Quaderno - Piero Calamandrei
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diffusione dell’Ultima Cena è anche dovuta all’affermarsi della prospettiva nella tecnica<br />
pittorica. Gli artisti si ispirarono principalmente al vangelo di Giovanni. Il cenacolo più famoso è<br />
quello per il convento di Santa Maria delle Grazie di Milano di Leonardo da Vinci. Anche la<br />
porta era occasionalmente decorata, legata alla funzione del luogo. Spesso c’era un richiamo<br />
della vittoria del bene sul male. Questo programma scolpito offriva alla vita del monaco un<br />
riassunto coinvolgente della sua lotta continua contro il male di cui faceva parte il nutrimento<br />
impuro e che egli deve allontanare dalla sua tavola. Osservando i dipinti dei refettori si nota un<br />
progressivo abbandono delle riproduzioni di mense reali che coprivano intere pareti nei cenacoli.<br />
Sparivano dalle tavole i cibi prelibati per lasciare spazio a pasti umili, poveri quindi simboli della<br />
Cristianità. Così sulle tavole compaiono pani e calici di vino cioè il corpo e il sangue di Cristo<br />
sparso sulla terra per redimere l’umanità dal peccato (la produzione di vino divenne in alcuni<br />
casi un’attività riservata ai monasteri).<br />
Un esempio di tale trasformazione della mensa in senso simbolico si può notare in un affresco<br />
del XV secolo si trova a Sant’Alberto di Butrio presso Alessandria. Dagli abiti si deduce che i<br />
commensali siano dei chierici e sulla tavola figura un coltello ciascuno, bottiglie e bicchieri di<br />
vino rosso, pani. Al centro della tavola si trova una grande coppa - calice che ricorda quello usati<br />
in chiesa per contenere l’ostia. (figg. 7-8)<br />
Ancor più la cosa è evidente in una raffigurazione della Trinità (affrescata nella sacrestia di San<br />
Pietro di Castelletto Cervo). Le differenze tra il pasto raffigurato a Sant’Alberto di Butrio e<br />
questo si notano subito: mentre il primo, anche se in un contesto religioso rispettava ancora una<br />
mensa «terrena», questo si immerge completamente nel simbolismo della mensa-altare. Anche se<br />
ci sono i cavalletti non rappresenta più una tavola da pranzo: il pane si trasforma nell’Ostia, il<br />
vino nel sacro calice, vengono aggiunte tre Bibbie con le scritte «Padre, Figlio e Spirito Santo»,<br />
cioè la trinità che prende il posto dei commensali. La trasformazione è compiuta: ormai non c’è<br />
più nessun legame con il pasto; la tavola si è trasformata in altare, simbolo di Cristo, il pasto in<br />
eucaristia e i commensali sono le tre persone della Trinità. (figg. 9-10)<br />
/D PHQVD VL WUDVIRUPD LQ DOWDUH<br />
Il messaggio è ancora più esplicito quando vengono rappresentate bianche tovaglie, simbolo di<br />
purezza: questa combinazione di elementi ha un’unica funzione, ricordare all’osservatore<br />
l’altare, il simbolo della salvezza; infatti in chiesa l’altare veniva illuminato ed era il luogo che il<br />
fedele raggiungeva dopo un lungo buio percorso di purificazione, la navata. L’altare è un centro<br />
del raggruppamento, dell’assemblea cristiana. Esso è Cristo. Secondo Filone d’Alessandria<br />
«Mosè designa la saggezza di Dio con questa pietra che nutre, ha cura, alleva teneramente coloro<br />
i quali aspirano alla vita incorruttibile. Questa pietra divenuta quasi la madre di tutti gli uomini<br />
del mondo, offre ai suoi bambini un nutrimento che trae dalla propria sostanza». Quindi l’altare,<br />
oltre a ricordare il pasto con i propri fratelli, indica anche la presenza di Gesù fra noi. Per<br />
l’elevazione spirituale, bisogna tenere lontani dal corpo desideri e pulsioni; così subentrano i cibi<br />
proibiti, le regole. La raffigurazione dell’eucaristia ha il ruolo di ricordare ai monaci la loro<br />
appartenenza, la loro identità.<br />
BIBLIOGRAFIA MINIMA<br />
20<br />
Federica Critelli<br />
TESTI<br />
DAURIL ANSELME e PALAZZO ERIC, /D YLH GHV PRLQHV DX WHPSV GHV JUDQGHV DEED\HV, Paris 2000,<br />
trad. It. di Fiorini Pierluigi it. /D YLWD GHL PRQDFL DO WHPSR GHOOH JUDQGL DEED]LH, Milano 2002