat nationibus<br />
dominandi libido dominatur; in hac serviunt invicem in<br />
caritate et praepositi consulendo et subditi obtemperando” 4 . La<br />
Congregazione della <strong>Passio</strong>ne trova la sua collocazione nella seconda<br />
di queste due città, come un prodotto dello Spirito Santo attraverso<br />
l’ amor Dei usque ad contemptum sui.<br />
3. La <strong>Passio</strong>ne<br />
pietra fondante<br />
di tutta la costruzione<br />
3.1. Non è più il quarto,<br />
ma è il primo dei<br />
voti dei passionisti<br />
Fra tutti gli elementi<br />
che costituiscono la<br />
spiritualità dei passionisti, quello maggiormente condiviso è la<br />
<strong>Passio</strong>ne di Gesù. Tutti riconoscono in essa la fonte della propria<br />
ispirazione religiosa. Ed è nella <strong>Passio</strong>ne di Gesù che le nuove<br />
Costituzioni riconoscono il fulcro di “unità della vita e dell’apostolato”<br />
dei passionisti (n. 5). Perciò la <strong>Passio</strong>ne da quarto voto diventa<br />
il primo (n. 6), non soltanto per fornire un fondamento, ma anche<br />
per assorbire in sé, in qualche modo, gli altri tre voti. La <strong>Passio</strong>ne<br />
che il passionista abbraccia lo porta ad obbedire con la stessa obbedienza<br />
di Gesù al Padre, fino alla morte di croce; la <strong>Passio</strong>ne lo fa<br />
povero fino a morire nudo su una croce, come diceva il Fondatore;<br />
4 De civitate Dei, XIV, 28 (Due amori hanno dunque fondato due città:<br />
l’amore di sé portato fino al disprezzo di Dio ha generato la città terrena;<br />
l’amore di Dio portato fino al disprezzo di sé ha generato la città celeste… in<br />
quella i principi e le nazioni che sottomette sono soggiogati dalla passione per<br />
il dominio; in questa si presentano reciprocamente uniti nella carità i capi nel<br />
comandare e i sudditi nell’obbedire).<br />
sacra<br />
scrittura<br />
e<br />
teologia<br />
La teologia<br />
contenuta nel testo<br />
delle costituzioni<br />
dei <strong>Passio</strong>nisti<br />
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32<br />
e la <strong>Passio</strong>ne lo fa casto come Cristo, che non soltanto non strumentalizzava<br />
niente e nessuno per la propria soddisfazione, ma donò<br />
tutto se stesso agli altri nell’autentico amore oblativo. Per quanto<br />
ricorda il sottoscritto, fu P. Costante Brovetto che, almeno fra noi<br />
passionisti italiani, promosse molto questo trasferimento del quarto<br />
voto al primo posto fra i voti. Nelle stesure delle Costituzioni che<br />
precedettero quella finale non si trova un quarto voto, ma neanche<br />
propriamente un voto fondante come nelle Costituzione attuali. C’è<br />
soltanto un discorso fondamentale sulla <strong>Passio</strong>ne antecedente al<br />
discorso esplicito su ciascuno dei tre voti religiosi.<br />
La formulazione contenuta nella Regola primitiva di San Paolo<br />
della Croce partiva dal promuovere la devozione e la grata memoria<br />
della <strong>Passio</strong>ne. Il capo XVI della Regola, nel testo approvato nel<br />
1775, riportato come testo ispirazionale nelle Costituzioni, aveva<br />
come titolo Del voto di promuovere presso i cristiani la devozione e<br />
grata memoria alla <strong>Passio</strong>ne e morte di Nostro Signore Gesù<br />
Cristo 5 . Si indicavano poi dei mezzi pratici molto concreti per osservare<br />
questo voto: insegnare a meditare la <strong>Passio</strong>ne, parlarne nei<br />
catechismi e nelle prediche, in altre attività apostoliche o, per i fratelli<br />
laici, recitare alcuni Pater ed Ave. Indubbiamente la spiritualità<br />
della <strong>Passio</strong>ne pervadeva tutto il pensiero, la vita, l’apostolato del<br />
Fondatore e dei passionisti. I mezzi per osservare il voto e così<br />
attuare il carisma apparivano come un complemento della spiritualità<br />
generale, soprattutto dei consigli evangelici.<br />
Il titolo delle nuove Costituzioni è molto più teologico: La nostra<br />
consacrazione alla <strong>Passio</strong>ne di Gesù. L’oggetto del voto viene<br />
espresso con le parole “Con tale voto ci obblighiamo a promuovere<br />
la memoria della <strong>Passio</strong>ne di Cristo con la parola e con le opere, per<br />
approfondire la consapevolezza del suo significato e del suo valore<br />
per ogni uomo e per la vita del mondo” (n. 6). E’ un’espressione<br />
altamente significativa ed anche estremamente sintetica. Posto<br />
all’inizio delle Costituzioni, questo voto qualifica ed illumina tutto<br />
quello che segue, come metterò brevemente in evidenza.<br />
5 Testo delle Costituzioni in italiano, p. 34.
3.2. La Memoria <strong>Passio</strong>nis<br />
Ci possiamo domandare se ci sono e quali sono gli elementi principali<br />
della teologia della <strong>Passio</strong>ne e della Croce contenuti nelle<br />
Costituzioni dei <strong>Passio</strong>nisti. Credo che si possa rispondere che questa<br />
teologia e spiritualità sono presenti nelle Costituzioni e vi sono<br />
anche bene espresse, tenendo presente tuttavia la natura di questo<br />
documento e la sua relativa brevità. Il primo tema da evidenziare<br />
può essere quello del fare memoria della <strong>Passio</strong>ne. Questa espressione,<br />
che precedentemente si era portati ad intendere come un<br />
richiamare alla mente i vari momenti della <strong>Passio</strong>ne, con la meditazione<br />
o con pratiche quali la Via Crucis, è stato inserito dentro una<br />
teologia del fare memoria, che pervade tutta la Bibbia, tanto<br />
l’Antico quanto il Nuovo Testamento ed è attestata nel momento<br />
culminante della vita di Gesù, l’ultima Cena e l’istituzione<br />
dell’Eucaristia. All’interno della Congregazione della <strong>Passio</strong>ne,<br />
furono promossi incontri di studio e commenti su questi temi fondamentali<br />
delle Costituzioni. Per comprendere il senso teologico del<br />
fare memoria, i contributi più importanti furono offerti da due noti<br />
biblisti passionisti, l’americano Barnabas Ahern e lo spagnolo<br />
Antonio Artola 6 . Essi sintetizzano quanto di meglio si trova nella<br />
teologia su questo argomento. L’articolo di Ahern contiene un paragrafo<br />
dal titolo Insegnamento biblico sulla contemporaneità della<br />
Morte-Risurrezione di Cristo. Ahern lo tratta sia in rapporto alla<br />
Bibbia che in rapporto alla spiritualità del Fondatore. Va tenuto presente<br />
questo insegnamento per comprendere poi quanto le<br />
Costituzioni dicono sul rapporto fra Gesù Crocifisso e i crocifissi di<br />
oggi (n. 65), terminologia che fece un’impressione negativa su alcuni<br />
passionisti. Si possono collegare questi insegnamenti alle profonde<br />
riflessioni che fa Kierkegaard sulla contemporaneità di ogni cristiano<br />
a Cristo che si attua con la fede 7 .<br />
6 Cf AA. VV., La Memoria <strong>Passio</strong>nis nelle Costituzioni…cit., 1-31.<br />
7 Cf Scuola di cristianesimo, Comunità, Milano, 1960, 13.<br />
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contenuta nel testo<br />
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3.3. La croce come automanifestazione di Dio in San Paolo della<br />
Croce e nelle Costituzioni<br />
C’è una teologia della Croce che vede nel mistero pasquale<br />
soprattutto l’espiazione dell’offesa fatta a Dio e c’è una teologia<br />
della Croce che vede in esso piuttosto la manifestazione del mistero<br />
profondo di un Dio che si qualifica come Agàpe, amore, dono di sé.<br />
La prima si esprimeva nella ben nota concezione anselmiana della<br />
riconciliazione che si otteneva con una riparazione adeguata alla<br />
dignità dell’Offeso, che essendo Dio Padre, non poteva essere offerta<br />
altro che da un Figlio che fosse Egli stesso Dio. La seconda ritiene<br />
invece che la riconciliazione parta dalla gratuità costitutiva dello<br />
stesso Dio Padre (`O qeÕj g£ph st…n/ , 1 Gv 4, 16), che offre il<br />
proprio Figlio al mondo con un inesprimibile sacrificio quasi strappandoselo<br />
dal seno: sic Deus (Pater) dilexit mundum ut Filium suum<br />
unigenitum daret. (Gv 3, 16). Questo atto di donazione costituisce<br />
anche quella che il Concilio chiamerà l’autorivelazione di Dio 8 .<br />
Gesù è l’icona vivente dell’invisibile Iddio (Col 1, 15), Colui che<br />
manifesta l’inconoscibile Dio (Gv 1, 18). Se Dio è, per sua essenza,<br />
amore e non c’è amore più grande di quello che è dimostrato dal<br />
dono di sé nella Croce (Gv 15, 13), Dio si conosce nella croce.<br />
Balthasar esprimerà questa nuova theologia crucis con una teoria<br />
che va assai oltre tutto ciò che lo stesso Lutero e i teologi evangelici<br />
di oggi, ad esempio Barth o Moltmann, avevano potuto formulare:<br />
la teoria della Ur-Kenose, cioè della originaria kenosi del Padre,<br />
anteriore alla stessa kenosi del Figlio 9 . Oggi la cattedra Gloria<br />
Crucis, organizzata dai <strong>Passio</strong>nisti in collaborazione con<br />
l’Università Lateranense, sta portando avanti una ricerca a vari livelli<br />
sulla nuova immagine di Dio postulata da un approfondimento<br />
della theologia crucis e da un’emancipazione della teologia - in<br />
quanto conoscenza del mistero del Dio inconoscibile - dalla tutela<br />
della speculazione filosofica greca 10 .<br />
8 Cf Dei Verbum, 2.<br />
9 Rimando, per una presentazione di questa teologia, al mio articolo La<br />
croce nella Trinità. La teologia Crucis di H. U. v Balthasar, in Sap Cr, X (1995),<br />
225-254.<br />
10 Cf AA. VV., Quale volto di Dio rivela il Crocifisso?, OCD, Roma, 2006; F.<br />
Taccone (ed.), La visione del Dio invisibile nel volto del Crocifisso, OCD, Roma,<br />
2008; F. Taccone (ed.), Stima di sé e kenosi, OCD, Roma, 2008; F. Taccone<br />
(ed.), Croce e identità cristiana di Dio nei primi secoli, OCD, Roma, 2009.
San Paolo della Croce, come altri santi, aveva scoperto per<br />
proprio conto ed anticipato le odierne acquisizioni della theologia<br />
crucis con le espressioni mistiche che ripete varie volte: la <strong>Passio</strong>ne<br />
è “la più grande e stupenda opera del Divino Amore” 11 , o “il miracolo<br />
dei miracoli del Divino Amore” 12 . Dal mare della Divina Carità<br />
procede, per lui, il mare della <strong>Passio</strong>ne Santissima di Gesù che sono<br />
due mari in uno 13 . Le Costituzioni richiamano fin dal n. 1 la prima<br />
di queste citazioni.<br />
3.4. La croce come potenza di Dio, kenosi e paradigma della<br />
consacrazione battesimale<br />
Al n. 5 delle Costituzioni la <strong>Passio</strong>ne è presentata come rivelazione<br />
della potenza di Dio che pervade il mondo per distruggere il<br />
potere del male e instaurare il Regno di Dio. E’ una presentazione<br />
importante: quella che secondo la mentalità del mondo è la più grande<br />
debolezza e sconfitta, costituisce la manifestazione della potenza<br />
e la gloria stessa di Dio che così instaura il suo Regno.<br />
Immediatamente dopo, nello stesso numero, c’è un richiamo alla<br />
kenosi, cosa che fa evitare ogni pericolo di interpretazione mondana<br />
della potenza di Dio. C’è una kenosi del Cristo e una kenosi del<br />
cristiano, derivante dalla configurazione a Lui e dalla condivisione<br />
della sua vita e missione. Il discorso sulla consacrazione a Dio per<br />
mezzo dei consigli evangelici è introdotto giustamente, in un modo<br />
veramente passiologico, rimandando alla consacrazione fondamentale<br />
che è quella battesimale. Del battesimo si ricorda la caratteristica<br />
lumeggiata da Paolo nella lettera ai Romani, (6, 1-11), quella di<br />
essere immersione nella morte e sepoltura di Gesù per riemergere<br />
diversi ad una vita nuova. Potenza della croce, kenosi e battesimo<br />
nella morte e risurrezione di Gesù sono i tre temi fondamentali di<br />
una spiritualità passionista, ricondotta chiaramente, alla luce del<br />
Concilio Vaticano II, alla Parola di Dio.<br />
11 Lettere di San Paolo della Croce, Roma, 1924, II, 499, a Sr. Colomba<br />
Gandolfi, 21 – 08 – 1756.<br />
12 Lettere, cit., II, 726, a Lucia Burlini, 17 – 08 – 1751.<br />
13 Lettere, cit., II, 717, a Lucia Burlini, 04 – 07 – 1748.<br />
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3.5. La <strong>Passio</strong>ne e i tre voti della Vita consacrata<br />
La configurazione a Cristo Crocifisso è richiamata esplicitamente<br />
anche nei numeri riguardanti i singoli voti: parlando della povertà<br />
si ricorda che Cristo per noi ha offerto tutto, anche la vita (n. 14).<br />
Si richiama qui l’insegnamento del Fondatore secondo cui la povertà<br />
è il vessillo sotto il quale milita tutta la Congregazione. Forse si<br />
poteva ancor meglio richiamare il rimando contenuto nelle Regole<br />
primitive, altrettanto noto fra i passionisti, all’esempio di Cristo “il<br />
quale per amor nostro si degnò di nascer povero, vivere bisognoso e<br />
morir nudo su una croce” 14 . Parlando della castità, la <strong>Passio</strong>ne è giustamente<br />
ricordata nell’ambito del servizio totale del Cristo alla<br />
causa del Regno e alla salvezza degli uomini (n. 18).<br />
Sull’obbedienza non ci poteva essere, ovviamente, un richiamo<br />
più adatto del notissimo testo di Fil 2, 8: “factus oboediens usque ad<br />
mortem, mortem autem crucis” (n. 20). Per quell’obbedienza siamo<br />
stati salvati (cf Eb 10, 10). Il disegno salvifico nel quale le<br />
Costituzioni ci invitano ad entrare è il mistero dell’obbedienza della<br />
Croce. Il fondamento dell’obbedienza religiosa è qui chiaramente<br />
spirituale e cristologico: è la continuazione dell’obbedienza di<br />
Cristo al Padre. Si ha l’impressione che questo fondamento sia normalmente<br />
lasciato in sottordine, in molti ambiti della formazione<br />
iniziale e permanente, come qualcosa di devozionale, per preferirgli<br />
un fondamento etico: l’obbedienza per il bene comune. Non è che<br />
l’etica non sia importante o che si possa trasgredire, ma essa non<br />
può costituire la base per una autentica e totale consegna della propria<br />
vita a Dio. Alla stessa etica è dato, nella vita religiosa, un altro<br />
fondamento. Dall’obbedienza di Gesù al Padre dovrebbe cominciare<br />
ogni discorso sulla consacrazione religiosa. Credo che tante difficoltà<br />
che si incontrano anche oggi nella convivenza comunitaria<br />
derivino dal fatto che ci si ferma ad un’obbedienza etica. Il recente<br />
documento della Congregazione per i religiosi sull’obbedienza<br />
presenta assai bene questa tematica 15 .<br />
14 Testo italiano delle Costituzioni, p. 32-33; cap. XIV.<br />
15 Il servizio dell’autorità e l’obbedienza. Istruzione, 11- 05 -2008.
3.6. La <strong>Passio</strong>ne nei capitoli sulla comunità di vita, sulla comunità<br />
di preghiera e di apostolato, sulla formazione<br />
Parlando di teologia contenuta nelle Costituzioni della<br />
Congregazione della <strong>Passio</strong>ne, è importante mettere in evidenza<br />
che, non soltanto i voti religiosi, ma anche tutti i discorsi riguardanti<br />
la comunità di vita, di preghiera e di apostolato, partono dalla consacrazione<br />
alla <strong>Passio</strong>ne e su di essa si fondano. Il fondamento della<br />
vita comunitaria viene giustamente trovato nella croce di Gesù, che<br />
abbatte i muri di separazione (n. 26). Anche qui possiamo lamentare<br />
lo scarso collegamento che si fa nella spiritualità e nella pedagogia<br />
religiosa fra croce e carità, fra croce e unità delle comunità. Si è<br />
portati a collegare la <strong>Passio</strong>ne con la mortificazione personale più<br />
che con il rispetto, la carità, la premura e la cura della pace e dell’unità.<br />
Ma se si pensa a quali sono gli effetti più importanti della<br />
<strong>Passio</strong>ne e Morte di Gesù secondo la Rivelazione, vediamo che il<br />
primo è la nostra riconciliazione con Dio Padre, il secondo è la<br />
riconciliazione con i fratelli e le sorelle del mondo.<br />
La <strong>Passio</strong>ne torna ancora nel capitolo sulla preghiera come comprensione<br />
della <strong>Passio</strong>ne nella Trinità. Anche questa è una teologia<br />
fortemente presente nella mistica del Fondatore, sulla quale ho<br />
personalmente scritto 16 , ma della quale forse non si ha una coscienza<br />
sviluppata nella comunità congregazionale. Un articolo della rivista<br />
Città Nuova titolava una presentazione della mistica del<br />
Fondatore dei <strong>Passio</strong>nisti con le parole Paolo della Croce e della<br />
Trinità 17 . Il numero 39 delle Costituzioni esprime bene questa teologia<br />
spirituale.<br />
I tre numeri 50-52 sono dedicati specificamente alla meditazione<br />
della <strong>Passio</strong>ne. Tornerò su questi numeri parlando della preghiera.<br />
La <strong>Passio</strong>ne è poi ricordata opportunamente parlando della penitenza,<br />
la quale è collegata strettamente al pentimento dei peccati e alla<br />
conversione, nonché alla sopportazione dei disagi inerenti alla vita<br />
di comunità e di apostolato (nn. 56-57). Nel capitolo sull’apostolato,<br />
la <strong>Passio</strong>ne è posta chiaramente a fondamento dell’apostolato<br />
16 Cf A. Lippi, Amore doloroso, dolore amoroso e gioia. La mistica di San<br />
Paolo della Croce: mistica trinitaria della croce, in Sap Cr, XIX (2004), 43-58.<br />
17 Cf G. Casoli, Paolo della Croce e della Trinità, in Città Nuova 12 (1994),<br />
44-45.<br />
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della Congregazione (n. 62). Tre numeri specifici trattano della predicazione<br />
della <strong>Passio</strong>ne di Gesù (64-66), che è anche passione degli<br />
uomini. Mi pare che manchi invece un autentico riferimento alla<br />
<strong>Passio</strong>ne di Gesù nel capitolo sulla formazione. Se ne parla solo al<br />
n. 86 nell’ambito degli studi più che della formazione stessa.<br />
Torneremo su tutti questi argomenti.<br />
4. Le Comunità<br />
scuole di preghiere<br />
e i religiosi<br />
maestri di preghiera<br />
Anche il capitolo<br />
sulla preghiera<br />
comincia in<br />
modo narrativo, ricordando<br />
che il Santo<br />
Fondatore “uomo di<br />
grande orazione, incul-<br />
cava insistentemente l’importanza della medesima con la parola e<br />
con l’esempio” e desiderava che le nostre comunità “diventassero<br />
autentiche scuole di preghiera” (n. 37, cf anche n. 4). Poche cose<br />
sono così evidenti nella storia della Congregazione passionista come<br />
il fatto che essa è stata una scuola di orazione, cioè di unione con<br />
Dio, quindi di mistica, una scuola di preghiera, come oggi si preferisce<br />
dire, e che molti passionisti sono stati grandi maestri di preghiera.<br />
Tuttavia quando si parla dell’apostolato tradizionale della<br />
Congregazione della <strong>Passio</strong>ne, si è portati a sopravvalutare alcune<br />
forme più esteriormente strutturate e conosciute come le missioni<br />
popolari. Le decine di migliaia di lettere di direzione spirituale scritte<br />
da San Paolo della Croce, il tempo da lui consumato nel colloquio<br />
con anime privilegiate, i grandi direttori di spirito che la<br />
Congregazione ha generato e i grandissimi discepoli tendono ad<br />
essere messi in sotto ordine. Ricordiamo soltanto, fra i primi, lo stesso<br />
santo Fondatore, poi san Vincenzo Strambi, P. Germano<br />
Ruoppolo, san Carlo Houben, P. Generoso Fontanarosa. Tra i secondi<br />
basterebbe citare Gemma Galgani, Lucia Mangano e Edvige<br />
Carboni, oltre le numerose anime sante dirette dal Fondatore. Le<br />
Costituzioni invitano i religiosi della Congregazione a mantenere<br />
queste tradizioni, approfondendole e corredando questa attività con<br />
studi ed esperienze. Ritengo che in questi ultimi decenni diversi religiosi<br />
abbiano operato in questo campo, ma sarebbe certamente utile<br />
una presa di coscienza del progetto e un maggiore coordinamento.
5. Dimensione<br />
contemplativa e mistica:<br />
importanza della meditazione<br />
e dell’insegnare al popolo<br />
a fare meditazione<br />
Inumeri 50, 51 e 52<br />
delle Costituzioni<br />
sono dedicati all’importante<br />
tema<br />
della dimensione contemplativa<br />
e dell’orazione.<br />
Da ricordi del<br />
Capitolo generale spe-<br />
ciale risulterebbe che su questi numeri riguardanti contemplazione<br />
e meditazione, come su quelli riguardanti l’Eucaristia, sia intervenuto<br />
con decisione l’allora generale P. Teodoro Foley, il quale<br />
interveniva raramente nella discussioni, allo scopo di lasciar liberi<br />
i capitolari e non fare pressioni indebite. Probabilmente si deve<br />
alla forza di tali interventi il fatto che le Costituzioni della<br />
Congregazione riflettano ancora perfettamente il carisma e la tradizione<br />
passionista.<br />
Del P. Teodoro Foley sono state scritte varie biografie ed è in<br />
corso la causa per la beatificazione. Sia nei Capitoli generali e<br />
provinciali, come nella direzione della Congregazione manifestò<br />
uno straordinario spirito di fede e di preghiera, insieme<br />
con una profonda comprensione dei limiti di ogni uomo anche<br />
religioso.<br />
Credo che non sia sufficiente, per descrivere teologicamente il<br />
carisma passionista, dire che la Congregazione della <strong>Passio</strong>ne è una<br />
congregazione di vita mista, cioè contemplativa e attiva allo stesso<br />
tempo e, meno ancora, puntare a definirla come una congregazione<br />
apostolica nella quale gli elementi di natura contemplativa siano del<br />
tutto finalizzati all’apostolato, come si fece nell’inchiesta realizzata<br />
in preparazione al Capitolo straordinario, la quale, debitamente<br />
indirizzata, portò a questo risultato. Se i passionisti si vogliono<br />
interrogare, con libertà interiore, cioè con libertà dagli schemi, sulla<br />
natura del proprio carisma, devono tener presente anzitutto l’importanza<br />
dell’elemento solitudine, che, per secoli, è stato valutato<br />
soprattutto come solitudine geografica, dando luogo ad un’infinità<br />
di problemi pratici, soprattutto nella storia delle fondazioni. Ricordo<br />
in particolare le grandi sofferenze che patì per questo il beato<br />
Bernardo Silvestrelli, ma si potrebbero citare molti altri casi anche<br />
di divergenze fra generali, ad esempio, per il mantenimento<br />
del convento di San Bernardo in Arezzo dopo la soppressione napo-<br />
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leonica 18 . La Congregazione della <strong>Passio</strong>ne è oggi in grado di valutare<br />
diversamente la solitudine, ma questo non vuol dire che la possa<br />
considerare un aspetto superato del carisma. L’elemento solitudine<br />
deve realmente significare qualcosa nella vita di un passionista.<br />
Una descrizione del carisma passionista ante litteram, è quella<br />
che fece brillantemente Gerardo Sciarretta, dicendo che la<br />
Congregazione passionista “ha caro di raccogliere in sé tutte le<br />
esperienze spirituali del passato: la vocazione eremitica di chi fugge<br />
dal mondo per ritirarsi in profonda solitudine e vivere solo a Dio;<br />
quella monastica di chi attende all’Opus Dei e alla lettura sacra; la<br />
vita canonicale di una liturgia autenticamente genuina, che se rifugge<br />
dalle dignità abbaziali, ha tutta l’aria di non voler cedere un punto<br />
alla severa solennità del culto delle cattedrali; il regime cenobitico di<br />
una vita comune in cui la disciplina di un’osservanza quadrata e<br />
matematica e l’uso ‘standard’ dei mezzi di sussistenza, quali il vitto<br />
e il vestiario, tende a spogliare la persona di quanto ha di proprio per<br />
livellarla sulla piattaforma della comunità. Inoltre, a tutto questo<br />
aggiunge – può sembrare un controsenso – una rigorosa ascesi individualistica,<br />
che ha il suo fulcro nella meditazione, in cui il religioso<br />
viene abbandonato alla sua propria introspezione, affinché per lunghe<br />
ore metta a nudo le radici del suo essere, nella tenebra del coro, ma<br />
alla luce di Dio; e finalmente la vocazione missionaria di questo<br />
straniero del mondo, che ritorna nel mondo non suo, a far caccia di<br />
anime, a far bottino di spiriti immortali detenuti nell’abiezione e nella<br />
colpa” 19 . Questa specie di eclettismo è oggettivo: c’è nel passionista<br />
qualcosa di monastico, per cui si sente a casa sua, a suo agio, nel convento,<br />
che non è solo luogo di passaggio a scopo di organizzazione<br />
dell’apostolato e proprio per questo è chiamato ritiro. Ricordo qui<br />
le riflessioni di Breton sull’abitare ed essere abitati da una Presenza.<br />
Ci sono poi le altre dimensioni che Sciarretta ricorda, certamente<br />
riprese, magari in forme diverse, nelle nuove Costituzioni.<br />
18 Per il Beato Bernardo, cf F. Giorgini, Bernardo Maria Silvestrelli. Uomo<br />
di pace proteso al futuro, Cipi, Roma, 1988; per il convento di San Bernardo<br />
di Arezzo, cf F. Giorgini, Storia della Congregazione della <strong>Passio</strong>ne di Gesù<br />
Cristo, II/2, Cipi, Roma, 2000, 107-113.<br />
19 Spiritualità della croce, a cura di C. Naselli, San Gabriele (Te), 1980,<br />
V, 187; testo ripreso da una conferenza del 1958, intitolata La meditazione e<br />
il suo oggetto, in AA. VV., La vita contemplativa nella Congregazione della<br />
<strong>Passio</strong>ne, Eco, San Gabriele, 1958, 307-309.
Se vogliamo paragonare l’insegnare al popolo a fare orazione su<br />
cui insisteva il Santo Fondatore con qualcosa del nostro tempo, possiamo<br />
dire che Paolo della Croce voleva portare tutti i cristiani che<br />
erano in grado di recepirlo, a vivere una vita cristiana diversa da<br />
quella esteriore e superficiale della maggioranza della gente, in<br />
maniera analoga a quanto fanno oggi i movimenti ecclesiali o a<br />
quanto si fa se si attuano con profondità gli insegnamenti del<br />
Concilio Vaticano II, nei quali confluirono le migliori ricerche del<br />
Movimento biblico, liturgico, ecumenico. Questo significa che i<br />
passionisti sono veramente fedeli alla loro tradizione non se ripetono<br />
qualche formula o metodo del passato, ma se offrono a chi è in<br />
grado di recepirla una lectio divina ben fatta (n. 47), o una guida alla<br />
meditazione, o anche un accompagnamento in un cammino di<br />
approfondimento della fede quale si attua nei movimenti ecclesiali<br />
che anche il papa continua a raccomandare. Quello che contava per<br />
Paolo della Croce e deve contare per i suoi figli è il servizio al<br />
Regno di Dio. Il religioso in genere e il passionista in particolare è<br />
chiamato ad offrire un servizio al Regno che non è facile offrire in<br />
mezzo agli impegni molteplici della pastorale diocesana. Allora egli<br />
prenderà il suo posto nella Chiesa, non confondibile con nessun<br />
altro.<br />
Un numero delle Costiuzioni molto illuminante per quanto<br />
riguarda la preghiera è il n. 39. Esso dice: “La vita di preghiera,<br />
comunitaria e individuale, ci porta a vivere in comunione con la<br />
Trinità. Pregando rispondiamo all’invito amoroso del Padre. Mossi<br />
dallo Spirito Santo ci uniamo alla persona di Cristo, specialmente<br />
nel suo mistero pasquale. Contempliamo questo mistero nella meditazione<br />
personale che ci conduce ad un amore sempre più grande.<br />
Partecipiamo ad esso attraverso gli eventi del mondo, nei quali<br />
siamo coinvolti a causa della nostra vita e del nostro lavoro e lo riviviamo<br />
nella celebrazione liturgica. Così con l’orazione, la nostra<br />
vita si unisce a Cristo nel suo cammino verso il Padre”.<br />
Prima del Concilio Vaticano II si pensava alla Trinità immanente<br />
indipendentemente dalla Trinità economica, cioè indipendentemente<br />
dall’economia della salvezza. Oggi non si pensa più la Trinità al<br />
di fuori del mistero pasquale, che è richiamato in questo stesso<br />
numero. Sinteticamente, al mistero pasquale vengono collegati tutti<br />
gli eventi della storia, in virtù dell’orazione. Si trova qui bene<br />
espresso quanto Bruno Forte scrive a proposito del pregare all’interno<br />
della Trinità, cioè del pregare in Dio, lamentando che molti<br />
sacra<br />
scrittura<br />
e<br />
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La teologia<br />
contenuta nel testo<br />
delle costituzioni<br />
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cristiani pregano Dio, ma non sanno pregare in Dio 20 . Si resta esterni<br />
a Dio, perché non ci si sente figli che, nel Figlio, pregano il Padre<br />
attraverso lo Spirito. Questo numero ci dice che, attraverso lo<br />
Spirito, ci viene comunicata la preghiera del Figlio che si rivolge al<br />
Padre. Lo stesso si dica dell’inerenza dell’Eucaristia nella croce,<br />
espressa nel n. 42: anche qui fin dall’inizio, al sacrificio redentore<br />
vengono collegati i sacrifici di tutti gli uomini. Rinnovando<br />
questo sacrificio, annunciamo la sua morte e proclamiamo la sua<br />
risurrezione.<br />
Un numero delle Costituzioni - il n. 53 - è dedicato alla Vergine<br />
Maria, la cui devozione è stata sempre forte nel Santo Fondatore e<br />
nella spiritualità della Congregazione – basterebbe ricordare per<br />
questo San Gabriele dlel’Addolorata -. Esso propone Maria come<br />
modello di ascolto della Parola, contemplazione, partecipazione alla<br />
<strong>Passio</strong>ne, intercessione.<br />
6. Croce e Comunità:<br />
l’attenzione ai crocifissi<br />
di oggi (n. 65)<br />
La carità che<br />
fonda l’unità<br />
della Comunità<br />
è chiaramente collegata<br />
alla carità manifestata<br />
da Cristo sulla croce, la<br />
quale abbatte ogni muro di separazione (nn. 25-26). Per edificare la<br />
Comunità di vita, le Costituzioni puntano su convinzioni fondamentali<br />
più che su norme vincolanti. Coltivare il dialogo (27), stima e<br />
premura per gli altri (26, 28), cura degli infermi e degli anziani e<br />
ricordo dei defunti (29-31), aperture varie. Queste ultime rimandano<br />
alla ecclesiologia di comunione con la quale il Concilio Vaticano<br />
II intende sostituire l’ecclesiologia degli steccati e delle condanne.<br />
Il più importante, forse, fra i segni dei tempi che caratterizzano la<br />
nostra epoca è l’esigenza imprescindibile di operare per la pace. Le<br />
guerre, infatti, ci sono sempre state, ma non c’è mai stata un’epoca<br />
in cui la minaccia delle guerre sia diventata come oggi, minaccia per<br />
la sopravvivenza dell’umanità e della distruzione della stessa mera-<br />
20 Cf B. Forte, Trinità come storia. Saggio sul Dio cristiano, Ed. Paoline,<br />
Cinisello B., 1985, 13. Cf A. Lippi, Abbà Padre. Teologia del Padre e teologia<br />
della croce, EDB, Bologna, 1999, 119 ss.
vigliosa casa nella quale Dio ci ha collocato per abitarla. I papi,<br />
dopo il documento conciliare Gaudium et spes 21 richiamano spesso<br />
questa minaccia mai esistita precedentemente. Ma questa premura<br />
della pace si deve manifestare a tutti i livelli, cominciando da quella<br />
della famiglia e della comunità cristiana di appartenenza. Come si<br />
può pregare e operare sinceramente per la pace nel mondo se si scatenano<br />
a cuor leggero conflitti nel proprio ambiente di vita?<br />
Nelle Costituzioni dei <strong>Passio</strong>nisti risulta evidente che l’appartenenza<br />
alla propria comunità si apre spontaneamente verso comunità<br />
più ampie. Come io esco dalla mia chiusura mentale aprendomi alla<br />
comunità, così fa la comunità più piccola rispetto a quelle più ampie.<br />
Il n. 34 parla dell’accoglienza in comunità. Non si tratta di uscire da<br />
una riservatezza custodita per secoli, ma di domandarci se in questa<br />
tradizione non si sia inserita qualche forma di preservazione egoista<br />
di certe prerogative che non è conforme allo spirito del vangelo. Chi<br />
preserva la propria vita si mette fuori del flusso della vita che viene<br />
dalla Ruach di Dio: è una delle espressioni fondamentali della teologia<br />
della Croce che ricorre in tutti e quattro i vangeli.<br />
L’attenzione ai più deboli della comunità diviene così attenzione<br />
ai più deboli nel mondo. La parabola contenuta in Mt 25, 25- 40,<br />
sintetizzata nella frase. Quello che avete fatto ai più piccoli fra i<br />
vostri fratelli, lo avete fatto a me, esprime la teologia della kenosi<br />
che non è più soltanto kenosi del Figlio di Dio, ma si applica a tutti<br />
i discepoli in quanto, col battesimo, vengono introdotti in un cammino<br />
di progressiva conformazione a Cristo. Qui si evince che o la<br />
croce produce giustizia e pace oppure non è croce, è una croce vanificata:<br />
questo era per Paolo apostolo che aveva un vero terrore che<br />
la stessa croce di Cristo venisse vanificata: ut non evacuetur crux<br />
<strong>Christi</strong> (1Cor 1, 17). I passionisti sono chiamati ad essere, nella<br />
Chiesa, i custodi del dono della croce e lo sono in quanto ne verificano<br />
l’autenticità dagli effetti di giustizia, di unità e di pace che essa<br />
produce, ovunque, nelle famiglia, nelle comunità, nella società, nel<br />
mondo intero. L’ultima enciclica di Benedetto XVI, Caritas in veritate,<br />
esprime questi insegnamenti con una logica stringente.<br />
L’intero testo delle Costituzioni è attraversato dal legame fra il<br />
Crocifisso del Calvario e i crocifissi di oggi. Questa espressione<br />
si trova al n 65, ma il suo contenuto è già espresso al n.3, al n. 13<br />
21 Vedi specialmente n. 80.<br />
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contenuta nel testo<br />
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e altrove, per culminare nel n. 72, dove si parla dello stile di<br />
vita della Congregazione passionista come “denuncia profetica dell’ingiustizia<br />
che vediamo intorno a noi e continua testimonianza<br />
contro la società dei consumi”. Mt 20 prospetta con estrema chiarezza<br />
il contrasto fra una sociologia di ispirazione pagana e una<br />
sociologia di ispirazione cristiana. Quella è basata sul privilegio e il<br />
dominio del più forte sul più debole, questa sul servizio kenotico del<br />
forte verso il debole, ispirato al dono che di sé fa Gesù con la sua<br />
morte esplicitamente ricordata in Mt 20, 28. Una spiritualità che<br />
volesse ignorare questo coinvolgimento con i crocifissi del nostro<br />
tempo sarebbe una falsificazione e uno svuotamento della croce,<br />
assolutamente estranea al pensiero e alla vita del Fondatore,<br />
sarebbe un clericalismo analogo al fariseismo del tempo di Gesù,<br />
dove essere preti o consacrati significa tenere per sé dei privilegi,<br />
evitando accuratamente la kenosi. La dottrina sociale della Chiesa,<br />
sintetizzata magistralmente nell’ultima enciclica del papa, si può<br />
considerare un’esplicitazione di questa teologia e di questa spiritualità.<br />
Per un approfondimento di queste tematiche nelle Costituzioni<br />
dei <strong>Passio</strong>nisti, sarà utile rileggere i commenti che ne fecero a<br />
suo tempo, su invito del Generale, Padre Stanislas Breton 22 e il<br />
sottoscritto 23 .<br />
La Congregazione della <strong>Passio</strong>ne ha un Ufficio generalizio che si<br />
occupa dei temi della Giustizia, della Pace e dell’integrità del creato<br />
(JPIC). Questo ufficio ha sperimentato una certa difficoltà a far<br />
comprendere lo stretto legame che esiste fra la rivelazione del Dio<br />
Crocifisso e questi temi, tanto da arrivare a domandarsi: da che cosa<br />
nasce la difficoltà a comprendere che queste tematiche sono profondamente<br />
cristiane e passioniste? e ad analizzare queste resistenze 24 ,<br />
peraltro diffuse fra il clero in genere e fra molti cristiani laici praticanti.<br />
Si rilevava la necessità di mettere in chiaro il fondamento<br />
biblico e carismatico di queste urgenze, l’inadeguatezza della formazione<br />
ascetica ricevuta da molti rispetto alla gravissima situazio-<br />
22 Cf S. Breton, La continua memoria della <strong>Passio</strong>ne, in Ricerche di storia e<br />
spiritualità passionista, n. 39, 33-46.<br />
23 Cf A. Lippi, La Memoria <strong>Passio</strong>nis come forza di liberazione, in Ricerche<br />
di storia…n. 38, …<br />
24 Cf A. Lippi, Prologo, in JPIC <strong>Passio</strong>nista, Ricerche di storia e spiritualità<br />
passionista, N. 60.
ne in cui si trova oggi il mondo col pericolo dell’autodistruzione dell’umanità<br />
e della distruzione dello stesso cosmo, la carenza della<br />
conoscenza dei meccanismi di oppressione e di inquinamento legati<br />
all’avidità del guadagno economico che rifiuta ogni controllo. Le<br />
Costituzioni manifestano a questo proposito una meravigliosa<br />
coscienza e responsabilità, come la manifestano gli ultimi Pontefici,<br />
specialmente l’attuale Pontefice Benedetto XVI 25 .<br />
L’inizio del capitolo<br />
sulla formazione<br />
afferma<br />
che questa è opera dello<br />
Spirito Santo e l’attività<br />
dei formatori consiste, perciò, principalmente, nel collaborare a<br />
questa opera (n. 77). Con questa affermazione esso riallaccia automaticamente<br />
la teologia della formazione a tutto quanto detto, in<br />
diverse parti delle Costituzioni, sulle comunità passioniste come<br />
scuole di preghiera e sui religiosi come maestri di preghiera, tesi<br />
ripetuta esplicitamente, nell’ambito di questo capitolo, al n. 80. Il<br />
resto del capitolo si attesta maggiormente sopra una descrizione<br />
antropologica della formazione. Si tratta certamente di un’antropologia<br />
cristiana e passionista, che, in quanto tale, contiene i principi<br />
formativi fondamentali. Manca, però, in questo capitolo, una teologia<br />
fondamentale della formazione cristiana, che si possa dire specificamente<br />
passionista. Antonio Artola dichiara che questo capitolo è<br />
un luogo privilegiato per i riferimenti alla Memoria <strong>Passio</strong>nis, ma<br />
poi cita solo un numero dei Regolamenti e dice che “la cosa più<br />
importante di questo capitolo è la formula della Professione” 26 7. La Formazione<br />
.<br />
Gonzalez si appella ad un comma contenuto nel n. 82, dove si esortano<br />
i formatori e le comunità “a scoprire nel mistero salvifico del<br />
Cristo le esigenze della vocazione passionista”, in mezzo a diverse<br />
25 L’esortazione apostolica Sacramentum caritatis, dedica un’intera sezione<br />
alle conseguenze sociali ed ecologiche della fede e della pratica dell’Eucaristia<br />
(Eucaristia mistero da offrire al mondo, nn. 88-92). Tutta l’enciclica Caritas in<br />
veritate tratta il tema della giustizia. Un settore relativamente ampio è destinato<br />
alla responsabilità ecologica, nn. 48-52.<br />
26 La Memoria <strong>Passio</strong>nis nelle Costituzioni, cit., (13).<br />
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altre esortazioni a sviluppare l’equilibrio personale e la sensibilità<br />
sociale 27 . Per il resto fa appello ad altre parti delle Costituzioni certamente<br />
valide. Convengo anch’io che l’essenziale della formazione<br />
passionista si trova in questo capitolo, in quanto vengono richiamati<br />
altri capitoli fondamentali.<br />
Formazione, dal latino forma, che risponde al greco morphè, non<br />
è un termine ignoto nel Nuovo Testamento. In Rom 12 1-3 si parla<br />
esplicitamente della necessità di smettere di conformarci (syschematìzein)<br />
alla mentalità del secolo (tò aioni touto)) nella quale si<br />
nasce per il peccato originale, per trasformarci (metamorphein), fino<br />
a pervenire ad una diversa conformazione, la conformazione a<br />
Cristo, (Symmorphous tes eicònos tou you autou, Rom 8, 29) della<br />
quale Paolo parla in diversi passi delle sue lettere 28 . Questa operazione<br />
di non-conformazione e di trasformazione è richiamata dal<br />
Santo Fondatore con le esortazioni all’alto distaccamento ed astrazione<br />
da tutto il creato, che ritornano infinite volte nei suoi insegnamenti.<br />
Questa distacco è la condizione per avere autentici uomini di<br />
Dio. Scriveva ad esempio ad un suo religioso:<br />
“Procuri, con la divina grazia, di vivere una vita moriente, astratta<br />
da tutto il creato, buttata nell’orribile nulla proprio, con vera annegazione<br />
di tutto ciò che non è Dio, in vera povertà di spirito” 29 .<br />
La <strong>Passio</strong>ne come kenosi e come esperienza battesimale di conformazione<br />
alla morte e risurrezione di Cristo per arrivare alla<br />
<strong>Passio</strong>ne come agàpe, dono, non è richiamata in questo capitolo.<br />
Eppure c’è tutta la dottrina della morte mistica e divina natività che,<br />
secondo Brovetto, costituisce il fulcro della spiritualità del<br />
Fondatore 30 , la quale si riallaccia, anche secondo il Dictionnaire de<br />
25 L’esortazione apostolica Sacramentum caritatis, dedica un’intera sezione<br />
alle conseguenze sociali ed ecologiche della fede e della pratica dell’Eucaristia<br />
(Eucaristia mistero da offrire al mondo, nn. 88-92). Tutta l’enciclica Caritas in<br />
veritate tratta il tema della giustizia. Un settore relativamente ampio è destinato<br />
alla responsabilità ecologica, nn. 48-52.<br />
26 La Memoria <strong>Passio</strong>nis nelle Costituzioni, cit., (13).<br />
27 Commenti sulle Costituzioni generali C. P. capitolo V, 25.<br />
28 Pur riferendosi direttamente al corpo (sòma), Paolo pensa certamente a<br />
una trasformazione totale della persona in Fil 3, 21 e 1Cor 15, 49.<br />
29 San Paolo della Croce, Lettere ai <strong>Passio</strong>nisti, a cura di F. Giorgini, Cipi,<br />
Roma, 1998, 66.<br />
30 Cf C. Brovetto, Introduzione ala spiritualità di San Paolo della Croce.<br />
Morte mistica e divina natività, Eco, San Gabriele, 1955.
Spiritualité, a questa dottrina della consacrazione battesimale, che<br />
costituisce la consacrazione fondamentale, sviluppata da quella più<br />
propriamente religiosa 31 . Il criterio fondamentale di discernimento<br />
delle vocazioni che San Paolo della Croce pone proprio all’inizio<br />
delle sue Regole, deve certamente essere coniugato con l’attuale<br />
visione della personalità cristiana sviluppata, ma non può essere<br />
semplicemente ignorato. Il Fondatore dice: “Chiunque sarà per essere<br />
ammesso in questa Congregazione… considererà se, per la gloria<br />
di Dio e per la salute sua e dei prossimi sia veramente disposto a<br />
patir molto, a essere burlato, disprezzato e a patir travagli e tribolazioni”<br />
32 . Il pericolo è che si faccia una formazione di tipo antropologico<br />
corrispondente alla saggezza che si cercava prima e al di fuori<br />
del cristianesimo: arricchimento della propria personalità a costo di<br />
un’ascesi anche forte, ma dove manca il vero passaggio attraverso la<br />
morte dell’uomo vecchio per arrivare ad una vita nuova, ad essere<br />
nuova creatura di Dio (cf Gal 6, 15).<br />
Il pericolo che fu visto in una formazione di tipo battesimale,<br />
dove si arrivi veramente ad abbandonare la personalità umana per<br />
accogliere una nuova personalità da parte di Dio, era che dei formatori<br />
prepotenti approfittassero di questi principi per schiacciare a<br />
proprio piacimento i giovani. Ma ogni peccato va combattuto per<br />
quello che è e in chi lo compie. Bergson faceva osservare che il dire<br />
beati i poveri non autorizza i ricchi ad approfittarne per impoverire<br />
ancor di più i poveri. Questa dialettica è essenziale al cristianesimo<br />
e va capita, altrimenti la religione diventa veramente l’oppio del<br />
popolo. Il compito di dare una formazione battesimale è il più<br />
delicato che esista e bisogna veramente che il formatore sia già<br />
totalmente morto lui ad ogni progetto umano di promozione della<br />
propria vita per poterlo svolgere.<br />
31 Cf la voce Mort mystique, in DS, X, 1790.<br />
32 Regola del 1775,capo IV, riportata nel testi italiano delle Costituzioni,<br />
p. 12.<br />
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8. Conclusione<br />
La teologia che<br />
soggiace alle<br />
Costituzioni dei<br />
<strong>Passio</strong>nisti è, fondamentalmente,<br />
la teolo-<br />
gia del Concilio Vaticano II. Non sarebbe difficile collegare gli elementi<br />
principali della teologia delle Costituzioni con gli elementi<br />
principali della teologia del Vaticano II.<br />
I Concili sono la più grande profezia che risuona nella Chiesa. Il<br />
Concilio Tridentino ha indicato la via da percorrere alla Chiesa per<br />
i prossimi secoli. Questo non significa che esso sia stato attuato perfettamente<br />
fin dall’inizio. Le resistenze furono grandi. Oggi siamo<br />
in grado di vedere i condizionamenti delle resistenze e di riconoscere<br />
che la direzione in cui andava la storia della Chiesa, la direzione<br />
promossa dallo Spirito, non era in esse, ma nelle indicazioni del<br />
Concilio che intendeva purificare e liberare la Chiesa dalle incrostazioni<br />
dei secoli. Oggi si vede bene che le resistenze derivanti da<br />
vescovi e cardinali che pensavano se stessi alla stregua di principi<br />
del Rinascimento, nepotisti, mondani, erano resistenze allo Spirito<br />
non giustificabili con la scusa della difesa della Chiesa e dei suoi<br />
beni. Chi guardava la realtà con superficialità non era capace di<br />
discernere i segni dei tempi, chi guardava nel profondo vedeva che<br />
quella Chiesa, se non si fosse trasformata, sarebbe arretrata di fronte<br />
al mondo. Erano secoli che si parlava di riforme e si tentavano le<br />
riforme. Quella di Lutero era stata la più drammatica: si piange<br />
anche oggi sulla tunica inconsutile della Chiesa che è stata allora<br />
lacerata.<br />
Queste riflessioni, però non valgono solo per il passato. Ci possiamo<br />
domandare che cosa esse ci insegnino a proposito delle resistenze<br />
al Vaticano II, delle nostalgie e dei ritorni. Ciò che è di Dio è<br />
dello Spirito, è della Verità e della Vita. Il segno dei tempi più<br />
importante di oggi è l’urgenza del dialogo, dell’unità e della pace,<br />
tutti temi ben presenti nella Parola di Dio. Abitiamo sopra una polveriera<br />
che può esplodere in ogni momento, ma la gente preferisce<br />
non pensarci, per non porsi il problema. Lasciateci tranquilli, lasciateci<br />
perdere, lasciateci morire in pace. Gesù è venuto a portare vita<br />
in abbondanza (Gv 10, 10) e non accetta il ricatto della morte<br />
Insegnamenti del Concilio Vaticano II e Costituzioni non sono<br />
realtà del passato, ma del futuro. Oggi siamo in una condizione<br />
migliore per valutare questi doni dello Spirito di quanto lo fossimo
venticinque o quarantacinque anni fa. Una delle grosse resistenze<br />
derivava dall’impressione che volerci incamminare per una via<br />
nuova significasse svalutare il passato. Ma i santi che si posero con<br />
estrema responsabilità ad attuare il Concilio Tridentino non giudicavano<br />
il passato, pensando che le ricchezze delle diocesi e abbazie<br />
fossero frutto di avidità. Sapevano che esse erano frutto di fede e di<br />
carità e che tuttavia intorno ad esse si erano create incrostazioni ed<br />
anche avidità di regnanti, di nobili e di altri che nuocevano, ad una<br />
pastorale veramente evangelica. Sapevano che sbloccare queste<br />
incrostazioni significava liberare la forza dello Spirito che avrebbe<br />
fatto sprigionare una nuova forza di Vita, come è avvenuto nel cattolicesimo<br />
dei secoli seguenti. Questa stessa cosa è vera oggi rispetto<br />
al Concilio Vaticano II e alle nuove Costituzioni delle<br />
Congregazioni. Se esse saranno tradotte in pratica con impegno, svilupperanno<br />
certamente una nuova vita. Non si tratta però di qualcosa<br />
di magico o puramente giuridico, che si possa attuare con qualche<br />
legge, decreto o intervento autoritario. Si esige anzitutto una<br />
presa di coscienza tanto più profonda, quanto più il Concilio<br />
Vaticano II (e le nuove Costituzioni con esso) non si è espresso con<br />
giudizi e condanne, ma piuttosto con proposte e indirizzi pastorali e<br />
spirituali. E’ quanto si è voluto fare anche con questo incontro di<br />
riflessione a venticinque anni dall’approvazione delle nuove<br />
Costituzioni.<br />
Il Concilio Vaticano II è autenticità – guardatevi dal fermento dei<br />
farisei (cf Mt 16, 6) – contro ipocrisie e compromessi. Ci troviamo<br />
di fronte ad un mondo che è stato molto impressionato dai cosiddetti<br />
maestri del sospetto – Marx, Freud, Nietzsche. Il sospetto su tutto<br />
porta a preferire il relativismo all’adesione ad una fede o ad una filosofia<br />
di vita. Dovremmo ricordare che i primi maestri del sospetto,<br />
coloro che misero un punto interrogativo sulle pratiche della religione<br />
e del perbenismo sociale, furono i profeti di Israele e Gesù. Le<br />
scienze umane, non ancora adeguatamente studiate nel tirocinio<br />
degli studi teologici, insegnano ad analizzare le motivazioni dei<br />
comportamenti umani, particolarmente di quelli scorretti. Non si<br />
possono rifiutare, rifugiandosi in qualche specie di sottile fondamentalismo<br />
e approfittando delle delusioni di chi le segue. Non è<br />
questa la linea profetica indicata dal Vaticano II e dalle Costituzioni.<br />
Sarebbe preferibile mostrare che il meglio delle scienze umane proviene<br />
dalla Bibbia e trova un fondamento valido per la loro attuazione<br />
solamente nel Vangelo. Gli insegnamenti del magistero sono<br />
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chiarissimi su questo. L’ultima enciclica di Benedetto XVI – la<br />
Caritas in veritate – è un capolavoro di integrazione fra fede cristiana<br />
e cultura attuale. Di fronte ad essa non c’è uomo di cultura che<br />
non debba fare tanto di cappello. Questa è anche l’autentica linea<br />
scelta dai più grandi Padri e Dottori della Chiesa, specialmente da<br />
San Tommaso.<br />
Le Costituzioni propongono ai passionisti, con molta chiarezza e<br />
sinteticità, la loro propria identità nella Chiesa. Questa esisteva già<br />
fin dall’inizio e si era espressa in tante forme e modi. Le<br />
Costituzioni riprendono e sintetizzano quelle forme e quei modi,<br />
adattandoli alle esigenze del tempo, dei luoghi e delle culture in cui<br />
viviamo. Se esse verranno attuate, i passionisti prenderanno certamente<br />
il proprio posto nella Chiesa con efficacia e fecondità, offrendo<br />
ad essa il prezioso contributo del loro carisma.<br />
THEOLOGY CONTAINED IN THE TEXT OF THE<br />
PASSIONIST CONSTITUTIONS<br />
By Adolfo Lippi, C.P.<br />
ENG<br />
Twenty-five years after the approval of the new Constitutions of the<br />
<strong>Passio</strong>nist Congregation we are offered a reflection on the theology<br />
which inspired the work and which may well be valid for other<br />
Congregations and spiritual movements. This has required a study<br />
of the problem posed by a critical examination of Vatican II, something<br />
which, obviously, can’t be done automatically, as it is subject<br />
to resistance and even, at times, to opposition.
FRA<br />
LA THÉOLOGIE CONTENUE DANS LE TEXTE DES<br />
CONSTITUTION DES PASSIONISTES<br />
de Adolfo Lippi c.p.<br />
A l’occasion des vingt-cinq ans de l’approbation des nouvelles<br />
Constitutions des <strong>Passio</strong>nistes, voici une réflexion sur la théologie<br />
qui les a inspirées, valable aussi pour d’autres Instituts ou<br />
Mouvements. En outre, est examiné ici le problème de la réception<br />
du Concile Vatican II au niveau des Instituts, des Mouvements<br />
spirituels et des églises locales ; une réception qui, à l’évidence,<br />
ne se vérifie pas automatiquement, mais est sujette à des résistances<br />
et parfois des oppositions.<br />
ESP<br />
LA TEOLOGÍA QUE SE CONTIENE EN EL TEXTO<br />
DE LAS CONSTITUCIONES DE LOS PASIONISTAS<br />
De Adolfo Lippi c.p.<br />
A los veinticinco años de la aprobación de las nuevas<br />
Constituciones de los Pasionistas, se ofrece aquí una reflexión sobre<br />
la teología que las ha inspirado, que puede valer también para otros<br />
Institutos y Movimientos espirituales. Eso comporta además un examen<br />
sobre el problema de la aceptación del Concilio Vaticano II a<br />
nivel de los Institutos, Movimientos espirituales e iglesias locales,<br />
una aceptación que, como es evidente, no se realizó automáticamente,<br />
sino que estuvo sujeta a resistencias, y a veces, a oposiciones.<br />
GER<br />
DIE THEOLOGIE IN DEN KONSTITUTIONEN DER<br />
PASSIONISTEN<br />
von Adolfo Lippi c. p.<br />
Fünfundzwanzig Jahre nach der Approbation der neuen<br />
Konstitutionen der <strong>Passio</strong>nisten bietet sich hier eine Reflexion über<br />
jene Theologie an, welche inspirierend für die Konstitutionen war.<br />
Die Abhandlung kann durchaus auch für andere Institute und geistliche<br />
Bewegungen nützlich sein. Sie untersucht unter anderem die<br />
sacra<br />
scrittura<br />
e<br />
teologia<br />
La teologia<br />
contenuta nel testo<br />
delle costituzioni<br />
dei <strong>Passio</strong>nisti<br />
27-52<br />
teologia<br />
51
sacra<br />
scrittura e<br />
teologia<br />
ADOLFO LIPPI<br />
SapCr XXIV<br />
OTTOBRE-DICEMBRE 2009<br />
teologia<br />
52<br />
Problematik der Rezeption des Zweiten Vatikanischen Konzils auf<br />
Ebene der Institute, geistlichen Bewegungen und lokalen Kirchen.<br />
Es ist offensichtlich, dass eine solche nicht automatisch vollzogen<br />
wird, sondern auch auf Widerstände und verschiedentlich auf<br />
Opposition trifft.<br />
TEOLOGIA ZAWARTA W TEKŚCIE KONSTYTUCJI<br />
PASJONISTÓW<br />
Adolfo Lippi c. p.<br />
POL<br />
W dwadzieścia pięć lat od zaaprobowania nowych Konstytucji<br />
Pasjonistów prezentujemy refleksję nad teologią, która je<br />
zainspirowała, mogącą mieć znaczenie także dla innych Instytutów<br />
i Ruchów duchowych. Artykuł poddaje też ocenie problem recepcji<br />
Soboru Watykańskiego II na poziomie Instytutów, Ruchów<br />
duchowych i kościołów lokalnych. Recepcja ta nie dokonuje się,<br />
oczywiście, automatycznie, ale napotyka opory a czasem sprzeciwy.
di LUBOMIR ZAK<br />
Nella testimonianza del sacerdote Max Joseph Metzger, che<br />
qui il professor Zak ci presenta, colpiscono la sua sensibilità<br />
spirituale, l’amore e il gusto per la Parola di Dio, l’apertura<br />
ecumenica, la gioia imperturbabile dello Spirito. Si leggono<br />
con vero stupore le parole delle sue lettere, delle sue poesie<br />
e delle sue riflessioni teologiche.<br />
C’è in Metzger una fortissima interiorità,<br />
teorizzata teologicamente<br />
e vissuta esistenzialmente. C’è in<br />
lui una notevole erudizione, ma<br />
soprattutto una profondissima<br />
sapienza.<br />
1. Introduzione:<br />
“theologia in vinculis”<br />
pastorale<br />
e<br />
spiritualità<br />
«NELLE CARCERI<br />
NAZISTE<br />
CON SAN PAOLO»<br />
LA TESTIMONIANZA<br />
DI MAX JOSEF METZGER<br />
La persona di Max Josef Metzger 1 , sacerdote cattolico, giornalista<br />
e teologo, è sempre più conosciuta oltre i confini<br />
della Germania: la fama della sua coraggiosa e pionieristi-<br />
1 Metzger nacque il 3 febbraio 1887 a Schopfheim (Baden), primo di quattro<br />
figli. Dopo la conclusione degli studi liceali, entrò nel seminario diocesano<br />
a Freiburg im Breisgau. Negli anni 1908-1910, prima di essere ordinato sacerdote,<br />
si trasferì a Fribourg, in Svizzera, dove consegue il dottorato in teologia.<br />
A seguito degli studi compiuti nell’università svizzera, durante i quali strinse<br />
amicizia con studenti di diverse nazionalità, iniziò a liberarsi dai pregiudizi culturali<br />
e religiosi trasmessigli in famiglia tramite un’educazione che mirava a sviluppare<br />
in lui i sentimenti del nazionalismo tedesco e del confessionalismo cattolico.<br />
Dal 1915, dopo una breve e dolorosa esperienza di guerra sul fronte<br />
tedesco-francese, si trasferì a Graz (Austria), dove, come redattore di alcuni<br />
giornali cattolici e direttore di un centro di astinenza dagli alcolici, iniziò un’ampia<br />
campagna di educazione alla pace e alla riconciliazione dei popoli coin-<br />
«Nelle carceri naziste<br />
con San Paolo»<br />
la testimonianza<br />
di Max Josef Metzger<br />
53-83<br />
spiritualità<br />
53
pastorale e<br />
spiritualità<br />
LUBOMIR ZAK<br />
SapCr XXIV<br />
OTTOBRE-DICEMBRE 2009<br />
spiritualità<br />
54<br />
ca attività pacifista ed ecumenica inizia a propagarsi ormai da alcuni<br />
anni anche in Italia 2 , soprattutto dopo la decisione di R. Zollitsch,<br />
arcivescovo della diocesi di Freiburg i. Br., di aprire nel 2006 il processo<br />
della sua beatificazione. Il sacerdote tedesco è conosciuto da<br />
molti come il fondatore della fraternità interconfessionale Una<br />
Sancta e, prima ancora, come un martire, condannato a morte dal<br />
regime di Hitler a causa della sua visione cristiana del mondo<br />
volti nel primo conflitto mondiale. Alla fine della guerra, Metzger cominciò a<br />
tessere una fitta rete di contatti con i pacifisti all’estero, impegnandosi nella diffusione<br />
dell’esperanto, da lui immaginato come lingua del futuro mondo unito.<br />
Sempre di più, però, comprese che la costruzione della pace doveva essere<br />
un’opera comune di tutti i cristiani. Per questo motivo si avvicinò al movimento<br />
ecumenico, stabilendo profondi rapporti di amicizia e di collaborazione con i<br />
non cattolici. Allo stesso tempo decise di fondare una comunità (Societas <strong>Christi</strong><br />
Regis, oggi Christkönigs-Institut ), pensata come movimento animato dagli ideali<br />
del cristianesimo delle origini. Dopo il ritorno in Germania (a Meitingen),<br />
Metzger poté osservare più da vicino, e con preoccupazione, l’ascesa al potere<br />
di Hitler e del partito nazionalsocialista. Volendo contrastare l’ideologia ariana,<br />
egli, dal 1938, intensificò la sua attività ecumenica e fondò la fraternità<br />
interconfessionale Una Sancta. Il rapido diffondersi della fraternità e i contatti<br />
di Metzger con l’estero non potevano essere visti di buon occhio dalla Gestapo.<br />
Il motivo che condusse all’arresto e alla condanna a morte fu il ritrovamento di<br />
un manifesto in cui il sacerdote, prevedendo la sconfitta tedesca, prospettava il<br />
futuro della Germania post-nazionalsocialista nell’unione degli Stati d’Europa.<br />
Il 14 ottobre fu condannato a morte dal Tribunale di giustizia del popolo per<br />
alto tradimento; la condanna fu eseguita il 17 aprile 1944.<br />
2 Tra i saggi più recenti pubblicati in italiano si vedano: L. ZAK, Max Josef<br />
Metzger, pioniere dell’ecumenismo cattolico e la sua lettera a Pio XII dal carcere<br />
nazista, in Lateranum LXXII/3 (2006) 611-615; ID. L’alternativa dell’azione<br />
cristiana di M.J. Metzger al messianismo del Terzo Reich. Aspetto sociale, pacifista<br />
ed ecumenico, in Studia Moralia 46/1 (2008) 165-201; ID., Max Josef<br />
Metzger: breve profilo di un pioniere sconosciuto dell’ecumenismo cattolico, in<br />
M. MARCATELLI (a cura di), Parola e Tempo. Percorsi di vita ecclesiale tra memoria<br />
e profezia. Annale n. 7 (anno VII) dell’ISSR ‘Alberto Marvelli’ (Rimini),<br />
Pazzini editore, Verucchio 2008, 75-99; ID., «Scomodo profeta di un mondo<br />
migliore». M.J. Metzger e una nuova visione della Chiesa e dell’Europa, in M.J.<br />
METZGER, La mia vita per la pace. Lettere dalle prigioni naziste scritte con le<br />
mani legate, tr. it., San Paolo, Cinisello Balsamo 2008, 9-80; S. ZUCAL,<br />
L’incontro di due testimoni credibili della nuova Europa: Metzger e Guardini, in<br />
M. MARCATELLI (a cura di), Parola e Tempo, 100-108 (con una lettera di Metzger<br />
a R. Guardini, 109-113); L. ZAK – N. DE MICO, «Philadelphia» (M.J. Metzger):<br />
una riflessione sulla Chiesa scritta con le mani legate, Lateranum LXXV/2<br />
(2009) 371-410.
accompagnata dalla volontà di diffondere, nella Chiesa e nella<br />
società tedesca, gli ideali evangelici della riconciliazione e dell’unità.<br />
È meno conosciuto, invece, lo spessore teologico del suo pensiero.<br />
Certo, il sacerdote non insegnò mai teologia e dopo la pubblicazione,<br />
nel 1914, di un’ottima tesi di dottorato 3 , non diede alla stampa<br />
nessun’opera sistematica su temi teologici, avendo preannunciato<br />
l’arresto della sua carriera teologica già nel 1910, quando – guidato<br />
dal crescente desiderio di lavorare ad una rinascita spirituale e<br />
morale del popolo tedesco – scrisse agli amici: «Il mio obiettivo non<br />
è quello di diventare uno studioso (…), ma quello di essere un pio<br />
sacerdote e un bravo pastore di anime» 4 . Eppure egli si occupò di<br />
teologia intensamente per tutta la vita, coltivando rapporti di amicizia<br />
e di collaborazione con alcuni importanti teologi della sua epoca.<br />
L’interesse di Metzger per la “scienza sacra” fu legato strettamente<br />
al suo impegno ecumenico che lo portò a studiare e ad approfondire<br />
l’ecclesiologia e il pensiero di Lutero. Tuttavia egli non<br />
smise mai, sin dai tempi della frequentazione della Facoltà teologica<br />
di Freiburg i. Br., di dedicarsi con passione allo studio della liturgia<br />
e della Sacra Scrittura. Tra le amicizie e le conoscenze teologiche<br />
di Metzger vanno ricordate, ad esempio, quelle con i cattolici J.<br />
Lortz, M. Laros, P. Parsch, O. Casel e R. Guardini, e con gli evangelici<br />
J. Ungnad, H. Asmussen e F. Heiler. In ogni caso la più esplicita<br />
e più commovente dimostrazione della sua passione per la teologia<br />
sono i suoi stessi scritti dal braccio della morte di<br />
Brandenburg, in particolare il saggio Theologische Abhandlung<br />
über das Königtum <strong>Christi</strong> 5 (Trattato teologico sul Regno di Cristo),<br />
3 Metzger scrisse il suo dottorato all’Università cattolica di Fribourg, sotto la<br />
guida del prof. G. Pfeilschifter, discutendolo con successo nel 1910. Il lavoro<br />
ricevette il premio per la migliore tesi da parte della Facoltà teologica di<br />
Freiburg i. Br. e fu pubblicato con il titolo Zwei Karolingische Pontifikalien vom<br />
Oberrhein. Herausgegeben und auf ihre Stellung in der liturgischen Literatur<br />
untersucht mit geschichtlichen Studien über die Entstehung der Pontifikalien,<br />
über die Riten der Ordinationen, der Dedicatio Ecclesiae und des Ordo<br />
Baptismi, Herdersche Verlagshandlung, Freiburg i.Br. 1914.<br />
4 Citato in M. MÖHRING, Täter des Wortes. Max Josef Metzger - Leben und<br />
Wirken, Kyrios-Verlag, Meitingen-Freising 1966, 9.<br />
5 Esso fu pubblicato per la prima volta in M. MÖHRING, Täter des Wortes,<br />
231-302. La seconda edizione, curata dalla comunità di Metzger, si trova in<br />
Maran atha. Zum 25. Todestag von Dr. Max Josef Metzger, Kyrios-Verlag,<br />
Meitingen-Freising 1969, 33-115. Per un suo approfondimento rimando alla<br />
pastorale<br />
e<br />
spiritualità<br />
«Nelle carceri naziste<br />
con San Paolo»<br />
la testimonianza<br />
di Max Josef Metzger<br />
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spiritualità<br />
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pastorale e<br />
spiritualità<br />
LUBOMIR ZAK<br />
SapCr XXIV<br />
OTTOBRE-DICEMBRE 2009<br />
spiritualità<br />
56<br />
scritto con una minuscola calligrafia su 135 fogli sottili (formato<br />
A 5) e accompagnato da 394 note contenenti riferimenti biblici, citazioni<br />
a memoria di alcune opere teologiche e brevi approfondimenti<br />
dei temi trattati. Basterebbe questo saggio – al quale, comunque,<br />
ne vanno aggiunti altri del periodo antecedente alla detenzione – per<br />
immortalare il nome di Metzger, iscrivendolo nel grande libro della<br />
storia della teologia.<br />
Ciò che caratterizza la persona e il pensiero teologico di Metzger<br />
è il loro profilo decisamente “filopaolino” 6 . Quanto fosse determinante<br />
per lui la figura di Paolo emerge subito, non appena ci si accosta<br />
alla sua biografia e ai suoi scritti. Appena ordinato, Metzger<br />
compose un canto – che continuò a cantare volentieri fino alla morte<br />
– in cui confessava di voler diventare un discepolo di Gesù Cristo<br />
secondo l’esempio di Paolo. «Anch’io come te» – scriveva ammirando<br />
lo spirito di universalismo dell’Apostolo – «vorrei avere un<br />
cuore / tanto grande da comprendere il mondo (…). / Così, pellegrino,<br />
vorrei andare attraverso i paesi, / essere araldo del sommo Re, /<br />
per annunciare a tutti la buona Novella / e liberare per Lui tutti i<br />
popoli» 7 . «Così dovrebbe ardere in me un fuoco / pieno di passione<br />
santa e divina» – continuava, riferendosi al coraggio di Paolo, pronto<br />
a lasciarsi ferire e, persino, uccidere, per il Maestro – «che io,<br />
anche se minacciato dalla morte e dal Maligno, / offra con gioia i<br />
beni e la vita! / Portare su di me le ferite del Redentore / come te, a<br />
questo dovrei aspirare» 8 . «Solo un pensiero dovrebbe essere in me /<br />
un gran pensiero fatidico» – annotava ancora, alludendo alla totale<br />
e incondizionata adesione di Paolo alla volontà divina –: «che noi,<br />
sgorgati dal grembo di Dio Onnipotente, / rendiamo visibile il Suo<br />
tesi di U. MÜLLER, Auf dem Weg zu einer «neuen» Kirche. Das Kirchenbild Dr.<br />
Max Josef Metzgers in seiner «Theologischen Abhandlung über das Königtum<br />
<strong>Christi</strong>», discussa nel 1986 alla Facoltà teologica dell’Università di Augsburg e<br />
premiata nel 1988 dalla Facoltà teologica dell’Università di Regensburg (non<br />
pubblicata, ma reperibile in AM).<br />
6 Cf. H. BÄCKER, Herold-Apostel-Blutzeuge, in M.J. METZGER (BRUDER PAULUS),<br />
Gefangenschaftsbriefe, seconda edizione, Kyrios-Verlag, Meitingen b.<br />
Augsburg 1948, 17-131.<br />
7 M.J. METZGER, Pauluslied, in ID., Für Frieden und Einheit. Briefe aus der<br />
Gefangenschaft, a cura del Christkonigs-Institut, Kyrios-Verlag, Meitingen-<br />
Freising 1964 (la 3a ed.), XII.<br />
8 Ibid., XIII.
amore. / Una volontà sola, un unico anelito possente, / dovrebbe<br />
penetrare la mente e il cuore: / che regni ovunque Lui, / al quale<br />
appartiene tutto il potere nel Cielo!» 9 .<br />
San Paolo fu per Metzger il simbolo di una cristianità dinamica,<br />
desiderosa di comunicare instancabilmente la verità evangelica. Per<br />
questo motivo decise di chiamare la sua casa editrice, fondata nel<br />
1920 a Graz, Paulusverlag, considerandola uno strumento indispensabile<br />
della “diaconia paolina” (la missione mediante la parola stampata)<br />
della sua comunità 10 . L’Apostolo ispirò la sua visione del<br />
sacerdozio, al punto che egli pianificò la fondazione di un’associazione<br />
di sacerdoti diocesani, Apostolische Priestervereinigung St.<br />
Paulus. I sacerdoti che avrebbero voluto farne parte, avrebbero<br />
dovuto vivere – scrisse Metzger nel braccio della morte – in una<br />
«vera fratellanza (philadelphia), nella quale uno si prende cura dell’altro<br />
secondo l’esempio del SIGNORE (Rm 15,7), nella quale<br />
ognuno serve il fratello con il proprio dono (Gal 5,13; 1Pt 4,10) e<br />
portando i pesi dell’altro cerca di compiere la “legge” del Signore<br />
(Gal 6,2). Una fratellanza, la quale si attua praticamente, verso<br />
l’esterno, in un pianificato e comune servizio spirituale alla kyriaké,<br />
al suo costruire nuovo in amore (Ef 4,16)!» 11 .<br />
Certamente il segno più eloquente della vicinanza di Metzger alla<br />
persona e al pensiero dell’Apostolo fu la sua decisione di portare<br />
all’interno della sua comunità il nome di Bruder Paulus e di voler<br />
festeggiare l’onomastico nel giorno della Festa liturgica della conversione<br />
di san Paolo (25 gennaio). Tuttavia, i momenti più intensi<br />
del suo “discepolato paolino” furono quelli legati al triplice arresto<br />
da parte della Gestapo, momenti che culminarono con la condanna<br />
a morte e, successivamente, con la permanenza, durata sei mesi, nel<br />
braccio della morte di Brandenburg, nei pressi di Berlino. Come si<br />
evince dagli scritti carcerari del sacerdote e dalle testimonianze di<br />
coloro che continuarono a stargli vicino, egli visse tale esperienza<br />
identificandosi completamente con san Paolo. Metzger, da una<br />
9 Ibid., XIII.<br />
10 Cf. M.J. METZGER, Was ist eigentlich das Weiße Kreuz? (in AM), dattiloscritto,<br />
3. Il nome della casa editrice dovette essere più tardi cambiato in<br />
Christkönigsverlag e, successivamente, in Kyrios-Verlag.<br />
11 M.J. METZGER, Philadelphia, in L. ZAK – N. DE MICO, «Philadelphia» (M.J.<br />
Metzger), 407.<br />
pastorale<br />
e<br />
spiritualità<br />
«Nelle carceri naziste<br />
con San Paolo»<br />
la testimonianza<br />
di Max Josef Metzger<br />
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spiritualità<br />
58<br />
parte, sperimentò che la sua drammatica sorte di prigioniero gli permetteva<br />
di entrare in una profonda conoscenza esistenziale del pensiero<br />
dell’Apostolo; dall’altra, scoprì che proprio le lettere paoline –<br />
che egli poteva leggere anche nel carcere e nel braccio della morte<br />
– gli suggerivano le parole più adatte, per poter comunicare (nelle<br />
sue lettere) alla comunità, agli amici e ai famigliari il suo stato<br />
d’animo, aiutando tutti loro a vivere tale dolorosa esperienza nella<br />
speranza che ciò che accadeva facesse parte di un disegno di Dio.<br />
2. L’esperienza “paolina”<br />
della seconda prigionia<br />
(1939)<br />
AMetzger apparve<br />
come un<br />
vero e proprio<br />
segno il fatto di essere<br />
stato arrestato per la<br />
prima volta nel giorno<br />
della Festa liturgica della conversione di san Paolo e che il terzo<br />
arresto avvenisse nel giorno della Festa degli Apostoli Pietro e<br />
Paolo, il 29 giugno 1943. Annunciando il suo arresto nella lettera del<br />
23 gennaio 1934 ai genitori e ai fratelli della comunità, egli scrisse:<br />
«A Monaco hanno comunque deciso di mettermi temporaneamente in<br />
stato di arresto. (…) E proprio in questo giorno! Ma ciò risveglia anche<br />
una certa gioia in me, perché così posso assomigliare di più<br />
all’Apostolo anche nella sofferenza. Accetto tutto volentieri, purché<br />
questo in qualche modo e in qualche luogo porti una benedizione!» 12 .<br />
Mentre la prima prigionia durò soltanto alcuni giorni, la seconda<br />
fu un periodo molto più lungo, che permise a Metzger di interiorizzare<br />
l’esperienza di chi, come Paolo, visse da «prigioniero di<br />
Cristo» (Ef 3,1). Va subito detto, però, che ciò gli fu possibile anche<br />
grazie al contatto quotidiano con le lettere paoline. Infatti, diversamente<br />
dai detenuti dei gulag sovietici, i prigionieri delle carceri<br />
naziste potevano avere con sé, se richiesto, il libro della Sacra<br />
Scrittura. Quanto un simile privilegio fosse gradito al Nostro, lo si<br />
può immaginare facilmente, visto che uno degli obiettivi primari del<br />
12 M.J. METZGER, Christuszeuge in einer zerrissenen Welt. Briefe und<br />
Dokumente aus der Gefangenschaft 1934-1944, a cura e con introduzione di<br />
K. Kienzler, Herder, Freiburg-Basel-Wien 1991 (la 4a ed.), 45.
suo apostolato fu la diffusione della Bibbia e, soprattutto, della pratica<br />
di una sua quotidiana lettura. «La Sacra Scrittura» – affermò<br />
Metzger nel 1937 – «è, per noi, una lettera di Dio all’umanità. La<br />
spontanea gratitudine chiede che ci lasciamo toccare, nella nostra<br />
profondità, dalla Buona Novella e che riflettiamo, possibilmente con<br />
costanza, su di essa» 13 . Non sorprende, perciò, che egli proprio nel<br />
periodo della seconda prigionia – quando cioè fu impegnato a dirigere<br />
la collana Lebensschule der Heiligen Schrift (Scuola di vita<br />
della Sacra Scrittura) 14 – invitasse, con una lettera circolare, anche<br />
gli altri prigionieri del carcere di Augsburg a vivere la loro difficile<br />
sorte con la Bibbia in mano. Egli scrisse:<br />
«Se ti posso dare ancora un consiglio, ebbene, in questi giorni di riflessione<br />
su te stesso stendi la mano al “Libro dei libri”. Se sei seriamente<br />
deciso a diventare un vero “cristiano”, che cosa ti può giovare di più<br />
che andare alla scuola della “Buona Novella” di Cristo e leggere i<br />
magnifici libri del “Nuovo Testamento”? (Forse non hai mai avuto tra<br />
le mani questo prezioso testo, e perciò voglio subito dirti di non spaventarti:<br />
non si tratta di libri nel senso corrente della parola, ma di un<br />
unico sottile libro composto di alcune parti, cioè di alcuni singoli<br />
“libri”. Tuttavia, ciascuna di queste parti nasconde in sé ben più contenuto<br />
di un grande volume. Per mezzo del cappellano cattolico delle carceri<br />
potrai ricevere facilmente un “Nuovo Testamento” o almeno un<br />
“Vangelo”). Se, come ti ho detto, sono tanto lieto persino nella cella<br />
della prigione, ciò è dovuto in gran parte al fatto che sempre di nuovo<br />
mi occupo dei preziosi tesori che vi sono nascosti» 15 .<br />
La seconda prigionia fu, per Metzger, un periodo di grande intimità<br />
con il libro sacro. «Sì, posso dire» – confidò l’11 novembre<br />
1939 alla sorella Judith Maria – «che già da lungo tempo non avevo<br />
più avuto in me un senso di felicità così grande come in questi giorni,<br />
in cui vivo solo della Parola di Dio dal mattino presto fino alla<br />
13 M.J. METZGER, Fragen und Antworten, dattiloscritto, 7 (in AM).<br />
14 Il progetto della collana nacque non «per fornire agli studiosi uno strumento<br />
scientifico di lavoro, ma per offrire al popolo un immediato aiuto di vita»<br />
(Lebensschule der Hl. Schrift, in Christkönigsbote 10 [1934] 3). La collana prevedeva<br />
la pubblicazione di piccoli libri brochés ideati o come approfondimento<br />
di un tema scritturistico (oppure riguardante il contesto in cui vennero composti<br />
i testi dell’Antico e del Nuovo Testamento) o come commento a uno dei<br />
libri sacri.<br />
15 M.J. METZGER, Christuszeuge, 101-102.<br />
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con San Paolo»<br />
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sera» 16 . Tale intimo contatto con la Sacra Scrittura fu favorito, da<br />
una parte, dalla particolarità del momento: «Il Libro dei libri» –<br />
scrisse il sacerdote ai fratelli della comunità – «è l’unica cosa che<br />
posso avere nella mia cella. Che tesoro è per me in queste ore!» 17 .<br />
Dall’altra, però, fu orientato non solo verso la ricerca della propria<br />
consolazione, ma anche verso un approfondimento conoscitivo del<br />
testo sacro. Per questo motivo Metzger chiese ai fratelli della comunità<br />
di spedirgli nel carcere alcuni strumenti di lavoro, necessari per<br />
la sua ricerca biblica: «il Novum Testamentum graece, il dizionario<br />
greco, la Sinossi in tedesco e in greco, la Bibbia di Lutero con il<br />
vocabolario» e, infine, «il Commentario neotestamentario di<br />
Regensburg» 18 .<br />
Ovviamente, l’interesse di Metzger riguardò in modo privilegiato<br />
le lettere di Paolo, a contatto con le quali sperimentò la presenza<br />
di una parola forte «che, come una spada, divide la verità dall’errore<br />
e, nello stesso tempo, lenisce e risana come olio soave» 19 . Ma<br />
prima ancora, egli volle guardare alla situazione in cui si era trovato<br />
20 con gli occhi dell’Apostolo. Il fatto di essere stato arrestato<br />
16 E aggiunse: «Sarei, credo, molto contento se dovessi dedicare a un così<br />
nobile impegno un tempo più lungo. Certo desidererei possedere, a questo<br />
scopo, capacità umane assieme ad alcuni libri (Armonie dei Vangeli, Nuovo<br />
testamento in greco con vocabolario, la mia Bibbia di Lutero), carta e inchiostro!»<br />
(M.J. METZGER, La mia vita, 92).<br />
17 E continua ancora: «Nei Vangeli leggo ogni giorno le Beatitudini del<br />
Signore e sempre di nuovo me ne allieto. Negli Atti degli Apostoli leggo come<br />
i Dodici in ogni situazione erano testimoni della morte e della risurrezione del<br />
Signore e come si rallegravano di patire perfino umiliazioni subite per il Suo<br />
nome. (…) E poi la misteriosa Apocalisse: “Alleluia. Ha preso possesso del suo<br />
regno il Signore, il nostro Dio, l’Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo<br />
a lui gloria, perché son giunte le nozze dell’Agnello; la Sua Sposa è<br />
pronta…” (Ap 19,6)» (M.J. METZGER, Christuszeuge, 63). In un’altra lettera del<br />
22 novembre 1939 Metzger annotò: «Leggo soprattutto la sacra Scrittura, ricavando<br />
da questa lettura una benedizione» (ID., La mia vita, 98); cf. ibid., 101.<br />
18 Ibid., 99.<br />
19 M.J. METZGER, Christuszeuge, 63.<br />
20 Il sacerdote fu incarcerato in concomitanza con numerosi arresti a seguito<br />
dell’attentato a Hitler in una birreria di Monaco (8 novembre 1939). Il fatto<br />
di essere rimasto trattenuto in carcere anche dopo la cattura dell’attentatore e<br />
il modo con il quale veniva trattato facevano capire che la Gestapo gli voleva<br />
impartire una lezione intimidatoria, considerandolo – a causa della sua attività<br />
attorno alla fraternità Una Sancta (attività che lo spinse a non rispettare il divie-
proprio mentre operava un intenso e spossante lavoro per la<br />
diffusione degli ideali teologici e spirituali dell’Una Sancta e per la<br />
fondazione, in tutta la Germania, di numerose sezioni locali della<br />
fraternità ecumenica, fu da lui interpretato come invito, da parte di<br />
Dio, a una sosta spirituale, a un raccoglimento interiore simile a<br />
quello che Paolo visse nel “deserto” delle prigioni. Per questo, in<br />
una delle prime lettere scrisse:<br />
«Tu sai già che mi è stato inflitto un tempo di silenzio. Quanto durerà,<br />
non lo so. Vorrei tanto che finisse presto. Ad ogni modo – ti parrà forse<br />
strano, però dico sul serio –, non mi sentirò per niente sfortunato se<br />
dovesse durare di più. L’importante è che diventi fecondo per me. E<br />
penso che sarà così. Già da lungo tempo sentivo il bisogno di un periodo<br />
di silenzioso raccoglimento, per essere lontano da tutte le “faccende”.<br />
Non trovavo mai il tempo né la forza di lasciare tutto e di andare<br />
nel ‘deserto’ che, invece, per Paolo fu un luogo di benedizione. Ora<br />
Dio mi ha semplicemente imposto questi esercizi spirituali. Accetto<br />
volentieri» 21 .<br />
Sul piano teologico e spirituale, due sono i “temi paolini” che<br />
Metzger – riferendosi alla sua esperienza di carcerato – richiama in<br />
primo piano durante questo periodo: il tema dell’“essere (vivere) in<br />
Cristo” (cf. 2Cor 12,2; Rm 6,11; 8,1) e quello dell’essere insieme (in<br />
quanto credenti in Cristo) “un unico Corpo” (cf. 1Cor 12,12-27),<br />
entrambi centrali per la mistica di san Paolo 22 . Quanto al primo<br />
tema, il prigioniero lo sviluppa alla luce del passo di Gal 2,20,<br />
to dei raduni pubblici, a collaborare con l’intellighenzia tedesca avversa alla<br />
politica del governo ecc.) – un nemico del nazionalsocialismo. Infatti, dopo il<br />
rilascio Metzger iniziò a essere permanentemente sorvegliato e spiato. Cf. L.<br />
ZAK, «Scomodo profeta di un mondo migliore», 62-63.<br />
21 M.J. METZGER, La mia vita, 92. E continua ancora: «Sì, mi allieto perfino<br />
della reale povertà e della costrizione all’ubbidienza, nelle quali mi trovo qui,<br />
onde poter fare sul serio, almeno una volta, quanto vado predicando agli altri<br />
e forse io stesso non sembro adempiere tanto perfettamente. Qui lo posso fare.<br />
Non voglio avere di fatto nessun vantaggio di fronte agli altri, se non quello (se<br />
ciò non è troppo) di potermi occupare in modo proficuo delle cose spirituali.<br />
Non avere preoccupazioni per me» (ibid., 93). Cf. anche M.J. METZGER,<br />
Christuszeuge, 62.<br />
22 Cf. R. PENNA, L‘apostolo Paolo. Studi di esegesi e teologia, ed. Paoline,<br />
Cinisello Balsamo 1991, 654-663.<br />
pastorale<br />
e<br />
spiritualità<br />
«Nelle carceri naziste<br />
con San Paolo»<br />
la testimonianza<br />
di Max Josef Metzger<br />
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62<br />
citato subito nella sua prima lettera dal carcere 23 , passo che completa<br />
la prospettiva dell’“io in Cristo” con quella del “Cristo in me”.<br />
Egli, allo stesso tempo, introduce un significativo – ma teologicamente<br />
del tutto corretto e, anzi, necessario – ampliamento di tale<br />
completamento: passa dall’orizzonte cristologico a quello trinitario,<br />
essendo convinto che se «in me c’è la vita di Cristo», ciò significa<br />
che «nell’anima mia vi è la vita di tutta la Santissima Trinità» 24 .<br />
Metzger – che prima dell’arresto dedicò proprio a tale tema la riflessione<br />
Der Himmel in uns (Il Cielo in noi) 25 – approfondisce questa<br />
sua concezione dell’inabitazione di Dio nell’uomo in una lettera<br />
scritta in occasione dell’Avvento 26 . In essa afferma:<br />
«Dio in me! In Lui io vivo, mi muovo ed esisto! In Lui, Dio, Creatore<br />
e Conservatore, il quale ogni giorno, anzi ogni ora mi dona la vita e<br />
paternamente la custodisce 27 . Egli non è lontano, al di sopra delle nubi,<br />
23 Nella lettera del 1 novembre 1939 scrive: «Mi rincresce che siate tanto<br />
preoccupati per causa mia – non ce n’è motivo! –, mentre invece, grazie a Dio,<br />
io sono profondamente radicato nella convinzione che: “…anche se dovessi<br />
camminare nelle tenebre e nell’ombra della morte, non temerei alcun male: Tu<br />
sei con me!”. Anzi, in una convinzione più intima e più reale di quella del cantore<br />
dell’Antica Alleanza, in quanto posso dire: “Io vivo, però non io: Cristo<br />
vive in me”» (M.J. METZGER, La mia vita, 89).<br />
24 M.J. METZGER, Christuszeuge, 63.<br />
25 Cf. ibid., 50-57; tr. it. parziale in M.J. METZGER, La mia vita, 90-91.<br />
26 Intitolata Licht leuchtet ins Dunkel (La luce brilla nelle tenebre), la lettera viene<br />
scritta con un tono solenne tipico di alcune lettere di Paolo; cf. ibid., 62, 66.<br />
27 Approfondendo, ne Il Cielo in noi, lo stesso tema dell’inabitazione tra Dio<br />
e l’uomo, vissuta come esperienza della figliolanza, il sacerdote scrisse: «Il<br />
“nostro Padre”, a cui ci rivolgiamo nella preghiera, in verità “non è lontano da<br />
ciascuno di noi” (At 17,27). Egli ci chiama costantemente per nome: “Tu mi<br />
appartieni!” (Is 43,1). E ad ogni ora attende la risposta del figlio: “Abba!<br />
Padre!” (Rm 8,15). Come figli a pieno diritto e tanto amati, noi ci sentiamo tranquilli<br />
al riparo della Sua mano potente. Pieni di filiale fiducia, ci rivolgiamo a<br />
Lui in ogni nostra necessità e tribolazione. Ma di fronte a Lui non abbiamo bisogno<br />
di dire molte parole: “Il Padre sa già ciò di cui avete bisogno” (Mt 6,8).<br />
Affidiamoci dunque a Lui ciecamente: “Anche se dovessi camminare nelle tenebre<br />
e nell’ombra di morte, non temerei alcun male, perché Tu sei con me” (Sal<br />
23,4). In ogni tempo, noi non pensiamo né diciamo altro che quello che già<br />
disse Cristo come preghiera della sua vita: “Ecco, io vengo, o Dio, per fare la<br />
tua volontà” (Eb 10,7); “come in Cielo, così in terra”, affinché “venga il Tuo<br />
Regno” (Mt 6,10) in mezzo a noi e in tutto il mondo. A null’altro vogliamo tendere<br />
se non a questo Tuo Regno e al suo compimento, ben sapendo che dalla<br />
Tua grazia tutte le cose ci saranno date in aggiunta (Mt 6,33)» (ibid., 53-54).
non debbo temere che sia irraggiungibile. Egli mi è più vicino di quanto<br />
non lo sia io a me stesso. L’eterno e unigenito Figlio dell’eterno<br />
Padre, colui che assunse forma umana per condividere con me, da fratello,<br />
il mio umano destino, Lui mi concesse, per mezzo del lavacro<br />
della rigenerazione, di partecipare misteriosamente alla Sua stessa divina<br />
natura e alla Sua stessa vita. Perciò in verità posso affermare con<br />
l’Apostolo: “Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me”. Come<br />
è consolante questo pensiero, quando si è privati della possibilità di<br />
partecipare ogni giorno alla santa messa e di accostarsi alla “comunione”.<br />
Infatti, la sacra comunione mi è già stata donata per mezzo dell’intima<br />
comunione di vita che Cristo aveva instaurato con me e che quotidianamente<br />
rinnovava e approfondiva sin da quando mi dava la Sua<br />
carne e il Suo sangue come cibo e bevanda. Anche se ora il sacramento<br />
esterno mi è stato negato, Egli nella Sua forza operante non è legato<br />
ai segni esterni. Anzi, Egli stesso è il Sacramento di vita che, come radice,<br />
nutre con le sue forze e la sua linfa tutta quanta la vite. Egli è il<br />
Santo per il Suo Santo Spirito. Ed io so per fede che per mezzo della<br />
grazia sono di fatto tempio dello Spirito Santo e che lo Spirito di Dio<br />
vive realmente in me. Che cosa mi occorre di più, per avere il Cielo in<br />
me? Esso non è forse là, dove c’è Dio Triuno? Certamente questo Cielo<br />
oggi è in me ancora nascosto, così come il fiore e il frutto sono nascosti<br />
nel seme. Esso finora rappresenta più una speranza che un beato<br />
possesso… Ma lo Spirito Santo è già in me come “pegno e caparra”; lo<br />
Spirito che è l’amore personale di Dio Triuno, nel cui pieno possesso si<br />
avrà il Cielo» 28 .<br />
Il prigioniero non dimentica di sottolineare, nelle sue lettere, che<br />
la realtà appena descritta fu ciò che, per grazia, caratterizzava la sua<br />
esperienza di fede vissuta nel carcere, infondendogli forze nuove e<br />
speranza 29 . Ma la stessa dimensione esperienziale caratterizza anche<br />
l’approfondimento del secondo tema della mistica paolina. Infatti,<br />
grazie alla nitida percezione della presenza di Dio nelle profondità<br />
del proprio cuore 30 , Metzger sentì, in sé, di essere unito a tutti i<br />
28 Ibid., 63-64.<br />
29 In una lettera del 1 dicembre 1939 scrisse: «Ogni giorno, da quando<br />
l’Avvento non è ancora iniziato, mi ripeto le parole dell’Apostolo: “Gaudete,<br />
iterum dico: gaudete!”. E le prendo anche sul serio. Ringraziando il Signore<br />
posso dire che il sole non è tramontato in me nemmeno per un attimo. Sono<br />
pieno di gioia, il che non dipende solo dalla mia coscienza pulita (1Pt 3,17),<br />
ma soprattutto dalla fede nella presenza di Dio in me» (ibid., 100-101).<br />
30 «Dio in me! Di che cosa potrei esser privo, se in Lui possiedo il tutto? Che<br />
cosa mi dovrebbe mancare, se Egli interamente si è donato a me? (…) Così<br />
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con San Paolo»<br />
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fratelli della sua comunità, sperimentando vivamente che la cella<br />
carceraria non poteva spezzare la loro mistica unità con e in Cristo.<br />
Che significa una separazione fisica «in confronto alla nostra<br />
vicinanza in Cristo?», esclamò perciò scrivendo ai suoi, dopo aver<br />
ricordato loro che quella che stavano vivendo era un’esperienza del<br />
«grande mistero del Cristo che continua a vivere nel tempo»: il<br />
mistero del Corpo di Cristo, inteso come “spazio” senza confini in<br />
grado di accogliere, e unire in un unico organismo vivente, tutti<br />
coloro che sono stati rigenerati dall’acqua e dallo Spirito Santo.<br />
Nonostante in questo organismo ogni membro abbia uno specifico<br />
compito, tutti sono «l’un l’altro vivamente vicini nella vita del<br />
Capo» 31 , che, poi, è la stessa vita trinitaria di Dio: l’amore.<br />
Seriamente preoccupato per lo scoppio della seconda guerra<br />
mondiale e, al contempo, consapevole della non poca responsabilità<br />
dei cristiani – incapaci di offrire al mondo una testimonianza di<br />
riconciliazione nell’amore – per un simile stato di cose, Metzger<br />
ebbe la consapevolezza che la realtà dell’unità dei credenti, descritta<br />
da Paolo come “Corpo di Cristo”, non poteva venire concepita se<br />
non in riferimento al comandamento nuovo di Gesù Cristo. Ed è per<br />
questo che egli, desiderando che la sua comunità fosse una comunità<br />
cristiana esemplare, invitò i suoi a percorrere insieme la via della<br />
carità, affermando:<br />
«Fratelli e sorelle! I tempi si sono aggravati! (…) La disponibilità ad<br />
amare è il grande comandamento dell’ora presente! “Viviamo e moriamo<br />
per una cosa sola: che l’amore riunisca tutti gli uomini” – ecco<br />
quanto ci aveva felicemente insegnato fratel Franz 32 . Ma ogni cantare è<br />
soltanto un suono vuoto, se non si fonda sulla realtà della vita. Nella<br />
nostra comunità deve rendersi di nuovo manifesto che per mezzo del<br />
nostro essere apostoli dell’amore dobbiamo divenire messaggeri dell’amore<br />
fraterno, che trae la sua forza dalle profondità della conoscenza<br />
per fede del mistero che tutti sono membra unite nell’unico Corpo<br />
del Signore. Se volete rendermi voi un servizio, se per consolarmi nel<br />
tormento di questi giorni volete procurarmi una gioia, allora aspirate<br />
rimango in “adorazione” continua, con tutti i pensieri e i desideri, che sempre<br />
di nuovo gravitano intorno a questo grande mistero: la vita di Dio nella mia<br />
anima, il Suo vivere nel mio essere» (M.J. METZGER, Christuszeuge, 64).<br />
31 Ibid., 65.<br />
32 Uno dei primi compagni di Metzger, da lui ricordato più ampiamente<br />
nella lettera del 7 settembre 1943 (cf. M.J. METZGER, La mia vita, 161-162).
all’amore! Aspirate senza sosta all’amore! Un amore disinteressato<br />
che, unico, merita questo nome divino! Un amore pronto al sacrificio,<br />
che porta il sigillo della santa croce. Un amore autentico di benevolenza,<br />
che si attua specialmente nella misericordia e nell’indulgenza dei<br />
giudizi, nella premura che previene, nella bontà senza gelosia! Un<br />
amore operante, che si mantiene fedele in ogni ora! Aspirate all’amore!<br />
Se ogni giorno, con santa prudenza, vi immedesimate nel santo<br />
sacrificio d’amore del Signore, se lasciate che si sviluppi in voi la Sua<br />
vita divina, allora i frutti dello Spirito Santo si manifesteranno a tutti.<br />
Dio è Amore. Coloro che veramente vivono in Lui non possono portare<br />
altri frutti che quelli dell’amore» 33 .<br />
3. Verso il processo<br />
e il patibolo<br />
con san Paolo (1943-44<br />
Gli stessi “temi<br />
paolini”, appena<br />
menzionati,<br />
continuano a essere<br />
presenti anche negli<br />
scritti di Metzger della<br />
terza e ultima prigionia, dai quali si capisce che la riflessione del<br />
detenuto poggia sul suolo di un’esperienza di fede fatta in condizioni<br />
di vita estremamente difficili, determinate, tra le altre cose, dal<br />
trattamento che egli ricevette nei tre penitenziari 34 in cui si trovò rinchiuso<br />
dal 29 giugno 1943, giorno dell’arresto, al 17 aprile 1944,<br />
giorno della decapitazione. Consapevole della gravità della sua<br />
situazione e sperimentando una crescente e dolorosa solitudine, il<br />
sacerdote fu attratto da un approfondimento prima di tutto esistenziale<br />
del tema dell’unione con Dio, descrivendo, nelle lettere e nelle<br />
33 M.J. METZGER, Christuszeuge, 65-66.<br />
34 Appena arrestato, il sacerdote fu trattenuto nel penitenziario della<br />
Gestapo sulla Prinz-Albrecht-Straße di Berlino, dove si trovava per essere interrogato.<br />
L’11 settembre 1943 fu trasferito, per l’istruttoria, al temuto carcere di<br />
Plötzensee – dove dal 4 fino al 12 settembre vennero giustiziate 300 persone<br />
–, tuttavia, il suo fascicolo fu completato senza che egli avesse potuto parlare<br />
con un giudice istruttore. Fu qui che a Metzger venne consegnato, il 9 ottobre<br />
1943, l’atto di accusa dal quale apprese che sarebbe stato giudicato per alto<br />
tradimento (cf. M.J. METZGER, La mia vita, 179). Dopo il processo, svoltosi a<br />
Berlino il 14 ottobre, concluso con la condanna a morte, il sacerdote rimase<br />
una settimana nel penitenziario di Plötzensee. Il 22 ottobre fu trasferito, assieme<br />
ad altri condannati, nel braccio della morte di Brandenburg-Görden, nella<br />
periferia di Berlino.<br />
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«Nelle carceri naziste<br />
con San Paolo»<br />
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poesie, tale unione come l’esperienza, tipicamente paolina, della<br />
figliolanza divina 35 . «La realtà» – confidò alla sorella Gertrudis<br />
nella lettera del 10 ottobre 1943 – «che in questi giorni mi rende<br />
interiormente gioioso, malgrado tutte le tribolazioni del cuore, è<br />
quella espressa con una sola parola: “Abba” - Padre buono!» 36 , parola<br />
che egli invocava, assieme alla formula Maranatha, ogni giorno<br />
come sua preghiera 37 , imitando così il modo di pregare<br />
dell’Apostolo (cf. Gal 4,6; Rm 8,15; 2Cor 1,20) 38 . Tuttavia, Metzger<br />
comprendeva e viveva tale esperienza non come una sorta di isolamento<br />
mistico, ma, al contrario, come un presupposto necessario per<br />
sperimentare l’esistenza di un legame di unità, nell’amore di Dio<br />
Padre – manifestatosi mediante lo Spirito nella persona di Gesù<br />
Cristo –, sia con coloro che erano assieme a lui nella cella 39 , sia con<br />
35 Cf. L. ZAK – N. DE MICO, «Philadelphia» (M.J. Metzger), 388-390.<br />
36 M.J. METZGER, La mia vita, 180.<br />
37 «“Abba” – è questa la mia preghiera di ogni giorno; Abba, Padre buono<br />
e “Maranatha”» (ibid., 187).<br />
38 Cf. A. PITTA, La preghiera nelle lettere di Paolo e nelle prime comunità cristiane,<br />
in C. ROSSINI – P. SCIADINI (edd.), Enciclopedia della preghiera, LEV, Città<br />
del Vaticano 2007, 149-151.<br />
39 In una lettera dell’8 luglio 1943 scrisse: «Come vi avevo già detto, ora<br />
sono in una cella comune. (…) In questi giorni ho riflettuto molto sullo Spirito<br />
Santo (cf. ánemos in greco, anima in latino). La Scrittura lo chiama pneuma,<br />
che significa soffio, alito o vento. Esso è il caldo alito di vita che promana dall’interiorità<br />
di Dio, e perciò si può identificare anche con un amore che scorre.<br />
Secondo il salmista, questo alito vitale di Dio riempie tutto. In Lui, nel Suo<br />
amore, viviamo e ci muoviamo! Per mezzo di Lui siamo uniti tra di noi. Sì,<br />
anche il nostro respiro di vita proviene da Lui. In Lui noi ci incontriamo.<br />
Dapprima fu per me difficile respirare l’aria di una comunità così eterogenea<br />
(il fumo!), ma poi mi sono reso conto che anche una simile situazione ha tuttavia<br />
qualcosa a che fare con la realtà di una comunità nell’amore alla quale noi,<br />
sull’esempio di Cristo, aspiriamo in modo particolare. Tutti noi che respiriamo<br />
la stessa aria ci uniamo, lo vogliamo o no, per mezzo di ciò che respiriamo,<br />
esternando con il respiro qualcosa della nostra interiorità. (Il bacio non è forse<br />
un anelito a partecipare reciprocamente in modo più profondo al “pneuma”, al<br />
soffio di vita dell’altro?). È, dunque, volontà di Dio che, mediante il reciproco<br />
in-/es-pirare la stessa aria, noi ci trasferiamo contemporaneamente l’uno<br />
nell’altro… prendendoci cura della comunità. Da quando mi sono reso conto di<br />
ciò, partecipo con gioia – nonostante le ovvie difficoltà – a questa unione<br />
comunitaria…» (M.J. METZGER, La mia vita, 120-121). Va ricordato che dopo il<br />
suo trasferimento nel braccio della morte di Brandenburg, Metzger visse nella<br />
cella da solo, dovendosi confrontare con una dolorosa solitudine.
i fratelli in libertà 40 . Non solo: egli pose proprio questo tipo di esperienza<br />
al centro – quale tema e, insieme, prospettiva teologica di<br />
fondo – delle sue riflessioni sulla Chiesa, presenti in Die Frage nach<br />
der SICHTBARKEIT oder UNSICHTBARKEIT der KIRCHE (La<br />
questione della Visibilità e Invisibilità della Chiesa) 41 e, soprattutto,<br />
nel citato saggio Theologische Abhandlung über das Königtum<br />
<strong>Christi</strong>, in cui mise a fuoco l’assoluta centralità della rivelazione di<br />
Dio come Amore trinitario per un’ecclesiologia biblica ed ecumenica<br />
e, prima ancora, per una rinnovata esperienza di fede nella<br />
Chiesa.<br />
Va ricordato, però, che tale nitida percezione esistenziale e teologica<br />
della centralità della carità, dell’amore, per la fede e per la<br />
Chiesa si nutriva, anche durante la terza prigionia, del contatto quotidiano<br />
del prigioniero con la Sacra Scrittura. «Poi studio san<br />
Giovanni leggendolo in greco e tedesco» – scrisse nella lettera<br />
dell’8 luglio 1943 e aggiunse: «Che soddisfazione profonda, quando<br />
lo si può fare con calma!» 42 . Eppure la terza prigionia fu un periodo<br />
di lotta per la Scrittura, in quanto lo spostamento del sacerdote<br />
nel penitenziario di Plötzensee, il processo davanti al Tribunale di<br />
giustizia del Popolo e il trasferimento nel braccio della morte di<br />
Brandenburg-Görden comportarono la confisca, da parte della direzione<br />
del carcere, di tutte le cose personali, libri inclusi, cose che<br />
potevano essere nuovamente richieste e riavute solo dopo una lunga<br />
attesa dovuta alla lentezza della burocrazia carceraria. «Purtroppo»<br />
– annotò il 14 settembre 1943 nel penitenziario di Plötzensee – «non<br />
ho ancora né il breviario né il messale, tanto meno il libro del Nuovo<br />
Testamento». Ma aggiunse fiducioso: «Comunque li riavrò in ogni<br />
caso» 43 . Infatti, descrivendo nella lettera successiva del 30 settembre<br />
le difficoltà dei primi giorni a Plötzensee e ricordando il suo dolore<br />
per essere stato privato del testo sacro, egli scrisse con sollievo:<br />
40 Si veda a questo proposito la sua interpretazione del termine circumstantes<br />
(preso dal canone della messa), inteso come specificazione liturgica dell’essere-uno-in-Cristo,<br />
nella lettera del 26 agosto 1943 (in M.J. METZGER, La mia<br />
vita, 152-153); cf. inoltre ibid., 90 e 98; ID., Christuszeuge, 64.<br />
41 Cf. M.J. METZGER, La mia vita, 203-207.<br />
42 Ibid., 122.<br />
43 M.J. METZGER, Christuszeuge, 132.<br />
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«Potete immaginare quanto mi manchi la santa messa quotidiana.<br />
Eppure devo di nuovo ribadire che nella silenziosa celebrazione quotidiana<br />
della memoria passionis Jesu <strong>Christi</strong> trovo per la mia anima, così<br />
come avevo insegnato a voi, ciò di cui ha bisogno. Molto di più, invece,<br />
sentivo la mancanza, davvero dolorosa, della divina parola della<br />
Sacra Scrittura. È vero che ogni giorno, durante la celebrazione della<br />
memoria, recitavo a memoria una parola dell’Apostolo e una del<br />
Signore, per poterle meditare. Ad ogni modo sentivo anche che è dalla<br />
lettura [della Scrittura] che devo trarre una sempre nuova ricchezza in<br />
grado di nutrirmi durante i lunghi giorni e le ancora più lunghe notti.<br />
Come ero felice, dunque, quando stamattina presto mi sono stati ridati<br />
i miei libri: il breviario (in latino e tedesco) e il Nuovo Testamento (in<br />
greco e tedesco)» 44 .<br />
Ancora più dolorosi, però, furono i giorni trascorsi senza il libro<br />
della Sacra Scrittura dopo il trasferimento del prigioniero nel braccio<br />
della morte. È vero che, salvo casi particolari, la prassi giudiziaria<br />
del Terzo Reich non prevedeva che dopo il processo avvenisse<br />
un’esecuzione immediata della pena capitale, in quanto i condannati<br />
potevano ancora chiedere la grazia al Ministro di Giustizia.<br />
Tuttavia, soprattutto i primi giorni vissuti nella prigione di<br />
Brandenburg – dove i colpi della ghigliottina, situata in un garage,<br />
rimbombavano in tutte le celle – furono per tutti i condannati un<br />
tempo di estrema, quasi insopportabile prova psicologica. Il dispiacere<br />
di dover affrontare tale prova senza il conforto del testo sacro<br />
fu espresso dal sacerdote subito nella sua prima lettera, inviata da<br />
quel luogo di orrore alla sorella Gertrudis il 24 ottobre 1943. Egli<br />
scrisse:<br />
«Ormai da venerdì sono a Brandenburg-Görden. Questa è forse l’ultima<br />
stazione, ancora un po’ più dura; però Dio mi dà la forza e la grazia di dire<br />
con gioia il sì a tutto. Ciò che più mi manca è la Parola di Dio. Come siete<br />
fortunati voi, che avete sempre a disposizione il Libro Sacro! Il giovedì<br />
scorso [a Plötzensee – L.Z.], dopo molti sforzi, sono finalmente riuscito<br />
a ottenere una copia del Nuovo Testamento, ma il venerdì mi hanno<br />
trasferito. E così ora devo di nuovo lottare [per riaverlo – L.Z.], iniziando<br />
qui da capo» 45 .<br />
44 M.J. METZGER, La mia vita, 173-174.<br />
45 Ibid., 186.
Già in un’altra occasione ho avuto modo di parlare della fecondità<br />
letteraria e teologica di Metzger durante la sua permanenza nel<br />
braccio della morte 46 . Ciò che ora mi preme di sottolineare è che tale<br />
fecondità è legata alla possibilità, concessagli, di avere con sé, nella<br />
cella, il libro della Scrittura che egli utilizzava sia come un testo di<br />
lettura e di meditazione spirituale, sia come uno strumento di lavoro,<br />
indispensabile per la sua ricerca teologica. Per vedere quanto<br />
quest’ultima fosse fondata sulle basi bibliche è sufficiente leggere i<br />
succitati saggi Die Frage nach der SICHTBARKEIT oder UNSI-<br />
CHTBARKEIT der KIRCHE e Theologische Abhandlung über das<br />
Königtum <strong>Christi</strong>, oppure gli scritti Philadelphia 47 e Besinnung<br />
(Riflessione) 48 . Il fatto che essi abbondino di citazioni bibliche e di<br />
numerosissimi riferimenti ai passi scritturistici è una inconfondibile<br />
conferma della dedizione del condannato alla lettura e allo studio<br />
della Bibbia. Egli la consultava con assiduità, nonostante le sue<br />
mani fossero parzialmente immobilizzate dalla fastidiosa e dolorosa<br />
stretta delle catene 49 che ogni condannato a morte doveva portare<br />
giorno e notte, e nonostante fuori della sua “stanza di studio” soffiassero<br />
gelidi venti di morte. Riferendosi, di sfuggita, alle condizioni<br />
in cui nascevano e venivano sviluppate le sue riflessioni teologiche,<br />
Metzger annotò:<br />
«È sempre un nuovo colpo al cuore quando si vedono portare alla ghigliottina<br />
i compagni venuti qui insieme a noi, senza sapere per quanto<br />
46 Cf. L. ZAK – N. DE MICO, «Philadelphia» (M.J. Metzger), 384-387.<br />
47 L’originale (senza data) non fu finora mai pubblicato; la sua traduzione<br />
italiana è reperibile in ibid., 403-410.<br />
48 Pubblicato in M.J. METZGER, La mia vita, 235-246.<br />
49 Riferendosi ai primi momenti di convivenza con le catene, iniziata dopo<br />
il processo, Metzger annotò: «Quando alla sera entrai nella mia cella, mi inginocchiai,<br />
ringraziando Dio di avermi inserito in questo modo nella sequela di<br />
Cristo, e Lo pregai affinché conservasse il mio coraggio fino alla fine. Ebbi<br />
anche sufficiente tranquillità per potermi mettere a letto. Ma le catene molto<br />
strette, che dovevo portare anche di notte, in seguito all’eccessivo affaticamento<br />
psichico della giornata mi provocarono alla fine tali disturbi di cuore che fui<br />
costretto a suonare. Era necessario che per un po’ di tempo mi venissero tolte<br />
le catene, in modo che, distendendomi, riacquistassi nuovamente la forza del<br />
cuore» (ibid., 198-199). Più tardi, in un’altra lettera (30 dicembre 1943)<br />
confessò: «Sono contento di poter tenere la mia mente occupata, anche se è<br />
difficile scrivere con le catene; e questo di sicuro non fa piacere neppure a chi<br />
legge» (ibid., 220).<br />
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«Nelle carceri naziste<br />
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di Max Josef Metzger<br />
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tempo ancora si potrà sfuggire alla loro sorte. Tuttavia, nella preghiera<br />
insistente ho trovato la calma e la sicurezza, la santa imperturbabilità,<br />
tanto che quasi non mi sento più scosso dal pensiero che per forza di<br />
cose si ha, quando si sta di fronte ad un evento così drammatico come<br />
quello che mi attende» 50 .<br />
Che in queste condizioni di vita e di lavoro Metzger avesse sentito<br />
la particolare vicinanza di san Paolo, lo si può dare per scontato.<br />
Ciò emerge, ad esempio, dal nome con il quale il sacerdote firma<br />
la sua poesia Una Sancta: “Paulus in vinculis” 51 . Lo si nota anche<br />
dalle frequenti citazioni, nelle lettere, delle parole dell’Apostolo,<br />
come se egli, duramente provato dalla vita nel braccio della morte,<br />
avesse voluto comunicare con i fratelli e con i cari tramite colui che,<br />
pur essendo rinchiuso nel carcere, riuscì a sentirsi interiormente<br />
libero, continuando a esercitare la missione di annunciatore del<br />
Vangelo. «Leggevo in questi giorni la magnifica Lettera di Paolo ai<br />
Filippesi. Leggetela, vi prego (specialmente 1,3ss; 2,5s; 3,1ss; 4,2ss;<br />
16 [sic!])» – scrisse alla comunità il 26 agosto 1943, invitandola a<br />
rimanere nella gioia e a custodire gli stessi sentimenti di umiltà e di<br />
rinnegamento di sé che furono di Gesù Cristo –, «e così saprete<br />
quello che vorrei scrivervi» 52 . Un breve rimando alle lettere di Paolo<br />
(Fil 4,11; 1Cor 15) si trova nella lettera del 29 agosto 1943 53 , mentre<br />
alla sorella Judith Maria scrisse le tenere parole dell’Apostolo<br />
rivolte a Timoteo: «(…) mi tornano alla mente le tue lacrime e sento<br />
la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia» (2Tm 1,4) 54 .<br />
50 Ibid., 200.<br />
51 Ibid., 224-225.<br />
52 E continuò: «La gioia santa dell’“essere-in-Cristo”, che sempre di nuovo<br />
faceva esultare Paolo in mezzo alle sue tribolazioni, sia proprio essa quel dono<br />
di grazia che, pregando, vogliamo ottenere l’uno per l’altro. La pace di Cristo<br />
sia con voi! Che essa possa essere donata anche al “mondo”!» (ibid., 153-154).<br />
53 Essa recita: «Fratelli miei! Se l’Apostolo si può vantare della grazia, che<br />
gli è stata concessa, di sapersi adattare in ogni situazione (Fil 4,2), allora devo<br />
ringraziare anch’io di questo dono. Oggi sono due mesi che sono stato privato<br />
della libertà. Ed ecco, devo rendere grazie – “semper et ubisque” – che<br />
durante tutte queste settimane ho potuto essere sempre lieto nel Signore. Lo<br />
devo certo anche alle vostre intercessioni, che spero mi vorrete donare anche<br />
per il futuro. Nell’epistola di questa domenica (1Cor 15) l’Apostolo esorta a<br />
rimanere saldi nella fede. Si tratta senz’altro di una grazia che tutti noi in modo<br />
particolare dobbiamo chiedere; noi tutti che viviamo in un mondo ostile alla<br />
fede» (ibid., 154).<br />
54 Cf. ibid., 159.
E certamente di Judith Maria volle parlare, ma ora a tutta la comunità,<br />
quando, con le parole di Paolo indirizzate ai Tessalonicesi 55 , la<br />
indicò come tramite tra lui e i fratelli, visto che lei era riuscita già<br />
due volte a visitare il sacerdote nel carcere 56 .<br />
Dalle notizie di Metzger dal braccio della morte si evince che egli<br />
faceva una lettura continuativa delle lettere di san Paolo. «La prima<br />
cosa che ho fatto» – scrisse, infatti, a Judith Maria dal penitenziario<br />
di Plötzensee, dopo aver potuto riavere gli oggetti personali e, quindi,<br />
anche il libro della Bibbia – «è stata di riprendere la lettura laddove<br />
l’avevo interrotta tre settimane fa, e cioè sulla lettera<br />
dell’Apostolo ai suoi Tessalonicesi, il secondo e il terzo capitolo» 57 .<br />
E aggiunse:<br />
«Sento poi che basterebbe solo ricopiare le parole che Paolo scriveva a<br />
questa sua comunità: i suoi sono gli stessi pensieri che pervadono<br />
completamente anche me. Il che ovviamente vale in modo particolare<br />
per le lettere di Paolo dal carcere. Visto che porto il suo stesso nome,<br />
un tale privilegio me lo posso ora guadagnare qui, ancora una volta.<br />
Anch’io, come allora lui, so di essere sostenuto dalla preghiera dei<br />
miei, cosa di cui vi ringrazio di cuore. Dio, certamente per vostra<br />
intercessione, ha conservato in me un cuore pieno di gioia» 58 .<br />
Un giorno dopo aver ricevuto l’atto di accusa, il 10 ottobre 1943,<br />
avendo appreso che sarebbe stato giudicato per un crimine – altro<br />
tradimento – che veniva punito con la pena di morte, Metzger scrisse<br />
alla sua comunità una commovente lettera, in cui parla della filiale<br />
fiducia in Dio Padre, “Abba”. Come conclusione, sapendo che<br />
mentre i fratelli avrebbero letto queste parole il suo destino già<br />
sarebbe stato deciso, egli aggiunge:<br />
55 Metzger annotò: «Leggete La prima lettera ai Tessalonicesi, da 2,17 a<br />
3,13!» (ibid., 162).<br />
56 Judith Maria fu arrestata assieme a Metzger e alla sorella Bernharda.<br />
Appena rilasciata, il 30 luglio 1943, riuscì già il 1 agosto a incontrare fratel<br />
Paulus nel carcere di Berlino, potendolo visitare nuovamente il 4 agosto<br />
(cf. Aufzeichnungen von Sr. Judith Maria Hauser, in AM). Le parole di Paolo in<br />
1Ts 2,6 («Ma ora che è tornato Timòteo, e ci ha portato il lieto annunzio della<br />
vostra fede…»), incluse nel testo da lui indicato, si richiamano alla liberazione<br />
dell’amica e alle sue due visite.<br />
57 M.J. METZGER, La mia vita, 133.<br />
58 Ibid., 133.<br />
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«Cosa debbo dirvi ancora? Non saprei dire niente di più bello di ciò che<br />
l’Apostolo delle genti (nell’epistola letta durante la messa d’oggi) scrive<br />
dalla prigionia ai suoi (com’è tutto attuale nella Scrittura!): “Fratelli!<br />
Io, prigioniero nel Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna<br />
della vocazione che avete ricevuto, con tutta umiltà e mansuetudine!<br />
Siate pazienti e sopportatevi a vicenda con amore; siate assidui nel<br />
desiderio di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della<br />
pace: un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla<br />
quale siete stati chiamati: un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo,<br />
un solo Dio, Padre di tutti, che è presente qui al di sopra di tutti,<br />
per mezzo di tutto ed in tutti noi, Egli, che è benedetto per tutti i secoli<br />
dei secoli. Amen” (Ef 4,1-6)» 59 .<br />
Nella lettera del 13 gennaio 1944 c’è un altro richiamo a Paolo.<br />
Il prigioniero cita di nuovo la Lettera ai Filippesi 60 – in particolare<br />
il 1° capitolo, versetti 20, 26 e 27 –, per descrivere con le parole<br />
dell’Apostolo il proprio stato d’animo e per incoraggiare i fratelli. E<br />
fa sue soprattutto le parole: «(…) perché il vostro vanto nei miei<br />
riguardi cresca sempre più in Cristo, con la mia nuova venuta tra di<br />
voi» (v. 26). Egli sa che anche se durante il resto della propria vita<br />
terrena, vivendo “nel corpo”, non potrà mai più visitare i suoi, unito<br />
intimamente a Cristo potrà comunque avvicinarli nello spirito.<br />
«Ogni giorno» – scrive nella stessa lettera – «nello spirito vengo a<br />
trovare tutti voi nelle diverse case. Vorrei regalare a ognuno di voi<br />
le stesse parole di lode che Paolo manda ai Filippesi!» 61 .<br />
Occorre rammentare che Metzger formulò queste parole in una<br />
situazione estrema, dovendo, cioè, sopportare il freddo della cella e<br />
patendo la fame, per non parlare poi delle dure prove interiori che<br />
periodicamente lo affliggevano e delle quali, però, non rivelò nulla<br />
nemmeno agli amici più intimi. In queste condizioni di schiacciante<br />
solitudine ed estrema indigenza 62 , il sacerdote dimostrò di possedere<br />
una straordinaria capacità di reagire, dedicandosi senza sosta allo<br />
59 Citato secondo il testo originale di Metzger.<br />
60 Egli annotò: «Oggi sto leggendo la Lettera ai Filippesi, che vorrei trascrivere<br />
per tutti voi, specialmente 1,20-26!-27» (ibid., 222).<br />
61 Ibid., 222.<br />
62 Nella lettera del 23 marzo 1944 confessò: «Anche se nella fede dico il<br />
mio sì, non è facile rimanere per quasi sei mesi in una cella angusta, sempre<br />
incatenato e senza il contatto con una parola “umana”» (ibid., 234).
studio della Bibbia e dell’inglese, alle letture 63 , alla scrittura e alla<br />
composizione di poesie e di musica. Non solo: egli proprio in<br />
questa drammatica situazione di vita decise di lavorare alla traduzione,<br />
in tedesco, della Lettera ai Romani di san Paolo. Volendo dare<br />
una prima notizia di questa sua impresa nella lettera del 23 marzo<br />
1944, il sacerdote confidò alla sorella Benedicta:<br />
«Ho anche un altro progetto: sto traducendo in tedesco la Lettera ai<br />
Romani in modo che possa essere veramente leggibile. Purtroppo, però,<br />
finora non ho ancora potuto avere il testo originale, ossia il Nuovo<br />
Testamento in greco, ma spero di ottenerlo. Credo che allora farò un<br />
lavoro fondamentale» 64 .<br />
4. La traduzione della<br />
“Lettera ai Romani”<br />
Prima di tutto va<br />
detto che<br />
Metzger riuscì a<br />
preparare la traduzione<br />
di tutta la Lettera ai<br />
Romani, omettendo, però, l’ultimo capitolo. Non è sicuro se tale<br />
accorciamento fosse stato voluto da lui – visto che l’ultimo è “soltanto”<br />
un capitolo di saluti –, o se sia invece dovuto all’esecuzione<br />
della pena capitale. La traduzione fu consegnata dopo la morte di<br />
Metzger alla sua comunità, la quale la custodisce come una preziosa<br />
reliquia del fondatore. Aggiungo che il testo 65 è scritto con una<br />
minuscola calligrafia su 37 fogli di carta fine (di formato A5) e che<br />
finora non è stato mai pubblicato.<br />
Le succitate parole del sacerdote potrebbero far credere che più<br />
che di una vera e propria traduzione dovremmo parlare di un rimaneggiamento<br />
di quella versione – o di quelle versioni 66 – del testo<br />
63 Servendosi dei libri dalla biblioteca carceraria, Metzger poté leggere<br />
negli ultimi mesi di vita Bekehrung des hl. Augustinus di R. Guardini e Die<br />
Dämonen di F. Dostoevskij.<br />
64 Ibid., 235.<br />
65 M.J. METZGER, Paulus an die Römer – und die Deutschen, in AM (M<br />
12.3.2).<br />
66 Dall’elenco delle cose personali del defunto sacerdote, stilato il 4 maggio<br />
1944 dal cappellano del carcere e inviato a Judith Maria (reperibile in AM), si<br />
evince che egli – assieme a un messale, a tre volumi del breviario, a un libro<br />
di preghiere e di canti, e al “libretto delle ore” per i laici – ebbe con sé nella<br />
cella: una bibbia, due libri del Nuovo Testamento e un Novum Testamentum.<br />
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tedesco della Lettera ai Romani, che egli ebbe a disposizione nel<br />
braccio della morte. Ciò, ovviamente, sminuirebbe, almeno dal<br />
punto di vista scientifico, l’importanza della sua opera. Pur essendo<br />
convinto che quest’ultima avrebbe un senso e un incontestabile<br />
valore teologico anche se il sacerdote non avesse potuto elaborare la<br />
sua traduzione dal greco, sono tuttavia del parere che egli, alla fine,<br />
avesse potuto lavorare con l’originale. Questo per due motivi: sia<br />
perché l’elenco dei suoi oggetti personali, stilato dopo la sua morte,<br />
annovera un Novum Testamentum che – visti i libri del Nuovo<br />
Testamento custoditi nella sua biblioteca personale e in quella della<br />
comunità di Meitingen – non poté essere che il Novum Testamentum<br />
graece (curato da Nestle) 67 ; sia perché in un biglietto scritto dopo la<br />
stesura della lettera del 23 marzo egli chiede che gli venga inviato<br />
non più un Nuovo Testamento in lingua greca, ma piccoli quadernidizionari<br />
di filologia greco-biblica 68 , in particolare il quaderno<br />
riguardante la Lettera ai Romani e la Lettera agli Efesini.<br />
È interessante notare che Metzger decise di tradurre la Lettera ai<br />
Romani per renderla «veramente leggibile» 69 ; come se le numerosissime<br />
traduzioni tedesche del Nuovo Testamento, comparse tra le due<br />
guerre mondiali, non lo avessero soddisfatto, inclusa la traduzione<br />
che nel 1937 pubblicò la sua stessa casa editrice 70 . Ma la cosa anco-<br />
67 Si tratta del libro Novum Testamentum graece (cum apparatu critico curavit<br />
D. Eberhard Nestle, novis curis elaboravit D. Erwin Nestle, ed. XVI,<br />
Privilegierte Württembergische Bibelanstalt, Stuttgart 1936) in cui, soprattutto<br />
sulle pagine della Lettera ai Romani, si trovano numerose annotazioni stenografiche<br />
del sacerdote, assieme a molte sottolineature delle parole del testo sacro<br />
(il libro è consultabile in AM). Nella biblioteca della comunità di Meitingen si<br />
trova, inoltre, il Novum Testamentum graece, a cura di H.J. Vogels, Verlag L.<br />
Schwann, Düsseldorf 1922.<br />
68 Egli annotò: «Ho [si capisce: non con sé nella cella, ma nella biblioteca<br />
a casa – L.Z.] dei piccoli dizionari biblici (quaderni) di N.T. Avrei tanto bisogno<br />
del quaderno per la Lettera ai Romani e di quello per la Lettera agli Efesini.<br />
Il grande dizionario biblico consegnalo forse al parroco [cappellano del carcere<br />
– L.Z.]» (in AM). Con molta probabilità si tratta dei quaderni «Urtextstudium».<br />
Sprachlicher Schlüssel zum Griechischen Neuen Testament, ed. da Eberhard<br />
Nestle e a cura di Fritz Rienecker, che iniziarono a essere pubblicati (presso la<br />
Vereinsbuchhandlung G. Ihloff & Co., Neumünster [Holst.]) dal 1936<br />
(Evangelium des Matthäus, vol. I). Quello richiesto da Metzger, Der Brief des<br />
Paulus an die Römer, fu il quaderno n. VI (1937).<br />
69 M.J. METZGER, La mia vita, 235.<br />
70 Si tratta di Das Neue Testament. Stuttgarter Kepplerbibel, nuova e ampliata<br />
edizione a cura di P. Ketter, Christkönigsverlag, Meitingen b. Augsburg<br />
1937. Il libro fu ristampato presso la Kepplerhaus Verlag (Stuttgart 1940)
a più curiosa è la scelta della lettera: perché volle occuparsi proprio<br />
di quella ai Romani? Il prigioniero non lo comunicò a nessuno. Uno<br />
dei possibili motivi potrebbe essere la presenza, in essa, di alcuni<br />
temi che da sempre gli stavano a cuore o che avevano per lui un’importanza<br />
esistenziale, come ad esempio il tema della coscienza 71 ,<br />
oppure quello dell’unità con Cristo, tema che il sacerdote interpreta<br />
accentuando la dimensione interiore dell’esperienza di fede. Lo si<br />
evince del tutto chiaramente dalla sua libera traduzione del cap. 3,<br />
vv. 28-29:<br />
«Ciò che fa di uno un membro del popolo dell’Alleanza di Dio, cioè<br />
“Giudeo”, non è l’esteriorità; l’inserimento esterno nel popolo eletto,<br />
compiuto sul corpo, cioè la “circoncisione”, non conta. No! “Giudeo”,<br />
cioè partecipante all’Alleanza di Dio, lo si è nel cuore, quando si è<br />
“circoncisi” in spirito e in cuore, e non secondo le lettere della Legge.<br />
Solo chi è così riceve la lode – non però dagli uomini, ma da Dio» 72 .<br />
e proprio questa seconda edizione (consultabile in AM) fu utilizzata da<br />
Metzger, per i suoi studi, nel braccio della morte (= Kepllerbibel).<br />
71 Si veda, ad esempio, la sua lettera del 19 agosto 1943 alla comunità<br />
(M.J. METZGER, La mia vita, 149), la lettera del 28 settembre del 1943 al<br />
Procuratore capo (ibid., 166-167), ma anche la lettera della seconda prigionia<br />
scritta a Pio XII (ibid., 105, 115). Interessante, inoltre, la riflessione di Metzger<br />
presente nella sua lettera del 29 agosto 1943. Egli scrisse: «Quando parlo della<br />
mia compagnia, penso prima di tutto al presidente della “Lega tedesca dei liberi<br />
pensatori”, che fino a un paio di giorni fa era mio vicino di letto. Nonostante<br />
l’abisso ideologico che ci divideva, nel reciproco rispetto ci eravamo molto più<br />
vicini degli altri. Aveva il carattere di uno che sa giudicare in modo nobile e<br />
giusto e che sa essere un buon camerata. Mi sembra che in lui, inconsapevolmente,<br />
continui a operare qualche cosa dell’educazione cristiana di molti secoli<br />
di storia tedesca. Sì, mi piacerebbe, in qualche modo, poter annoverare nella<br />
comunità di Cristo piuttosto un simile uomo, che molti altri battezzati, l’anima<br />
dei quali non è stata toccata dal santo pneuma di Cristo. Non ho diritto di giudicare<br />
sulla sorte di un uomo nell’aldilà. In ogni caso è mia ferma convinzione<br />
che “dannato” nel vero senso della parola, cioè destinato all’“inferno”, è soltanto<br />
colui che ha vissuto contro le convinzioni della propria coscienza. Quanti<br />
“cristiani”, allora, si troveranno peggio dei “pagani”!» (ibid., 155).<br />
72 «Nicht das Äußere macht zum Glied des Bundesvolkes Gottes, d.i. dem<br />
„Juden“, nicht die am Leibe vollzogene äußere Eingliederung in das auserwählte<br />
Volk, d.i. „Beschneidung“, taugt etwas: Nein! Der ist „Jude“, d.i. Teilhaber<br />
des Bundes Gottes, der es im Herzen ist, der also nicht nach dem<br />
Gesetzbuchstaben, sondern in Geist und Herz „beschnitten“ ist; nur solcher<br />
erntet Lob – wohl nicht von Menschen, aber von Gott» (M.J. METZGER, Paulus, 5;<br />
nel testo originale le parole qui in corsivo sono sottolineate). Tr. it. della CEI:<br />
«Infatti, Giudeo non è chi tale appare all’esterno, e la circoncisione non è quella<br />
visibile nella carne; ma Giudeo è colui che lo è interiormente e la circoncisione<br />
è quella del cuore, nello spirito e non nella lettera; la sua gloria non viene<br />
dagli uomini ma da Dio».<br />
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L’insistenza di Metzger su questo stesso concetto forza la sua<br />
mano anche laddove traduce la parola “sfragís” (4,11) con “äußere<br />
Zeichen“ (“segno esterno”) e la parola “peritomé” (4,12) con “äußere<br />
Beschneidung” (“circoncisione esterna”) 73 . Il che non sorprende;<br />
infatti, egli mise il tema della dipendenza della dimensione “esteriore”<br />
del credere e della Chiesa dall’“interiorità” non solo al centro<br />
delle sue riflessioni ecclesiologiche, ma lo adottò quale tema teologico<br />
di carattere prospettico 74 . «Non ciò che è l’esteriore, ma la vita<br />
interiore» – scrisse a questo proposito in Theologische Abhandlung<br />
über das Königtum <strong>Christi</strong> – costituisce «il criterio decisivo dell’appartenenza<br />
alla Chiesa in quanto Corpo di Cristo» 75 . Nella stessa<br />
opera viene spiegato con molta premura in che senso andrebbe compresa<br />
l’interiorità alla quale si fa riferimento. Tuttavia, ciò si capisce<br />
benissimo anche dal testo della traduzione, dove Metzger sottolinea<br />
quelle frasi di Paolo che invitano a comprendere lo Spirito come<br />
compimento definitivo della Legge (traducendo «ho nómos pneumatikós<br />
estin» [7,14] con «das Gesetz steht im Geiste» [la legge sta<br />
nello Spirito]) 76 . La sua premura di esprimere proprio questo aspetto<br />
della teologia paolina è grande, ed essa si nota soprattutto nella<br />
traduzione del cap. 8, dove ai “Fleischesmenschen” contrappone i<br />
“Geistesmenschen” (v. 5) 77 , al “fleischer Sinn” il “GEISTESsinn“<br />
(v. 6) 78 . Ma egli recepisce e rende con attenzione anche quelle<br />
espressioni della Lettera ai Romani che parlano del tema – come già<br />
spiegato sopra – a lui molto caro: la presenza dello Spirito di Cristo<br />
73 Cf. M.J. METZGER, Paulus, 8-9.<br />
74 Si vedano i saggi Die Frage nach der SICHTBARKEIT oder UNSICHT-<br />
BARKEIT der KIRCHE (in M.J. METZGER, La mia vita, 203-207) e Theologische<br />
Abhandlung über das Königtum <strong>Christi</strong> (in Maranatha. Zum 25. Todestag,<br />
40-48, 55). Per un approfondimento rimando a L. ZAK – N. DE MICO,<br />
«Philadelphia» (M.J. Metzger), 395-398.<br />
75 M.J. METZGER, Theologische Abhandlung, 47.<br />
76 Cf. M.J. METZGER, Paulus, 16. In Kepplerbibel: «(…) das Gesetz geistig<br />
ist»; tr. it della CEI: «(…) la legge è spirituale».<br />
77 Cf. M.J. METZGER, Paulus, 17. In Kepplerbibel: «die nach dem Fleische<br />
leben», «die nach dem Geiste leben»; tr. it. della CEI: «quelli che vivono secondo<br />
la carne», «quelli che vivono secondo lo spirito».<br />
78 Cf. M.J. METZGER, Paulus, 17. in Kepplerbibel: «das Sinnen des<br />
Fleisches», «das Sinnen des Geistes»; tr. it. della CEI: «i desideri della carne»,<br />
«i desideri dello Spirito».
nel cuore dei credenti (8,9.11), sperimentata come un reale inserimento<br />
nel mistero di Dio Padre, “Abba”. Il fatto che Paolo non si<br />
fosse fermato qui, ma che avesse proseguito (nei cap. 12 e 13) invitando<br />
i credenti a praticare assiduamente, nello Spirito di figliolanza<br />
divina, la philadelphia (12,10), un tale fatto non poté che soddisfare<br />
Metzger. Così, nel braccio della morte, egli sviluppò l’idea<br />
della centralità della carità fraterna per l’esperienza di fede e per la<br />
Chiesa nel saggio Philadelphia e in Theologische Abhandlung über<br />
das Königtum <strong>Christi</strong>. Per evidenziare tale centralità egli indicò nell’amore<br />
verso il prossimo il compimento «des ganzen Gesetzes»<br />
(«di tutta la legge») 79 , sottolineando nel manoscritto l’intera frase di<br />
Rm 13,10.<br />
Ma fu davvero il comparire di questi temi nella Lettera ai<br />
Romani ad influire sulla scelta di Metzger di tradurre proprio questo<br />
scritto di Paolo? Non vi sono forse altre lettere dell’Apostolo dove<br />
essi vengono trattati all’interno di una riflessione teologica ancora<br />
più estesa ed articolata? Sono persuaso che tutti questi temi nella<br />
Lettera ai Romani fossero, sì, determinanti, ma in quanto inseriti in<br />
un discorso più ampio, di importanza capitale: quello sulla giustificazione<br />
per fede. Non a caso nella traduzione di Metzger i capitoli<br />
dedicati alla giustificazione sono quelli contrassegnati maggiormente<br />
da interventi creativi volti ad attribuire alle espressioni paoline un<br />
significato teologico preciso. Dicendo ciò non mi riferisco tanto al<br />
fatto che il prigioniero inserì nel testo della traduzione brevi frasi per<br />
introdurre meglio le singole parti della riflessione di Paolo, quanto<br />
piuttosto alla sostituzione di alcuni termini chiave del testo greco<br />
con parole dal significato etimologico più ampio o, persino, differente.<br />
Tale sostituzione era compiuta con l’intenzione di proporre<br />
un’interpretazione teologica del pensiero dell’Apostolo sulla giustificazione.<br />
In questa sede non è possibile fare un’analisi dettagliata<br />
della traduzione elaborata dal Nostro, né una sua valutazione scientifica.<br />
Preferisco invece, seppur con brevità, presentare le linee<br />
generali della proposta interpretativa mediante la quale egli volle<br />
contribuire all’approfondimento di un tema centrale non solo per il<br />
79 «So ist die Erfüllung des ganzen Gesetzes die Liebe» (13,10); l’utilizzo<br />
dell’aggettivo «ganze» («das ganze Gesetz»), che intende enfatizzare il tema<br />
dell’amore, si trova anche nella traduzione di Rm 13,8. Esso, invece, manca in<br />
Kepplerbibel.<br />
pastorale<br />
e<br />
spiritualità<br />
«Nelle carceri naziste<br />
con San Paolo»<br />
la testimonianza<br />
di Max Josef Metzger<br />
53-83<br />
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spiritualità<br />
LUBOMIR ZAK<br />
SapCr XXIV<br />
OTTOBRE-DICEMBRE 2009<br />
spiritualità<br />
78<br />
dialogo ecumenico (di cui fu uno dei protagonisti), ma prima di tutto<br />
per la vita di fede dei cristiani della sua epoca.<br />
Il quadro teologico generale che emerge dal testo del sacerdote è<br />
quello del confronto tra la vecchia e la nuova “legge”, con l’intenzione<br />
di mettere in luce la loro differenza e, tramite ciò, l’essenza di<br />
quella che si può chiamare la nuova era cristiana. Per mantenere<br />
questa prospettiva in primo piano, Metzger adopera dei termini che<br />
evidenziano la polarità tra il “vecchio” e il “nuovo” nella storia della<br />
salvezza, termini che ruotano attorno ai significati antitetici delle<br />
parole (da lui adoperate): la “legge dell’Antica Alleanza” e la “legge<br />
dello Spirito”. Mentre per la seconda parola il sacerdote segue fedelmente<br />
il testo greco (cf. 8,2), per la prima («“Gesetz” des Alten<br />
Bundes») si tratta di una sua creazione. Essa rappresenta una specie<br />
di ampio contenitore in cui confluiscono i vari significati del sostantivo<br />
“nómos”, influendo anche sull’interpretazione del termine paolino<br />
particolarmente complesso: «dikaiôma toû nomou» (8,4) 80 .<br />
Infatti, il vero significato di quest’ultimo può emergere soltanto<br />
sullo sfondo della prospettiva disegnata dall’espressione «“Gesetz”<br />
des Alten Bundes». Ecco perché Metzger propone la seguente traduzione<br />
di Rm 8,1-4:<br />
«No, per quelli che vivono in Cristo Gesù, e non secondo la loro carne,<br />
non c’è più nessuna condanna. Poiché la legge dello Spirito che suscita<br />
la vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e, quindi,<br />
della morte. La “legge” dell’Antica Alleanza non lo poteva fare, in<br />
quanto a causa della peccaminosa “carne” dell’uomo perse forza. Per<br />
questo Dio mandò nel mondo Suo figlio. Egli era simile a noi, poiché in<br />
vista del peccato aveva preso su di sé la peccaminosa carne, ma in questa<br />
Sua carne giudicò il peccato. E così (allo stesso modo) si deve compiere<br />
in noi anche la prescrizione 81 (il senso) della legge; anche noi dobbiamo<br />
camminare non secondo la “carne”, ma secondo lo Spirito» 82 .<br />
80 Cf. J.-N, ALETTI, La giustificazione nell’epistola ai Romani, in V. SCIPPA<br />
(ed.), La lettera ai Romani. Esegesi e teologia, Pont. Facoltà Teologica dell’Italia<br />
Meridionale – Campania Notizia, Napoli 2003, 33-50; e soprattutto il saggio<br />
di R. PENNA, «Il dikaiôma della legge» in Rm 8,4. Semantica e retorica di una<br />
discussa espressione paolina, in V. SCIPPA (ed.), La lettera ai Romani, 51-82.<br />
81 La parola tedesca “die Satzung“ significa anche: “ordinamento”, “regolamento”,<br />
“statuto”.<br />
82 «Nein, für alle, die in Christus Jesus und nicht nach ihrem Fleische leben,<br />
gibt es keine Verdammnis mehr. Denn das Gesetz des in Christus Jesus leben-
Grazie a una simile prospettiva cristologica e pneumatologica,<br />
che evidenzia i limiti della “legge” mosaica, Metzger intende far<br />
risaltare quella novità che si è manifestata in Gesù Cristo e sulla<br />
quale l’Apostolo orientò la sua vita e la sua predicazione: la possibilità<br />
di partecipare, per mezzo di un rinnovamento interiore, alla<br />
natura del Figlio, e di entrare in e con Lui in un rapporto di inaudita<br />
intimità con Dio, sperimentandolo, cioè, come Padre, “Abba”. Ed<br />
è in questa stessa prospettiva che il sacerdote sceglie di interpretare<br />
la riflessione paolina sulla giustificazione, cogliendo in essa non<br />
solo la contrapposizione tra la giustizia della legge dell’Antica<br />
Alleanza e quella nuova dello Spirito, ma soprattutto un invito a<br />
vedere nella giustificazione un evento “interiore” di santificazione<br />
(la trasformazione del cuore), da intendere come un essere introdotti<br />
nella “grazia”, ossia nella santità stessa di Dio. Ciò si nota dalla<br />
scelta di Metzger di tradurre il termine “gerechfertig” (“reso giusto”,<br />
“giustificato”) con le espressioni: «in Gottes Huld aufgenommen<br />
werden (essere accolti nella benevolenza di Dio)» (Rm 3,24), «der<br />
Gnade Gottes teilhaft (essere partecipi della grazia di Dio)» (3,28),<br />
«begnadet sein (essere nella grazia)» (5,1) o «geheiligt (essere santificati)»<br />
(5,9). In corrispondenza con tale scelta egli traduce liberamente<br />
l’espressione paolina “giustizia di Dio” con “Heiligkeit<br />
Gottes”.<br />
wirkenden GEISTES hat mich frei gemacht vom Gesetz der Sünde und damit des<br />
Todes. Das “Gesetz” des Alten Bundes war dazu außerstande, war es doch<br />
durch das sündige “Fleisch” des Menschen in seiner Kraft gelähmt. Darum sandte<br />
Gott seinen Sohn in die Welt. Er ward uns gleich, indem Er um der Sünde<br />
willen das sündhafte Fleisch annahm, aber Er hielt in diesem Seinem Fleisch<br />
Gericht über die Sünde. So (Ebenso) soll die Satzung (der Sinn) des Gesetzes<br />
[dikaiôma toû nomou – L.Z.] auch zur Erfüllung kommen in uns; auch wir sollen<br />
nicht dem “gemäß wandeln, sondern nach dem GEISTE» (M.J. METZGER, Paulus,<br />
16-17).<br />
pastorale<br />
e<br />
spiritualità<br />
«Nelle carceri naziste<br />
con San Paolo»<br />
la testimonianza<br />
di Max Josef Metzger<br />
53-83<br />
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OTTOBRE-DICEMBRE 2009<br />
spiritualità<br />
80<br />
5. Conclusione:<br />
“Paolo ai Romani -<br />
e ai Tedeschi”<br />
Tra i motivi che<br />
potevano spingere<br />
Metzger a<br />
occuparsi proprio<br />
della Lettera ai<br />
Romani ne dobbiamo<br />
analizzare ancora uno, quello più decisivo ed evidente, indicato dal<br />
titolo che egli diede alla sua opera e dall’introduzione. Egli la intitolò:<br />
Paulus an die Römer – und die Deutschen (Paolo ai Romani –<br />
e ai Tedeschi), iniziandola con le parole: «Paolo, servo di Gesù<br />
Cristo e da Lui chiamato ad essere apostolo, ai “santi” fratelli in<br />
Roma e in Germania, chiamati alla santità» 83 . Va detto che il sacerdote<br />
annotò spesso, nelle sue lettere, di essersi sentito legato alla vita<br />
e al destino del popolo tedesco e di essere dolorosamente preoccupato<br />
per il suo presente e, soprattutto, per il suo futuro. È significativo<br />
che egli ne volle parlare anche a pochi mesi dalla morte, scrivendo<br />
il 9 gennaio 1944 la poesia Mutter Deutschland! (Madre<br />
Germania!). «Popolo mio, è a te, a te che ho giurato / il servizio del<br />
cuore e la generosa offerta di sé» 84 , confessa in essa. Eppure<br />
Metzger non fu un patriota cieco. Egli stesso fu profondamente ferito<br />
dalle scelte che fecero i capi del popolo tedesco e dall’incapacità<br />
di quest’ultimo di riflettere sui drammatici eventi della propria<br />
recente storia. Condannato come «infame traditore del popolo» dal<br />
Tribunale di giustizia del popolo, il sacerdote desiderò rivolgersi ai<br />
propri compatrioti, persuaso che tutti dovessero finalmente aprire gli<br />
occhi di fronte a ciò che accadeva attorno a loro e per causa loro. A<br />
tal fine, per scuoterne le coscienze, compose nel braccio della morte<br />
alcuni scritti, tra cui la poesia Kraftmeier (Padrone di casa) e quella<br />
Wie lange noch (Per quanto tempo ancora?). In quest’ultima<br />
afferma senza mezzi termini:<br />
«Su dunque, richiamate il popolo! Chiamatelo al mutamento di vita!<br />
Che possa incontrare ancora una volta la grazia di Dio.<br />
Chiamatelo alla verità, alla libertà, all’amore, alla giustizia!<br />
Educate una generazione nuova nel più profondo rispetto di Dio!<br />
Che la menzogna si chiami di nuovo menzogna! Pronunciate il vostro amen<br />
alla verità e al Nome santo di Dio!<br />
83 Ibid., 1.<br />
84 M.J. METZGER, Christuszeuge, 171.
Fate che il potere serva la giustizia, non la giustizia il potere!<br />
Non chiamate “diritto” quello che è solo un vile interesse!<br />
Non considerate cosa da poco i sacri diritti umani!<br />
Non rendete schiavi degli idoli coloro che nacquero liberi!<br />
Ascoltate la coscienza! Date libertà di parola!<br />
Educate alla fierezza, non alla “raffinata” ipocrisia! (…)<br />
Non coltivate la comunità nazionale con vuote parole!<br />
Siano tutti disposti a servire fino al sacrificio,<br />
nell’amore, forza profonda del senso comunitario.<br />
È questo che forma il popolo, che crea un grande futuro.<br />
Se volete issare la vostra bandiera orgogliosi,<br />
fate che il vostro onore sia fondato sulla coscienza!<br />
Il rispetto che voi esigete, dipende<br />
dal rispetto tributato al diritto degli altri» 85 .<br />
Le parole della poesia sono un’ottima guida alla ricerca di quell’eredità<br />
che il sacerdote intese consegnare con la sua traduzione al<br />
popolo tedesco. Traduzione che volle essere l’invito ad un comune<br />
e necessario rinnovamento tramite il compimento del passaggio dal<br />
“vecchio” al “nuovo”: dal peccato di Adamo e della sua discendenza<br />
alla santità di Dio resasi vicina in Gesù Cristo; dal modo di pensare<br />
e agire dell’uomo-carne a quello dell’uomo-spirito; da una vita<br />
di fede puramente “esteriore” e formale a quella “interiore” e profonda;<br />
dalla schiavitù delle leggi fatte da uomini perversi e violenti<br />
alla libertà dei figli di Dio; dall’odio dell’inimicizia all’amore della<br />
fratellanza; dall’orgogliosa chiusura di un popolo che vive solo per<br />
sé alla generosa apertura verso gli altri popoli, compresi quelli<br />
“pagani”, molto distanti per cultura e sentire.<br />
In questo modo, però, Metzger, rinchiuso nel braccio della morte<br />
nella periferia di Berlino, nuova “Roma” dell’Impero nazionalsocialista<br />
di Hitler, riuscì a fare un dono di immenso valore morale e spirituale<br />
non solo alla nazione e alla Chiesa tedesca, ma anche a tutti<br />
noi, aiutandoci a scoprire la Lettera ai Romani di san Paolo come<br />
uno scritto di perenne attualità. La sapienza che esso ci trasmette è<br />
la stessa Sapienza che, in ogni epoca storica, può e deve guidare il<br />
“popolo di Dio”, e tramite esso tutti i popoli della terra, verso la vera<br />
libertà.<br />
85 Ibid., 182-183.<br />
pastorale<br />
e<br />
spiritualità<br />
«Nelle carceri naziste<br />
con San Paolo»<br />
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di Max Josef Metzger<br />
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SapCr XXIV<br />
OTTOBRE-DICEMBRE 2009<br />
spiritualità<br />
82<br />
TOGETHER WITH SAINT PAUL IN THE NAZI<br />
PRISONS: THE WITNESS OF MAX JOSEF<br />
METZGER<br />
By Lubomir Zak<br />
In the witness borne by the priest Max Josef Metzger related here by<br />
professor Zak, we’re struck by his spiritual sensitivity and his of the<br />
Word of God, his ecumenical bent and his imperturbable spiritual<br />
joy. One cannot but me amazed when reading through his letters, his<br />
poetry and his theological reflections. We see in Father Metzger an<br />
incredibly strong interior life, theologically expressed and lived out<br />
existentially. He shows a notable degree of erudition and, above all,<br />
a profound wisdom.<br />
«DANS LES PRISONS NAZIES AVEC SAINT PAUL».<br />
LE TEMOIGNAGE DE MAX JOSEF METZGER<br />
de Lubomir Zak<br />
Dans le témoignage du prêtre Max Josef Metzger, que le professeur<br />
Zak nous présente ici, sa sensibilité spirituelle nous frappe, de<br />
même son amour et son goût pour la parole de Dieu, son ouverture<br />
œcuménique, la joie imperturbable de l’Esprit Saint. On lit avec<br />
émerveillement ce qu’il exprime dans ses lettres, ses poésies et ses<br />
réflexions théologiques. On rencontre ici un Metzger qui possède<br />
une très forte intériorité, théorisée théologiquement et vécue existentiellement.<br />
Il y a chez lui une véritable érudition, mais par dessus<br />
tout, une très profonde sagesse.<br />
EN LAS CÁRCELES NAZIS CON SAN PABLO<br />
EL TESTIMONIO DE MAX JOSEF METZGER<br />
De Lubomir Zak<br />
ENG<br />
FRA<br />
ESP<br />
En el testimonio del sacerdote Max Joseph Metzger, que nos presenta<br />
aquí el profesor Zak, nos impresiona su sensibilidad espiritual, el<br />
amor y el gusto por la Palabra de Dios, la apertura ecuménica, la<br />
alegría imperturbable del Espíritu. Se leen con verdadero estupor
las palabras de sus cartas, de sus poesías y de sus reflexiones teológicas.<br />
Hay en Metzger una muy fuerte interiorización, expresada<br />
teológicamente y vivida existencialmente. Existe en él una notable<br />
erudición, pero sobre todo, una muy profunda sabiduría.<br />
MIT DEM HEILIGEN PAULUS IN DEN<br />
GER<br />
GEFÄNGNISSEN DER NAZIS<br />
EIN ZEUGNIS VON MAX JOSEPH METZGER<br />
von Lubomir Zak<br />
Was im Zeugnis des Priesters Max Joseph Metzger, das hier von<br />
Professor Zak vorgestellt wird, betroffen macht, ist seine geistliche<br />
Sensibilität, seine Liebe und Freude am Wort Gottes, die ökumenische<br />
Offenheit und die unerschütterliche Freude des Geistes. Man<br />
liest mit echtem Erstaunen die Worte seiner Briefe, der Gedichte und<br />
theologischen Überlegungen. In Metzger ist stärkste Innerlichkeit<br />
theologisch durchdacht und existenziell gelebt. Man begegnet in<br />
ihm beachtenswerter Gelehrsamkeit, vor allem aber tiefer Weisheit.<br />
POL<br />
«W NAZISTOWSKICH WIĘZIENIACH ZE ŚW.<br />
PAWŁEM». ŚWIADECTWO MAKSA JÓZEF<br />
METZGERA<br />
Lubomir Zak<br />
W świadectwie kapłana Maksa Józefa Metzgera, które profesor Zak<br />
nam prezentuje, uderzają jego duchowa wrażliwość, miłość i<br />
rozsmakowanie się w Słowie Bożym, otwartość ekumeniczna,<br />
niezmącona niczym radość ducha. Z prawdziwym zdziwieniem<br />
przeczytać można słowa jego listów, wierszy i refleksji<br />
teologicznych. Metzger jest przykładem mocnego wnętrza, które<br />
zostało ujęte teoretycznie w teologii i uwidocznione egzystencjalnie.<br />
Wyróżnia go zauważalna erudycja, ale przede wszystkim głęboka<br />
mądrość.<br />
pastorale<br />
e<br />
spiritualità<br />
«Nelle carceri naziste<br />
con San Paolo»<br />
la testimonianza<br />
di Max Josef Metzger<br />
53-83<br />
spiritualità<br />
83
di GIOVANNI DI GIANNATALE<br />
La vicenda della soppressione del periodico L’Eco di San<br />
Gabriele dell’Addolorata, durante quasi tutto il decorso della<br />
seconda guerra mondiale è certamente istruttiva. L’articolo<br />
incriminato non aveva alcuna finalità disfattista e neanche<br />
vagamente pacifista. Non era propriamente un articolo con<br />
finalità politica. Esso si collocava<br />
chiaramente su di un piano religioso.<br />
Tuttavia, sulla base di quel solo<br />
articolo, si procedette alla sop-<br />
pressione di un periodico anche<br />
moralmente costruttivo, che avrebbe<br />
presto raggiunto decine di<br />
migliaia di abbonati. La vicenda è<br />
tipica di tendenze totalitarie presenti<br />
anche nel nostro tempo, che<br />
vorrebbero lasciare alla religione<br />
uno spazio ben delimitato sulla<br />
base di principi stabiliti dalla cultura<br />
dominante.<br />
1. Il controllo operato<br />
nelle province<br />
dal Ministero<br />
della Cultura Popolare<br />
attraverso i prefetti<br />
salvezza<br />
e<br />
culture<br />
IL FASCISMO E LA<br />
STAMPA CATTOLICA<br />
DURANTE<br />
LA SECONDA<br />
GUERRA MONDIALE<br />
La soppressione de L’Eco di<br />
S. Gabriele dell’Addolorata (1941)<br />
Il 22 giugno 1941,<br />
un anno dopo la<br />
dichiarazione di<br />
guerra di Mussolini,<br />
l’Eco di S. Gabriele fu<br />
soppresso dal Prefetto<br />
di Teramo per un articolo,<br />
dal titolo<br />
Attualità, pubblicato sul<br />
n. 6 di giugno dello stesso anno, alle pp. 86-89, e recante la firma<br />
del «Missionario» pseudonimo del P. Giacinto Maria di Gesù<br />
Il fascismo e la<br />
stampa cattolica<br />
durante la seconda<br />
guerra mondiale<br />
85-104<br />
culture<br />
85
salvezza e<br />
culture<br />
GIOVANNI DI GIANNATALE<br />
SapCr XXIV<br />
OTTOBRE-DICEMBRE 2009<br />
culture<br />
86<br />
(Nicola Ercoli: 1911-1966) 1 . Prima di ripercorrere la vicenda, occorre<br />
inquadrare il provvedimento prefettizio nel contesto politico che<br />
si delineò nei mesi successivi all’entrata in guerra dell’Italia, allorché<br />
il regime intese ottenere il massimo della coesione e del consenso<br />
nazionale, per prevenire ed eliminare qualsiasi azione di contrasto<br />
o di dissenso, che avesse potuto contestare la scelta compiuta,<br />
generando nel popolo un clima di sfiducia.<br />
Per raggiungere questo obiettivo il governo avviò una vasta azione<br />
di capillare e occhiuta vigilanza, affidata ai Prefetti, che eseguivano<br />
le puntuali direttive del Ministero della Cultura popolare (detto<br />
anche, per abbreviazione, Minculpop). I Prefetti, in merito, godevano<br />
di poteri pressoché illimitati, loro conferiti da disposizioni legislative<br />
«liberticide», che erano state emanate nel 1925, sulla scorta<br />
di alcune norme elaborate tra il 1923 e il 1924, che ne costituivano<br />
il prologo. Si tratta della legge organica n. 2307 del 31/12/1925,<br />
recante «disposizioni sulla stampa periodica» 2 , che sintetizza il R. d.<br />
legge n. 3288 del 15/07/1923 3 , che dettava norme sulla «gerenza e<br />
vigilanza dei giornali e delle pubblicazioni periodiche», e il R. d.<br />
legge n. 1081 del 10/07/1924, che ne era il regolamento attuativo 4 .<br />
Veniva creata la figura del “Direttore o redattore responsabile”,<br />
iscritto in apposito albo professionale, che doveva coincidere con il<br />
“gerente” del giornale, in modo che, accorpando le due funzioni, era<br />
più facile per il governo colpire la stampa dissenziente (cosa che<br />
sarebbe stata più complicata, sotto il profilo legale, se la responsabilità<br />
fosse stata del solo direttore e non anche dell’editore) 5 .<br />
1 L’identificazione del Missionario con il P. Giacinto è documentata dalla<br />
Platea o Cronaca del Ritiro della Concezione presso Isola del Gran Sasso dal<br />
1844 al 1968, vol. II, (cfr. Archivio del Convento di S. Gabriele<br />
dell’Addolorata), che così annotò:«L’Eco di S. Gabriele è stato sospeso. La<br />
causa: un articolo del P. Giacinto Ercoli qualificato come sovversivo» (p. 266).<br />
Si vd. anche P.F. D’Amando C.P., P. Giacinto Ercoli, sacerdote passionista<br />
(1911-1966), tip. Maceratese, Macerata, s.d., pp. 36-37 e P. F. D’Anastasio<br />
C.P., S. Gabriele dell’Addolorata in 100 anni di ricerche (1892-1992),<br />
Ed. Eco, S. Gabriele dell’Addolorata, 1993, p. 209.<br />
2 Si cfr. Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, 5/01/1926, vol. II, p. 31.<br />
3 Fu convertito in legge dalla L. n. 2309 del 31/12/1925 (si cfr. Gazzetta<br />
Ufficiale del Regno d’Italia, vol. II, 5/01/1926, p. 35).<br />
4 Fu convertito in legge dalla L. n. 2308 del 31/12/1925 (si cfr. Gazzetta<br />
Ufficiale del Regno d’Italia, vol. II, 5/01/1926, p. 34).<br />
5 Si vd. l’art. 1 del R.d.l. n.3288 /1923.
Venivano stabiliti gli ambiti censori dei prefetti e le connesse procedure<br />
da seguire, che andavano dal semplice provvedimento di diffida,<br />
o decadenza del direttore/gerente, alla soppressione del giornale<br />
(quest’ultimo atto era posto in essere nei casi più gravi o di recidiva,<br />
conseguente alla diffida e alla decadenza stessa del direttore.).<br />
Tra gli atti che erano soggetti alle predette sanzioni, a seconda della<br />
loro gravità, c’erano la lesione del «credito nazionale all’interno o<br />
all’estero», e l’«ingiustificato allarme nella popolazione», che<br />
potesse danneggiare o turbare l’ordine pubblico 6 . Come scrisse<br />
Luigi Albertini sul «Corriere della sera» 7 , che prese posizione contro<br />
questi provvedimenti, le leggi sulla stampa promulgate dal<br />
governo fascista, erano più dure e liberticide del R.d. n. 227 del<br />
22/06/1899 del Pelloux 8 .<br />
Il controllo capillare della stampa quotidiana e periodica delle<br />
province di Teramo e di Ascoli Piceno iniziò nel gennaio del 1941.<br />
Nell’ottica della prevenzione del dissenso dei cattolici, che erano<br />
per tradizione e per convinzioni morali contrari ai conflitti (posizione<br />
espressa in occasione del I conflitto mondiale) 9 , il Ministero della<br />
Cultura popolare con telex n. 3931 del 27/01/1941 trasmise al<br />
6 Si vd. l’art. 2, lett. a, del citato R. d. legge. Per un’analisi dei provvedimenti<br />
censori del governo fascista sulla stampa, si vd. P. Murialdi, Storia del<br />
giornalismo italiano, Il Mulino, Bologna, 2000, p. 125 e ss., ed anche N.<br />
Tranfoglia, La stampa quotidiana e l’avvento del regime ne La stampa italiana<br />
nell’età del fascismo, Bari, Laterza, 1980, pp. 9-12.<br />
7 Si vd. Le nuove disposizioni sulla stampa, in «Corriere della Sera», e<br />
anche Per la difesa d’una professione, ibidem, 30/06/1923. L’Albertini<br />
(1871-1941) fu Direttore del «Corriere della sera» dal 1900 al 1925.<br />
8 Si ricorda che il decreto legge del Pelloux fu annullato per illegittimità<br />
dalla sent. del 20/02/1900 della I sez. della Corte di Cassazione di Roma<br />
(cfr. Foro italiano, XXV, 1900, parte II, vol. 100). Notò significativamente<br />
l’Albertini:«I provvedimenti del Pelloux erano meno gravi».<br />
9 Si cfr. la posizione contro la guerra espressa fermamente da Benedetto XV<br />
con l’enciclica Ad Beatissimi Apostolorum principis del 1°/XI/1914 e la nota<br />
del 1°/08/1917 Ai principi reggitori, in cui condanna la I guerra mondiale<br />
come un’«inutile strage». Pio XII intervenne più volte contro la guerra con i<br />
seguenti documenti: a) radiomessaggio del 3/03/1939, indirizzato al mondo<br />
intero, in cui levava supplichevole voce a Dio per la pace, b) radiomessaggio<br />
del 29/08/1939, che aveva come incipit “Un’ora grave e in cui compaiono le<br />
famose espressioni: «Nulla è perduto con la pace, tutto può essere perduto con<br />
la guerra»; c) l’enciclica Summi Pontificatus del 20/X/1939, in cui il Papa<br />
esprimeva la propria angoscia per la situazione presente, rinnovando le preghiere<br />
per la pace. Si aggiungono gli accorati appelli alla pace, esternati con<br />
i radiomessaggi natalizi del 1941, del 1942 e del 1943.<br />
salvezza<br />
e<br />
culture<br />
Il fascismo e la<br />
stampa cattolica<br />
durante la seconda<br />
guerra mondiale<br />
85-104<br />
culture<br />
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culture<br />
GIOVANNI DI GIANNATALE<br />
SapCr XXIV<br />
OTTOBRE-DICEMBRE 2009<br />
culture<br />
88<br />
Prefetto di Teramo la circolare del 17/01/1941, che annunciava<br />
«numerosi provvedimenti di soppressione, di sequestro e di ammonizione»<br />
dei giornali e dei periodici religiosi che contenevano articoli<br />
in contrasto con l’«attuale clima di guerra», confermando le<br />
direttive già diramate con la circolare n. 85305 del 19/12/1940 10 .<br />
Così dichiarava il Ministro Pavolini:«La stampa periodica religiosa<br />
– e particolarmente i Bollettini parrocchiali e taluni settimanali di<br />
Azione cattolica – ha assunto in questi ultimi tempi un atteggiamento<br />
in contrasto coll’attuale clima di guerra, abbandonandosi con<br />
eccessiva frequenza a condanne generiche della guerra che colpiscono<br />
anche i motivi della nostra guerra, esaltando in ogni occasione<br />
uno spirito pacifista assolutamente fuori luogo, deprimendo la<br />
necessaria volontà di vittoria che il nostro popolo deve avere saldissima,<br />
e tentando di suscitare un inopportuno pietismo verso tutte le<br />
necessarie durezze della situazione militare e guerriera».<br />
Il Ministro, per evitare l’attuazione di tali provvedimenti, invitò<br />
il Prefetto a contattare il Vescovo della Diocesi di Teramo, mons.<br />
Antonio Micozzi 11 , per invitarlo “amichevolmente, e a titolo di<br />
semplice suggerimento, a spiegare la propria influenza, perché la<br />
stampa cattolica di codesta Provincia si dimostri maggiormente<br />
consapevole dei doveri dell’ora, e assuma atteggiamenti intonati<br />
alle direttive del regime».<br />
10 Il Ministro nel telex del 27/1/1941 invitava i Prefetti a contattare i<br />
Vescovi delle Diocesi delle province di loro competenza, per prevenire con la<br />
loro mediazione e collaborazione eventuali attacchi contro la guerra:«Circa<br />
azione persuasiva da svolgersi presso autorità diocesana nei riguardi della<br />
stampa periodica religiosa, pregasi riferire tempo opportuno questo Ministero<br />
sui risultati conseguiti da tale azione, avvertendo che frattanto restano ferme<br />
disposizioni impartite in materia et particolarmente quella circolare 19 dicembre<br />
83305 Culti disposizioni che debbono essere rigorosamente osservate.<br />
Assicurate P. il Ministro – Buffarini» (Archivio di Stato di Teramo, Prefettura, II/6,<br />
Gabinetto, 3° versamento, B. 18, f. 1). Tutti i documenti citati nel presente saggio<br />
sono stati desunti da questo fondo, al quale, pertanto, si rinvia.<br />
11 Il Mons. Micozzi, nato a Roma il 15/08/1881, fu Vescovo di Teramo<br />
dopo la morte di Settimio Quadraroli (avvenuta il 2/08/1927), dal 1928 al<br />
1944. Morì a Teramo il 4 settembre 1944 (si vd. AA.VV., A. Nuzzi e i Vescovi<br />
aprutini, camplesi e atriani, Teramo, Edigrafital, 2000, pp. 70-71).
2. Le direttive<br />
del Prefetto di Teramo<br />
ai Vescovi di Teramo, Penne,<br />
Atri, Ascoli Piceno<br />
e Montalto Marche<br />
II Prefetto con la<br />
tempestività propria<br />
del solerte funzionario<br />
provvide ad<br />
inviare una lettera ai<br />
Vescovi di Teramo,<br />
Penne ed Atri, Ascoli<br />
Piceno e Montalto<br />
Marche in data 6/02/1941, per informarli delle disposizioni governative,<br />
e invitarli a vigilare sulla stampa diocesana, pur constatando<br />
che fino a quel momento non si erano verificate manifestazioni ostili<br />
alla guerra:«Il Ministro della Cultura popolare ha dovuto rilevare<br />
in questi ultimi tempi che certa stampa periodica religiosa si è<br />
abbandonata a manifestazioni che non sono apparse opportune: in<br />
particolare sono state rilevate condanne generiche della guerra – che<br />
colpiscono anche la nostra guerra – esaltazioni di spirito pacifista e<br />
tentativi di risuscitare pietismi verso tutte le durezze della situazione<br />
militare e guerriera.<br />
E’ stato altresì superiormente rilevato che con eccessiva frequenza<br />
da Parroci e da Rettori di santuari vengono indirizzate ai militari<br />
delle forze armate le lettere contenenti richieste di oblazioni a favore<br />
di chiese, Santuari o altrimenti: anche l’invio di tali lettere viene<br />
considerato inopportuno. Quanto precede reco a conoscenza di<br />
codesta Ecc.ma Curia, pur considerando che circostanze del genere<br />
non si sono in questa Provincia verificate per opportuna notizia e per<br />
quanto altro possa occorrere». L’atteggiamento di intransigenza del<br />
Ministro era diretto all’Azione cattolica, sempre osteggiata dal regime,<br />
alla quale era vietato tra l’altro di svolgere qualsiasi attività<br />
politica in virtù del Concordato del 1929 12 . Il Prefetto sempre il<br />
12 Il regime fascista si era mostrato sempre avverso a quei cattolici che,come<br />
don L. Sturzo, svolgevano attività politica nel «partito popolare» e nelle cosiddette<br />
“leghe bianche”. L’art. 43 del Concordato del 1929, nel tentativo di normalizzare<br />
l’Azione Cattolica, riconoscendone l’attività, stabilì che la Santa<br />
Sede avrebbe dovuto garantire che Associazioni e movimenti di A.C. svolgessero<br />
la loro attività al di fuori di ogni partito politico, e sotto l’immediata dipendenza<br />
della gerarchia della Chiesa per l’attuazione e per la diffusione dei principi<br />
cattolici. Ma il governo fascista continuò a diffidare dell’Azione Cattolica,<br />
con cui entrò in forte contrasto nel maggio del 1931, allorché Mussolini emanò<br />
un provvedimento di immediata chiusura di tutti i circoli della Gioventù cattoli-<br />
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6/02/1941 trasmise la lettera del Ministro al Questore di Teramo, al<br />
Segretario Generale del Partito Nazionale Fascista e al Comandante<br />
del Gruppo Carabinieri di Teramo. Da questo momento iniziò l’attività<br />
di controllo della Questura e dei Carabinieri, come si evince da<br />
alcuni documenti.<br />
3. La verifica<br />
delle “lettere pastorali”<br />
dei vescovi da parte<br />
della questura di Teramo<br />
Il 28/03/1941 il<br />
Questore trasmise<br />
al Prefetto una<br />
copia dell’Araldo<br />
Abruzzese del<br />
12/03/1941, contenente<br />
la pastorale del<br />
Vescovo Micozzi, dal titolo «Siate misericordiosi», in occasione<br />
della Pasqua. Il 17/03/1941 il Maggiore dei Carabinieri di Teramo<br />
Legnone (di Ancona), dopo aver esaminato le pastorali dei parroci<br />
della Diocesi di Teramo dichiarò che, «da accertamenti eseguiti in<br />
via riservata, non è emerso che siano emerse pastorali con riferimenti<br />
all’attuale situazione politica militare», e riferendosi in particolare<br />
a quella del Vescovo Micozzi, scrisse che trattava «argomenti<br />
prettamente religiosi e spirituali, destinati a ravvivare nel popolo la<br />
fede cristiana e il culto della divinità».<br />
Il Questore Innocenzo Aloisi il 31/3/1941 trasmise al Prefetto di<br />
Teramo la pastorale di Carlo Pensa, Vescovo della Diocesi di Penne<br />
e di Atri 13 , che, a suo dire, era di esclusivo tenore religioso, senza<br />
ca, tra cui primeggiavano la Fuci e l’Azione Cattolica. Il dissidio fu composto<br />
con l’Accordo del 3/09/1931, secondo il quale l’Azione Cattolica poteva continuare<br />
la propria attività nelle rispettive Diocesi, purchè perseguissero finalità<br />
essenzialmente religiose, allontanando dalle proprie file quanti, in violazione<br />
dell’accordo, svolgessero attività politica. Negli anni seguenti, tra il 1932 e il<br />
1938, l’A.C. collaborò in linea di massima con il regime. Questa fase terminò<br />
nel momento in cui il governo fascista promulgò le leggi razziali, sfociando in<br />
una “rottura” nel periodo che va dal 1938 al 1943, per l’ostilità manifestata<br />
verso la politica bellicista attuata dal regime. Si vd., per un attento profilo<br />
dell’A.C. durante il fascismo, G. Candeloro, Storia dell’Italia moderna – la<br />
seconda guerra mondiale – il crollo del fascismo - la resistenza, vol. X, Milano,<br />
Feltrinelli, 2002 (VI ed.), pp. 153 e ss.<br />
13 C. Pensa fu Vescovo della Diocesi di Penne e di Atri dal 1912 al 1948.<br />
Curò l’istruzione ecclesiastica nei Seminari delle due città (egli stesso in quello
nessuna considerazione di ordine politico. Eppure la lettera, a ben<br />
vedere, presenta alcuni passaggi che, se fossero stati letti con attenzione,<br />
avrebbero evidenziato uno spirito di indubbia avversione alla<br />
guerra, quando il Vescovo asseriva senza mezzi termini:« Il non aver<br />
fatto calcolo della divina parola, ha gettato le nazioni in una lotta<br />
spaventevole per il possesso delle cose terrene. Solo il ritorno alle<br />
massime del Vangelo restituirà la pace e la tranquillità. Procuriamo<br />
dunque di essere instancabili nel nostro ufficio di banditori della<br />
parola di Dio».<br />
La stessa conclusione, in cui il Vescovo invitava i suoi fedeli ad<br />
armarsi «con lo spirito di sacrificio, che è la vera base della fedeli<br />
cristiana», a sopportare le presenti calamità, cioè la «croce»della<br />
guerra, perché «senza la croce non possiamo essere seguaci di Gesù<br />
Cristo», costituiva un’ulteriore manifestazione di irenismo cristiano,<br />
pur diplomaticamente stemperato dall’invito ad affrontare «tutte le<br />
privazioni per Dio e per la Patria», passaggio che al poco accorto<br />
Aloisi sembrò segno di conformità del Pensa alla linea del regime.<br />
Le lettere degli altri Vescovi furono giudicate parimenti innocue, da<br />
collocare secondo le autorità in una dimensione di ordinario spirito<br />
teologico-spirituale. Quello della Diocesi di Montalto Marche e di<br />
Ripatransone, Carlo Ferri, e di Ascoli Piceno, Ambrogio Squintani,<br />
scrissero al Prefetto di Teramo, per rassicurarlo sull’osservanza<br />
delle disposizioni del Ministero della Cultura popolare. Il primo<br />
inviò al Prefetto di Teramo un biglietto datato il 17/02/1941, nel<br />
quale dichiarava quanto segue: «In possesso della vostra riservata<br />
Gab. 330/352447, 8 corr., assicuro che sono e sarò a posto, per quanto<br />
possibile». L’altro, rispondendo alla nota prefettizia<br />
dell’8/03/1941, asseriva che nelle sue parrocchie «nulla si sia verificato<br />
di quanto il Ministero della cultura popolare ha rivelato».<br />
Non tutti i Vescovi, tuttavia, si erano uniformati al regime, come<br />
attesta un telex del Minculpop al Prefetto del 12/03/1941, girato da<br />
questi al Questore, con cui si ordinava che fosse impedita la diffusione<br />
a mezzo stampa nelle Diocesi di Teramo, Penne e Atri, della<br />
pastorale scritta dal Vescovo di Cremona, «contenente ampia esposizione<br />
ideologica ed eccessiva deplorazione attuale guerra». Altro<br />
di Penne, per qualche periodo, assolse il compito di docente di materie letterarie).<br />
Morì a Penne il 16/12/1948. Si vd. G. Di Giannatale, Il Seminario di Atri,<br />
Associazione culturale “L. Illuminati”, Atri, 2008, pp. 73-74.<br />
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telex del 1°/04/1941 del Ministero dell’Interno (Direzione Culti)<br />
ordinava al Questore di Teramo che doveva essere impedita la diffusione<br />
della pastorale del Vescovo delle Diocesi di Altamura e di<br />
Acquaviva delle Fonti, dal titolo «Nell’ora della prova»: «N. 18997<br />
Culti-riservatissimo-alt–per suo contenuto essenzialmente politico<br />
et depressivo spirito pubblico provvedete impedire diffusione et<br />
eventuale riproduzione mezzo stampa pastorale per Quaresima del<br />
Prelato di Altamura et Acquaviva delle Fonti, Nell’ora della prova<br />
alt-assicurate – alt P. Ministro Buffarini».<br />
Nel periodo compreso tra marzo e settembre del 1941 si intensificò<br />
l’azione di controllo, che talora determinò l’immediata soppressione<br />
di alcuni periodici, come il Bollettino diocesano di Cristo Re<br />
di Santa Viola di Bologna, sequestrato il 13/08/1941, perché<br />
stampato e diffuso senza l’autorizzazione della R. Prefettura.<br />
4. I due casi de<br />
L’Araldo abruzzese<br />
e L’Eco di S. Gabriele<br />
dell’Addolorata<br />
Nella Provincia di<br />
Teramo erano costantemente<br />
vigilati L’Araldo<br />
abruzzese, settimanale<br />
diocesano, fondato nel<br />
1904, e L’Eco di S.<br />
Gabriele, fondato nel<br />
1913 dai PP. <strong>Passio</strong>nisti e originariamente intitolato L’Eco del Beato<br />
Gabriele (l’eponimo “Santo” fu premesso dopo la canonizzazione<br />
avvenuta nel 1920) 14 . Si riportano di seguito i documenti nei quali<br />
14 L’Araldo abruzzese fu fondato il 19/03/1904 ad opera del Vescovo<br />
Alessandro Beniamino Zanecchia-Ginnetti (1902-1920), con la cooperazione<br />
di mons. Urbani, Arciprete aprutino, e di un gruppo di giovani sacerdoti, come<br />
don Pasquale del Paggio, don Gaetano Cicioni, don Pietro Jobbi e don Davide<br />
D’Angelo. La direzione fu affidata a don Giovanni De Caesaris (1877-1948),<br />
dotto scrittore della Diocesi di Penne, che durò nella carica per un anno. Dal<br />
1923 e fino al 1943, allorchè cessò la pubblicazione, ripresa nel 1945 (in un<br />
primo tempo come supplemento del “Nuovo Piceno), fu diretto da<br />
Domenicantonio Valerii (1895-1979), docente di greco e latino, e Rettore nel<br />
Seminario aprutino, poi Vescovo dei Marsi dal 1945 al 1973. Fu ostile al regime<br />
nel 1938, quando furono promulgate le leggi razziali, contro le quali prese<br />
posizione coraggiosa, illustrando i principi della morale cristiana, don<br />
Fioravante D’Ascanio (1908-1985), che rischiò la galera, evitata grazie
figurano gli inoltri dei due periodici al Ministero dell’Interno da<br />
parte del Prefetto di Teramo: 1) il 17/01/1941 sono inviati il n. 14<br />
dell’Araldo del dicembre 1940 e il n. 1 dell’Eco del gennaio 1941;<br />
2) il 21/03/1941 sono inviati i nn. 2 e 3 dell’Eco dei mesi di febbraio<br />
e marzo 1941, compreso il Supplemento al n. 1 del gennaio 1941;<br />
3) il 16/06/1941 sono inviati nn. 4 e 5 dell’Eco dei mesi di aprile e<br />
maggio e il n. 3 dell’Araldo; 4) il 6/08/1941 è inviato il n. 4<br />
dell’Araldo.<br />
all’intervento del Questore di Teramo. Don Valerii in questo periodo fu osteggiato<br />
dalle autorità governative, tanto da essere segnalato come pericoloso e<br />
sovversivo, insieme con don Oderico Paolini, e minacciato spesso di essere<br />
incarcerato e confinato, perché sosteneva l’Azione Cattolica, «che l’intrepido<br />
Pio XI raccomandava come insostituibile forma di apostolato in alternativa alla<br />
pedagogia del regime» (si vd. don F. Scipioni, Discorso pronunciato nella sala<br />
Consiliare di Teramo il 23/12/1995 in occasione del centenario della nascita<br />
[vd. Mons. A. Valerii, Nel centenario della sua nascita, Teramo, Edigrafital,<br />
1995, pp. 21-22]). Nel corso del II conflitto mondiale non subì censure né<br />
repressioni da parte delle autorità governative, avendo assunto una linea morbida,<br />
che si estrinsecò con «commenti sfumati e asettici» apparsi nella prima<br />
pagina del giornale (Cfr.www.wikipedia.it sub voce L’Araldo abruzzese). Sulle<br />
origini del giornale si vd. la testimonianza di don G. Cicioni nel Diario, in L.<br />
Delli Compagni, Don G. Cicioni, vita pastorale e cattolicesimo sociale a<br />
Teramo, ed. Eco, S. Gabriele dell’Addolorata, 2008, pp. 155-156. L’Eco del<br />
Beato Gabriele fu fondato dopo la beatificazione dell’”angelico giovane”,<br />
avvenuta a Roma il 31/05/1908, con l’avanzo delle offerte raccolte l’ultima<br />
domenica di agosto del 1913, in cui si festeggiò il Beato, dal P. Fausto Pozzi<br />
un religioso dotato di grande cultura, sostenuto dal P. Stanislao dello Spirito<br />
Santo (Amilcare Battistelli [1885-1981]),e da altri confratelli, dopo aver ottenuto<br />
il permesso del Preposito Provinciale, P. Salvatore di Maria Vergine (Luigi<br />
Pinto: 1866-1944). Era Rettore il P. Anacleto dell’Addolorata (Antonio Bianchi:<br />
1869-1938). Il 1° numero del fortunato periodico vide al luce il 27/09/1913.<br />
Si vd., per tali dati, P. Luigi Alunno C.P., Servo di Dio Stanislao Amilcare<br />
Battistelli Vescovo, ed. Eco, S. Gabriele dell’Addolorata, 1998, p. 45. L’Eco fu<br />
stampato fino al 1949 dalla tipografia del cav. D’Ignazio, ubicata in Via Stazio<br />
n. 6 a Teramo. Dal 1950 (n. 13 – gennaio) fu stampato dalla Cooperativa tipografica<br />
«Ars et labor», ubicata sempre in Via Stazio, n. 6, che fu la prosecuzione<br />
della tipografia D’Ignazio da parte degli eredi con una nuova ragione sociale<br />
e giuridica. Dal n. 1 (gennaio/febbraio) del 1952, fu stampato dalla Casa<br />
editrice Tipografia “Eco” di S. Gabriele dell’Addolorata, appena costituita con<br />
l’autorizzazione del Preposito Provinciale, P. Remigio della Medaglia<br />
Miracolosa (Seguino Bacolini: 1912-1975).<br />
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5. La vicenda de L’Eco:<br />
censurato l’articolo<br />
del P. Giacinto Ercoli<br />
Dei due periodici<br />
fu censurato<br />
l’Eco, come si<br />
è detto, per l’ articolo<br />
apparso sul n. 6 del<br />
giugno 1941. Esami-<br />
niamone il contenuto. Lo scrittore riferisce, con toni pacati ma con<br />
serrata argomentazione, di una discussione avuta nel compartimento<br />
di terza classe di un treno con un tale Ingegnere, che imprecava<br />
contro Dio e la Religione, per non aver impedito la disgrazia della<br />
guerra che gli aveva sottratto un figlio, inviato al fronte, e aveva<br />
coinvolto anche lui, richiamato alle armi, e costretto ad abbandonare<br />
la famiglia e la piccola azienda domestica. Rivolgendosi al frate<br />
passionista, che, sentendo proferire delle bestemmie, aveva deciso di<br />
intervenire, così dichiarò: “Se mi avete sentito dire degli spropositi<br />
poco fa è perché tanto io che questi miei amici ci troviamo proprio in<br />
condizioni insopportabili, e non potendomi sfogare con altri mi sfogo<br />
con Dio che certo è la causa di tutti questi malanni».<br />
Il Religioso rispose all’Ingegnere sviluppando due concetti teologici:<br />
1°) Dio, pur vedendo i mali causati dagli uomini, non ha nessun<br />
obbligo di impedirli, essendo essi il frutto del loro libero arbitrio;<br />
2°) in quanto causati dall’uomo, che, spinto dall’egoismo e dall’odio,<br />
ne disconosce la legge morale, la guerra si configura come<br />
un «castigo più che meritato». Le due conclusioni, in buona sostanza,<br />
fanno capo al principio teologico secondo cui la guerra, come<br />
ogni altro atto umano negativo (male), è permessa da Dio, ma non<br />
da lui originata, essendo fonte assoluta del Bene. Alla censura non<br />
piacque l’articolo dell’Eco, nel quale notò la disapprovazione<br />
morale della guerra italiana, che invece avrebbe dovuto sostenere,<br />
respingendo le tesi disfattiste del polemico interlocutore 15 .<br />
15 Per di più il “Missionario” asserì di non parlare «a nome di partiti o di<br />
cricche, ma soltanto come sacerdote per difendere l’amore di Dio». Questo passaggio,<br />
secondo il P. D’Anastasio C.P., S. Gabriele dell’Addolorata in 100 anni<br />
di ricerche, op. cit., p. 209, costituì un autentico vulnus per il regime, il quale<br />
non ammetteva altro “pensiero” che quello espresso per tutti dal partito fascista,<br />
che coincideva con l’autorità del duce. L’Eco, scrive il P. D’Anastasio, «era<br />
libera voce che diceva a ciascuno il suo. Riportava le parole del papa e animava<br />
i giovani dell’Azione cattolica. Ma queste cose in quel periodo davano<br />
al naso ai gerarchi fascisti». Questa libertà manifestata dal P. Giacinto Ercoli<br />
suscitò la reazione delle autorità governative, che non ammettevano alcune<br />
forme di dissenso sulla guerra in atto.
La reazione da Roma fu immediata. Il Ministro della Cultura<br />
popolare, Pavolini, inviò il seguente telex in data 21/06/1941 al<br />
Prefetto e alla Direzione Generale di Pubblica Sicurezza:<br />
«Minculpop 5 I 15897 II. Pregasi disporre sequestro Bollettino<br />
Cattolico “L’Eco di S. Gabriele”, n. 6 del giugno corrente, diretto<br />
da P. Giacinto Ercoli et edito dalla Casa editrice tipografia teramana<br />
del cav. Luigi D’Ignazio di codesta città. Pregasi altresì provvedere<br />
immediata revoca della gerenza perché il suddetto periodico<br />
deve considerarsi soppresso. Gradirò assicurazione Ministro<br />
Pavolini».<br />
6. La soppressione<br />
de L’Eco, accusato di aperto<br />
disfattismo, da parte<br />
del prefetto di Teramo<br />
Il Prefetto di<br />
Teramo, con perfetta<br />
tempestività, il<br />
22/6/1941, sulla base<br />
del R.d. legge n. 3288<br />
del 31/12/1925, emise<br />
il decreto di soppres-<br />
sione e revocò la gerenza al P. Giacinto Ercoli, per l’«intonazione ad<br />
aperto disfattismo»ravvisata nell’articolo:«Rilevata l’intonazione<br />
ad aperto disfattismo di un articolo apparso nel numero del 6 giugno<br />
corrente del periodico cattolico “L’Eco di S. Gabriele”… si<br />
dispone tra l’altro, che sia provveduto alla immediata revoca alla<br />
gerenza del periodico perché lo stesso deve considerarsi soppresso<br />
[…] Con effetto immediato è revocata la gerenza, conferita al P.<br />
Giacinto Ercoli, <strong>Passio</strong>nista, del periodico cattolico L’Eco di S.<br />
Gabriele, edito dalla Casa editrice Tipografia teramana del cav.<br />
Luigi D’Ignazio».<br />
La soppressione del periodico vulnerò moralmente la comunità<br />
passionista, che fu privata di un mezzo di informazione fondamentale<br />
per gli innumerevoli devoti di S. Gabriele. Lo stesso P. Giacinto,<br />
che avvertì il grave peso della responsabilità (disse di aver ricevuto<br />
«un terribile schiaffo morale)», in preda all’ansia e alla preoccupazione,<br />
si adoperò incessantemente per ottenere la revoca del provvedimento<br />
presso le autorità governative tra il 26 giugno e il 20 luglio<br />
del 1941.<br />
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7. L’incontro<br />
del Direttore de L’Eco<br />
col Ministro Galeazzo Ciano<br />
e col segretario particolare<br />
di Mussolini<br />
Per oltre venti<br />
giorni si alternò<br />
«con speranze e<br />
dissuasioni tra il<br />
Ministero e la Nunziatura,<br />
in cerca di appoggi<br />
e di commendatizie,<br />
con approcci alle gerar-<br />
chie del partito e a quelle della chiesa con una instancabilità<br />
sbalorditiva» 16 . Riuscì ad arrivare alle alte sfere del governo.<br />
Incontrò il Ministro Ciano, che, pur mostrandosi in primo tempo<br />
aperto a soluzioni positive, cambiò radicalmente umore, assumendo<br />
toni aspri e risentiti, quando, rilegendo l’articolo, vi ravvisò un<br />
aperto atteggiamento di ostilità al regime.<br />
Incontrò anche il Segretario particolare di Mussolini, che, pur<br />
esprimendo dispiacere per il provvedimento adottato dal Ministro<br />
della cultura popolare, ribadì fermamente la «gravità de’ rilievi»<br />
mossi all’autore e direttore dell’Eco. Fu un terribile fallimento per il<br />
P. Giacinto, che non si diede pace per il danno procurato al Santuario<br />
con un atto che, in fondo era in perfetta buona fede e per il quale non<br />
prevedeva minimamente di suscitare reazioni politiche. Così il P. F.<br />
D’Amando C.P. dipinse lo stato psicologico del P. Giacinto nel corso<br />
dei suoitentativo romani:«Il P. Giacinto, siliceo, continuò ancora,<br />
finchè, richiamato urgentemente, non se ne tornò a Recanati con le<br />
pive nel sacco e tuttavia con tante speranze nel cuore» 17 .<br />
16 Si vd. P. F. D’Amando C.P., P. Giacinto Ercoli sacerdote passionista<br />
(1911-1966), tip. Maceratese, Macerata s.d., p. 36.<br />
17 Si vd. P.F. D’Amando C.P., P. Giacinto Ercoli sacerdote passionista<br />
(1911-1966), op. cit., p. 37. Per le vicende “romane” del P. Giacinto, si vd. le<br />
pp. 35-37 dello stesso opuscolo.
8. L’accorato intervento<br />
del Rettore del Santuario<br />
Anche il Rettore<br />
P. Romualdo di<br />
S. Gabriele<br />
(Antonio Dorati: 1880-<br />
1955), cercò di ottenere<br />
la revoca del provvedimento, inviando un esposto al Prefetto di<br />
Teramo il 17/09/1941, nel quale, con evidente dissimulazione,<br />
mostrava di condividerlo e dichiarava perfino che l’autore dell’articolo<br />
era stato “esemplarmente” punito dai Superiori, che lo avevano<br />
rimosso dal suo ufficio di direttore. Così scriveva il P.<br />
Romualdo:«Dobbiamo sinceramente e lealmente riconoscere che il<br />
provvedimento è stato giustissimo, ed i Superiori dell’Istituto non<br />
hanno mancato di punire esemplarmente l’autore dell’articolo e il<br />
Censore rimuovendoli subito dal loro ufficio».<br />
Per raggiungere l’obiettivo doveva “riconoscere” l’errore commesso<br />
dal confratello, e nel contempo “inventare” la punizione del<br />
Preposito Provinciale e solleticare l’orgoglio patriottico del Prefetto,<br />
evidenziando tra gli abbonati i «valorosi soldati combattenti». Così<br />
argomentava il Rettore:«Eccellenza, voi conoscere assai bene i<br />
<strong>Passio</strong>nisti e la loro condotta moralmente e civilmente irreprensibile,<br />
tutta protesa al bene spirituale della società, con l’esempio delle<br />
sante missioni ed altre opere di Apostolato. Il giusto provvedimento,<br />
specie per la motivazione di “disfattismo” ci ha profondamente<br />
addolorati, come ci addolora il danno arrecato al prestigio del<br />
Santuario di S. Gabriele ed al popolo, essendo uno dei primi<br />
Santuari dell’Abruzzo ed in particolare della provincia di Teramo.<br />
[…] Centro di intensa vita religiosa, il Santuario di S. Gabriele, onorando<br />
l’Abruzzo e l’Italia da trent’anni, per mezzo del periodico<br />
L’Eco di S. Gabriele, ne diffondeva veramente in mezzo al popolo<br />
l’eco fedele ed in questi ultimi tempi di gloriosa ascensione della<br />
nostra patria, confortava migliaia dei nostri valorosi combattenti,<br />
abbonati al periodico.<br />
Ora Eccellenza, sebbene la soppressione del periodico sia giustamente<br />
inflitta e meritata, non possiamo nascondere la penosissima<br />
situazione in cui ci troviamo e per il nostro prestigio morale, e per<br />
le sorti gloriose del Santuario, per la vita religiosa che in essa verrebbe<br />
a spegnersi, mancando attraverso la stampa quella intima<br />
comunicazione fra i devoti e il Santuario stesso. […] Per tutto questo<br />
tempo, Eccellenza, ci raccomandiamo e confidiamo pienamente<br />
che vorrete interporvi per liberarci da questa penosa situazione.<br />
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98<br />
Sicuri del favore anticipiamo un cordiale ringraziamento per aver<br />
salvato una delle più pure glorie del religiosissimo Abruzzo.<br />
Salutando romanamente, dev.mo P. Romualdo Dorati». L’esposto,<br />
trasmesso dal Prefetto Tincani con nota del 17/09/1941 al Ministro<br />
della Cultura popolare, non fu accolto. Le argomentazioni e il “saluto<br />
romano”, che sulla bocca di un passionista ha sinceramente del<br />
grottesco, non valsero a ingraziarsi il Ministro, che in queste e in<br />
analoghe situazioni era stato irremovibile.<br />
9. La “resurrezione”<br />
de L’Eco nel marzo del 1945<br />
L’Eco restò sospeso<br />
dal giugno del<br />
1941 al febbraio<br />
del 1945, per quattro<br />
anni circa. Riprese le<br />
pubblicazioni con il n. 1 del marzo del 1945, in felice coincidenza<br />
con il XXV anniversario della canonizzazione di S. Gabriele.<br />
Annunciava il nuovo corso il P. Ilario dell’Immacolata (Adolfo<br />
Anitori: 1908-1967), che dal Preposito Provinciale, P. Norberto di S.<br />
Maria (Donato Pantanella: 1900 – 1983), ne fu designato direttore,<br />
con un editoriale dal titolo Dopo quarantacinque mesi di silenzio, in<br />
cui, dopo aver espresso il più profondo rammarico, per i “quarantacinque<br />
mesi di silenzio per il periodico” e i “quarantacinque mesi di<br />
mestizia per i devoti di S. Gabriele, annunciava il proposito di proseguire<br />
il cammino interrotto nel solco delle già note e consolidate<br />
finalità del periodico, con maggiore slancio e “lena giovanile”:<br />
«L’Eco torna a portare la gioia nei cuori. Torna a portare la benedizione<br />
di S. Gabriele. Torna agli infermi, agli afflitti, a tutti i provati<br />
della sventura; torna a tanti orfani, a tante vedove, a tanti mariti che<br />
piangono per i lutti della guerra. Ma la dura prova del silenzio non<br />
ha menomato la sua vitalità. Vuol essere quello di prima. Uscirà con<br />
lena giovanile, con propositi di arrecare un conforto più largo, una<br />
benedizione tanto più copiosa quanto più attesa».<br />
Non mancano le considerazioni sulle tragiche conseguenze provocate<br />
dal conflitto nella seconda parte dell’editoriale, in cui il P.<br />
Ilario così scrive, libero ormai da condizionamenti autoritari e censori:«L’Eco<br />
piange su tante rovine, su tanti lutti pubblici e privati, e<br />
fa voti che l’Angelo del conforto scenda dal cielo per tergere tante<br />
lacrime […] Fa voti che per l’umanità, uscita da un lungo battesimo<br />
di sangue, spuntino giorni migliori destinati a non scomparire mai
più; e che tutti, dirigendo i loro sforzi ad un’unica meta, li affrettino<br />
un largo benessere nel campo morale, intellettuale ed economico».<br />
All’articolo del P. Ilario seguì quello del P. Fausto del Cuore di<br />
Maria, dal titolo La rinascita dell’Eco di S. Gabriele che rifletteva<br />
sulle disgrazie della guerra, generata dall’ideologia nazi-fascista,<br />
che «invece di rendere omaggio al Creatore, voleva fare a meno di<br />
Dio e andava difilato verso un paganesimo anche più turpe e sozzo<br />
dell’antico, sfruttando la vita in un perpetuo carnevale profano e animalesco»,<br />
e stigmatizzava l’iniquo provvedimento governativo, che<br />
soppresse l’Eco solo perché esprimeva la verità:«mentre tanti giornali<br />
e periodici mondani, scandalosi, pornografici avevano tutta la<br />
libertà di predicare e propagare la scostumatezza e il vizio, a L’Eco<br />
di S. Gabriele fu messa la museruola e chiusa la bocca».<br />
Nell’epilogo, dopo aver dichiarato che il periodico avrebbe recato,<br />
come nel passato, «la testimonianza della inesauribile potenza e carità<br />
di Gabriele», espresse «sentita soddisfazione», nel riprendere «la<br />
penna per L’Eco di S. Gabriele:«Son trentadue anni che la sventolammo<br />
la prima volta. Riprendiamo lieti la parola, che i nostri lettori<br />
conoscono, e non è cambiata; e speriamo non debba loro dispiacere.<br />
Come ci lusinghiamo che non debba dispiacere neppure a S. Gabriele,<br />
perché attraverso mille peripezie, che sembravano doverla interrompere<br />
per sempre, più volte morta e sepolta, egli l’ha fatta sempre risuscitare;<br />
e speriamo di potergliela consacrare fino all’ultimo respiro».<br />
Seguiamo le fasi che precedettero la ripresa delle pubblicazioni.<br />
Il Questore di Teramo, dott. Francesco Belvisi, il 12/X/1944 rimetteva<br />
un rapporto al Prefetto di Teramo, nel quale dichiarava che,<br />
espletate le indagini di rito, non sussisteva nessun impedimento alla<br />
ripresa delle pubblicazioni dell’Eco. Precedentemente il<br />
28/09/1944, il P. Ilario aveva chiesto al Prefetto di autorizzare la<br />
stampa dell’Eco, a tiratura mensile, e lui stesso ad essere il direttore<br />
responsabile:«Il sottoscritto Anitori Adolfo (in religione P. Ilario<br />
<strong>Passio</strong>nista) di Lorenzo e della fu Mochi Rosa, nato il 16 novembre<br />
1908 in S. Angelo in Pontano (Macerata), chiede alla S.V. l’autorizzazione<br />
ad assumere l’Ufficio di direttore responsabile del periodico<br />
L’Eco di S. Gabriele, a carattere esclusivamente religioso.<br />
Chiede inoltre a V. E. che detto periodico, sospeso dall’autorità<br />
fascista e poi rimesso dal Governo Badoglio, possa riprendere la sua<br />
pubblicazione mensile, come faceva prima della sospensione».<br />
Per la riattivazione dei fogli soppressi dal regime, si richiedeva<br />
l’autorizzazione dei Prefetti, previa relazione dei Questori.<br />
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10. La rapida espansione<br />
del periodico del Santuario<br />
Il Prefetto di<br />
Teramo, dott.<br />
Giuseppe Zacchei,<br />
sulla scorta del richiamato<br />
rapporto, il<br />
22/X/1944 autorizzò il P. Ilario ad essere il direttore dell’Eco e a<br />
riprendere le pubblicazioni, dopo aver acquisito i seguenti dati previsti<br />
dal R.d.l. n. 14 del 14/01/1944 (G.U. – Serie speciale- n. 3 del<br />
19/1/1944) 18 : stato finanziario, “eventuale affiliazione politica, prezzo<br />
di vendita, nome e indirizzo del proprietario, nome e indirizzo<br />
della tipografia, zona e mezzo di diffusione, quantitativo di carta e<br />
luogo in cui si trova, numero delle copie da stampare, formato e<br />
numero delle pagine.<br />
La tipografia in cui si stampava il periodico era la “Casa editrice<br />
Tipografia teramana” del cav. Luigi D’Ignazio, della quale era<br />
direttore tecnico il maestro Pietro Palucci (fu stampato in proprio<br />
dalla tip. Eco, quando questa si costituì nel 1952). Poiché le copie<br />
prodotte (16.000) erano ritenute insufficienti a fronte della sensazionale<br />
crescita delle richieste di abbonamento provenienti dall’Italia e<br />
dell’estero, il P. Ilario si rivolse alla Presidenza del Consiglio dei<br />
Ministri, che aveva la competenza per la stampa e l’editoria, chiedendo<br />
di essere autorizzato ad aumentare la tiratura di altre 4000<br />
copie, arrivando così alle 20.000 mensili. Per ottenere l’autorizzazione<br />
il P. Ilario si recò personalmente a Roma per essere ricevuto<br />
dall’onorevole Giuseppe Spataro 19 , che in questo periodo era<br />
Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel III<br />
Governo Bonomi 20 .<br />
18 Il regio decreto-legge era stato promulgato dal I Governo Badoglio<br />
(27/07/1943 – 17/04/1944) [si vd. Raccolta delle leggi e dei decreti del<br />
Regno d’Italia, vol. I, 1944, pp. 32-34].<br />
19 Un tal Fonzi, funzionario nella Presidenza del Consiglio dei Ministri,<br />
inviava al Segretario particolare dell’onorevole Spataro un biglietto, in cui raccomandava<br />
il P. Ilario che doveva essere ricevuto da quest’ultimo « (…) Il P.<br />
<strong>Passio</strong>nista [Anitori], latore della presente, è venuto da S.E. Spataro e dovrebbe<br />
essere ricevuto da te, come già ti ho detto per telefono senza aspettare<br />
le 11. Grazie, Fonzi» (Archivio di Stato di Teramo, Prefettura, II/ 6, Gabinetto,<br />
3° versamento, B. 12, f. 2).<br />
20 Giuseppe Spataro (1897-1979), insigne uomo politico e statista abruzzese,<br />
che militò dapprima nel Partito popolare e poi nella Democrazia cristiana,
Dall’incontro, documentato da una nota riservata apposta su un<br />
biglietto dall’onorevole Francesco Libonati, secondo Sottosegretario<br />
alla stessa Presidenza (che aveva la delega per la Stampa, il<br />
Turismo e lo Spettacolo), il P. Ilario riuscì a conseguire il fine<br />
sperato. Spataro raccomandò la richiesta del religioso al Libonati,<br />
che così scrisse al primo in una lettera del 9/05/1945:«Ho il piacere<br />
di comunicarti che ho approvato il mensile L’Eco di S. Gabriele,<br />
diretto dal Sac. Adolfo Anitori, per il quale sei vivamente interessato».<br />
Con le 20.000 copie del 1945, passate a 30.000 nel 1949,<br />
si avviò una seconda stagione editoriale, segno di un crescendo<br />
straordinario di copie, che sono arrivate nel 2008 al vertiginoso<br />
numero di 130.000 circa al mese 21 .<br />
della quale fu uno dei fondatori, fu Sottosegretario alla Presidenza dei Ministri<br />
sia nel governo Bonomi 2 (18-06-1944/12-12-1944) che nel governo Bonomi<br />
3 (12-12-1944/21-06-1945). Fu più volte Ministro nei governi degli anni che<br />
vanno dal 1953 al 1960. Si vd. per un profilo di Spataro, E. Tiberii, G.<br />
Spataro e il suo impegno per l’Abruzzo, Pescara, Ediars, 2004 e ora E.<br />
Firmani, G. Spataro, in Gente d’Abruzzo – Dizionario biografico, vol. 9,<br />
Andromeda editrice, Recanati, pp. 309-318.<br />
21 Si vd. Santuario di S. Gabriele dell’Addolorata, editrice Velar, Torino,<br />
2008, p. 36: «L’Eco di S. Gabriele, diffuso mensilmente in Italia e all’estero in<br />
circa 130.000 copie».<br />
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ENG<br />
FASCISM AND THE CATHOLIC PRESS DURING<br />
THE SECOND WORLD WAR.<br />
SUPPRESSION OF THE PASSIONIST MAGAZINE “L’ECO<br />
DI SAN GABRIELE DELL’ADDOLORATA (1941)<br />
By Giovanni Di Giannatale<br />
The suppression of the magazine “San Gabriele dell’Addolorata<br />
during almost the whole course of World War 2 is certainly food for<br />
thought. The article that was objected to was in no way whatever<br />
defeatist nor did it support pacifism, in fact it had no political finality<br />
at all. It was entirely of a religious nature. And yet, based on that<br />
one article, the authorities proceeded to suppress a magazine which<br />
was morally constructive and was meant to reach thousands of subscribers.<br />
This was and is a very typical procedure of totalitarian tendencies<br />
which still show-up in our days and which try to allow religion<br />
a very constricted space in the media, within parameters established<br />
by the dominant culture.<br />
LE FASCISME ET LA PRESSE CATHOLIQUE<br />
FRA<br />
DURANT LA SECONDE GUERRE MONDIALE<br />
LA SUPPRESSION DE L’ECO DI S. GABRIELE DELL’ADDO-<br />
LORATA (1941)<br />
de Giovanni Di Giannatale<br />
Le fait de la suppression du périodique L’Eco di San Gabriele<br />
dell’Addolorata, durant quasi tout le cours de la seconde guerre<br />
mondiale, est certainement instructif. L’article incriminé n’avait<br />
aucun but défaitiste, ni vaguement pacifiste. Ce n’était pas à proprement<br />
parler un article à finalité politique. Il se situait clairement sur<br />
le plan religieux. Toutefois, sur la base de ce seul article, on a<br />
procédé à la surpression d’un périodique qui était constructif également<br />
sur le plan moral, qui aurait vite rejoint des dizaines milliers<br />
d’abonnés. Ce fait est typique des tendances totalitaires présentes<br />
aussi en notre temps, qui voudraient laisser à la religion un espace<br />
bien délimité sur la base des principes établis par la culture dominante.
ESP<br />
EL FASCISMO Y LA IMPRENTA CATÓLICA DURAN-<br />
TE LA SEGUNDA GUERRA MUNDIAL: LA SUPRE-<br />
SIÓN DE “L'ECO DI S. GABRIELE DELL'ADDORO-<br />
LATA (1941)”.<br />
De Giovanni Di Giannatale.<br />
El suceso de la supresión de la revista “L'Eco di San Gabriele<br />
dell'Addolorata” durante casi todo el decurso de la segunda guerra<br />
mundial es ciertamente aleccionadora. El artículo que se había<br />
condenado no tenía ninguna finalidad política. Dicho artículo se<br />
situaba claramente en un plano religioso. Sin embargo, sobre la<br />
base de aquel solo artículo, se procedió a la supresión de una publicación<br />
periódica también moralmente constructiva, que pronto conseguiría<br />
decenas de miles de abonados. Dicho suceso es típico de<br />
tendencias totalitarias presentes también en nuestro tiempo, que<br />
pretenden relegar a la religión a un espacio bien delimitado sobre<br />
la base de principios establecidos por la cultura dominante.<br />
DER FASCHISMUS UND DIE KATHOLISCHE<br />
GER<br />
PRESSE WÄHREND DES ZWEITEN WELTKRIEGS<br />
DIE AUFHEBUNG DES ‚L’ECO DI S. GABRIELE<br />
DELL‘ADDOLORATA‘ (1941)<br />
von Giovanni Di Giannatale<br />
Die Unterdrückung der Zeitschrift: ‚L’Eco di San Gabriel<br />
dell’Addolorata‘, die sich über fast den ganzen zweiten Weltkrieg<br />
erstreckte, birgt zweifelsohne Lehrreiches. Der damals beanstandete<br />
Artikel hatte in keiner Weise defätistischen Charakter und war<br />
auch nicht im Entferntesten pazifistisch. Er war nicht politisch motiviert<br />
und eindeutig auf religiöser Ebene anzusiedeln. Trotzdem ging<br />
man auf Grund dieses einen Artikels dazu über, eine moralisch konstruktive<br />
Zeitschrift aufzulösen, die kurze Zeit später zehntausende<br />
von Abonnenten erreicht hätte. Diese Vorgehensweise ist für totalitäre<br />
Tendenzen, wie sie sich auch in unserer Zeit ausmachen lassen,<br />
typisch. Die dominante Kultur weist auf Grundlage der von ihr<br />
selbst aufgestellten Prinzipien der Religion einen genau eingegrenzten<br />
Bereich zu.<br />
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104<br />
FASZYZM I PRASA KATOLICKA PODCZAS<br />
DRUGIEJ WOJNY ŚWIATOWEJ. ZAMKNIĘCIE<br />
L’ECO DI S. GABRIELE DELL’ADDOLORATA (1941)<br />
Giovanni Di Giannatale<br />
POL<br />
Wydarzenia związane z zamknięciem czasopisma L’Eco di San<br />
Gabriele dell’Addolorata, w czasie prawie całej drugiej wojny<br />
światowej są z całą pewnością pouczające. Artykuł, co do którego<br />
postawiono czasopismu zarzuty, nie miał żadnego celu<br />
defetystycznego czy pacyfistycznego w sensie szerokim. Nie był to<br />
artykuł stawiający sobie cele ściśle polityczne. Miał on charakter<br />
religijny. Jednak na podstawie tego artyku u rozpoczęto<br />
postępowanie mające na celu zamknięcie czasopisma. Okazało się<br />
ono jednak moralnym zwycięstwem, bo czasopismo szybko zyskało<br />
po nim dziesiątki tysięcy prenumeratorów. Jest to historia typowa<br />
dla tendencji totalitarnych, które obecne są także w naszych<br />
czasach. Chciałyby one pozostawić religii przestrzeń bardzo<br />
ograniczoną w oparciu o zasady ustalone przez dominującą kulturę.
di TITO AMODEI C.P.<br />
E’ assodato che l’arte nella Chiesa è indispensabile. Secondo<br />
una accreditata valutazione sociologica, la fede è trasmessa e<br />
conservata più per l’iconografia sacra che per la dottrina. Un<br />
sacerdote artista, che metta al servizio della diocesi, o della<br />
comunità religiosa, la sua competenza per delle scelte idonee<br />
e pertinenti sarebbe davvero<br />
auspicabile. L’articolista, per la<br />
sua diretta competenza nel<br />
campo, sa di poterlo sostenere<br />
autorevolmente.<br />
salvezza<br />
e<br />
culture<br />
UN SACERDOTE<br />
ARTISTA<br />
PER OGNI<br />
DIOCESI<br />
Un sacerdote se non<br />
proprio artista, almeno<br />
un appassionato ed<br />
intenditore d’arte, per<br />
ogni diocesi. Sembra una richiesta superflua o<br />
velleitaria. E non è così, considerato la vastità<br />
di interessi culturali ed artistici che una diocesi,<br />
qualunque diocesi, accoglie nel suo territorio.<br />
Il sacerdote artista o cultore d’arte, ancora continua ad essere<br />
considerato, nel proprio ambiente, una anomalia. Un soggetto che<br />
esce dalla lista degli impegni codificati e perseguiti dai confratelli.<br />
La sua attività verrà considerata un hobby piuttosto che un contributo<br />
che può essere molto utile al suo ministero. Sì, proprio al suo<br />
ministero. Basta voler leggere quanto la Sacrosanctum Concilium 1<br />
impone di riflettere sull’arte che interagisce con la liturgia.<br />
Nella storia dell’arte molti sono stati gli artisti del clero diocesano<br />
o regolari che hanno onorato, come si diceva una volta, la<br />
1 Costituzione conciliare sulla Sacra Liturgia. Sacrosanctum Concilium.<br />
Passim.<br />
Un sacerdote<br />
artista<br />
per ogni Diocesi<br />
105-112<br />
culture<br />
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culture<br />
TITO AMODEI<br />
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culture<br />
106<br />
nobile arte della pittura e della scultura, nonché dell’architettura.<br />
Tuttavia sono ricordati solo pochi protagonisti e ci si basa prevalentemente<br />
sulle classificazioni e parametri della storiografia tradizionale.<br />
Quella soprattutto che valuta l’espressione artistica sotto il profilo<br />
del linguaggio, prescindendo da altre componenti di cui l’arte è<br />
sempre portatrice.<br />
Nella formazione al sacerdozio si è privilegiato lo studio della<br />
musica sulle altre espressioni artistiche. E questo è apparso giustificabile<br />
dal reale ruolo che il suono e il canto sono quasi organici alla<br />
liturgia e al coinvolgimento dei fedeli. La lista dei cultori di questo<br />
ramo dell’arte e delle loro opere è quanto mai vasta. E vasta è la lista<br />
delle diverse forme musicali che hanno, nel tempo, supportato la<br />
liturgia e formato i fedeli. E la Chiesa ha saputo accettare anche le<br />
innovazioni che la cultura del momento imponeva.<br />
Ci sono stati e ci sono anche architetti, tra il clero, e la loro professione<br />
gode di notevole e giusto credito nella rispettiva diocesi.<br />
Soprattutto riguardo all’edilizia sacra, sia come patrimonio da custodire<br />
e da valorizzare sia come incremento da dare a nuove strutture<br />
per il culto. Senza considerare il contributo che egli può dare anche<br />
all’amministratore diocesano per la concretezza dei suoi pareri.<br />
Il sacerdote pittore è considerato più come un dilettante, alla stessa<br />
stregua del sacerdote che compone poesie. Se poi il sacerdote si<br />
cimenta con la scultura il suo caso davvero stupisce. (Il clero, in<br />
genere, non ha molta dimestichezza con questa forma d’arte). La<br />
scultura che tanto spazio occupa nell’arredo della chiesa e nella iconografia<br />
sacra, nella formazione seminaristica non viene a fare parte<br />
degli interessi o curiosità didattiche.<br />
Un sacerdote artista in diocesi può e deve coprire molti ruoli istituzionali,<br />
come si desume dal dettato della Sacrosanctum Concilium<br />
e per cominciare la sua presenza non starebbe male tra i membri<br />
della CEI dove si decidono le sorti della conservazione e promozione<br />
del patrimonio artistico-culturale e sacro della Chiesa e dove si<br />
esaminano i nuovi progetti dell’edilizia per il culto. Senza, per questo,<br />
bandire da quel vertice la doverosa consulenza dei laici professionisti<br />
e preparati. Ma è nella propria diocesi l’ambito in cui il<br />
sacerdote artista deve trovare l’area per i suoi capaci ed autorevoli<br />
contributi.<br />
La diocesi ha l’obbligo di istituire la Commissione per l’arte<br />
Sacra. La diocesi ha l’obbligo di istituire il museo delle opere d’arte<br />
dismesse dal culto o comunque di proprietà della medesima e che
vanno adeguatamente tutelate e fruite come testimonianza culturale<br />
della Chiesa.<br />
Per sentirsi male bisogna affacciarsi nelle soffitte di antiche chiese<br />
o nel retro delle loro sacrestie, colpiti da tanti cimiteri di eccezionali<br />
e preziosi arredi dimessi irresponsabilmente dopo l’ultima riforma<br />
liturgica. Sempre che non siano arrivati in tempo i rapaci antiquari<br />
che costringeranno tali arredi a convivere spaesati con l’eterogenea<br />
altra loro merce. O quando non sono costretti ad uso decisamente<br />
profano.<br />
La diocesi si deve relazionare con il Ministero dei beni culturali<br />
per contiguità di impegni.<br />
La diocesi ha il dovere di formare i candidati al sacerdozio alla<br />
comprensione dell’arte del proprio tempo.<br />
La diocesi ha il dovere di vigilanza, perché negli spazi destinati<br />
al culto non entri una indiscriminata paccottiglia offensiva dei<br />
misteri che vi si celebrano.<br />
La diocesi ha il dovere di servirsi degli esperti che devono aiutare<br />
la Commissione di arte sacra nell’espletamento delle proprie<br />
mansioni.<br />
La diocesi ha l’obbligo di prendersi cura degli artisti allo scopo<br />
di formarli allo spirito dell’arte sacra e della sacra liturgia.<br />
Addirittura dovrebbe, per quanto è possibile, creare delle scuole<br />
d’arte sacra.<br />
Personalmente sulla creazione di scuole per l’arte sacra ho molte<br />
riserve. L’arte sacra non si inventa da una cattedra per quanto prestigiosa<br />
sia. L’arte sacra va inseguita e scoperta nei fermenti della<br />
ricerca del proprio tempo. Essa è prodotta dalle istanze spirituali<br />
contemporanee a chi opera, le quali sono lo specchio del vissuto che<br />
ci relaziona col trascendente. Non esistono canoni preconfezionati<br />
che ci costringano a creare sacro. E per essere davvero radicale<br />
dovrebbe bandirsi dall’arte qualunque aggettivo, compreso quello<br />
sacro già troppo screditato e che crea condizionamenti psicologici 2 .<br />
La scuola d’arte sacra dovrebbe crearsi uno stile supportato<br />
da una filosofia estetica di cui non è difficile immaginarsi la provenienza.<br />
Si imporrà una strada da percorrere. Si imporrà dei canoni,<br />
2 Cfr i cataloghi della fondazione Stauros per capire gli sforzi che gli organizzatori<br />
di quelle benemerite Biennali fanno per individuare tracce del sacro<br />
nella ricerca dei nuovi linguaggi dell’arte di oggi.<br />
salvezza<br />
e<br />
culture<br />
Un sacerdote<br />
artista<br />
per ogni Diocesi<br />
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culture<br />
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salvezza e<br />
culture<br />
TITO AMODEI<br />
SapCr XXIV<br />
OTTOBRE-DICEMBRE 2009<br />
culture<br />
108<br />
quindi, raggelerà i risultati. Un’arte senza tempo e disincarnata, ma<br />
che non attesterà mai la perenne attualità e vita della fede.<br />
Ci provarono i Nazareni nei primi dell’800 e ci provò la scuola di<br />
Beuron sempre nel medesimo secolo, ma non hanno fatto storia.<br />
Per farmi capire: non giovano alla cultura del sacro neppure i revivals<br />
stilistici. Come per esempio quelle scuole che si industriano a<br />
fare risorgere le gloriose antiche icone. Le cosiddette nuove icone.<br />
Quella della Icone era una cultura ben definita. Una simbiosi tra<br />
sentire sacro e linguaggio postbizantino. E in quelle espressioni<br />
sacre si capiva molto dei misteri che celebravano.<br />
Oggi si fanno dei puri ed autentici falsi: non rappresentano la<br />
nostra cultura figurativa e sono lontano dal nostro sentire religioso.<br />
Chi le produce o le pone alla venerazione non concorre certo alla<br />
causa della fede che vorrebbe servire.<br />
La mole delle indicazioni e degli obblighi è davvero rilevante e<br />
sarebbe fisiologico che l’eventuale sacerdote artista 3 o formato alla<br />
conoscenza dell’arte e dei suoi non facili problemi, ne assumesse<br />
con competenza e responsabilità l’incarico. E gli si accordasse il<br />
dovuto credito.<br />
E per non restare solo nell’istituzionale si deve avvertire subito,<br />
nella pratica, in che cosa consista il suo ruolo operativo il quale, a<br />
nostro parere, ha due aspetti fondamentali.<br />
Per ordine li leggiamo nella Costituzione Conciliare che ci fa da<br />
guida. Nel secondo comma dell’articolo 124 della Sacrosanctum<br />
Concilium è fatto obbligo ai vescovi di allontanare dai luoghi di<br />
culto tutto quanto ne offende la sacralità. Tra le prime cose che<br />
offendono questa sacralità è la congerie di immagini che con l’arte<br />
non hanno nulla da spartire. Tutti quei prodotti di serie, di plastica<br />
o di gesso dipinto; ma sempre artisticamente falsi. Serie muta e<br />
affastellata che dovrebbe illustrare i grandi misteri della fede o<br />
raccontare le gesta dei suoi testimoni. O che dovrebbe promuovere<br />
la devozione mentre ne svuota i contenuti. Immagini in allucinante<br />
compagnia di antichi capolavori del passato. Vero bazar del sacro<br />
e del kitsch.<br />
3 Questo sacerdote non dovrebbe essere il comune artista dilettante. Si è<br />
dilettante non tanto perché limitato nel talento, piuttosto per mancanza di cultura<br />
completa che attiene all’arte. Se si dà credito a tale dilettante il danno che<br />
ne proviene è incalcolabile perché egli può facilmente, per mancanza di autenticità,<br />
confondere i valori e non essere una buona guida della diocesi.
Ovviamente dell’immagine si ha sempre bisogno; ora più che<br />
mai, in questo particolare momento storico che dell’immagine ha<br />
fatto una fonte di conoscenza di cui non si può fare a meno.<br />
E la Chiesa non si può sottrarre a questa legge e l’immagine che<br />
le serve oggi è quella di oggi, come in passato si è servita di quella<br />
del passato.<br />
La chiesa fin dagli inizi ha catechizzato con la parola e con le<br />
immagini. Ma non è stato quantificato quali delle due forme (dei due<br />
linguaggi) sia servito di più alla trasmissione della fede. Tuttavia fin<br />
dagli inizi si è ritenuto che per gli ignoranti delle cose della fede<br />
(indotti), che sono la grande maggioranza, l’arte sopravanza la dottrina.<br />
Non per nulla l’arte è ritenuta un vero linguaggio. Prima di rappresentare<br />
o significare essa deve interessarci come linguaggio:<br />
mezzo di trasmissione. Linguaggio specifico che richiede anche un<br />
codice di lettura. È una considerazione particolarmente necessaria<br />
per l’arte di oggi la quale prescinde quasi sempre dal racconto e<br />
dalla rappresentazione ma che si vuole imporre nello specifico di un<br />
proprio lessico. È un linguaggio di cui si struttura la comunicazione<br />
stessa. Ma che facilmente provoca crisi in quanti affidano all’arte<br />
una riconoscibile mimesi.<br />
Ora chi dovrebbe irrompere nella fortezza blindata della tradizionale<br />
iconografia religiosa se non uno esperto della materia?<br />
Il mediatore fisiologico e capace può e deve essere quel sacerdote<br />
artista del quale stiamo parlando. E questo sarebbe il secondo<br />
aspetto del suo ruolo.<br />
Quel sacerdote artista, oltre ad essere il tecnico di una condizione<br />
specifica, dovrebbe avere anche il compito di inquietare la diocesi,<br />
allertarla perché si renda conto dell’insidia che minaccia la buona<br />
comunicazione, insidia aggressiva data dall’immagine vorace ed<br />
onnipresente. E il danno sottile o palese alla conservazione della<br />
fede si valuterà solo quando sarà troppo tardi.<br />
Bisogna tener presente che l’arte di oggi non rappresenta, non<br />
narra, non spiega ma comunica, come già detto e comunica spesso<br />
in maniera subliminale per cui è difficile governarne gli effetti.<br />
Dal discorso generale e culturale si può facilmente scendere ai<br />
comportamenti pratici. Dove è facile registrare una desolante e<br />
costante conferma che queste note di principio non sono astrazioni<br />
o riflessioni amare avulse dalla storia che quotidianamente va facendosi.<br />
La facilità di avere sul mercato del devozionale la possibilità<br />
salvezza<br />
e<br />
culture<br />
Un sacerdote<br />
artista<br />
per ogni Diocesi<br />
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TITO AMODEI<br />
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per qualunque fedele, di comprarsi il proprio santo e di donarlo alla<br />
propria chiesa ha reso lo spazio sacro, anche quello tutelato dalle<br />
Belle Arti, un bazar di deprimente kitsch.<br />
È una buona scusa ed un comodo alibi per il clero scaricare sul<br />
fedele la colpa del degrado. Ma se vai nella casa del rettore di quella<br />
chiesa trovi la stessa batteria di oggetti sacri industriali. Questo è un<br />
caso frequente. Non di rado per decorare gli spazi di una nuova chiesa<br />
si impegnano artisti di qualità e si sanno sostenere anche spese<br />
rilevanti. Ma la buona decorazione del bravo artista può facilmente<br />
essere oscurata dalle superfetazioni devozionali di altarini posticci<br />
con tanto di maxi portacandele, e lumini sparsi qua e là e squalificare<br />
lo spazio organicamente progettato e screditare fede e cultura.<br />
Tabernacolo nella chiesa di Fuksas a Foligno
ENG<br />
AN ARTIST PRIEST FOR EVERY DIOCESE<br />
By Fr. Tito Amodei, C.P.<br />
It is an established truth that art is indispensable in the Church. It<br />
is a well-known sociological fact that faith is transmitted and conserved<br />
to a greater degree through sacred iconography than through<br />
doctrine. An artist priest who places at the service of a diocese, or<br />
religious communities, his various skills would be a wonderful<br />
thing. The author is highly competent in this field and speaks with<br />
some authority.<br />
FRA<br />
UN PRÊTRE ARTISTE POUR CHAQUE DIOCÈSE<br />
de Tito Amodei<br />
Il est vérifié que l’art dans l’Eglise est indispensable. Selon une<br />
évaluation sociologique accréditée, la foi est transmise et conservée<br />
plus par l’iconographie que par la doctrine. Un prêtre artiste, qui<br />
met au service de son diocèse, ou de sa communauté religieuse, sa<br />
compétence pour des choix idoines et pertinents serait vraiment<br />
souhaitable. L’auteur de l’article, par sa compétence directe en ce<br />
domaine, soutien cet affirmation avec autorité.<br />
ESP<br />
UN SACERDOTE ARTISTA PARA CADA DIÓCESIS<br />
De Tito Amodei.<br />
Es bien sabido que el arte en la Iglesia resulta indispensable.<br />
Según una acreditada evaluación sociológica, la fe está transmitida<br />
y conservada más por la iconografía sagrada que por la doctrina.<br />
Es deseable que haya un sacerdote artista, que ponga al servicio de<br />
la diócesis, o de la comunidad religiosa, su competencia en ideas<br />
selectas y y que hacen al caso. El autor del artículo, que tiene<br />
competencia directa en el campo, sabe que puede afirmarlo con<br />
autoridad.<br />
salvezza<br />
e<br />
culture<br />
Un sacerdote<br />
artista<br />
per ogni Diocesi<br />
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112<br />
EIN ‚KÜNSTLER-PRIESTER‘ FÜR JEDE DIÖZESE<br />
von Tito Amodei<br />
Es steht fest, dass die Kunst in der Kirche unentbehrlich ist.<br />
Entsprechend einer glaubwürdigen soziologischen Untersuchung<br />
wird Glaube mehr durch heilige Ikonographie überliefert und<br />
bewahrt als durch Lehre. Insofern wäre es in der Tat wünschenswert,<br />
wenn ein Künstler-Priester mit entsprechender Befähigung<br />
der jeweiligen Diözese bzw. religiösen Gemeinschaft hilft, sachlich<br />
fundierte und geeignete Entscheidungen zu treffen. Der Verfasser<br />
des vorliegenden Artikels kann durch seine eigene Qualifikation in<br />
diesem Bereich einen solchen Priester fachkompetent beraten.<br />
KAPŁAN ARTYSTA W KAŻDEJ DIECEZJI<br />
Tito Amodei<br />
GER<br />
POL<br />
Jest oczywiste, że w sztuka w Kościele jest konieczna. Według<br />
potwierdzonej opinii socjologicznej wiara jest przekazywana i<br />
zachowywana bardziej przez ikonografię sakralną niż przez<br />
doktrynę. Należałoby sobie życzyć, by w każdej diecezji lub<br />
wspólnocie zakonnej był kapłan artysta, który posłużyłby swoimi<br />
zdolnościami, umożliwiając właściwe i kompetentne decyzje. Autor<br />
artykułu, ze względu na swe doświadczenie na tym polu, może tę<br />
opinię wygłaszać w sposób autorytatywny.
di ELISABETTA VALGIUSTI<br />
El Artista è il titolo originale di un bel film realizzato dai registi<br />
argentini Mariano Cohn e Gaston Duprat. E’ una metafora sul<br />
mondo dell’arte contemporanea, sulle logiche e le mode che vi<br />
prevalgono. E’ una storia drammatica e comica allo stesso<br />
tempo, coerente e assurda insieme.<br />
salvezza<br />
e<br />
culture<br />
DELL’ARTE<br />
E<br />
DELL’ARTISTA<br />
Romano è un anziano che<br />
vive in una casa di riposo<br />
dove il giovane<br />
Jorge presta servizio<br />
come infermiere. Jorge<br />
è un ragazzino timido e<br />
riservato, senza istruzione ma molto scrupoloso e<br />
paziente nel suo lavoro, e man mano si appassiona agli straordinari<br />
disegni che Romano tratteggia con furia e eleganza. Romano<br />
non sa parlare o non vuole più parlare ma sente e capisce tutto.<br />
Jorge comincia a collezionare i suoi disegni e decide di provare a<br />
venderli.<br />
Comincia la sua avventura da neofita in un mondo dell’arte ambiguo<br />
e elitario, dove incontra personaggi di ogni genere accomunati<br />
da espressioni rarefatte e abituati a complicati modi culturali. Jorge<br />
si presenta come l’autore dei disegni a un gallerista che, intravedendo<br />
un buon affare, accetta di organizzare una mostra. In breve,<br />
la mostra è un grande successo e Jorge si ritrova lanciato come protagonista<br />
nel mondo dell’arte.<br />
Jorge riesce a trasferire a casa sua il vero artista, Romano, in<br />
modo da tenere sotto controllo la produzione dei disegni. Jorge tratta<br />
Romano molto bene e i due conducono insieme una vita tranquilla.<br />
Jorge comincia a leggere libri d’arte, cerca di capire qualcosa. E’<br />
diventato un artista noto e deve fronteggiare situazioni pubbliche,<br />
interviste, conferenze. Riesce a superare le difficoltà presentandosi<br />
Dell’arte<br />
e dell’artista<br />
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culture<br />
113
salvezza e<br />
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ELISABETTA VALGIUSTI<br />
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114<br />
come un giovane schivo, di poche parole. Dall’altra parte, non riesce<br />
proprio ad orientarsi fra gente e situazioni tanto diverse dalla sua<br />
realtà. Si trova in gravi difficoltà quando deve fornire delle nuove<br />
opere per un’importante mostra che il suo gallerista sta organizzando.<br />
Romano non disegna più e Jorge non sa come fare. Infine,<br />
Romano comincia a imbrattare muri e carta. Jorge pensa sia un disastro,<br />
non capisce che Romano ha cambiato modo di esprimersi.<br />
Provvidenzialmente, il critico che assiste Jorge vede i nuovi lavori e<br />
si entusiasma. Jorge può affrontare la nuova mostra che diventa un<br />
ulteriore successo. Ma il giovane è stanco di fingere, accetta la proposta<br />
di una galleria internazionale di trasferirsi a Roma. Prepara il<br />
viaggio per se stesso e per Romano ma l’anziano improvvisamente<br />
muore. Jorge si ritrova da solo a Roma.<br />
La storia è molto ben congegnata e scorre pacatamente. Il suo<br />
tratto fondamentale è la relazione fra finzione e arte, fra realtà e irrealtà.<br />
Jorge finge di essere un’artista, ma i quadri sono veri. La sua<br />
fidanzata non gli crede quando le confessa la verità, pensa sia ubriaco.<br />
Romano è un grande artista ma non sa cosa questo significhi,<br />
avvolto com’è nel suo autismo cronico. La relazione fra il giovane<br />
e il vecchio è sincera, produce una realtà mistificata ma veritiera.<br />
Jorge non può essere accusato di nulla.<br />
I dialoghi sono ottimi, semplici, credibili. La riuscita del film sta<br />
nel suo diventare l’oggetto stesso dell’arte, cioè il disegno, il quadro.<br />
Questo avviene grazie a delle inquadrature e a delle scene create<br />
in modo tale che traspongono continuamente la realtà filmica in
quadro. Il film è il quadro nel quadro. I disegni di Romano non si<br />
vedono mai. Il pubblico che li osserva in galleria diventa protagonista<br />
del quadro che noi spettatori del cinema osserviamo al di là di<br />
una cornice vuota. Cornici vuote che delimitano la sostanza del<br />
film e partecipano a formarne il linguaggio. L’utilizzo di primi piani<br />
strettissimi, di scene metà in luce e metà in ombra, di totali fissi su<br />
muri e stanze, tutto partecipa a creare un linguaggio che bene esprime<br />
il formarsi dell’opera d’arte e il suo farsi realtà. E’ il film.<br />
La fotografia di Ricardo Monteoliva varia da toni sottilmente<br />
freddi a contrasti nettissimi, tendendo al bianco e nero con sfumature<br />
insinuanti e sinuose. Sono particolarmente avvincenti il taglio<br />
e la luce delle inquadrature in primissimo piano, in dettaglio, di<br />
occhi, mani, nasi, che si fanno materia totale .<br />
Dentro a tutto questo stanno i due protagonisti, straordinari nel<br />
loro essere ordinari. Sembrano nonno e nipote, ma sono proprio due<br />
estranei. Jorge è interpretato dal noto musicista e cantante Sergio<br />
Pangaro e Romano dal famoso scrittore Alberto Lanseca. Sono artisti<br />
argentini di rilievo. Non è un caso che un film sull’arte abbia<br />
come protagonisti due veri artisti che non sono solo e necessariamente<br />
degli attori. Si intuisce che i due riescono ad arricchire i loro<br />
personaggi con un apporto di esperienza personale, interpretando<br />
con naturalezza e libertà riescono a dare un ulteriore contributo alla<br />
metafora dell’arte nell’arte, al quadro nel quadro, al film nel film.<br />
Anche gli altri personaggi sono stati interpretati da protagonisti dell’arte<br />
e della cultura argentini.<br />
Il montaggio di Santiago Ricco è estremamente cadenzato, sfrutta<br />
con maestria tempi e ritmi, si impegna nel gioco di sovrapposizioni<br />
e dissolvenze di quadri e cornici vuote. Le scenografie di<br />
Lorena Llaneza sono sobrissime, lineari, come sfondi dell’opera. Le<br />
musiche di Diego Biffeld si adattano con cura a scene, montaggio e<br />
recitazione.<br />
I registi e sceneggiatori del film sono Mariano Cohn e Gaston<br />
Duprat che hanno già realizzato insieme altri film. La loro è una<br />
collaborazione artistica di notevole livello. Alla sceneggiatura del<br />
film ha collaborato Andrés Duprat, direttore di Arti Visive al<br />
Ministero della Cultura argentino. Andrés, fratello di uno dei due<br />
registi e co-sceneggiatori del film, è l’ispiratore del soggetto e ha<br />
dichiarato in un’intervista sul web : « Conosco bene il mondo dell’arte<br />
contemporanea. La mia idea non era quella di fare una critica<br />
ma di scrivere una storia sul problema della paternità di un’opera<br />
salvezza<br />
e<br />
culture<br />
Dell’arte<br />
e dell’artista<br />
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ELISABETTA VALGIUSTI<br />
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culture<br />
116<br />
d’arte, una tematica molto contemporanea... Gastone e Mariano<br />
hanno migliorato molto la storia. Per esempio, è stata loro la decisione<br />
di non mostrare le opere d’arte. Ho trovato molto interessante<br />
la loro proposta di dislocare l’oggetto desiderato e di mostrare solamente<br />
gli effetti di quell’oggetto sulla società. E’ un dispositivo che<br />
mi interessa perché la soggettiva del quadro permette di far confrontare<br />
il pubblico della mostra e il pubblico del film. E’ una complementarietà<br />
di visioni soggettive... L’artista nel film è due personaggi.<br />
Questa è la tesi del film. Vorrei che questo fosse chiaro al<br />
pubblico. I due personaggi fanno l’artista... Il film è una sorta di<br />
manifesto. Io continuo a lavorare nell’ambiente artistico e non penso<br />
che il film ridicolizzi i curatori dei musei. Io adoro il mondo dell’arte.<br />
Il film non è nichilista nei confronti del mondo dell’arte. Amo<br />
questo mondo anche se è arbitrario o ridicolo. A mio avviso, malgrado<br />
tutti gli aspetti ridicoli e snob, malgrado tutti i suoi difetti, il<br />
mondo dell’arte mi sembra molto più interessante di quello dei dentisti<br />
e degli avvocati. Lo trovo affascinante. E’ un universo dove le<br />
gerarchie cambiano rapidamente, dove un ragazzo analfabeta di 18<br />
anni può diventare una celebrità”.<br />
Il film è una produzione argentina con una partecipazione italiana<br />
dell’Istituto Luce ed è stato presentato al Festival di Roma del<br />
2008. Ha dovuto attendere un anno per uscire nelle sale italiane.<br />
El Artista è un ottimo esempio della vitalità culturale e della originalità<br />
artistica che caratterizzano la grande tradizione del cinema<br />
latino-americano.<br />
ON ART AND THE ARTIST<br />
By Elisabetta Valgiusti<br />
ENG<br />
“The Artist” is the original title of a beautiful film directed by the<br />
Argentine directors Mariano Cohn and Gastón Duprat. It’s a<br />
metaphor for the world of contemporary art, based on the prevailing<br />
logic and fashion, at one and the same time a dramatic and comical<br />
story, coherent and yet absurd.
FRA<br />
DE L’ART ET DE L’ARTISTE<br />
De Elisabetta Valgiusti<br />
El Artista, c’est le titre original d’un beau film réalisé par les metteurs<br />
en scène argentins Mariano Cohn et Gaston Duprat. C’est une<br />
allégorie sur le monde de l’art contemporain, sur les logiques et les<br />
modes qui y prévalent. C’est une histoire dramatique et comique en<br />
même temps, cohérente et absurde tout à la fois.<br />
ESP<br />
SOBRE EL ARTE Y SOBRE EL ARTISTA<br />
De Isabel Valgiusti.<br />
“El Artista” es el título original de una bella película, realizada por<br />
los directores argentinos Mariano Cohn y Gastón Duprat. Se trata<br />
de una metáfora sobre el mundo del arte contemporáneo, sobre las<br />
lógicas y los modos que en él dominan. Esta una historia dramática<br />
y cómica al mismo tiempo, a la vez que coherente y absurda.<br />
GER<br />
DELL’ARTE E DELL’ARTISTA<br />
von Elisabetta Valgiusti<br />
‚Der Künstler‘ ist der Originaltitel eines schönen Filmes der argentinischen<br />
Regisseure Mariano Cohn und Gaston Duprat. Es ist eine<br />
Metapher für die Welt der zeitgenössischen Kunst, der in ihr vorherrschenden<br />
Logik und Moden. Die Geschichte ist sowohl dramatisch<br />
als auch komisch, logisch wie absurd.<br />
POL<br />
O SZTUCE I O ARTYŚCIE<br />
Elisabetta Valgiusti<br />
El Artista to tytuł oryginalny pięknego filmu zrealizowanego przez<br />
argentyńskich reżyserów Mariano Cohna i Gastona Duprata. Jest to<br />
metafora opisująca świat sztuki współczesnej, logikę i mody, które<br />
nim rządzą. Jest to historia zarazem dramatyczna i komiczna,<br />
spójna i absurdalna jednocześnie.<br />
salvezza<br />
e<br />
culture<br />
Dell’arte<br />
e dell’artista<br />
113-117<br />
culture<br />
117
LUIGI BORRIELLO OCD,<br />
Esperienza mistica<br />
e teologia mistica,<br />
LEV, Città del Vaticano,<br />
pp. 283,<br />
€ 22,00.<br />
Karl Rahner ebbe<br />
a dire, nel lontano<br />
1966, che<br />
il cristiano del futuro o<br />
sarà un mistico o non<br />
esisterà affatto. Il teologo<br />
gesuita non prevedeva<br />
l’arrivo di un gran<br />
numero di mistici,<br />
quanto piuttosto una<br />
vita cristiana nella quale la fede intensamente vissuta diventa trasparenza<br />
mediante l’amore.<br />
Nella pur sterminata produzione letteraria che recentemente si è<br />
occupata di mistica, mancava uno studio sistematico della teologia<br />
mistica e se ne sentiva l’urgenza; per questo, il ‘manuale’ di Luigi<br />
Borriello era davvero necessario. Ma il termine freddo di ‘manuale’<br />
non rende giustizia al prezioso lavoro del teologo carmelitano, perché<br />
nel leggere il testo si scopre – ed è una vera sorpresa – che nutre<br />
meravigliosamente l’anima di luce e d’amore, per cui diventa un<br />
testo adatto persino per la meditazione e la preghiera. Ciò è merito<br />
della teologia mistica in sé, chiamata a dare definizione e contenuto<br />
all’irruzione del Mistero divino nell’uomo; ma è anche merito<br />
dell’Autore, che ha accreditato la sua competenza in materia in lunghi<br />
anni di insegnamento e con pubblicazioni specialistiche sul settore.<br />
“L’intelligenza umana non può catturare il Mistero, mentre gli<br />
deve lasciare spazi liberi di irruzione così da poterne essere illuminata.<br />
È l’epifania misteriosa di Dio all’anima ciò che si deve invocare,<br />
attendere e sperare. Una volta che Egli si para innanzi all’uomo…e<br />
questi non si sottrae al confronto, allora inizia la grande<br />
avventura della conoscenza”. È una delle numerose gemme che<br />
impreziosiscono il testo e lasciano al lettore il gusto di una saporosa<br />
scienza d’amore.<br />
Poiché il Carmelo possiede una grande scuola in fatto di mistica<br />
– e i suoi tre “dottori” sono tali soprattutto per l’analisi originale che<br />
hanno offerto del cammino interiore e degli stati ‘alti’ dell’esperien-<br />
recensioni<br />
recensioni<br />
119
ecensioni<br />
recensioni<br />
120<br />
za di Dio -, l’Autore, da buon carmelitano scalzo, attinge abbondantemente<br />
alla dottrina teresiana e sanjuanista sulla comunione con<br />
Dio, e si trova d’accordo con P Gabriele di S. Maria Maddalena<br />
quando scrisse che “il Carmelo esclude sempre dalle sue prospettive<br />
mistiche le visioni e le rivelazioni particolari”.<br />
Esperienza mistica riservata a pochi? No, risponde l’Autore: la<br />
mistica cristiana “è la consapevolezza di un dono della Presenza<br />
attuale di Dio accolto e vissuto, offerto a tutti, ma non goduto da<br />
tutti, o perché le persone vivono nel peccato, o per ignoranza o per<br />
timore dell’imprevedibile”.<br />
Il lettore si troverà davanti pagine di Spirito e di fuoco, di soda e<br />
raffinata teologia, e sentirà il fascino segreto del pati divina, “nel<br />
senso di subire liberamente l’azione gratuita di Dio. È l’esperienza<br />
di un rapporto interpersonale tra il Tu di Dio e l’io dell’uomo, relazione<br />
d’amore che avviene senza alcuna confusione tra i due partner”.<br />
Per questo, il libro di P. Luigi Borriello è rivolto non solo agli<br />
“addetti ai lavori”, ai teologi e agli specialisti, ma a tutte le persone<br />
attratte da Dio ad un’intima unione con Lui, e a queste ultime il testo<br />
sarà solo di guida e conforto nelle vie che conducono alla pienezza<br />
dell’Amore.<br />
sr Maria Grazia Israele, o.carm
GHAZALI AHMAD,<br />
Delle occasioni amorose<br />
(Savaneh ol-Oshshaq),<br />
a cura di Carlo Saccone, Carocci<br />
(Biblioteca Medievale/116),<br />
Roma 2007, pp 201, cm 11x18,<br />
€ 19,00.<br />
KRISTEVA JULIA,<br />
Teresa, mon amour.<br />
L’estasi come un romanzo<br />
(Thérese mon amour. Récit,<br />
Fayard, Paris 2008),<br />
tr. di Alessia Piovanello, Donzelli<br />
(Saggi. Storia e scienze naturali),<br />
Roma 2009, pp VII+628,<br />
cm 15x21, rilegato,<br />
con sopracoperta, inserto b/n,<br />
€ 35.00.<br />
CINQUE MEGHILLOT. Rut,<br />
Cantico dei cantici, Qohelet,<br />
Lamentazioni, Ester,<br />
a cura di Piergiorgio Beretta,<br />
ebraico, greco, latino, italiano,<br />
San Paolo (Bibbia Ebraica<br />
Interlineare 17-21),<br />
Cinisello Balsamo 2008,<br />
pp 15*+231, cm 17,5x24,5,<br />
rilegato, con sopracoperta,<br />
€ 35,00.<br />
AMATO ANGELO,<br />
Gesù, identità del cristianesimo.<br />
Conoscenza ed esperienza,<br />
LEV (Pontificia Accademia<br />
Teologica. Itineraria. 2),<br />
Città del Vaticano 2008,<br />
pp 472, cm 17,5x24,5, rilegato,<br />
€ 28,00.<br />
La mistica, nelle<br />
varie e molteplici<br />
espressioni<br />
linguistiche, culturali,<br />
religiose, canta<br />
l’Amore, l’amante e<br />
l’amato, una modulazione<br />
infinita di figure,<br />
parabole, allegorie<br />
dove il divino e l’umano<br />
si mescolano, si confondono,<br />
giocano, si<br />
seducono. Prosa e poesia,<br />
i generi di scrittura<br />
con i quali, normalmente,<br />
cerchiamo di<br />
dare una prima, immediata,<br />
generica classificazione<br />
di linguaggio e<br />
scrittura, come si può<br />
capire, sono l’ultima<br />
cosa che importa. Il<br />
fuoco della passione, la<br />
vivacità delle immagini,<br />
la tensione estrema<br />
del linguaggio fino<br />
all’ineffabilità sono<br />
ben al di là di tale<br />
classificazione.<br />
Analogamente, e qui il<br />
discorso è più intrigante,<br />
le differenze dottrinali<br />
religiose sullo stesso<br />
concetto di Dio e<br />
Spirito, diventano<br />
molto meno importanti<br />
recensioni<br />
recensioni<br />
121
ecensioni del sospetto che, invariabilmente, tutte le forme di ortodossia nutrono<br />
nei confronti di espressioni al limite, e non di rado, francamente,<br />
oltre i limiti di una “ragionevole” espressione della dottrina. Santi ed<br />
eretici, venerati e perseguitati, maestri di spirito e banditi dalla<br />
comunità di fede, i mistici, fondamentalmente, attirano e inquietano:<br />
comunque, non consentono una religiosità abitudinaria, apatica , e,<br />
quando l’espressione letteraria, spesso e volentieri, frequenta il<br />
sublime, sono di per sé un godimento ineguagliabile che definire<br />
estetico sarebbe riduttivo.<br />
Ahmed Ghazali, mistico islamico medievale, si spinge fino a<br />
cantare la santità di Iblis (Satana), campione dell’amore mistico, che<br />
per la gloria di Allah accetta il suo anatema per non aver voluto rendere<br />
omaggio all’uomo: “Io amo questo onore che da Te mi viene,<br />
giacché nessuno ti è necessario e nessuno è a Te confacente”. Una<br />
erotologia ascendente, dalla psicologia alla metafisica alla teologia,<br />
una via brevis, naturalmente non concessa a chiunque, ché anche in<br />
questo caso imperscrutabile e assoluta è la volontà di Dio. Amato e<br />
amante fanno riferimento all’Amore e allo Spirito. L’unione di<br />
amante e amato, il grado più alto a cui spinge la contemplazione, la<br />
seduzione della bellezza, si esalta nella fusione dell’uomo con Dio,<br />
una riflessione del volto di Dio nell’anima, una visione tutta interiorizzata,<br />
il volto dell’amato diventa l’immagine dell’anima dell’amante.<br />
Tra le citazioni, spesso allusioni più o meno esplicite alla<br />
ricca tradizione mistica, quella “blasfema” di Hallaj, il cui “Io sono<br />
Dio” gli costò un atroce martirio: “Io sono Colui che amo e Colui<br />
che amo è me/ Noi siamo due spiriti che inabitano un solo corpo/ E<br />
se guardi me tu guardi Lui/ E se guardi Lui, tu guardi Noi”. Tra le<br />
immagini, passate anche nel linguaggio mistico successivo, e non<br />
solo islamico, “La falena /_che_/ per brama della luce, cade nella<br />
fiamma”. Commentando “Ha detto Iddio l’Altissimo: Egli li amerà<br />
ed essi ameranno Lui” (Corano V,54), Ghazali cita: “Io, in tutto il<br />
mondo, fui lo scopo vero di Amore”, uno dei luoghi in cui si stempera<br />
l’idea islamica di un Dio sovrano assoluto nei cui confronti il<br />
credente si pone esclusivamente come sottomesso e ubbidiente e,<br />
in qualche modo, si apre all’idea ebraico-cristiana di un rapporto<br />
amoroso tra il Creatore e la creatura. Dispiace che in un lavoro<br />
puntuale e accurato per quanto riguarda l’Islam, chiamando a paragone<br />
il cristianesimo, riferimenti precisi si confondono con<br />
espressioni fuorvianti: “Non v’è comunque nell’amore di Dio nessuna<br />
ontologica necessità, tanto meno “passionalità”, ma solo pura<br />
recensioni<br />
122
egale gratuita munificenza: siamo evidentemente lontanissimi dalle<br />
concezioni teologiche cristiane che fanno dell’amore l’essenza stessa<br />
di un Dio che, in un certo senso, non può non amare, che invia<br />
persino il proprio figlio sulla terra a sacrificarsi per amore dell’umanità,<br />
che talora –ci suggeriscono i nostri teologi- “soffre” o “patisce”<br />
con l’uomo e per l’uomo”(p.34).<br />
Non è, certo, meno ardita e inquietante Teresa d’Avila (1515-<br />
1582, dottore della Chiesa): “Possiamo paragonare l’unione a due<br />
candele di cera unite insieme così strettamente che emettono una<br />
luce sola, o al lucignolo, alla fiamma e alla cera divenuti una cosa<br />
sola”. Ma Teresa si premura di aggiungere immediatamente:<br />
“Nondimeno, si può ben separare una candela dall’altra, in modo<br />
che sussistano distintamente, o il lucignolo dalla cera”. Si può capire<br />
come in anni che davano da pensare e da fare all’Inquisizione,<br />
non potesse suscitare apprensioni e sospetti una Vita che raccontava,<br />
con tanta “naturalezza” estasi di amoroso deliquio di gioia inenarrabile<br />
e sofferenza indicibile, come quella, illustrata in modo sublime<br />
ne La trasverberazione di santa Teresa, di Bernini, riprodotta in<br />
sovraccoperta e all’interno del volume della Kristeva: “Vedevo vicino<br />
a me, dal lato sinistro, un angelo in forma corporea… nelle mani<br />
un lungo dardo d’oro. Pareva che me lo configgesse a più riprese nel<br />
cuore…lasciandomi tutta infiammata di grande amore di Dio. Il<br />
dolore della ferita era così vivo… ma era così grande la dolcezza che<br />
mi infondeva questo enorme dolore, che non c’era da desiderarne la<br />
fine…”. Detto altrimenti: “Vivo, eppur non vivo in me,/ aspettando<br />
sì alta vita,/ ché mi è morte il non morire”. Eppure, Teresa è donna<br />
pratica, affronta battaglie per la riforma del Carmelo, aiutata da quel<br />
piccoletto di Giovanni della Croce (dice con umorismo: siamo già<br />
uno e mezzo!) grande santo ma sempre asustado, o, almeno, così<br />
sembra. Diciassette fondazioni in venti anni, percorrendo in lungo e<br />
largo la Spagna di allora, con i mezzi di allora, tra difficoltà interne<br />
ed esterne e, vuole la leggenda, il giudizio sprezzante, di chi la definiva<br />
“femmina inquieta e vagabonda”. Teresa ha a disposizione<br />
pochi libri popolari, dopo le esaltazioni “eroiche” di gioventù, di<br />
edificazione e di autori spirituali, ma “Il Signore mi disse: ‘Non<br />
darti pena, perché io ti darò un libro vivente’… Sua Maestà è stato<br />
il solo libro dove ho letto le supreme verità… Chi, vedendo il<br />
Signore coperto di piaghe e afflitto da persecuzioni, non abbraccia<br />
le sue pene, non le ama e non le desidera?”. Per questo, Teresa, ossequiosa<br />
alla Chiesa (Kristeva non esita a parlare di astuzia), si affida<br />
recensioni<br />
recensioni<br />
123
ecensioni<br />
recensioni<br />
124<br />
ai letrados, teologi ufficiali (ma che, osserva Teresa, mancano di<br />
esperienza… “mi pare che la chiamino teologia mistica”), maestri di<br />
spirito, anche santi, come Francesco d’Alcantara e Juan de Avila,<br />
oltre che il detto Giovanni della Croce e diversi direttori spirituali,<br />
come Girolamo Graziano “L’uomo della sua vita”, il suo desaguadero.<br />
Fulminata da Teresa, la scrittrice e psicanalista di origini bulgare,<br />
atea, dopo la trilogia del genio femminile (Colette, Hannah<br />
Arendt, Melanie Klein), dedica alla grande mistica un récit, tra narrativa<br />
e autobiografia, documentato particolarmente sulla Vita, le<br />
Mansiones, Fondazioni, Lettere. In dialogo vivacissimo, sul filo<br />
continuo della vita e dell’esperienza di Teresa intrecciate alle proprie,<br />
con la storia della cultura, del femminismo, delle ideologie del<br />
Novecento, Julia Kristeva dedica un post scriptum: “Lettera a Denis<br />
Diderot sulla sovversione infinitesimale di una religiosa”: la sua<br />
Monaca, con l’accusa virulenta di una religione falsa e ipocrita, alla<br />
luce dell’avventura dei Lumi finita nel Terrore, è la regione della<br />
mistificazione con la quale bisogna misurarsi, necessariamente,<br />
prima di riprendere il discorso su Dio.<br />
Storie d’amore nella storia d’amore di Jahwè per il suo popolo,<br />
sono quelle di Rut:”…Salmon generò Booz,; Booz generò Obed;<br />
Obed generò Iesse e Iesse generò Davide” e di Esther: “…Questi<br />
giorni vengono ricordati e festeggiati in ogni generazione, in ogni<br />
famiglia, in ogni provincia e città; i giorni di purim non dovranno<br />
sparire in mezzo ai Giudei e il loro ricordo non dovrà mai cancellarsi<br />
fra i loro discendenti”. Ma soprattutto il Cantico, come attestato<br />
da una ininterrotta, ricchissima tradizione, dai Padri ai teologi, dai<br />
maestri di spirito ai mistici, compresa anche la tradizione iconografica,<br />
è la sublime rappresentazione dell’amore tra Dio e il suo popolo<br />
e, poi, Cristo e la Chiesa, Cristo e il credente: “Mi baci coi baci<br />
della sua bocca!”. Ma anche il migliore augurio che a tutti e ciascuno<br />
si possa fare: che trovi chi lo baci coi baci della sua bocca!.<br />
Nella raccolta di contributi, per lo più editi, del Prefetto della<br />
Congregazione delle Cause dei Santi, insieme a saggi impegnativi<br />
sulla cristologia di alcuni teologi da Edward Schillebeecks a Karl<br />
Rahner e sul dibattito odierno (Gesù di Nazaret di Benedetto XVI,<br />
l’assolutezza salvifica del cristianesimo, la Dominus Iesus e le religioni…),<br />
una cospicua sezione è dedicata a “La vita in Cristo” come<br />
realizzazione dell’auspicio di Nicola Cabasilas, che all’intellectus<br />
<strong>Christi</strong> si accompagni l’amor <strong>Christi</strong>. Capitoli sono dedicati a Paolo<br />
di Tarso e Agostino d’Ippona, a Nicola Cabasilas e Angela da
Foligno, Caterina da Siena, Ignazio di Loyola, Giovanni della<br />
Croce, Luigi M. Grignion de Monfort, Edith Stein. Non poteva mancare<br />
la nostra Teresa, proclamata, con Caterina da Siena, dottore<br />
della Chiesa nel 1970. La sua conversione, da una vita frivola e tiepida,<br />
avvenne in seguito a un incontro di Grazia con Gesù Cristo<br />
coperto di piaghe: “Mi sentii tutta commuovere, perché rappresentava<br />
al vivo quanto Egli aveva sofferto per noi: ebbi tal dolore al<br />
pensiero dell’ingratitudine con cui rispondevo a quelle piaghe che<br />
parve mi si spezzasse il cuore. Mi gettai ai suoi piedi in un profluvio<br />
di lacrime, supplicandolo di darmi forza per non offenderlo più”.<br />
Una “vita nuova” per questa donna riformatrice, fondatrice, maestra<br />
di spiritualità e santità, scrittrice e, appunto, mistica che, se ha scritto<br />
libri importanti, soprattutto si è attenuta alla promessa: “Non<br />
affliggerti perché io ti darò un libro vivente” che, ormai, è Cristo.<br />
Salvatore Spera<br />
recensioni<br />
recensioni<br />
125
ecensioni<br />
recensioni<br />
126<br />
BARBAGLI MARZIO,<br />
Congedarsi dal mondo. Il<br />
suicidio in Occidente e in<br />
Oriente, il Mulino<br />
(“Biblioteca storica”),<br />
Bologna 2009, pp 526, cm 15x21,<br />
rilegato con sopracoperta,<br />
55 illustrazioni a colori<br />
e numerose tabelle statistiche,<br />
€ 32,00.<br />
Un fenomeno<br />
tragico diffuso<br />
nel tempo e<br />
nello spazio che non si<br />
lascia inquadrare facilmente,<br />
come pure lodevolmente<br />
tentò Emile<br />
Durkheim nel 1897, in<br />
categorie. Ricorrono,<br />
certo, i motivi dell’onore<br />
(per lo stupro subito<br />
o temuto, per la sconfitta<br />
militare, per la vergogna<br />
di aver tradi-<br />
to…), dell’ira, dell’odio, della fedeltà, della protesta…, ma le varie<br />
teorie si incalzano continuamente, con spiegazioni regolarmente,<br />
almeno in parte, smentite. Lo stesso si dica dell’aumento e della<br />
diminuzione del fenomeno in riferimento alla situazione<br />
socio/ambientale: persecuzioni religiose e politiche, razziali, espansione<br />
o depressione economica. E così pure quando si confrontano i<br />
dati nei vari paesi o presso gruppi etnici o religiosi. Barbagli parte<br />
dall’analisi sociologica di Durkheim (integrazione e regolamentazione<br />
sociale come cause che spiegano le variazioni nella frequenza<br />
delle morti volontarie) per denunciarne l’insufficienza (per la prima<br />
causa: suicidio egoistico o altruistico; per la seconda: anomico o<br />
fatalista), sia riguardo alle statistiche utilizzate (la sociologia moderna<br />
balbettava) che per le previsioni rivelatesi molto imprecise. Nella<br />
pluralità delle cause a base della morte volontaria (psicosociali, politiche,<br />
biologiche…), vengono privilegiate quelle culturali: “il patrimonio<br />
di schemi cognitivi e di sistemi di classificazione, di credenze<br />
e di norme, di significati e di simboli dei quali dispongono gli<br />
uomini e le donne”, i cui aspetti più rilevanti sono le intenzioni, il<br />
modo, il significato, i riti concernenti il suicidio. Diviso in due parti<br />
(il suicidio in Occidente e in Oriente), con due distinti inserti iconografici,<br />
il volume sviluppa un discorso documentato in modo ampio<br />
e approfondito che può frastornare chi cercasse facili sintesi, ma che
ende bene la permanenza, l’ampiezza, la diffusione, la varietà del<br />
fenomeno.<br />
Presente nel mondo pagano e giustificato a determinate condizioni<br />
(commesso, anzitutto, da un uomo libero e non da uno schiavo e<br />
per motivi di onore) quando non imposto, la sua liceità fu oggetto di<br />
discussione in ambito cristiano (per sottrarsi ai tormenti del martirio<br />
o al disonore dello stupro) fino a quando Agostino la negò decisamente<br />
e autorevolmente. Cessate le persecuzioni, la questione del<br />
martirio era praticamente risolta. Quanto allo stupro, era un’immondezza<br />
commessa sulla donna, non con lei: “Strano a dirsi, erano due<br />
e solo uno commise adulterio”. Si fissava così la dottrina ufficiale<br />
della Chiesa fino al Codice del 1917, a quello del 1983 e al<br />
Catechismo. La condanna unanime e le punizioni ostentatamente<br />
esemplari, insieme al deterrente principale della dannazione eterna<br />
non bastarono comunque a eliminare un fenomeno qui ampiamente<br />
documentato, anche con episodi strabilianti. La crisi della società<br />
feudale e la secolarizzazione che si manifesta a partire dal primo<br />
Rinascimento determinano quei mutamenti culturali che rimettono<br />
in discussione (Montaigne, More, Montesquieu, Beccaria,<br />
Voltaire…) la liceità di disporre della propria vita, fino alle recenti<br />
discussioni su testamento biologico, suicidio assistito, eutanasia.<br />
Particolare attenzione viene rivolta al secolo appena trascorso<br />
con i tornanti drammatici delle guerre mondiali, nazismo e fascismo,<br />
lager e gulag, shoah: anche in questo caso (se così si può dire),<br />
elementi diversi e contrastanti fanno sì che le statistiche si sottraggono<br />
a schematismi nella loro variabilità e imprevedibilità, sia<br />
all’interno di uno stesso paese, che tra paesi diversi. Quanto<br />
all’Oriente, si analizzano in particolare i casi dell’India, con il sati,<br />
il suicidio volontario della vedova che si immolava più o meno<br />
volontariamente sulla pira del defunto marito, e della Cina con i<br />
matrimoni combinati. Anche per questi paesi (ma non vengono trascurati<br />
l’URSS e il Giappone) la tradizione deve confrontarsi con i<br />
rivolgimenti culturali e la nuova legislazione. L’ultimo capitolo (“Il<br />
corpo come bomba”) è dedicato agli attacchi suicidi e al terrorismo,<br />
nel quadro dei risorgenti nazionalismi e conflitti religiosi.<br />
Salvatore Spera<br />
recensioni<br />
recensioni<br />
127
ecensioni<br />
recensioni<br />
128<br />
AMERIO ROMANO,<br />
Iota unum.<br />
Studio delle variazioni<br />
della Chiesa cattolica<br />
nel secolo XX,<br />
a cura di Enrico Maria Radaelli,<br />
prefazione del card.<br />
Dario Castrillon Hoyos,<br />
Lindau (“Biblioteca”), Torino 2009,<br />
pp 751, cm 14x21,<br />
€ 29,00.<br />
AMERIO ROMANO,<br />
Stat Veritas.<br />
Seguito a “Iota unum”,<br />
a cura di Enrico Maria Radaelli,<br />
Lindau (“Biblioteca”), Torino 2009,<br />
pp 263, cm 14x21,<br />
€ 19,50.<br />
Un examen rigorosum,<br />
una<br />
appassionata<br />
disamina verbale e concettuale,<br />
grammaticale<br />
e sintattica, filologica,<br />
filosofica e teologica di<br />
storia della chiesa,<br />
attraverso documenti e<br />
pronunciamenti più o<br />
meno ufficiali e autorevoli.<br />
E non soltanto<br />
“nel secolo XX”, con<br />
particolare attenzione<br />
al Vaticano II e al<br />
postconcilio, ma risalendo<br />
attraverso citazioni,<br />
analisi e comparazioni,<br />
alla chiesa primitiva,<br />
agli apostoli,<br />
agli ipsissima verba di<br />
Cristo. Una fortuna editoriale,<br />
connessa a con-<br />
vegni e interventi sulla stampa, “Osservatore Romano” compreso,<br />
che sdogana da una lunga damnatio memoriae il pensatore luganese<br />
(1905-1997), fastidioso e inviso a tanti, e non solo novatores, per<br />
la sua analisi puntuta e minuziosa, la polemica acre e comprensibilmente<br />
fastidiosa per una cultura vastissima e solida, una erudizione<br />
difficilmente sostenibile dai tanti meno provveduti di lui e che rovescia,<br />
nei fatti, la vulgata invalsa per cui i “progressisti” erano sempre<br />
gli intelligenti e i “conservatori” ottusi. Va detto che la discussione<br />
oggi, e soprattutto per il deciso contributo di Benedetto XVI,<br />
è più equilibrata, nel segno di una ermeneutica della continuità e non<br />
della rottura, di una innovazione nella tradizione, della Veritas in<br />
charitate, mentre, inevitabilmente, i volumi sono “datati”, rispettivamente<br />
al 1985 e 1997.
E’ una purificazione della memoria, una messa a punto vivace,<br />
anche se inevitabilmente ripetitiva, delle “variazioni” che rasentano<br />
l’eresia con imprecisioni, desistenze, parole in libertà, contraddizioni:<br />
circiterismo, mobilismo, neoterismo, pirronismo, ipocorismo,<br />
confusionismo, trasposizione semantica, aporia, costrutto di parole,<br />
antropotropismo, relativismo, eclettismo, “loquimini nobis placenta”,<br />
cristianesimo secondario, spirito largioristico e pelagiano,<br />
bustofredicamente… Linguaggio colto, espressioni erudite per schizzi<br />
storici, soprattutto del concilio e postconcilio, documenti conciliari,<br />
allocuzioni papali e vescovili, formule teologiche, esperimenti<br />
liturgici, pastorali e catechetici, crisi del sacerdozio e della vita religiosa,<br />
le donne nella chiesa (con l’espressione regolarmente ricorrente<br />
di “sacerdozio delle femmine”), la “destaurazione” dell’autorità…<br />
Il termine di paragone, il criterio di verità assoluta è quello cattolico<br />
di una societas christiana che non c’è più, se mai c’è stata, per cui<br />
espressioni e concetti come libertà (e, peggio, libertà religiosa),<br />
mondo (figuriamoci “simpatia” per un mondo corrotto e perduto)<br />
dialogo, ecumenismo, progresso, adattamento sapiunt inevitabilmente<br />
di soggettivismo, relativismo, “sreligionamento”, desistenza…<br />
In una parola, per un Autore che fa della logica e della conseguenza<br />
logica un’arma micidiale, “peiorem sempre sequitur conclusio<br />
partem”, che sarà, appunto una forma sillogistica, ma non sempre e<br />
non necessariamente la più giusta e felice. Si aggiungano altri elementi<br />
discutibili , come l’uso del latino (contro lo “slatinamento”) o<br />
l’abito clericale, il tentativo regolare di tirare tutto dalla propria parte,<br />
con l’inevitabile cadere nella tanto aborrita contraddizione, i sofismi<br />
per cui si definiscono contraddittorie o esagerate (rispetto alla<br />
denuncia di errori ed abusi) espressioni di fiducia, di speranza, di<br />
ottimismo. L’ultimo capitolo sull’escatologia, dove ancora una volta,<br />
meritoriamente, si denunciano colpevoli omissioni nella teologia e<br />
nella predicazione, è, riguardo all’inferno, di un giustizialismo che fa<br />
raggricciare. E’ evidente che per l’Amerio, valoroso e per tanti aspetti<br />
meritevole vox clamantis (olim) in deserto, non ha senso il “surtout<br />
pas trop de zèle”. Prova ne siano le desolatamente cervellotiche (“che<br />
nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri”,<br />
Col 2,8) “chiose” alla “Tertio Millennio Adveniente” di Stat Veritas,<br />
dove, alla luce del magistero di Benedetto XVI, si salva solo la 39,<br />
sull’eccessivo numero di beatificazioni e canonizzazioni.<br />
Salvatore Spera<br />
recensioni<br />
recensioni<br />
129
ecensioni<br />
recensioni<br />
130<br />
SEMERARO COSIMO (ed.),<br />
Walter Brandmueller<br />
Scripta manean.<br />
Raccolta di studi<br />
in occasione<br />
del suo 80° genetliaco,<br />
Lev (Pontificio Comitato<br />
di Scienze Storiche<br />
“Atti e Documenti“ 30),<br />
Città del Vaticano 2009,<br />
pp X+ 454, cm 17x24,<br />
rilegato con sopracoperta,<br />
due foto a colori,<br />
€ 40,00.<br />
Sostanzioso omaggio<br />
di affetto,<br />
testimonianza<br />
credibile di stima, raccogliere<br />
alcuni dei<br />
numerosi scritti disseminati<br />
nella lunga,<br />
feconda attività del<br />
docente ordinario emerito<br />
di “Storia della<br />
Chiesa Medievale e<br />
Moderna” presso l’Università<br />
di Augsburg, già<br />
Presidente della “Commission<br />
Internazionale<br />
d’Histoire Ecclésiastique<br />
Comparée, cofondatore<br />
e direttore dell’<br />
“Annuarium Historiae<br />
Conciliorum”, dal 1998<br />
presidente del “Pontificio Comitato di Scienze storiche” della Santa<br />
Sede. E non sono titoli “colorati”, come si evince dalla vastità e profondità<br />
della selezione degli interventi che confermano la solida<br />
fama acquisita con il fondamentale Papst und Konzil im Grossen<br />
Schisma (1378-1431. Studien und Quellen, del 1999. La ricca<br />
“Bibliografia” abbraccia un arco di tempo di cinquant’anni di prodigiosa,<br />
benemerita attività. Nella “Presentazione”, Werner Maleczek<br />
precisa che i contributi, scelti dallo stesso festeggiato e raccolti per<br />
l’occasione, vanno dal 1983 al 2006, quasi una “eredità spirituale”<br />
di sollecitudine di amore alla Chiesa, di accuratezza scientifica che<br />
muovono al rispetto e all’ammirazione. Fondamentalmente medievista,<br />
il suo orizzonte cronologico e tematico si allarga alla tarda<br />
antichità e alla storia contemporanea, dal Decretum Gratiani al<br />
Vaticano I e II, da Silvestro II alla formazione del clero nel<br />
Medioevo, dall’ecclesiologia di Bernardino da Siena a Niccolò V e<br />
la caduta di Costantinopoli, dall’antipapa Giovanni XXIII al<br />
Concilio di Siena del 1423-24, dal caso Galilei alla disputa su Pio<br />
XII. Una ricerca storica che analizza i fenomeni storici con le loro<br />
cause ed effetti, libera da polemiche anacronistiche ed apologetica
postuma: “L’adrenalina di pur nobili emozioni non dovrebbe infiltrarsi<br />
nell’inchiostro dello scrittore di cose storiche”. Quanto a chiarezza<br />
di giudizio, non manca, ad es., di documentare il disastro della<br />
Commissione storica ebraico-cattolica per appurare la validità<br />
scientifica dei 16 volumi di Atti e Documenti della Santa Sede relativi<br />
alla Seconda Guerra mondiale: superficialità, disprezzo degli<br />
strumenti della ricerca storica, rifiuto del metodo peculiare di indagine<br />
erano destinati a non portare ad alcun risultato. L’ultimo e più<br />
recente saggio sulla Storia della Chiesa in Germania consente, continua<br />
Maleczek, di individuare lo sguardo critico ed accorato sullo<br />
sviluppo della disciplina storica nelle facoltà telogiche cattoliche<br />
nelle università tedesche: lamenta una riduzione dello spettro tematico,<br />
meno universale, prova ne è il trascurare il periodo medioevale.<br />
Contro una concezione della Storia della Chiesa quasi materia<br />
profana che rappresenta la Chiesa come una sorta di istituzione<br />
sociale di carattere mondano, riprende decisamente l’orientamento<br />
di Hubert Jedin di una disciplina teologica che opera con gli strumenti<br />
della ricerca storica, sulla base della fede nella Chiesa come<br />
strumento dell’azione salvifica di Dio. “Per Scienza della Storia<br />
della Chiesa noi intendiamo l’indagine scientifica e l’interpretazione<br />
dell’opera che la Chiesa compie in se stessa quale organo della<br />
trasmissione della eredità di Gesù Cristo intesa in senso ampio”.<br />
Solo qualche spiga. Nella “Ecclesiologia di San Bernardino da<br />
Siena”, dove l’Autore, analizzando l’Opera Omnia, vede che la predicazione<br />
del Santo su Cristo e la Chiesa, nel periodo fra il 1380 e il<br />
1444, coincidente con la perdurante crisi ecclesiologica dello<br />
Scisma d’Occidente, non si occupa delle dispute di teologi e canonisti,<br />
lontane dalla vita reale del popolo di Dio: “Non omnia, quae<br />
sunt in actis, fuerunt in mundo” (una sapida parafrasi del “quod non<br />
est in Codice, non est in mundo”). Invece, quanto alla formazione<br />
dei chierici, “An saecularibus litteris oporteat eos esse eruditos”,<br />
sulla scorta dei Padri della Chiesa, sottolinea, in sintonia con<br />
Benedetto XVI, l’importanza dello studio del greco e del latino. Un<br />
fondamentale presupposto storico al Vaticano II è “L’insegnamento<br />
dei Concili sulla corretta interpretazione delle Sacre Scritture fino al<br />
Concilio Vaticano I” e prezioso è “Il Concilio di Siena del 1423-<br />
24”, tramite importante tra Costanza (1414-18) e Basilea-Ferrara-<br />
Firenze (1431-45) per il superamento definitivo della delicatissima<br />
crisi del conciliarismo, acuita da interessi politici nazionalistici e<br />
maneggi diplomatici.<br />
Salvatore Spera<br />
recensioni<br />
recensioni<br />
131
INTRODUZIONE GENERALE<br />
PASTORALE (34)<br />
M. CHIODI,<br />
L’enigma della sofferenza<br />
e la testimonianza della cura.<br />
Teologia e filosofia<br />
dinanzi alla sfida del dolore,<br />
Glossa, Milano 2003,<br />
pp. 9-58.<br />
Il saggio che esponiamo è il frutto di un corso di lezioni tenute<br />
nell’anno accademico 2000-2001. L’autore del libro è Maurizio<br />
Chiodi, docente di teologia morale presso la Facoltà Teologica<br />
dell’Italia Settentrionale. Lo scopo dell’opera è di sviluppare una<br />
riflessione sul senso della sofferenza, partendo da una prospettiva<br />
pratica. Il pensiero occidentale ha sempre prediletto un approccio<br />
teorico alla realtà ed ha messo ai margini il vissuto concreto dei soggetti.<br />
É necessario, invece, recuperare la dimensione esistenziale del<br />
dolore, perché il problema del male si manifesta nella sua drammaticità<br />
solo nella coscienza personale. L’uomo, infatti, si chiede il<br />
significato del male nel momento in cui è toccato dall’esperienza del<br />
“suo” dolore. La prima parte del libro espone e commenta il pensiero<br />
di alcuni studiosi di bioetica riguardo all’esperienza della sofferenza.<br />
Il nostro autore sceglie deliberatamente di concentrare il proprio<br />
interesse sugli autori d’orientamento fenomenologico.<br />
L’approccio esistenziale, infatti, supera il pregiudizio positivista che<br />
riduce il dolore ad una realtà misurabile. La sofferenza, invece, non<br />
appare al soggetto come un “oggetto esterno”, ma come una condizione<br />
che tocca la sua stessa identità. Nella seconda parte del libro<br />
Chiodi cerca di comprendere la relazione che sussiste tra colpa<br />
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bibliografiche<br />
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bibliografiche<br />
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(male compiuto) e la sofferenza (male subito). A questo proposito<br />
entra in dialogo con la filosofia di Max Scheler e Paul Ricoeur, per<br />
poi concentrarsi sull’analisi del salmo 22. Chiodi ritiene che questo<br />
passo della Scrittura sia utile per esaminare l’esperienza del dolore<br />
dell’innocente.<br />
SOFFERENZA, SOLITUDINE E CURA (S. HAUERWAS)<br />
1. PENSARE TEOLOGICAMENTE IN BIOETICA IN UNA SOCIETÀ PLURA-<br />
LISTICA<br />
Il primo autore affrontato da Chiodi è Stanley Hauerwas 1 , teologo<br />
morale americano ed esponente di spicco della cosiddetta teoria<br />
delle virtù. Il problema principale di Hauerwas è quello di<br />
comprendere come sviluppare una bioetica cristiana in una situazione<br />
multiculturale. La sua riflessione nasce, infatti, come una risposta<br />
alla bioetica liberale di Engelhardt. Questo autore ritiene che le<br />
diverse visioni del mondo devono rinunciare ad imporsi nello spazio<br />
pubblico per permettere la pacifica convivenza nella comunità<br />
pluralistica. L’unico principio morale universale è, dunque, il rispetto<br />
delle diverse etiche private. Hauerwas afferma che le teorie di<br />
Engelhardt portano, di fatto, ad una schizofrenia morale. Il pensiero<br />
liberale sviluppa una morale debole ed indeterminata che finisce per<br />
acuire i conflitti piuttosto che pacificarli. Il pensiero di Engelhardt,<br />
inoltre, si mostra incapace di riconoscere che la medicina non è una<br />
scienza a-valutativa, ma si presenta come una pratica morale.<br />
I medici, infatti, non predispongono solo una terapia (to cure)<br />
al malato, ma cercano, innanzi tutto, di prendersi cura (to care) del<br />
corpo del malato. La medicina rappresenta l’impegno della comunità<br />
umana per la vita del malato. Si può quindi pensare di creare una<br />
società pacifica solo se si unisce al principio di libertà l’impegno per<br />
la cura dei malati.<br />
1 Chiodi analizza in particolare alcuni discorsi contenuti in S. HAUERWAS,<br />
Suffering presence. Theological reflections on Medicine, the Mentally<br />
Handicapped and the Church, University of Notre Dame Press, Indiana (USA)<br />
1986.
2. SOFFERENZA, MORTE E MEDICINA<br />
Hauerwas tenta di spiegare meglio il significato della medicina<br />
come pratica morale analizzando la relazione tra azione<br />
terapeutica e dolore. La società moderna rifiuta ogni forma<br />
di dolore tanto che, spesso, si preferisce sopprimere il malato piuttosto<br />
che lasciarlo soffrire. Hauerwas ritiene che sia assurdo eliminare<br />
una persona per evitare la sofferenza, perché il dolore è una<br />
realtà che fa parte della vita stessa. Il compito del medico non è<br />
quello di eliminare ogni tipo di dolore ma di “alleviare la sofferenza”.<br />
Hauerwas inizia un’analisi dell’esperienza della malattia per<br />
spiegare meglio il suo pensiero. La sofferenza è sempre una realtà<br />
soggettiva legata ad un’esperienza esistenziale. Il malato si sperimenta<br />
come alienato da se stesso, perché avverte che un’altra entità,<br />
la malattia, lo pone in una situazione di passività. Il soggetto può<br />
superare questo stallo se accetta di far propria la malattia. La medicina<br />
deve, dunque, favorire questo processo di integrazione rendendo<br />
la malattia sopportabile. La fede cristiana può aiutare in questo<br />
difficile cammino, in cui il soggetto è chiamato a dare valore all’assurdità<br />
del male. A questo proposito, Hauerwas ricorda che la sofferenza<br />
per il cristiano è accettabile non perché abbia un senso in se<br />
stessa, ma perché Gesù stesso l’ha affrontata e l’ha resa strumento<br />
di salvezza.<br />
3. MEDICINA ED AUTORITÀ NELLA SOCIETÀ LIBERALE: OLTRE<br />
PATERNALISMO ED AUTONOMIA<br />
Hauerwas riflette, in seguito, sulla relazione tra medico e<br />
paziente e riconosce che il problema più grande nella nostra<br />
società è legittimare l’autorità del medico senza cadere nel<br />
paternalismo. La società liberale ha ridotto la relazione tra malato e<br />
medico ad un contratto, nel quale i due contraenti si pensano come<br />
soggetti liberi ed autonomi. Tutto ciò non corrisponde al vero, poiché<br />
il malato si trova in una situazione di bisogno che lo rende, di<br />
fatto, soggetto all’azione del medico. In realtà, il pensiero liberale<br />
non comprende che l’autorità del medico non pregiudica l’autonomia<br />
del paziente, ma lo aiuta a discernere meglio la sua situazione.<br />
É chiaro, infatti, che l’autorità del medico non si fonda su una sua<br />
posizione di forza rispetto al malato, ma sulla capacità del dottore<br />
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bibliografiche<br />
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bibliografiche<br />
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di cooperare con il paziente al fine di raggiungere il benessere<br />
nel corpo malato. Tale obiettivo non si raggiunge solo con le<br />
conoscenze teoriche, ma soprattutto mediante l’esperienza pratica,<br />
avvalorata da una tradizione comune. Il medico può dunque comandare<br />
qualcosa al paziente perché entrambi condividono la stessa<br />
visione del mondo. Il medico non pretende di eliminare i limiti del<br />
corpo, ma aiuta il soggetto a vivere bene nella sua umanità fragile.<br />
Il problema della società moderna è che ha rotto l’unità presente tra<br />
medici e pazienti. Per questo i medici sono divenuti una comunità<br />
autoreferenziale che ha come unico scopo il raggiungimento del<br />
massimo grado d’efficienza. La medicina moderna pretende di<br />
eliminare ogni limite del corpo e si propone come una forma di<br />
salvezza immanente. Lo sviluppo del paradigma efficientista<br />
ha ridotto la relazione tra paziente e medico a mero contratto di<br />
prestazione.<br />
4. GUARIGIONE E SALVEZZA<br />
Secondo Hauerwas possiamo ristabilire una relazione umana<br />
tra medico e paziente solo se ricreiamo una comunità curante<br />
che condivide le medesime credenze. A tale scopo, è necessario<br />
approfondire la relazione tra religione e medicina per stabilire<br />
come riportare l’armonia tra una visione trascendente del mondo e<br />
l’azione pratica di guarigione. Il conflitto tra la fede e la scienza<br />
medica è sempre in agguato, perché la salute fisica non può essere<br />
scissa da uno stato di benessere di tutta la persona. Dobbiamo, dunque,<br />
superare il dualismo tra guarigione e salvezza per elaborare<br />
un’etica teologica capace di dialogare con il mondo moderno, nel<br />
quale opera la medicina. Hauerwas è cosciente che, se poniamo il<br />
problema in termini astratti, rischiamo di cadere in un vicolo cieco.<br />
La morale cristiana si fonda su un’esperienza che non tutti condividono<br />
e che dunque non può pretendere di diventare assoluta. Il<br />
nostro autore riconosce, invece, che sarebbe più fruttuoso partire<br />
dall’esperienza pratica. Le credenze cristiane hanno una forma<br />
intrinsecamente pragmatica, perché permettono la fondazione della<br />
comunità di fede. La Chiesa, infatti, nasce e si sviluppa sul comandamento<br />
dell’amore reciproco. La comunità medica può riconoscere<br />
nella Chiesa un modello a cui ispirarsi per prendersi cura nella<br />
maniera migliore dei malati.
Chiodi riconosce che gli studi di Hauerwas danno dei contributi<br />
interessanti per l’interpretazione dell’esperienza della malattia.<br />
Innanzi tutto, Hauerwas sottolinea la qualità pratica dell’azione<br />
terapeutica e l’importanza di una tradizione e di un’autorità.<br />
Il teologo americano ha anche il merito di armonizzare l’abilità del<br />
terapeuta (to cure) con la capacità di sviluppare un atteggiamento di<br />
cura verso il malato (to care). Per Chiodi il pensiero di Hauerwas è,<br />
però, carente dal punto di vista metodologico e trascura la<br />
dimensione trascendente della fede. La pratica medica sperimenta,<br />
spesso, anche l’impotenza di fronte alla malattia e ci obbliga ad<br />
aprirci al mistero della vita mediante la preghiera. É necessario,<br />
inoltre, rifondare la riflessione riguardo alla testimonianza cristiana<br />
sull’evento cristologico. L’amore cristiano, che giustifica la cura<br />
verso il malato, si comprende solo come segno più grande<br />
dell’amore di Dio per l’uomo.<br />
Alessandro Cancelli c. p.<br />
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PASTORALE (35)<br />
M. CHIODI,<br />
L’enigma della sofferenza<br />
e la testimonianza della cura.<br />
Teologia e filosofia<br />
dinanzi alla sfida del dolore,<br />
Glossa, Milano 2003,<br />
pp. 58-82.<br />
1. PAZIENTE E PRATICA MEDICA NELLA FRAMMENTAZIONE ETICA<br />
POST-MODERNA (A. MACINTYRE)<br />
Chiodi si sofferma ad analizzare l’opera del filosofo morale<br />
Alaisdair MacIntyre 2 . Il noto pensatore americano inizia la<br />
sua riflessione partendo dalla constatazione della frammentarietà<br />
della nostra epoca. La società post-moderna si caratterizza<br />
per la compresenza di diverse visioni del mondo, che non collimano<br />
tra loro. In questa situazione è impossibile risolvere le questioni etiche,<br />
perché manca un punto di partenza riconosciuto dai diversi<br />
membri della società. É chiaro, infatti, che la compresenza di diverse<br />
visioni del mondo impedisce, di fatto, lo sviluppo di un consenso<br />
ampio attorno ai valori fondamentali della vita. La conseguenza<br />
diretta della frammentarietà sociale è la crisi delle autorità e l’eclissi<br />
della tradizione. Ogni società umana riconosce a taluni soggetti<br />
un’autorità, ossia la capacità di giudicare meglio degli altri intorno<br />
2 Il nostro autore sintetizza i contenuti di un discorso di MacIntyre, intitolato<br />
«Patients as agents», che è stato pronunciato durante il Symposium<br />
Philosophical medical Ethics: its nature and significance, Connecticut (USA)<br />
1975.
ai casi particolari. Questa qualità non dipende solamente dal grado<br />
di conoscenze teoriche del soggetto, ma è fondata sulla sua capacità<br />
di riconoscere la presenza del bene nei singoli eventi. La legittimità<br />
dell’autorità è fondata sulla tradizione, che consiste in quella<br />
visione comune del bene tramandata in una comunità. Secondo<br />
MacIntyre l’autorità e la tradizione non negano la responsabilità<br />
della coscienza, ma la aiutano a camminare verso il bene. La società<br />
ha sempre riconosciuto ai medici una particolare autorità morale,<br />
perché svolgevano una funzione essenziale per la collettività. La<br />
crisi della tradizione e lo sviluppo della specializzazione del sapere<br />
hanno fatto sì che l’autorità del medico fosse messa in crisi. Tutto<br />
ciò ha portato alla nascita di un nuovo tipo di relazione tra il medico<br />
ed il paziente: il modello contrattuale. Il medico è considerato un<br />
erogatore di servizi, che è tenuto a rispondere ai bisogni dei malati.<br />
Questo modello si rivela fallimentare, poiché la prassi medica deve<br />
prendere delle decisioni che non si riducono alla mera applicazione<br />
di procedure tecniche, ma che hanno una dimensione morale. Si<br />
deve, inoltre, riconoscere che il modello contrattuale non tiene conto<br />
dell’errore umano. La crisi dell’autorità tradizionale pare irreversibile<br />
e, per questo, MacIntyre ritiene che l’unica soluzione alle questioni<br />
di bioetica sia l’autonomia del paziente. Nella mancanza di un<br />
consenso sui valori fondamentali i singoli malati non potranno più<br />
affidarsi alle opinioni dei medici curanti, ma saranno costretti a scegliere<br />
tra le diverse proposte di cura, fondate su visioni del mondo<br />
differenti.<br />
Chiodi critica le conclusioni di MacIntyre, perché producono un<br />
evidente circolo vizioso. Il filosofo americano, infatti, afferma che<br />
la radice della crisi dell’autorità medica è da imputare all’eccessiva<br />
frammentazione della società, ma, allo stesso tempo propone come<br />
unico rimedio a tale situazione l’incremento dell’autonomia del<br />
paziente. La proposta rischia di peggiorare ulteriormente la relazione<br />
tra medico e paziente. Chiodi ricorda, inoltre, che la nostra autonomia<br />
non è mai assoluta, poiché è sempre connessa con la dipendenza<br />
dei singoli nei confronti della comunità. Dobbiamo, dunque,<br />
riconoscere che la morale è sempre eteronoma, poiché la coscienza<br />
è sempre in relazione con l’alterità.<br />
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bibliografiche<br />
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bibliografiche<br />
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140<br />
2. FILOSOFIA DELLA MEDICINA ED ONTOLOGIA DEL CORPO (E.<br />
PELLEGRINO E D. THOMASMA)<br />
Iricercatori Edmund Pellegrino e David Thomasma 3 riflettono<br />
sulla relazione tra medicina e filosofia, per mostrare che la pratica<br />
medica richiede una visione ontologica del corpo umano. I<br />
medici hanno un gran numero di possibilità, ma non sanno a quale<br />
fine indirizzare la loro azione terapeutica. Tutto ciò può portare<br />
alcuni scienziati a confondere il piano della scienza, che studia i<br />
fatti, con l’ambito della filosofia, che ricerca il senso della realtà. I<br />
problemi morali dei medici possono essere risolti solo riflettendo sul<br />
senso ultimo dell’azione medica. I due teologi, dunque, iniziano una<br />
riflessione sul corpo vivente partendo dalla prospettiva pratica. Essi<br />
indicano quattro campi di ricerca: una riflessione sulla pratica medica<br />
che mostri come il corpo sia la rivelazione dell’intera persona<br />
umana; l’analisi della relazione tra mente, corpo e libera volontà al<br />
fine di superare il dualismo anima-corpo; una riflessione generale<br />
sull’essere che aiuti il giudizio clinico ad applicare le conoscenze<br />
generali alla realtà pratica ed, infine, una riflessione sul concetto<br />
generale di salute e malattia per elaborare un’adeguata “sapienza del<br />
corpo”.<br />
La riflessione filosofica di Pellegrino e Thomasma parte dall’esperienza<br />
umana per non cadere nel pregiudizio naturalista, che<br />
non considera la dimensione esistenziale, ma riduce il corpo ad un<br />
puro “oggetto” d’indagine. Essi individuano tre livelli d’esperienza<br />
umana: il sé vissuto, che consiste nel catalogo obiettivo delle caratteristiche<br />
degli esseri umani e che è oggetto d’indagine dell’ambito<br />
scientifico; il livello del corpo vissuto, che consiste nell’esperienza<br />
esistenziale dell’essere corpo e che non può essere oggettivato ed,<br />
infine, il livello dell’organismo fisico, che pone la questione della<br />
sopravvivenza. La distinzione di questi tre livelli porta a elaborare<br />
un nuovo concetto di legge naturale. Il soggetto non è un semplice<br />
caso di una natura generale, ma possiede una sua unicità che<br />
va rispettata. Il corpo è, infatti, l’espressione immanente dell’identità<br />
della persona, che non è risolvibile in nessuna classificazione<br />
astratta.<br />
3 Chiodi si rifà in particolare al libro E. D. PELLEGRINO-D. C. THOMASMA, A<br />
philosofical basis of medical practice, Oxford University Press, New York 1981.
Per Chiodi il pregio maggiore di Pellegrino e Thomasma è di aver<br />
introdotto nella filosofia del corpo alcuni concetti fondamentali<br />
della fenomenologia di Merlau-Ponty. In particolare, la distinzione<br />
tra il corpo vissuto e il corpo oggetto è uno dei guadagni più notevoli<br />
ricavati dal pensiero del filosofo francese. L’esperienza primaria<br />
della coscienza, infatti, non separa l’oggetto dal soggetto, ma li<br />
coglie entrambi nell’unica Lebenswelt (mondo vitale). Chiodi avanza<br />
una critica sul metodo scelto da Pellegrino e Thomasma: non c’è,<br />
infatti, sufficiente chiarezza sulla relazione tra ontologia e metodo<br />
fenomenologico. Tutto ciò può portare a ricadere in una metafisica<br />
astratta, che si allontana dall’esperienza esistenziale.<br />
Alessando Cancelli c. p.<br />
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bibliografiche<br />
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141
INDICE GENERALE<br />
EDITORIALI<br />
Continuità e rottura, radicamento e sradicamento,<br />
riscoperta e riappropriazioni delle radici.<br />
(Adolfo Lippi)<br />
I-II,.................................................................................... pag. 3-7<br />
L’ Enciclica Caritas in Veritate,<br />
una lezione magistrale offerta all’intera umanità.<br />
(Adolfo Lippi)<br />
III, ..................................................................................... » 3-9<br />
SACRA SCRITTURA E TEOLOGIA<br />
Il movimento patripassiano: istanze positive<br />
per l’elaborazione del concetto cristiano di Dio<br />
(prima parte)<br />
(Gianni Sgreva)<br />
I-II,.................................................................................... » 9-39<br />
La <strong>Passio</strong>ne di Cristo in Kierkegaard.<br />
Note di ricerca (seconda parte)<br />
(Mario Cempanari)<br />
I-II,.................................................................................... » 41-68<br />
Il movimento patripassiano: istanze positive<br />
per l’elaborazione del concetto cristiano di Dio<br />
(seconda parte)<br />
(Gianni Sgreva)<br />
III, ..................................................................................... » 11-43<br />
La circoncisione del cuore<br />
alla luce della teologia del «terzo utero»<br />
(Roberto A. Maria Bertacchini)<br />
III, ..................................................................................... » 45-70<br />
Tematiche teologiche in relazione all’Eucaristia<br />
(Maurizio Buoni)<br />
IV, ……………………………………………………… » 3-25<br />
La teologia contenuta nel testo delle Costituzioni<br />
dei passionisti<br />
(Adolfo Lippi)<br />
IV, ……………………………………………………… » 27-52
PASTORALE E SPIRITUALITÀ<br />
Il Cammino neocatecumenale<br />
alla luce del Concilio Vaticano II.<br />
(Maurizio Buioni)<br />
I-II,.................................................................................... pag. 69-122<br />
Evangelizzare il mondo a partire dalla “kenosi”.<br />
(Fernando Guillen Preckler Sch.)<br />
I-II,.................................................................................... » 123-131<br />
L’esperienza mistica di San Gabriele a Spoleto<br />
(Antonio Artola)<br />
I-II,.................................................................................... » 133-154<br />
Maria Maddalena Frescobaldi Capponi<br />
una eccezionale figura di donna forte<br />
(Adolfo Lippi)<br />
III, ..................................................................................... » 71-92<br />
«Nelle carceri naziste con San Paolo».<br />
La testimonianza di Max Josef Metzger<br />
Lubomir Zak<br />
IV, ……………………………………………………… » 53-83<br />
SALVEZZA E CULTURE<br />
Il valore di una profezia<br />
(Tito Amodei)<br />
I-II,.................................................................................... » 155-161<br />
La carrozza d’oro di Anna Magnani<br />
(Elisabetta Valgiusti)<br />
I-II,.................................................................................... » 163-168<br />
Miliardari in India<br />
(Elisabetta Valgiusti)<br />
III, ..................................................................................... » 93-98<br />
Il fascismo e la stampa cattolica<br />
durante la seconda guerra mondiale.<br />
La soppressione de L’Eco di San Gabriele dell’Addolorata<br />
(Giovanni di Giannatale)<br />
IV, ……………………………………………………… » 85-104<br />
Un sacerdote artista per ogni Diocesi<br />
(Tito Amodei)<br />
IV, ……………………………………………………… » 105-112<br />
Dell’arte e dell’artista<br />
(Elisabetta Valgiusti)<br />
IV, ……………………………………………………… » 113-117
RECENSIONI<br />
Max Joseph Metzger, La mia vita per la pace. Lettere dalle prigioni naziste<br />
scritte con le mani legate, I-II, 177. Mc Ginn Bernard, Storia della<br />
mistica cristiana in occidente, I-II, 181. Bracciolini Poggio, Contra<br />
Hypocritas, I-II, 185. Erasmi Maurizio, Chiara D’assisi. La fecondità storica<br />
di un carisma, I-II, 187. Ratzinger Joseph Benedetto XVI, Fede,<br />
ragione, verità e amore. La teologia di Joseph Ratzinger; Ratzinger<br />
Joseph, San Bonaventura. La teologia della storia; Inizio del ministero<br />
petrino del vescovo di Roma Benedetto XVI, a cura dell’ufficio delle celebrazioni<br />
liturgiche del Sommo pontefice, III, 99. Forte Bruno, la luce della<br />
fede.Scritti e discorsi 2006-2007; Lenoir Fréderic,Le radici del pensiero<br />
dell’occidente; Zurra Gianluca, “I nostri sensi illumina”. Coscienza, affetti<br />
e intelligenza spirituale, III, 103. Ratzinger Joseph, Cantate al Signore<br />
un canto nuovo, Saggi di cristologia e liturgia, III, 106. Castle Alison<br />
(ed.), The Stanley Kubrik Archive; Duncan Paul-Wanselius Bengt (edd.),<br />
The Ingman Bergman Archives; Faaroe Su Bergmam. Bergman Ingmar-<br />
Von Rosen Maria,Tre Diari;. Bergman Ingmar, Il giorno finisce presto,<br />
III, 110. Luigi Borriello, Esperienza mistica e teologia mistica, IV, 119.<br />
Ghazali Ahmad, Delle occasioni amorose. Kristeva Julia, Teresa mon<br />
amour. L’estasi come un romanzo. Piergiorgio Beretta, Cinque meghillot.<br />
Amato Angelo, Gesù identità del cristianesimo. Conoscenza ed esperienza,<br />
IV, 121. Barbagli Marzio, Congedarsi dal mondo. Il suicidio in<br />
Occidente e in Oriente, IV, 126. Amerio Romano, Iota unum. Studio delle<br />
variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX. Amerio Romano, Stat<br />
veritas, 128.<br />
SCHEDE BIBLIOGRAFICHE<br />
Coda P. – Crociata M., Il crocifisso e le religioni<br />
(scheda 13)<br />
I-II,.................................................................................... pag. 189<br />
Coda P. – Crociata M., Il crocifisso e le religioni<br />
(scheda 14)<br />
I-II,.................................................................................... » 194<br />
Coda P. – Crociata M., Il crocifisso e le religioni<br />
(scheda 15)<br />
III, ..................................................................................... » 115<br />
Coda P. – Crociata M., Il crocifisso e le religioni<br />
(scheda 16)<br />
III, ..................................................................................... » 121
Coda P. – Crociata M., Il crocifisso e le religioni<br />
(scheda 17)<br />
III, ..................................................................................... pag. 127<br />
Chiodi M. - L’enigma della sofferenza e<br />
la testimonianza della cura<br />
(scheda 1)<br />
IV,……………………………………………………..... » 133<br />
Chiodi M., L’enigma della sofferenza<br />
e la testimonianza della cura<br />
(scheda 2)<br />
IV, ..................................................................................... » 138
PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE<br />
CATTEDRA GLORIA CRUCIS<br />
PRODUZIONE SCIENTIFICA<br />
DELLA CATTEDRA GLORIA CRUCIS<br />
AA.VV. Memoria <strong>Passio</strong>nis in Stanislas Breton, Edizioni<br />
Staurós, S. Gabriele Teramo, 2004.<br />
PIERO CODA Le sette Parole di Cristo in Croce, Edizioni<br />
Staurós, S. Gabriele Teramo, ottobre 2004.<br />
LUIS DIEZ MERINO, CP Il Figlio dell’Uomo nel Vangelo della <strong>Passio</strong>ne,<br />
Edizioni Staurós, S. Gabriele Teramo, ottobre<br />
2004.<br />
MARIO COLLU, CP Il Logos della Croce centro e fonte del Vangelo,<br />
Edizioni Staurós, S. Gabriele Teramo, novembre<br />
2004.<br />
TITO DI STEFANO, CP Croce e libertà, Edizioni Staurós, S. Gabriele<br />
Teramo, dicembre 2004.<br />
CARLO CHENIS, SDB Croce e arte, Edizioni Staurós, S. Gabriele<br />
Teramo, gennaio 2004.<br />
ANGELA MARIA LUPO, CP La Croce di Cristo segno definitivo<br />
FERNANDO TACCONE, CP (ed.)<br />
dell’Alleanza tra Dio e l’Uomo, Edizioni<br />
Staurós, S. Gabriele Teramo, febbraio 2004.<br />
Quale volto di Dio rivela il Crocifisso?, Edizioni<br />
OCD, Roma Morena, 2006.<br />
FERNANDO TACCONE, CP (ed.) La visione del Dio invisibile nel volto del<br />
Crocifisso, Edizioni OCD, Roma Morena, 2008.<br />
FERNANDO TACCONE, CP (ed.) Stima di sé e kenosi, Edizioni OCD, Roma<br />
Morena, 2008.<br />
FERNANDO TACCONE, CP (ed.) Croce e identità cristiana di Dio nei primi secoli,<br />
Edizioni OCD, Roma Morena, 2009.<br />
L’attività scientifica della Cattedra Gloria Crucis è fruibile nel sito www.passiochristi.org<br />
alla voce Cattedra Gloria Crucis.<br />
La rivista La Sapienza della Croce è anch’essa fruibile nello stesso sito alla voce<br />
Sapienza della Croce.