Quaderno - Piero Calamandrei
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e in questo modo offrirsi agli altri con tutta la bontà che il Signore ha offerto a noi. La Regola di<br />
San Benedetto quindi vuole semplicemente istruire l’uomo a Dio.<br />
&DSLWROR 9 OREEHGLHQ]D<br />
In un monastero benedettino un monaco deve eseguire senza indugi quello che gli viene ordinato<br />
dal suo maestro o da qualunque superiore, secondo Benedetto infatti l’obbedienza è propria di<br />
chi nulla<br />
ritiene di avere più prezioso di Cristo.<br />
Un monaco deve considerare un ordine ricevuto da un suo maestro come se fosse venuto da Dio.<br />
Ma questa obbedienza sarà gradita a Dio solo se gli ordini ricevuti saranno eseguiti senza alcuna<br />
esitazione o protesta. Infatti, secondo la Regola, se un monaco esegue l’ordine controvoglia o<br />
ancor peggio protestando il lavoro che eseguirà non sarà in alcun modo degno di Dio che ci<br />
guarda e ci scruta fin dentro al nostro cuore. L’obbedienza, così intesa, finisce di sgombrare gli<br />
ostacoli all’unione divina: la povertà ha tolto il pericolo dei beni esteriori; la conversione dei<br />
costumi ha reciso le tendenze della concupiscenza e tutto ciò che sarebbe imperfetto; l’umiltà,<br />
con lavoro più profondo, frena la sregolata stima di sé; ma rimane ancora da immolare la volontà<br />
propria cittadella dell’io: ceduta, anche questa, per mezzo dell’obbedienza, si è dato tutto,<br />
l’anima non possiede più nulla di suo e Dio può fare di lei ciò che vuole: non ci sono più<br />
ostacoli.<br />
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L'obbedienza è propria di coloro che nulla ritengono di avere più prezioso di Cristo. Costoro,<br />
dunque, o per il santo servizio che si sono consacrati, o perchè temono l’ inferno oppure perchè<br />
desiderano la gloria della vita eterna, non appena ricevono un ordine da un superiore, sappiano<br />
eseguirlo senza indugi, come se provenisse da Dio.<br />
Ma questa obbedienza sarà gradita a Dio e cara agli uomini se ciò che si ordina verrà eseguito<br />
senza incertezza o indolenza, senza mormorazioni o proteste, poiché l' obbedienza prestata ai<br />
superiori è prestata a Dio stesso, il quale ha detto: “chi ascolta voi, ascolta me”<br />
&DSLWROR 9, LO VLOHQ]LR<br />
La Regola presta molta attenzione all’amore per il silenzio, secondo essa, infatti, le parole sono<br />
uno strumento molto efficace per compiere il peccato e in molti casi determinano la morte e la<br />
vita, per questo un monaco si deve astenere dal parlare, anche di cose buone, sante ed edificanti,<br />
se poi i discorsi di questo discepolo diventano volgari e cattivi, si incorrerà nel peccato e nella<br />
punizione, infatti parlare spetta al maestro ed ascoltare spetta al discepolo. Un altro importante<br />
divieto che la Regola pone ai monaci è il divieto al riso che infatti abbonda sulla bocca degli<br />
sciocchi e lo si ritrova spesso nei discorsi volgari, il riso quindi è escluso da ogni discorso che si<br />
faccia in monastero.<br />
Il silenzio poi è un modo per “guardarsi dentro”, è conoscere meglio le parti più nascoste della<br />
nostra personalità, ma è anche un modo di conoscere Dio e ammirare la sua grandezza in tutte le<br />
cose che ha creato l'uomo dalla natura. Con il silenzio si impara ad assaporare e conoscere la<br />
grandezza divina, e a convivere con Dio.<br />
'DOOD 5HJROD FDSLWROR 9,<br />
Dobbiamo fare come dice il profeta: “Ho detto: veglierò sulla mia condotta per non peccare con<br />
la mia lingua; porrò un freno alla mia bocca. Ho taciuto e mi sono umiliato, e non ho parlato<br />
nemmeno di cose buone”.<br />
Perciò raramente si conceda a coloro che sono discepoli perfetti il permesso di parlare, sia pure<br />
di cose buone, sante ed edificanti, in modo che possano osservare il silenzio pieno di gravità,<br />
poiché sta scritto “Parlando troppo non eviterai il peccato” ed anche: “La vita e la morte sono in<br />
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